AGGUATI ALL’OMBRA DELLE GOLE

maggio 13, 2023 by Redazione  
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Al Giro d’Italia è arrivato il giorno dei muri. Alla vigilia della seconda cronometro lunga i corridori dovranno fare i conti con i colli marchigiani, percorrendo strade che ben conosce chi è un habitué della Tirreno-Adriatico. Proprio alla “Corsa dei due mari” quattro anni fa è stato per la prima volta proposto ai corridori il muro dei Cappuccini, che oggi dovrà essere ripetuto due volte in un finale di tappa che proporrà altre due verticali, quelle del Monte delle Cesane e di Montefelcino.

Le gole sono da sempre luoghi temuti dall’uomo, in passato sovente teatro di assalti a sorpresa come sperimentò a sue spese l’esercito dell’impero romano nel 231 a.C., quando subì una delle più pesanti sconfitte che la storia ricordi presso le Forche Caudine, le gole che si trovano tra Caserta e Benevento. Quelle spettacoli del Furlo, che saranno attraversate alle porte del finale odierno, gli antichi le conoscevano grazie all’angusta galleria che l’imperatore Vespasiano aveva fatto scavare per agevolare il passaggio dei viandanti e solo più avanti questo luogo divenne teatro di assalti, prima all’epoca della guerra gotica e poi molto più tardi in epoca risorgimentale, quando vi si sfidarono i soldati della Repubblica Romana e l’esercito austriaco. Senza dimenticare che luoghi del genere erano prescelti dai briganti per le loro scorribande. Nessuno di questi pericoli incontreranno i “girini” nel 2023, ma ancora una volta all’uscita dalle gole potrebbe esserci delle amare sorprese per qualcuno perché stavolta rappresenteranno la porta d’accesso a un finale di tappa particolarmente insidioso, che prevede negli ultimi 50 Km quattro brevi ma ripidi muri sui quali qualche uomo di classifica potrebbe staccarsi e perdere le ruote del gruppo. Su inclinazioni che arrivano al 19% gli scalatori vorranno ancora provare a prendersi la rivincita sugli avversari più dotati sul passo, ma in quest’occasione dovranno anche giocare al risparmio perché l’indomani il menù del Giro ha in serbo una portata per loro pesante da digerire, una cronometro totalmente pianeggiante di quasi 34 Km.
Sarà, dunque, una tappa tutta da seguire per le sorprese che potrà offrire nel finale, mentre non presenteranno particolari difficoltà i precedenti 150 Km. L’unica vera salita inserita nel percorso nella prima parte di gara sarà, infatti, il poco impegnativo Valico della Somma (5 Km al 5.8%), in cima al quale si scollinerà a poco più di 11 Km dalla partenza da Terni, subito prima di lanciarsi in discesa verso l’incantevole Spoleto, la città del “Festival dei Due Mondi”, evento che sin dal 1958 ha come scenario delle sue manifestazioni culturali i principali monumenti della cittadina umbra, dalla Piazza del Duomo alla rocca voluta dal cardinale spagnolo Egidio Albornoz. Seguiranno una ventina di chilometri in perfetta pianura, sfiorando all’inizio di questo tratto il piccolo lago delle Fonti del Clitunno, presso il quale i longobardi ricostruirono con materiale originario il tempio che gli antichi romani vi avevano eretto in onore di Giove Clitunno. Transitati ai piedi del panoramico colle conico sul quale sorge Trevi la corsa giungerà a Foligno, città abituata a mangiare pane e ciclismo avendo ospitato in questi ultimi vent’anni, come sede d’arrivo o partenza, quattro volte il Giro d’Italia e cinque la Tirreno-Adriatico, corsa che ha un legame speciale con la città umbra perché nel 1966 vi terminò la prima della tappa della prima edizione, terminata con il successo dell’elvetico Rolf Maurer, che allo sprint ebbe ragione dei veneti Dino Zandegù e Flaviano Vicentini. I chilometri successi vedranno il gruppo risalire in lieve falsopiano la Valtopina in direzione di Nocera Umbra, borgo dominato dal ricostruito Campanaccio, torre quasi completamente demolita dal terremoto del 1997, e nel quale ammirare una piccola ma interessante pinacoteca ospitata nella sconsacrata chiesa di San Francesco. Affrontata una dolce salitella a cavallo del passaggio da Nocera (2.8 Km al 4.5%), la strada ridiventerà pianeggiante pedalando alla volta di Gualdo Tadino, altro centro che al Poverello d’Assisi ha dedicato una chiesa meritevole d’una sosta, così come la Rocca Flea, tipica fortificazione del basso Medioevo. Lievi e quasi impalpabili tratti in leggera ascesa interverranno successivamente a “inquinare” la pianura, mentre il percorso va a sfiorare il borgo di Fossato di Vico, che ebbe notevole importanza in epoca romana, quand’era una stazione di posta nella quale cambiare i cavalli, dormire e rifocillarsi durante gli estenuanti viaggi sulle strade consolari dell’epoca. Tornata scorrevole sotto le ruote dei corridori, la strada introdurrà quindi il gruppo nel centro di Sigillo, borgo che per gli appassionati di speleologia è il campo base al quale appoggiarsi prima di salire sul Monte Cucco e introdursi nella spettacolare e omonima grotta, una delle più estese d’Italia, scoperta nel 1499, esplorata solamente a partire dal 1883 e aperta ufficialmente al pubblico nel 2009.
Prima di lasciare l’Umbria si dovrà scavalcare uno dei più agevoli valichi appenninici, il Passo della Scheggia, che sul versante che percorreranno i “girini” in salita presenta appena 600 metri d’ascesa al 4.7% di pendenza media. Tenere sono le inclinazioni anche nella successiva discesa (2.3 Km al 5.2%), conclusa la quale la Corsa Rosa farà il suo ingresso nelle Marche, accolta sulle strade di Cantiano, centro che lo scorso autunno è stato tra i più colpiti dalle alluvioni che hanno devastato la regione. Procedendo in lieve discesa si giungerà quindi a Cagli, dove l’imponente Torrione Martiniano fa da sentinella al borgo e all’imbocco della ripida salita diretta al Monte Petrano, sul cui altipiano nel 2009 terminò il tappone del Giro d’Italia del Centenario, vinto da Carlos Sastre, il corridore spagnolo che l’anno prima si era imposto a sorpresa al Tour de France, mentre in quell’edizione del Giro terminerà – anche in seguito alle squalifiche di Danilo Di Luca e Franco Pellizotti – in seconda posizione a quasi 4 minuti dal russo Denis Menchov.
Il passaggio dalla vicina Acqualagna recherà con sé l’aroma dei pregiati tartufi bianchi che costituiscono il principale vanto della cittadina marchigiana, biglietto da visita dell’imminente passaggio attraverso le gole del Furlo, nelle quali il gruppo giungerà dopo aver sfiorato l’antica abbazia di San Vincenzo. Infilatosi nella stretta galleria – 6 metri di larghezza, tuttora in “esercizio” – fatta scalpellare nella viva roccia dall’imperatore Vespasiano, il gruppo tornerà alla luce del sole alle porte di Fossombrone, dove si svolterà subito in direzione del Colle dei Cappuccini, detto anche Colle dei Santi perché nel monastero francescano – uno dei primi fondati dal San Francesco – hanno dimorato diversi frati che sono saliti agli onori degli altari, il più celebre dei quali è Francesco da Copertino, il monaco pugliese venerato come patrono degli studenti. Madonne e santi li vedranno anche i “girini” perché alle soglie del convento si arriverà dopo aver affrontato il primo dei tre muri che caratterizzano il finale, una verticale di 2 Km al 10% e un picco massimo del 19%, il tutto “condito” da una sede stradale molto stretta che contribuirà ad acuire la selezione. Non si tratterà di una sorpresa per il gruppo, almeno per quelli che c’erano il 16 marzo del 2019 quando questa salita è stata affrontata nel finale della tappa di Fossombrone della Tirreno-Adriatico, rocambolescamente conquistata dal kazako Alexey Lutsenko nonostante le due cadute nelle quali incappò nel corso della discesa successiva e il fatto d’esser stato raggiunto dagli inseguitori proprio a causa di questi incidenti. Raggiunto il traguardo di Fossombrone inizierà il primo due giri del circuito finali, previsti su due percorsi completamente differenti. Il primo anello, lungo circa 33 Km, debutterà con il secondo muro, 2300 metri al 10.7% necessari per rimontare la collina sulla quale si stagliano i resti della Rocca Malatestina. Stavolta non ci sarà scollinamento perché, terminato il muro, la salita proseguirà per altri 3 Km, nel corso dei quali la pendenza media cala leggermente al 9.3%. Attraversata la foresta delle Cesane, polmone verde che si estende per quasi 1500 ettari, la successiva discesa porterà a Isola del Piano, dove si potrà ingannare l’attesa del passaggio del gruppo, oramai selezionati dai primi due muri, entrando nell’ex chiesa dell’Annunziata, che conserva dipinti di Giovanni Santi, un’artista il cui nome ai più non dice nulla ma che è notissimo agli appassionati d’arte poiché si tratta del padre del celeberrimo Raffaello Sanzio. Un terzo muro, che sull’altimetria si nota a malapena (Montefelcino, 800 metri all’11%), anticiperà l’ultimo tratto di pianura della tappa, al termine del quale si chiuderà il primo giro di circuito e s’inizieranno i 10 Km conclusivi, nei quali si andrà a ripetere nuovamente il muro dei Cappuccini. Stavolta, però, il bianco cordiglio che stringe i sai dei fraticelli potrebbe per qualche corridore giunto fin qui in debito d’energie trasformarsi in un fatal cappio al collo.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Valico della Somma (646 metri). Valicato in galleria dalla Strada Statale 3 “Via Flaminia” tra Terni e Spoleto, si trova poche decine di metri più in basso rispetto al valico geografico vero e proprio (circa 680 metri). Quotato 665 metri sulle cartine del Giro 2023, dal 1933 – anno dell’istituzione della speciale classifica degli scalatori – a oggi è stato proposto in 6 occasioni dal GPM. “Battezzata” da Gino Bartali nel 1950 (Perugia – L’Aquila, vinta dal piemontese Giancarlo Astrua), la Somma è stata poi conquistata dall’olandese Wout Wagtmans nel 1957 (Loreto – Terni, vinta dal medesimo corridore), dal palermitano Antonino Catalano nel 1960 (Terni – Rimini, vinta dal cremasco Pierino Baffi), da Gianni Bugno nel 1986 (Rieti – Pesaro, vinta dal bresciano Guido Bontempi), dall’australiano Nathan Hass nel 2014 (Frosinone – Foligno, vinta dal francese Nacer Bouhanni) e dall’emiliano Giovanni Aleotti nel 2021 (L’Aquila – Foligno, vinta dallo slovacco Peter Sagan).

Passo della Scheggia (632 metri). Valicato dalla Strada Statale 3 “Via Flaminia” tra Scheggia e Cantiano, è quotato 635 metri sulle cartine del Giro 2023. Noto anche con il nome di Forca Lupara, è stato spesso luogo di passaggio del Giro, che non l’ha mai proposto come traguardo GPM (ultimo passaggio in occasione della pocanzi citata Rieti – Pesaro del 1986). Non va confusp con il Valico di Scheggia che si trova in Toscana, tra Arezzo e Anghiari, e che in passato è stato affrontato in alcune occasioni al Giro.

Gola del Furlo (177 metri). Attraversata dal vecchio tracciato della Strada Statale 3 “Via Flaminia” tra Acqualagna e Fossombrone. Quotata 180 metri sulle cartine del Giro 2023, è stata attraversata l’ultima volta dal Giro nel 1999 durante la tappa Ancona – Sansepolcro, vinta da Mario Cipollini.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

La gola del Furlo e l’altimetria dell’ottava tappa del Giro 2023 (www.tripendipity.com)

La gola del Furlo e l’altimetria dell’ottava tappa del Giro 2023 (www.tripendipity.com)

CIAK SI GIRO

Pochi lo sanno ma il premio Oscar, l’ambita statuetta dorata assegnata fin dal 1929, ha una parte di fondamenta ben piantate in terra umbra. Alle porte di Terni furono, infatti, girate le più significative scene della pellicola che nel 1999 conquistò ben tre Oscar, attribuiti rispettivamente a Roberto Benigni per il miglior film in lingua straniera, allo stesso regista per il miglior attore protagonista e al compositore romano Nicola Piovani per la colonna sonora. Avrete già capito che stiamo parlando de “La vita è bella”, film che narra le vicende della famiglia Orefice, ebrea e per questo destinata al campo di concentramento tedesco dove il padre Guido (Benigni) perderà la vita per salvarla al figlio Giosuè, interpretato da Giorgio Cantarini. Ebbene, quel che nel film viene presentato come lager in realtà era un complesso industriale chimico in abbandono situato in quel di Papigno, frazione di Terni posta lungo la strada diretta alle celebri Cascate delle Marmore. Il luogo era dismesso da diversi anni e poco tempo prima l’inizio delle riprese era stato acquistato d Cinecittà e riconvertito per usi cinematografici con la realizzazione dei teatri di posa Spitfire, che poi prenderanno il nome di Umbria Studios. Dopo il clamoroso e inatteso successo de “La vita è bella”, Benigni tornerà altre volte in questo luogo inevitabilmente rimastogli nel cuore e, in particolare, qui girerà anche diverse scene del suo successivo film da regista, l’ennesima trasposizione cinematografica della favola di Pinocchio. Girata in Umbria anche la struggente scena finale del film – l’incontro tra Giosuè e la madre Dora (Nicoletta Braschi, moglie anche nella realtà di Benigni) fu filmato a Castellonalto, frazione di Ferentillo – il resto delle riprese ebbero come scenario la Toscana, salvo una capatina alla stazione ferroviaria di Ronciglione, in Lazio, dalla quale inizierà il viaggio in treno verso il campo di concentramento. Così la deliziosa villa liberty nella quale abita la famiglia Orefice fino allo scoppio della guerra si trova a Montevarchi, mentre a due passi dalla spettacolare Piazza Grande di Arezzo viene pronunciata una delle battute più celebri del film, “Maria, butta la chiave!”. Si tratta di location scelte non a caso dal celebre attore toscano, che è aretino d’origine: infatti, anche il suo paese natale, Castiglion Fiorentino, fu omaggiato con la ripresa della scena nella quale Benigni viene nientemeno scambiato che per il re d’Italia Vittorio Emanuele III.

In collaborazione con www.davinotti.com

Il momento dell’arrivo del carro armato americano dopo la liberazione del campo di concentramento nel finale de “La vita è bella”: nella finzione siamo in Germania, nelle realtà alle porte di Terni (www.davinotti.com)

Il momento dell’arrivo del carro armato americano dopo la liberazione del campo di concentramento nel finale de “La vita è bella”: nella finzione siamo in Germania, nelle realtà alle porte di Terni (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/la-vita-e-bella/50003584

FOTOGALLERY

Terni, anfiteatro

Spoleto, Piazza del Duomo

Fonti del Clitunno

Il colle di Trevi

Nocera Umbra, il Campanaccio (sulla destra)

Gualdo Tadino, Rocca Flea

Grotta di Monte Cucco (www.umbriaoggi.it)

Cagli, Torrione Martiniano

Acqualagna, abbazia di San Vincenzo al Furlo

L’angusta galleria scavata nella Gola del Furlo

Fossombrone, Rocca Malatestiana (www.pinterest.it)

La foresta delle Cesane

Fossombrone, convento dei Cappuccini

BIG IN CONTROLLO TRA LE NEVI DEL GRAN SASSO, VIA LIBERA ALLA FUGA

maggio 12, 2023 by Redazione  
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Una fuga composta da quattro corridori, poi rimasti in tre, durata oltre 200 chilometri è andata all’arrivo senza particolari problemi per gentile concessione del gruppo. Infatti, nonostante il terreno per attaccare, quantomeno nel finale, ci fosse, i “big” hanno deciso di concedersi una giornata di riposo. La squadra della maglia rosa ha badato solo a tutelare il simbolo del primato.

La cronaca della tappa di oggi può constare davvero di poche righe.
In effetti vi è stata una fuga animata da Davide Bais (Eolo-Kometa), Karel Vacek (Corratec-Selle Italia), Simone Petilli (Intermarché-Circus-Wanty) e Henok Mulubhran (Green Project-Bardiani Csf-Faizané). partita nelle primissime fasi della frazione e alla quale il gruppo ha concesso il via libera. Il ritmo durante tutta la gara è sempre stato piuttosto blando, tanto che i tre avventurieri di giornata, pur visibilmente esausti nel finale, non hanno avuto problemi a mantenere un vantaggio rassicurante e andare a giocarsi la tappa.
Il vantaggio massimo è stato, infatti, di 12 minuti per poi ridursi progressivamente e veleggiare a lungo intorno ai 6 minuti. Lungo l’ascesa finale il gruppo ha recuperato sino a giungere al traguardo con circa 3 minuti di ritardo.
I fuggitivi rimangono in tre lungo la salita verso Roccaraso, che vede Mulubhran alzare bandiera bianca. Nel finale non ci sono grandi tentativi se non brevi accenni di allungo e negli ultimi 200 metri Davide Bais dimostra di averne di più e riesce a tagliare il traguardo in testa, distanziando gli altri due di qualche secondo.
Il gruppo dietro è stato guidato quasi sempre dalla squadra della maglia rosa che, nella propria ottica, ha giustamente solo pensato ad evitare che il vantaggio all’arrivo fosse superiore ai 7 minuti, la “distanza” che in classifica separava Petilli da Andreas Leknessund (Team DSM). Quello che, invece, ha sorpreso è stato l’atteggiamento delle squadre degli uomini di classifica, che non hanno provato ad alzare il ritmo per chiudere sulla fuga e lanciare i capitani alla ricerca di un attacco o, perlomeno, di un abbuono. Corridori esplosivi e forti allo sprint e che devono recuperare terreno come Primoz Roglic (Jumbo-Visma) avrebbero dovuto almeno tentare di rosicchiare qualche secondo in classifica, soprattutto in vista della lunga e piatta frazione contro il tempo prevista per domenica e favorevole al campione del mondo.
Parimenti, ha sorpreso il fatto che, arrivati gli ultimi 4 chilometri, con pendenze spesso in doppia cifra, nessuno abbia provato un allungo, anche solo per vedere la reazione degli avversari o comunque verificare le condizioni di Remco Evenepoel (Soudal – Quick Step) dopo la doppia caduta nella tappa di Salerno.
A guardare l’atteggiamento del gruppo negli ultimi chilometri sembra quasi ci sia stato un tacito patto di non belligeranza, cosa abbastanza inspiegabile proprio in vista di una cronometro ad esito della quale l’iridato potrebbe trovarsi in testa alla classifica con un enorme vantaggio, un po’ come accadeva nei primi anni ‘90 con Miguel Indurain che incamerava vantaggi enormi prima delle montagne, sulle quali si limitava a gestire senza troppi patemi.
La verità è che sia la tappa con arrivo a Lago Laceno, sia quella odierna avevano proprio lo scopo di promuovere le prime schermaglie tra i big per muovere un po’ la classifica dopo la cronometro di apertura che, nelle intenzioni degli organizzatori, non avrebbe dovuto creare distacchi così netti.
Quanto andato in scena oggi manda a ramengo anche gli assurdi appunti mossi durante il Processo alla Tappa ai chilometraggi delle frazioni. E’ stato detto che le tappe di trasferimento dovrebbero essere più corte, adattate ai tempi televisivi perché altrimenti lo spettatore si annoia.
La tappa di oggi, che non era affatto di trasferimento e nella quale c’era terreno nella seconda parte per fare corsa dura, ha avuto lo stesso copione, ovvero una fuga partita nei primi chilometri con il gruppo in controllo. Ciò dimostra che non è il chilometraggio a determinare lo spettacolo, né i percorsi, bensì il modo in cui i corridori affrontano la gara. Certamente il percorso deve essere costruito in modo da offrire ai corridori la possibilità di inventarsi qualcosa, poi sta agli atleti il compito di tradurre in pratica le possibilità offerte dal tracciato, cosa che oggi gli atleti – vuoi per paura, vuoi per il freddo, vuoi per il timore di spendere energie o di trovarsi in difficoltà – non hanno voluto fare.
In questa ottica è assurdo che ci sia chi chiede di adattare le corse ai tempi televisivi per il fatto che ci sono le dirette integrali delle tappe. Nel momento in cui la televisione prende la decisione di trasmettere le tappe integralmente, sa perfettamente come è fatto il ciclismo, quali sono i chilometraggi e quelli che possono essere gli sviluppi di una tappa. Non si può pretendere che per una scelta della TV di trasmettere le tappe integrali lo sport si debba adeguare, perché in questo modo si riduce lo sport ad un prodotto sottoposto alle regole economiche del mercato e della domanda e questo è l’esatto contrario di ciò che è lo sport. Il ciclismo è anche attesa, contemplazione e, sì , è anche noia, è anche tappe di trasferimento con copioni già scritti, così è sempre stato e così sempre sarà e non può certo stravolgersi per esigenze televisive.
Sono semmai le televisioni che, se vogliono trasmettere lo sport, debbono adattarsi alle regole e ai tempi di quello sport. Se la diretta integrale si rivela poco appetibile è sempre possibile tornare a trasmettere integralmente solo i tapponi di montagna e riservare alle altre frazioni un paio di ore di trasmissione in diretta.
Le emozioni offerte dalle tappe di montagna sono comunque anche determinate dai percorsi affrontati in precedenza. In una corsa come la Sanremo una salita come il Poggio, sulla quale normalmente non si staccherebbero neppure i velocisti puri, fa selezione proprio perché arriva dopo 300 Km di corsa.
Per fortuna Mauro Vegni, interpellato sull’argomento, ha manifestato il proprio disappunto per queste proposte assurde, condite con spunti ancor peggiori come l’idea di correre in circuito quando il fascino del ciclismo sta proprio nel continuo cambio di paesaggio.
Lo stesso concetto di giro di un paese è del tutto antitetico all’idea di correre in circuito.
Le azioni poste in essere al Tour de France da Pogacar, al Giro del 2018 da Froome e nella Corsa Rosa 2019 da Carapaz (e in generale le varie imprese) dimostrano che la questione sta nella voglia dei corridori di darsi battaglia e anche di rischiare, dando fondo alle energie che gli stessi riescono a mettere in campo. La famosa minitappa del Tour de France di 65 Km con la partenza in griglia stile formula uno per stimolare la battaglia da subito si è rivelata un clamoroso flop e non è stata più riproposta.
Nella tappa di oggi abbiamo avuto indicazioni di un Roglic che probabilmente ha paura della condizione attuale di Evenepoel e si sente battuto anche in volata; cerca di limitare i danni, sperando in un calo del campione del mondo nella terza settimana, visto che il belga è giovane e meno esperto dello sloveno e sembra avere una squadra non all’altezza.
In questo senso è stata una occasione persa la tappa di Lago Laceno, dove un pizzico di forcing in più da parte della Ineos, che punta certamente con i suoi fondisti alla terza settimana, avrebbe lasciato Evenepoel in rosa e il peso di condurre la corsa sulle spalle della sua squadra.
La tappa di domani propone insidie sulle quali si spera di vedere almeno qualche schermaglia. Già il Monte delle Cesane presenta un tratto al 18% e i due chilometri finali al dieci, ma lo strappo dei Cappuccini, che pure ha una punta del 19% ed un chilometro all’undici, è posto a soli 6 Km dalla conclusione e potrebbe rappresentare il giusto trampolino per provare almeno a dare un segnale alla vigilia della cronometro.
Non resta che aspettare e sperare in un salto di qualità.

Benedetto Ciccarone

Larrivo dei big al traguardo del Gran Sasso (foto Stuart Franklin/Getty Images)

L'arrivo dei big al traguardo del Gran Sasso (foto Stuart Franklin/Getty Images)

NIENTE OZI, C’È IL GRAN SASSO

maggio 12, 2023 by Redazione  
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Il Giro torna sul Gran Sasso con una tappa fotocopia di quella vinta da Simon Yates nel 2018. Gli ultimi 135 Km saranno gli stessi di quella frazione e così si torneranno ad affrontare in successione le salite di Roccaraso e di Calascio prima d’intraprendere quella conclusiva, presa dal versante meno impegnativo e disegnata attraverso gli affascinanti scenari di Campo Imperatore. Se tutto andrà come cinque anni fa lassù non dovrebbero registrarsi grandissimi distacchi, ma la fame di secondi degli scalatori potrebbe rendere la tappa più dura del previsto. E guai a distrarsi ad ammirare i panorami offerti dal Giro, gli ozi potrebbero essere pagati a carissimo prezzo…

Se in gruppo ci fosse qualche “girino” appassionato di storia rammenterà che Capua, la località dalla quale scatterà la settima tappa della Corsa Rosa, è celebre per gli “ozi” che vi godettero Annibale e l’esercito cartaginese durante la seconda guerra punica, bagordi che secondo molti studiosi infiacchirono gli occupanti al punto da compromettere l’esito della guerra, terminata con una netta vittoria dell’esercito dell’Impero Romano, che si trovò così a ottenere la supremazia sulla parte occidentale del bacino del Mediterraneo. Fu un errore fatale, che non dovranno assolutamente commettere i partecipanti al Giro 2023 perché da Capua prenderà il via la prima tappa d’alta montagna, diretta a un traguardo che – al di là della sua quota di 2135 metri – non appare particolarmente temibile, anche perché non si salirà dal più impegnativo versante dell’Aquila, quello della vittoria di Marco Pantani al Giro del 1999. S’è, infatti, scelto d’inserire quello più semplice di Santo Stefano di Sessanio, che fu affrontato anche nel 2018 al termine di una tappa che, a partire dall’83° Km di gara, sarà un esatto clone della frazione odierna e che terminò con una vera e propria volata d’alta quota tra le “alte quote” di quell’edizione. A imporsi fu la maglia rosa Simon Yates, che ebbe ragione del francese Pinot e del colombiano Esteban Chaves, con gli altri favoriti che terminarono con pochi secondi di ritardo e una ventina di corridori raccolti nello spazio di un minuto. I margini di manovra per gli scalatori saranno limitati agli ultimi 4.5 Km, nei quali la strada propone una pendenza media dell’8.2% e un picco massimo del 13%, raggiunto quando alla linea d’arrivo mancheranno 1500 metri. Ma, come abbiamo ripetuto più volte dall’inizio del Giro, l’aumento dei chilometri che si dovranno percorrere a cronometro renderà necessario approfittare di ogni occasione utile, anche la più piccola, per erodere il vantaggio già accumulato di passisti, senza esagerare perché nelle successive 48 ore saranno previste l’insidiosa tappa di Fossombrone e l’altra prova contro il tempo lunga, quella di Cesena.
Tornando agli “ozi” capuani potrebbero anche ispirarli il tratto iniziale di questa tappa, che prenderà il via con sessantina abbondante di chilometri pianeggianti, percorrendo la strada statale Casilina in direzione dell’antica Cales, il centro principale della terra un tempo chiamata Ausonia, presso la cui area archeologica si trovava il borgo medioevale di Calvi Vecchia, quasi interamente distrutto dai Saraceni nel 879 e sulle cui “ceneri” saranno successivamente costruite la romanica cattedrale di San Casto e l’isolato Castello Aragonese. Percorsi circa 25 Km dalla partenza si toccherà Vairano Scalo, dove un monumento eretto presso l’edificio della Taverna della Catena ricorda che qui il 26 ottobre 1860 sarebbe avvenuto lo storico incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, evento che simbolicamente chiuse la spedizione dei Mille e che gli storici avrebbero in realtà “geolocalizzato” da tempo nella non distante Borgonuovo, frazione di Teano. Subito dopo la corsa farà ritorno sulle strade del Molise, il cui territorio, come avvenuto nella tappa di Melfi, sarà attraversato per circa 50 Km, toccando direttamente un solo centro abitato, quello di Venafro, d’origine molto antiche come testimoniano gli scavi che hanno riportato alla luce tracce di un acquedotto romano e di un teatro mentre è rimasta solo la pianta ellittica del “Verlasce”, anfiteatro che poteva accogliere fino a 15.000 spettatori e oggi trasformato in una piazza che ricorda quella più celebre di Lucca. Il tratto successivo vedrà il gruppo risale la parte alta della valle del Volturno, il fiume più lungo dell’Italia meridionale (175 Km), che ha le sue sorgenti da un laghetto situato a quasi 500 metri d’altezza non distante dal borgo di Rocchetta a Volturno, presso il quale nel 2010 è stato aperto un museo dedicato alle due guerre mondiali. Sfiorata l’area presso la quale si trova l’abbazia benedettina di San Vincenzo al Volturno, sito composto dagli scavi del monastero longobardo fondato nel V secolo e da quello costruito nel XII secolo sulla sponda opposta del fiume, il gruppo si troverà ai piedi della prima delle quattro salite di giornata, diretta al centro di Rionero Sannitico, storico luogo di passaggio della Corsa Rosa dal quale il Giro transitò fin dalla prima edizione, epoca nella quale assieme al vicino Valico del Macerone costituiva una difficoltà temutissima per pendenze e cattivo stato del fondo stradale. A dire il vero i “girini” non affronteranno nessuno dei due versanti “classici” di questa salita perché si percorrerà una delle due veloci superstrade che permettono di superare d’un balzo il tratto degli appennini dove i geografi hanno convenzionalmente collocato il confine geologico tra l’Italia centrale e il meridione della nostra nazione. Terminata la lunga ma pedalabile salita (14.4 Km al 4.6%) all’altezza dello svincolo sottostante Rionero, si andrà quindi a innestarsi sul tracciato della tappa del 2018 alle porte di Castel di Sangro, centro che rammenta nel nome uno scomparso maniero distrutto nel 1228 dalle truppe del cardinale Colonna per punire un signorotto locale della fedeltà dimostrata al re di Sicilia Federico II di Svevia. Qui inizierà la seconda salita di giornata, che in 9 Km al 4,8% sale a Roccaraso, la più nota località di sport invernali dell’Abruzzo, situata all’estremità meridionale dello spettacolare Altopiano delle Cinquemiglia, che il gruppo attraverserà agevolmente percorrendo, subito dopo lo scollinamento, una scarsa dozzina di chilometri in perfetta pianura. Non era così in passato, quando prima di attraversare le Cinquemiglia si consigliava ai viandanti di far testamento a causa dell’elevato rischio d’incappare in branchi di lupi, in orde di briganti o in rovinose tormente di neve, come quelle che tra il 1528 e il 1529 falcidiarono due eserciti di passaggio causando ben 800 vittime. Tornati a valle, la corsa sarà attesa sulle strade di Sulmona, cittadina famosa anche fuori d’Italia per la produzione di confetti, che si possono sgranocchiare ammirandone i suoi principali monumenti, come l’acquedotto medioevale che sfiora la centralissima Piazza Garibaldi, le sue numerose chiese e, appena fuori città, la Badia Morronese fondata nel 1293 dall’eremita Pietro Angeleri, passato alla storia come Celestino V, il papa del dantesco “gran rifiuto”. Siamo all’inizio del tratto che condurrà dritti ai piedi del Gran Sasso, circa 25 Km chilometri di velluto nel corso dei quali si transiterà per Popoli, centro dal quale ha inizio la “Strada delle Svolte”, itinerario in salita movimentato da quattro tornanti che dal 1963 è teatro di una cronoscalata automobilistica giunta alla 61a edizione. In diverse occasioni anche il Giro ha affrontato le “Svolte”, ma non accadrà quest’anno poiché dopo Popoli ci sarà ancora un lungo tratto da percorrere in pianura, infilandosi nella Valle del Tirino, all’inizio della quale si trova uno dei più importanti complessi industriali d’Italia, creato nel 1901 e che sei anni dopo fu il primo nella nostra nazione a produrre alluminio utilizzando il metodo elettrochimico. L’ultimo tratto sul fondovalle vedrà i corridori attraversare il centro di Bussi sul Tirino e sfiorarne uno dei suoi monumenti più caratteristici – la chiesa di Santa Maria di Cartignano, totalmente priva del corpo centrale a causa dei terremoti che l’hanno ripetutamente colpita – poco prima di giungere all’appuntamento con il Gran Sasso. La prima fetta della lunga ascesa finale sarà considerata GPM a parte, una volta percorsi i 13,5 Km al 6% che terminano all’altezza di Calascio, centro dominato dall’altura sulla quale sorgono i suggestivi resti dell’omonima rocca, presso i quali si trova anche l’ottagonale chiesa di Santa Maria della Pietà. Dopo il passaggio da Calascio la salita momentaneamente s’interromperà per circa 5 km lasciando spazio al lieve falsopiano verso il delizioso borgo di Santo Stefano di Sessanio, sovrastato dalla Torre Medicea, tornata visibile nel 2021 una volta terminati i lunghi lavori di ristrutturazione resisi necessari a causa dei crolli provocati dal terremoto dell’Aquila del 2009. Alle porte di Santo Stefano la strada tornerà a salire, diretta all’altopiano di Campo Imperatore che, contrariamente a quanto segnalato sull’altimetria ufficiale della tappa, non coincide con la zona dove si concluderà la tappa ma si trova più a valle, a un’altitudine media di 1800 metri. Punteggiato da una decina di piccoli laghetti poco profondi come il Racollo e il Pietranzoni, i corridori lo raggiungeranno con 10 Km d’ascesa agevole (media del 4%), seguiti da un tratto in quota vallonato di sei chilometri e mezzo, percorrendo il quale si confluirà sulla principale strada d’accesso all’altopiano, che sale dall’Aquila, e si transiterà a breve distanza dai ruderi della chiesetta di Sant’Egidio, la cui costruzione risale all’anno 1000. Sfiorato il citato laghetto Petranzoni, la salita tornerà a essere definitiva protagonista del tracciato nel già illustrato tratto conclusivo.
Il Gran Sasso è già pronto a rituffarsi nel mare rosa del Giro, chissà fin dove si spingeranno i suoi concentrici cerchi….

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Selletta di Visciano (150 metri).. Vi transita la Strada Statale 6 “Via Casilina” tra i bivi per Calvi Risorta e Teano, non distante dall’omonima località. Il Giro vi è transitato spesso, senza mai affrontarla come traguardo GPM. L’ultimo passaggio è avvenuto nel 2014 durante la tappa Sassano – Montecassino, vinta dall’australiano Michael Matthews.

Colle della Portella (1271 metri). Valicato dalla Strada Statale 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica” tra Roccaraso e l’altopiano delle Cinquemiglia, all’altezza del bivio per Rivisondoli. Vi sorge il santuario della Madonna della Portella.

Valico Piano delle Cinquemiglia (1265 metri). Valicato dalla Strada Statale 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica” all’inizio della discesa che dall’altopiano delle Cinquemiglia conduce verso Sulmona. Prima salita del Giro d’Italia, affrontata nella terza tappa dell’edizione 1909 (Chieti – Napoli, vinta da Giovanni Rossignoli), dopo l’istituzione nel 1933 della maglia verde (oggi azzurra) ha accolto 6 traguardi GPM. L’ultimo a scollinarlo è stato Giovanni Visconti nel 2009, nei chilometri iniziali della tappa Sulmona – Benevento vinta dall’indimenticato Michele Scarponi. In precedenza hanno conquistato questo GPM lo scozzese Robert Millar nel 1987 (tappa Rieti – Roccaraso, vinta da Moreno Argentin), lo spagnolo Pedro Torres nel 1978 (tappa Silvi Marina – Benevento, vinta da Giuseppe Saronni), il francese Raphaël Géminiani nel 1957 (tappa Pescara – Napoli, vinta da Vito Favero), il piemontese Pasquale Fornara nel 1953 (tappa San Benedetto del Tronto – Roccaraso, vinta da Fausto Coppi) e da Gino Bartali nel 1951 (tappa Foggia – Pescara, vinta da Giuseppe Minardi).

Sella di Pratoriscio (2130 metri). Quotata 2135 sulle cartine ufficiali del Giro, è il punto terminale della Strada Statale 17 bis dir. C “della funivia del Gran Sasso” e coincide con il luogo dove sorge l’Hotel Campo Imperatore, presso il quale si concluderà la tappa. Si tratta della quinta volta che la Corsa Rosa si arrampica sin lassù: in precedenza si sono qui imposti lo spagnolo Vicente López Carril nel 1971, il danese John Carlsen nel 1989, Marco Pantani nel 1999 e Simon Yates nel 2018. Non fa testo la tappa del Gran Sasso del 1985, vinta da Franco Chioccioli, perché in quell’occasione si affrontò solo il tratto iniziale dell’ascesa, con il traguardo collocato in località Fonte Cerreto, a circa 1110 metri di quota.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Il Gran Sasso e l’altimetria della settima tappa del Giro 2023 (www.visitareabruzzo.it)

Il Gran Sasso e l’altimetria della settima tappa del Giro 2023 (www.visitareabruzzo.it)

CIAK SI GIRO

Se siete appassionati al genere “fantasy” avrete visto (o dovete assolutamente vedere) Ladyhawke, film statunitense del 1985 ambientato nel XIII secolo. È in quell’epoca che si svolgono le vicende del cavaliere Etienne Navarre e dell’amata Isabeau D’Anjou, costretti da una maledizione a vivere il primo nelle sembianze di un lupo e la seconda in quelle di un falco (“hawke” in inglese, da qui il titolo del film). Sebbene la pellicola sia ambientata in Italia, nella versione arrivata nelle nostre sale cinematografiche il nome della località dalla quale ha inizio la trama è stato “francesizzato” in Aguillon, mentre nella versione originaria veniva chiamato Aquila e in effetti è proprio in Abruzzo che è stata girata una delle scene più spettacolari, quella nella quale Michelle Pfeiffer – che interpreta la protagonista “Ladyhawke” – precipita da una delle torri della residenza del monaco Imperius, che in realtà è il castello di Rocca Calascio, nell’occasione manipolato digitalmente aggiungendovi strutture architettoniche non presenti presso il maniero abruzzese. Siamo alle soglie di Campo Imperatore, la cui piana ha ospitato altri “ciak” del film, quelli del precipitoso viaggio a cavallo di Marquet verso la residenza del vescovo di Aguillon, che invece è un mix tra la rocca lombarda di Soncino e il castello emiliano di Torrechiara. Se siete dei pedalatori avrete inoltre la possibilità di riconoscere al volo anche due luoghi che saranno toccati durante nell’ultimo tappone del Giro 2023, quello delle Tre Cime di Lavaredo: prima di arrivare al Rifugio Auronzo i “girini” dovranno infatti salire fino ai 2236 metri del Passo Giau e poi sfiorare proprio ai piedi dell’ascesa finale il piccolo lago d’Antorno, entrambi immortalati nella pellicola firmata da Richard Donner.

In collaborazione con www.davinotti.com

Il castello di Rocca Calascio nel film “Ladyhawk” (www.davinotti.com)

Il castello di Rocca Calascio nel film “Ladyhawk” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/ladyhawke/50002250

FOTOGALLERY

Capua, ponte romano

Calvi Vecchia, cattedrale di San Casto

Vairano Scalo, monumento all’incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II

Il “Verlasce”, l’antico anfiteatro di Venafro (www.visitmolise.eu)

Il “Verlasce”, l’antico anfiteatro di Venafro (www.visitmolise.eu)

Rocchetta a Volturno, sorgenti del fiume Volturno

Rocchetta a Volturno, abbazia di San Vincenzo al Volturno

Altopiano delle Cinquemiglie

Sulmona, acquedotto medioevale

Badia Morronese

Bussi sul Tirino, chiesa di Santa Maria di Cartignano

Rocca Calascio, castello

Santo Stefano di Sessanio, la Torre Medicea in un’immagine precedente il terremoto del 2009

Campo Imperatore, Lago Racollo

A NAPOLI IL SOLE SPLENDE PER PEDERSEN, LEKNESSUND MANTIENE LA MAGLIA ROSA

maggio 11, 2023 by Redazione  
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L’arrivo a Napoli riserva grandi emozioni con il gruppo che rinviene su Alessandro De Marchi (Team Jayco AlUla) e Simon Clarke (Israel-Premier Tech), ultimi due uomini rimasti superstiti della fuga del mattino, quando mancano circa 250 metri al traguardo, a volata lanciata come al solito in anticipo da Fernando Gaviria (Movista) i due sono ripresi ed a vincere è Mads Pedersen Trek-Segafredo), secondo Jonathan Milan (Bahrain Victorious), terzo Pascal Ackermann (UAE Team Emirates) davanti a Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck) ed allo stesso Gaviria.

Tappa temuta quella con arrivo e partenza a Napoli, scenari mozzafiato e stradine strette che si arrampicano verso la costiera amalfitana e sorrentina con il valico di Chiunzi ed il Picco Sant’Angelo a fare da spauracchi per le ruote veloci più pure. Non piove e la strada che costeggia le pendici del Vesuvio invoglia subito i primi attaccanti ad evadere dal gruppo, il primo tentativo è di Stefan Kung (Groupama-FDJ) ma lo svizzero viene subito ripreso, poco dopo ci prova Alessandro de Marchi (Team Jayco-AlUla) che per un pò di tempo resta da solo in avanscoperta raggiunto poco dopo da Francesco Gavazzi (Eolo-Kometa) e successivamente da Alexandre Delettre (Cofidis), Simon Clarke (Israel-Premier Tech) e Charlie Quarterman (Team Corratec-Selle Italia). I cinque vanno via di comune accordo con il consenso del gruppo e riescono subito a prendere 3’ di vantaggio. A provare a riportarsi nella fuga ci ha provato per lunghi tratti Alessandro Verre (Arkéa-Samsic) senza però riuscirci. Al GPM del Valico di Chiunzi la fuga arriva a toccare i 6’ di vantaggio, dietro ad inseguire si portano in testa gli Ineos Granadiers ritmo che aumenta ed a farne le speso sono Mark Cavendish (Astana Qazaqstan) e Filippo Fiorelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè). Gli Ineos ricevono un aiuto prezioso da UAE Team Emirates e Trek-Segafredo mentre davanti in vista del GPM è Clarke a rompere gli equilibri seguito dal solo De Marchi. Al secondo GPM di giornata quello di Picco Sant’Angelo la coppia al comando conserva 2’:25” di vantaggio mentre in testa al gruppo a dar man forte al lavoro UAE e Trek-Segafredo si portano la Movistar, l’Alpecin-Deceuninck ed Team DSM il ritardo comincia così a scendere e si entra nei dieci chilometri finali con ancora 60 secondi ancora da recuperare. Volata che a questo punto appare incerta, la sede stradale tortuosa e le numerose rotonde fanno pendere la possibilità di vittoria verso i due in testa. Ai meno 3 chilometri De Marchi e Clarke conservano ben 30” ma da dietro il lavoro dei Trek- Segafredo è magistrale infatti in gruppo acciuffa la coppia di testa subito dopo il cartello dei meno 250 metri! A lanciare la volata, lunghissimo, è Fernando Gaviria (Movistar), ma Madp Pedersen (Trek-Segafreo) non si fa sorprendere e si riporta subito sotto il colombiano seguito da Jonathan Milan (Bahrain Victorious) e  Pascal Ackermann (UAE Team Emirates) mentre Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck) cerca a sua volta di portarsi tutto a destra per sprintare, ma questa volta il più forte è Mads Perdersen che si lascia andare in un urlo di gioia a testimoniare come la Trek-Segafredo ha sempre cercato questa vittoria che arriva sul lungomare Caracciolo e fa sì che il danese si avvicini alla maglia ciclamino indossata da Milan. Primo Pedersen dunque, secondo la Jonathan Milan e terzo un ritrovato Pascal Ackermann. Tra gli uomini di classifica nulla cambia, ma domani l’arrivo in salita a Campo Imperatore potrà ridisegnare la classifica generale con il Gran Sasso pronto a far vivere alla corsa rosa il duello atteso tra i migliori scalatori.

Antonio Scarfone

Lesultanza di Mads Pedersen a Napoli (Image credit: Stuart FranklinGetty Images)

L'esultanza di Mads Pedersen a Napoli (Image credit: Stuart FranklinGetty Images)

NAPOLI AMMALIA ANCORA IL GIRO

maggio 11, 2023 by Redazione  
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Si annuncia una tappa ancora più spettacolare rispetto a quella disputata lo scorso anno a Napoli, ma guai a distrarsi ad ammirare i panorami offerti dalla Costiera Amalfitana prima e dal “Miglio d’Oro” poi. Le numerose curve che s’incontreranno nei tratti costieri e i tratti in pavé del finale costringeranno i corridori alla massima attenzione nel corso di una tappa che, come quella del giorno prima a Salerno, si offre ai fuggitivi ma non chiude del tutto le porte alla possibilità di un arrivo allo sprint.

Il Giro torna a Napoli con una tappa ancora più affascinante di quella disputata lo scorso anno sulle strade a nord del capoluogo partenopeo, tra i Campi Flegrei e il Monte di Procida. Stavolta a rubare lo scenario alla corsa saranno il Vesuvio, l’incantevole costiera amalfitana e la vicina sorrentina, ma – nonostante la presenza di salite più impegnative rispetto a quello affrontate dodici mesi fa – la tappa si annuncia meno interessante sul piano agonistico per la disposizione della difficoltà altimetriche. Lo scorso anno il percorso presentava pochissima pianura, spezzettata tra tante piccole e brevi ascese, nel tracciato di quest’anno ci saranno due ascese principali collocate nei primi 90 Km, mentre la pianura prenderà il sopravvento negli ultimi 35 Km, in un tracciato sul quale la corsa potrebbe svolgersi secondo un copione simile alla frazione di Salerno. I fuggitivi avranno parecchio terreno per rimanere in testa alla corsa perché su strade tortuose come quelle delle costiere di Amalfi e Sorrento sarà quasi impossibile per il gruppo riuscire a limare il vantaggio che avranno acquisito; una volta sbarcati in pianura, però, una nuova insidia si parerà sotto le ruote dei corridori perché per un tratto di circa 7 Km si pedalerà costantemente sul pavè e sui lastricati dei centri del “Miglio d’Oro”, realizzati con le pietre laviche scavate dalle cave del Vesuvio, un fondo stradale reso scivoloso dalla salsedine e dal passaggio delle automobile e che potrebbe rivelarsi ancora più viscido in caso di pioggia.
Effettuato il raduno di partenza in Piazza del Plebiscito, con un lungo tratto di trasferimento il gruppo si sposterà verso il “chilometro zero”, previsto nel popoloso quartiere Ponticelli, il secondo per numero d’abitanti di Napoli dopo Fuorigrotta, presso il quale si trova la basilica più antica dell’area vesuviana, il Santuario di Santa Maria della Neve, innalzato a partire dal XIII secolo e successivamente rifatto in stile barocco. Ancor più venerato dai fedeli partenopei è il Santuario della Madonna dell’Arco, meta a Pasquetta del tradizionale pellegrinaggio dei “fujénti”, fedeli che raggiungono il santuario a piedi nudi e talvolta carponi, accompagnando il loro viaggio con strida e pianti. Meno “scenografico” sarà il sopraggiungere dei corridori, che lambiranno il santuario nel corso della lieve salita che caratterizzerà i primi 6 Km, denotati da un accentuarsi delle pendenze nei conclusivi 1300 metri al 4.5% che condurranno a Somma Vesuviana, nel punto più elevato della circumnavigazione del Vesuvio, dove si andrà a lambire l’aragonese Castello d’Alagno, recentemente ristrutturato per farne una sede museale. Affrontato un breve zampellotto all’ingresso di Ottaviano, centro il cui nome deriva da quello della Gens Octavia (la famiglia dell’imperatore Augusto, che qui aveva un esteso possedimento), s’intraprenderà un primo tratto pianeggiante di una ventina di chilometri nel corso del quale si terminerà il periplo del Vesuvio con il passaggio da Pompei, celebre non soltanto per i suoi scavi ma anche come luogo di culto per la presenza del Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario, uno dei principali d’Italia, costruito a partire dal 1876 su iniziativa del beato Bartolo Longo e grazie alle offerte spontanee dei fedeli.
Sfiorata la vicina Angri, dove anche il locale Castello Doria è stato ristrutturato in previsione di una trasformazione in museo, il gruppo si troverà ai piedi della principale difficoltà di giornata, la salita al Valico di Chiunzi, i cui 10.4 Km al 5.8% metteranno più di un brivido in corpo a corridori e tifosi, non tanto per le sue poco difficili inclinazioni quanto per il ricordo – ancora fresco nonostante siano già passati 25 anni – della caduta che coinvolse Marco Pantani al Giro del 1997 all’inizio della successiva discesa verso Maiori. Successe allorquando, poco dopo il passaggio sotto la ben conservata torre d’epoca normanna che domina il valico, un gatto ebbe l’idea di attraversare la strada mentre stava transitando il “Pirata”, che finì a terra assieme ad altri corridori: il Giro era già finito per il colombiano Hernan Buenahora e per l’elvetico Armin Meier, che per colpa di quel micio si rimediarono rispettivamente un trauma cranico e una frattura al calcagno, mentre Pantani – da pochi mesi tornato alle corse dopo il tremendo infortunio occorsogli alla Milano-Torino del 1995 – vuole provare a tornare in sella ma un muscolo s’è strappato nel capitombolo e si concretizza in uno strazio, che lo accompagna fin sul traguardo di Cava de’ Tirreni, al quale giunge quasi mezz’ora dopo l’arrivo dai primi e la consapevolezza che anche per quest’anno la sua avventura alla Corsa Rosa è già finita. Il brivido di cui sopra sarà, però, ricacciato indietro dalla scelta degli organizzatori di far percorrere in discesa un altro versante, più tortuoso e spettacolare, prima di cominciare il quale bisognerà superare un ulteriore tratto di salita, diretto al Colle San Pietro (3 Km al 5%). È il biglietto non particolarmente caro che bisognerà pagare prima d’entrare in uno dei paradisi in terra che offre la nostra bella nazione, la costiera amalfitana, che il gruppo raggiungerà passando per Ravello, borgo che offre incantevoli viste sul Golfo di Salerno e si consiglia in particolare di lasciarsi catturare da quelli che si possono ammirare dai giardini delle ville Rufolo e Cimbrone, tra i cui viali passeggiò anche la celebre principessa Sissi (lasciandoci, però, l’illusione che la sovrana si trovasse nel lontano Portogallo, come leggerete più sotto).
Il paradiso si trasformerà presto in inferno per il gruppo perché, una volta terminata la discesa inizierà la risalita della costiera che per ciclisti e non solo costituisce un vero e proprio “incubo” che non consentirà distrazioni di sorta a causa delle numerosissime curve che si succederanno con frequenza, raccordate da rettilinei brevissimi e coniugati a un tracciato che si annuncia complicato anche dal punto di vista altimetrico. Per una buona ventina di chilometri si pedalerà, infatti, in un contesto di continui saliscendi, che inizieranno sin dal passaggio da Amalfi, dove i “girini” non avranno certo il tempo d’ammirare il celebre duomo dedicato a Sant’Andrea e innalzato a partire dall’anno 987 in stile arabo-siciliano. Al massimo, se ci sarà un momento di stanca agonistica, ci sarà il tempo per lanciare una fugace occhiata verso l’azzurro del mare, nel mezzo del quale spuntano come un’inattesa apparizione i tre isolotti che compongono l’arcipelago Li Galli, dagli antichi ritenuto la dimora delle omeriche Sirene e più concretamente abitato dal celeberrimo ballerino russo Rudolf Nureyev, che nel 1989 aveva acquistato l’interno arcipelago, sul quale si trovava una villa alla cui realizzazione aveva collaborato l’archistar francese Le Corbusier.
Attraversata Positano si uscirà dal paradiso-inferno amalfitano pagando un altro biglietto, quello richiesto dai 9 km d’ascesa al 4% necessari per raggiungere la località di Capo di Mondo, salita che è più nota tra gli appassionati di ciclismo come Picco Sant’Angelo, nome con quale era stato identificato finora questo luogo in occasione dei precedenti passaggi del Giro e non solo. L’ascesa al “picco”, infatti, è stata inserita dal 1998 al 2002 nel tortuoso circuito della Penisola Sorrentina che costituì in quel periodo la tappa d’apertura della Tirreno-Adriatico, frazione che fu abbandonata in seguito alle proteste del gruppo scaturite proprio dalle numerose curve che negli anni provocarono diverse cadute e di una spettacolare fu protagonista – durante una tappa del Giro del 1991 disputata sul medesimo percorso – una moto della RAI che nell’affrontare un tornante con vista sull’isola di Capri mancò clamorosamente il “tourniquet” e finì dritta nella scarpata sottostante, mentre le immagini in diretta presero a vorticare come una lavatrice al momento della centrifuga. Per evitare simili disavventure dopo lo scollinamento si percorrerà in discesa la meno problematica “Strada del Nastro Verde” che farà planare i “girini” verso Sorrento, la città natale di Torquato Tasso, dove si cambierà nuovamente scenografia. Si tornerà, infatti, a pedalare in direzione del Vesuvio percorrendo ora le strade della costiera sorrentina, versante della penisola dei Monti Lattari decisamente meno tormentato rispetto a quello amalfitano in quanto meno tortuoso e più scorrevole anche sul piano altimetrico, movimentato al massimo da un paio di saliscendi. All’inizio di questo tratto sarà sicuramente a bordo strada ad applaudire il passaggio del Giro Carmine Castellano poiché è previsto il passaggio da Sant’Agnello, il paese dove è nato nel 1937 e dove è tornato a risiedere dopo il pensionamento l’ex avvocato che dal 1993 al 2014 è stato direttore della Corsa Rosa succedendo al mitico “patron” Vincenzo Torriani.
Attraversata Vico Equense – centro dove negli anni ’50 un fornaio inventò la “pizza a metro”, dalla quale è derivata l’odierna pizza al trancio – ci si sarà lasciata alle spalle la parte più problematica di questa frazione e si tornerà a pedalare in un contesto di rettilinei pianeggianti. Il primo di questi s’incontrerà all’uscita di Castellammare di Stabia, località termale dove è possibile – tra una cura e l’altra – passeggiare sul lungomare con vista sul Golfo di Napoli oppure visitare la piccola ma interessante area archeologica dell’antica Stabiae, distrutta come la vicina Pompei dalle storica eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Siamo alle porte del tratto conclusivo della tappa, interamente disegnato lungo il “Miglio d’Oro”, il nome con il quale alla fine del ‘700 ci si riferiva alla stretta fascia pianeggiante situata tra il golfo e le prime pendici del Vesuvio, così chiamata in riferimento alla ben 122 ville che furono realizzate dalla nobiltà dell’epoca e ai loro floridi giardini, nei quali crescevano limoni, mandarini e arance. In ordine d’apparizione il primo centro del “Miglio d’Oro” a essere attraversato dal gruppo sarà Torre del Greco, la “capitale del corallo” presso la quale si trova una tra le più celebri “ville vesuviane”, quella Villa delle Ginestre che fu dimora di Giacomo Leopardi nel periodo precedente la sua prematura morte, avvenuta il 14 giugno del 1837 due settimane prima del suo trentanovesimo compleanno. Villa Campolieto è, invece, una delle “perle” erette in epoca settecentesca nella vicina Ercolano, rinomata per l’area archeologica dell’antica Herculaneum, che a differenza di Pompei non fu sommersa dalle ceneri ma colpita dodici ore più tardi dal flusso piroclastico che, spinto fin lì dal vento, ne vaporizzò all’istante gli abitanti. Il momento più spettacolare di questa fase sarà costituito dal passaggio dalla Reggia di Portici, la residenza estiva dei sovrani borbonici della quale si attraverserà il cortile, percorso dalla strada lastricata che conduce verso Napoli. Dopo poco si uscirà dal settore in pavé e si tornerà a pedalare sull’asfalto negli ultimi sette frenetici chilometri, che vedranno il gruppo entrare nella città partenopea dal quartiere di San Giovanni a Teduccio, presso il quale dal 2017 è possibile ammirare il più grande murales al mondo dedicato a Maradona, alto ben 40 metri e realizzato dallo street artist Jorit Agoch. I “girini” sfrecceranno quindi lungo il porto, sfiorando prima la possente mole del Maschio Angioino e poi l’isolotto di Megaride, sul quale sorge un altro storico maniero napoletano, il Castel dell’Ovo. Ma, come avvenuto lungo le laocoontiche strade della Costiera Amalfitana, nemmeno ora ci sarà la possibilità di distrarsi ad ammirare il panorama: il traguardo è dietro l’angolo e bisogna guardar dritti verso l’oramai prossima meta.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Valico della Torre di Chiunzi (656 metri). È il passo semplicemente più noto come “Valico di Chiunzi”, quotato 683 metri sulle cartine del Giro 2023. È valicato dalla Strada Provinciale 2, che mette in comunicazione Sant’Egidio del Monte Albino con Maiori, mentre in corrispondenza del valico si stacca la Strada Provinciale 1 che scende verso Amalfi. Il Giro l’ha inserito quattro volte nel suo tracciato, la prima nel 1982 quando vi si salì dallo stesso versante di quest’anno durante la Caserta – Castellammare di Stabia, terminata con il successo del varesino Silvano Contini dopo che la vetta del Chiunzi era stata per la prima volta “espugnata” dal tedesco Dietrich Thurau. Due anni più tardi, salendo da Maiori, gli succederà lo spagnolo Jesús Rodríguez nel finale della Agropoli – Cava de’ Tirreni (vinta dal danese Dag Erik Pedersen); sempre da Maiori si salirà durante il Giro vinto da Gianni Bugno nel 1990 nel corso della prima tappa di montagna, scattata da Sala Consilina e terminata sul Vesuvio con il successo dello spagnolo Eduardo Chozas dopo che in cima al Chiunzi era transitato in testa l’abruzzese Stefano Giuliani. In ordine di tempo vi si è saliti l’ultima volta durante la citata tappa della caduta di Pantani al Giro del 1997 (Mondragone – Cava de’ Tirreni), vinta dal bergamasco Mario Manzoni dopo che il trentino Mariano Piccoli aveva fatto suo il GPM, salendo in quell’occasione dal versante di Amalfi.

Torre il Passo (695 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 1 che da Amalfi sale verso il Valico di Chiunzi, sulle cartine del Giro 2023 è chiamata Colle San Pietro. Da questo passo, situato presso i ruderi della torre dalla quale prende il nome, la Corsa Rosa è finora transitata una sola volta, durante la citata tappa Mondragone – Cava de’ Tirreni del Giro 2007.

Colli San Pietro (312 m). Valicato dalla Strada Statale 163 “Amalfitana” lungo la salita da Positano a Capo di Mondo, all’altezza della confluenza con la Strada Statale 145 “Sorrentina”. Mai affrontato come GPM, il Giro vi è transitato l’ultima volta nel 2013 subito dopo la partenza della Sorrento – Marina di Ascesa, vinta da Luca Paolini.

Colli Fontanelle (343 metri). Vi transita la Strada Statale 145 “Sorrentina” lungo la salita da Positano a Capo di Mondo, all’altezza della confluenza con la Strada Provinciale 385 che sale da Sant’Agnello. Da quest’ultima vi si salì nel 1997 in occasione della citata tappa di Cava de’ Tirreni, quando a Colli Fontanelle era previsto un traguardo GPM conquistato da Mariano Piccoli. La vicina cima del Picco Sant’Angelo (Capo di Mondo nel percorso di quest’anno) è stata valida per la classifica degli scalatori in sette occasioni e vi sono transitati in testa il vicentino Mauro Facci nel 2009 (Avellino – Vesuvio, vinta dallo spagnolo Carlos Sastre) e il russo Pavel Brutt nel 2007 (Salerno – Montevergine, vinta dall’abruzzese Danilo Di Luca), mentre cinque passaggi erano previsti nella tappa in circuito di Sorrento disputata nel 1991, citata nell’articolo in riferimento alla spettacolare caduta che vide coinvolta una moto della RAI: a vincere quella tappa fu il francese Eric Boyer, che quel giorno strappò “momentaneamente” la maglia rosa dalle spalle di Franco Chioccioli, mentre i cinque GPM andarono ad arricchire i palmares del portoghese Acacio Da Silva, del valtellinese Roberto Gusmeroli, del colombiano Juan Carlos Arias, di Bugno e dello spagnolo Federico Garcia.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Il Vesuvio visto da Napoli e l’altimetria della sesta tappa (www.sitabus.it)

Il Vesuvio visto da Napoli e l’altimetria della sesta tappa (www.sitabus.it)

CIAK SI GIRO

Alzi la mano chi non ha mai visto uno dei capitoli della trilogia che tra il 1955 e il 1957 il regista viennese Ernst Marischka dedicò all’imperatrice Elisabetta di Baviera, universalmente più nota con il soprannome di Sissi. Chi avrà seguito l’ultimo, Destino di un’imperatrice, ricorderà del finale girato in Piazza San Marco a Venezia e delle peripezie di Sissi, costretta da problemi di salute – una grave infezione polmonare appesantita da una sopraggiunta depressione – ad allontanarsi dalla corte imperiale asburgica per trascorrere lunghi periodi di riabilitazione in paesi dal clima più mite. Nel film si parla di Madeira e Corfù, in realtà sempre Italia è, preferita a Portogallo e Grecia per evitare alla produzione una costosa trasferta e così gli scenari che l’indimenticata Romy Schneider, l’attrice che interpretò Sissi, ammira quando si trova nel giardino della residenza portoghese in realtà quelli della costiera amalfitana, gli stessi che anche i comuni mortali possono scorgere dai giardini di Villa Rufolo a Ravello. E gli antichi templi che Sissi visiterà durante la lunga vacanza in terra greca? Per ammirarli basta spostarsi verso sud di una settantina di chilometri e raggiungere l’area archeologica dell’antica Paestum. Poi però bisogna far ritorno alla base perché anche per le scene girate nella villa sull’isola greca di Corfù, dove la sovrana prenderà alloggio dopo aver lasciato il Portogallo, si optò per un’altra panoramica dimora ravellese, Villa Cimbrone, dove vedremo Sissi affacciarsi dalla balconata della cosiddetta “Terrazza dell’Infinito”.

In collaborazione con www.davinotti.com

Romy Schneider si aggira nei giardini di Villa Cimbrone in Destino di un’imperatrice, lultimo film della trilogia dedicata a Sissi (www.davinotti.com)

Romy Schneider si aggira nei giardini di Villa Cimbrone in "Destino di un’imperatrice", l'ultimo film della trilogia dedicata a Sissi (www.davinotti.com)

Le altre location del film


https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/destino-di-una-imperatrice/50011973

FOTOGALLERY

Napoli, santuario di Santa Maria della Neve

Sant’Anastasia, santuario della Madonna dell’Arco

Somma Vesuviana, Castello d’Alagno

Angri, Castello Doria

Valico di Chiunzi, vista panoramica sul Vesuvio

Ravello, la costiera amalfitana vista dal belvedere di Villa Rufolo

Amalfi, duomo di Sant’Andrea

Arcipelago Li Galli

Sorrento

Castellammare di Stabia, il Vesuvio visto dall’area archeologica di Stabiae

Torre del Greco, Villa delle Ginestre

Ercolano, Villa Campolieto

Ercolano, area archeologica dell’antica Herculaneum

Reggia di Portici

San Giovanni a Teduccio, il murales dedicato a Maradona

Napoli, Maschio Angioino

Napoli, Castel dell’Ovo

GROVES L’EQUILIBRISTA RESTA IN PIEDI E VINCE SUL TRAGUARDO BAGNATO DI SALERNO

maggio 10, 2023 by Redazione  
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Il maltempo ha reso molto più dura del previsto la quinta tappa della Corsa Rosa, terminata come da previsioni in volata ma con il gruppo selezionato dalle tre cadute che hanno caratterizzato gli ultimi 7 Km. Particolarmente sfortunata l’ex maglia rosa Evenepoel, che già era caduta ad inizio tappa. A terra anche l’australiano Graves, che riesce a recuperare e poi ad imporsi allo sprint

Come un equilibrista sul filo, dopo essere scivolato a terra ai -7 dall’arrivo, Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck) supera le insidie del bagnato e conquista in una volata insidiosa e a ranghi ridotti la quinta tappa del Giro, l’Atripalda-Salerno di 171 km. Una frazione caratterizzata dal maltempo e dalle numerose cadute. Tra gli uomini di classifica coinvolti anche Alexsandr Vlasov (Bora-Hansgrohe), Primoz Roglic (Jumbo Visma), la maglia rosa Andreas Leknessund (Team DSM) e l’iridato Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step). Sul lungomare salernitano,dietro all’australiano si classificano Jonathan Milan (Barhain Victorius), Mads Pedersen (Trek-Segafredo) e Mark Cavendish (Astana Qazaqstan), con quest’ultimo che taglia il traguardo dopo essere scivolato sull’asfalto viscido. Nel finale due le cadute nel gruppo. L’ultima, nei tre chilometri finali, coinvolge anche due uomini di classifica del calibro di Vlasov ed Evenepoel, che in virtù della neutralizzazione non perdono tempo in classifica, sempre guidata Andreas Leknessund (Team DSM) con 28” di vantaggio su Remco e 30” su Aurélien Paret-Peintre (AG2R Citroën Team).Per Groves si tratta del suo 4° sigillo stagionale, il primo nella Corsa Rosa.Tutto questo mentre il campione del mondo in carica sta per sottoporsi ad accertamenti per verificare la propria condizione.

La tappa odierna non era piatta bensì caratterizzata da una conformazione irregolare nei primi 120 Km, in contrasto con un finale adatto alle ruote veloci sul bellissimo lungomare di Salerno.
Non sono partiti da Atripalda Ramon Sinkeldam (Alpecin-Deceuninck), Remy Rochas (Cofidis) e Valerio Conti (Corratec Selle Italia).
Vanno via in quattro e tra questi c’è Thibaut Pinot (Groupama – FDJ). Con lui Martin Marcellusi e Samuele Zoccarato (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè) e Stefano Gandin (Team Corratec-Selle Italia). La strada è scivolosa per la pioggia, il trevigiano finisce a terra e Marcellusi va giù con lui. Si salvano invece Pinot e Zoccarato, i quali proseguono nella loro azione.
Gandin riesce a rientrare sui fuggitivi e quattro sono ora gli uomini al comando: oltre ai citati Zoccarato, Pinot e Gandin c’è Thomas Champion (Cofidis). Si affronta subito lala prima salita di giornata, il Passo Serra (3ª categoria, 3,9 km al 7,4%), sulla quale Pinot passa per primo rafforzando il suo primato nella classifica della maglia azzurra.
Poco dopo un cane, lasciato libero, attraversa la strada e provoca una caduta nel gruppo dei migliori. Tra gli altri a farne le spese c’è Evenepoel, che dopo un po’ si rialza e riprende a pedalare, mentre Pinot si lascia sfilare e riprendere proprio dal plotone.
Restano, dunque, in 3 al comando e al traguardo volante di Sant’Angelo dei Lombardi Gandin prevale su Champion e Zoccarato, mentre la volata del gruppo, che ha poco più di due minuti di distacco, è appannaggio dell’iridato di Harrogate 2019 Mads Pedersen (Trek –Segafredo).
Piove a catinelle sul percorso mentre dietro tirano gli uomini del Team DSM per preservare la maglia rosa di Leknessund, ma si fanno vedere anche Arkéa-Samsic e Alpecin-Deceuninck.
Nuova salita verso Oliveto Citra (2,9 km con pendenze attorno all’8%), il paese di nascita di Vincenzo Albanese, uno dei protagonisti della tappa di ieri. Intanto il vantaggio dei battistrada continua a diminuire ai – 65 dall’arrivo. Allo scollinamento Zoccarato passa per primo davanti Champion e Gandin. Quarto è Pinot assieme al gruppo, che si mantiene costante sul minuto di ritardo.
Anche l’attraversamento di Campagna avviene senza particolari scossoni. Il gruppo lascia fare e all’ultimo traguardo volante di giornata, nel centro di Battipaglia, è primo Gandin, con il gruppo che si sta avvicinando.
A questo punto prova l’allungo Zoccarato. Ai -20 dall’arrivo Gandin e Champion vengono ripresi dal gruppo: la loro fuga è finita. Il combattivo 25enne della Green Project-Bardiani -CSF-Faizanè non molla ma, complici problemi al cambio e le trenate del gruppo maglia rosa (in prima fila gli INEOS Grenadiers trainati da Filippo Ganna), il suo tentativo è destinato ad esaurirsi.
Caduta ai -7 km in una curva a gomito a destra. A terra, tra gli altri, finiscono Groves, Pascal Ackermann (UAE Team Emirates), Fernando Gaviria (Movistar), e Primoz Roglic (Jumbo Visma), uno dei grandi favoriti per la vittoria finale. Tutti e tre riprendono e riescono, seppur con fatica, a rientrare in gruppo, ora nuovamente compatto dopo che ai – 6 era finita l’avventura in solitaria di Zoccarato.
Le emozioni non mancano. Dentro i 3 km si verifica una nuova caduta, che coinvolge Perdersen, Evenepoel e Vlasov. All’ultimo chilometro parte Milan, ma Groves si dimostra più forte anche della pioggia e delle insidie dell’asfalto trionfando a braccia alzate, mentre dietro di lui rovinanno a terra pure Cavendish e David Dekker (Team Arkéa Samsic).
Domani si correrà la la sesta tappa del Giro n.106, la Napoli-Napoli di 162 km, una delle frazioni più belle paesaggisticamente della Corsa Rosa con il Gpm di 2a categoria del Valico di Chiunzi e la tortuosa strada della Costiera Amalfitana, da non prendere sottogamba pur se molto distante dal traguardo.

Vito Sansone

Vittoria sotto lacqua per Kaden Groves a Salerno (Kaden Groves wins stage 5 of the 2023 Giro dItalia in Salerno (Getty Images Sport)

Vittoria sotto l'acqua per Kaden Groves a Salerno (Kaden Groves wins stage 5 of the 2023 Giro d'Italia in Salerno (Getty Images Sport)

UNA VOLATA TUTTA DA SUDARE

maggio 10, 2023 by Redazione  
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I velocisti tornano protagonisti al Giro 2023, ma non sarà una passeggiata la quinta frazione della Corsa Rosa. Se pedalando verso San Salvo abbondavani i tratti pianeggianti da percorrere lungo il litorale abruzzese, oggi la tappa si snoderà prevalentemente sui saliscendi dell’appennino campano e pianura vera s’incontrerà solamente negli ultimi 40 Km. I tanti metri di dislivello finale potrebbero rimanere nelle gambe a molti velocisti al momento dello sprint e non è detto che le loro squadre riescano a ricucire sulla fuga di giornata, proprio come successo a Salerno nel 1995, al termine di una tappa simile a questa.

Le interminabili tappe interamente pianeggianti d’una volta sono oramai un lontano ricordo. Il ciclismo moderno e il suo pubblico si vogliono divertire ogni giorno e per questo motivo quelle noiose frazioni sono state progressivamente abbandonate, sostituite da tappe più brevi e mai totalmente piatte, con salite inserite qua e là, talvolta nei finali, talaltra a metà strada oppure concentrate nella prima parte del percorso, dando parecchio filo da torcere alle squadre dei velocisti che devono faticare non poco per tenere a bada la fuga di giornata. Per prendere alcuni esempi, nel Giro del 1987 di tappe simili se ne corsero quattro e una di questa si svolgeva sulla distanza di ben 260 Km mente lo scorso anno ne erano previste solo due, la prima delle quali superava quota “200” per un solo chilometro. Anche quest’anno di frazioni totalmente prive di qualsivoglia difficoltà altimetrica se ne incontreranno due, quelle di Caorle e Roma, mentre in tre occasioni per arrivare allo sprint bisognerà prima digerire parecchi metri di dislivello: per dare un po’ di numeri, quasi 3000 se ne dovranno sorbire nella frazione di Viareggio e 2500 in quella successiva di Tortona, entrambe previste nella seconda settimana di gara, mentre altri 2500 saranno in programma oggi verso Salerno, affrontando un percorso che proporrà strada pianeggiante solamente negli ultimi 40 Km, ai quali si giungerà dopo un tracciato altalenante che nella prima parte ha in serbo sette ascese. Se è vero che l’arrivo in volata sarà la soluzione più probabile, non bisognerà dare per scontato che i fuggitivi riescano a farcela e c’è un precedente a loro favore, poiché l’ultima volta che il Giro fece scalo a Salerno (1995) si arrivava al traguardo con un percorso non molto dissimile da quello odierno – gli ultimi 40 Km erano gli stessi di quest’anno, mentre la prima parte era meno impegnativa – e in quell’occasione i corridori di testa riuscirono a resistere al rientro del gruppo per 13 secondi. A complicare la giornata ai velocisti potrebbe essere una partenza troppo veloce perché subito dopo il via da Atripalda, cittadina presso la quale si trovava un tempo l’antica Abellinum (dalla quale deriva il nome la vicina Avellino), si dovrà affrontare la salita più impegnativa di giornata, quel Passo Serra sulle cui pendenze (4 Km al 7.6% con il chilometro iniziale al 10.2% medio) al Giro del 2015 la maglia rosa Alberto Contador fu attaccata da Fabio Aru e Mikel Landa, i quali non riuscirono a distanziare lo spagnolo, anche se la loro azione fece staccare gli altri avversari. Di certo non assisteremo stavolta ad azioni simili, poiché in quell’occasione il traguardo era collocato nella vicina San Giorgio del Sannio (s’impose Paolo Tiralongo) mentre stavolta saremo solo all’inizio di una tappa che subito proporrà la salita verso il Passo di Mirabella (2.2 Km al 7.3%), presso il quale il gruppo sfiorerà l’area archeologica della città romana di Aeclanum, scoperta all’inizio del secolo scorso e tra i cui resti spiccano quelli delle “terme dei nobili” e di una basilica eretta in epoca paleocristiana. Immediatamente dopo si affronterà l’ascesa di Croce Calabrone (3 Km al 6.1%), che precederà il passaggio in discesa da Fontanarosa, dove è meta di pellegrinaggi il santuario di Maria Santissima della Misericordia, che alla vigilia di Ferragosto è teatro della tradizionale “festa del carro”, nella quale viene portato in processione da quattro buoi un obelisco di paglia alto 28 metri.
Seguirà un’altra serie di brevi ascese consecutive che conduranno i “girini” alle porte di Torella dei Lombardi, dove è visitabile un museo dedicato al celebre regista d’origini torellesi Sergio Leone, il papà del western all’italiana, ospitato nel Castello Candriano. Per una decina di chilometri l’altimetria si “spegnerà” lasciando il passo a un tratto di dolce falsopiano di meno di 10 Km, che terminerà ai piedi della “Cima Coppi” di giornata, la salita diretta ai quasi 1000 metri di Guardia dei Lombardi, 8.4 Km al 3% che presenteranno le pendenze più impegnative nei 2200 metri iniziali al 6.1%, al termine dei quali il gruppo attraverserà il centro di Sant’Angelo dei Lombardi, divenuto celebre all’epoca del sisma del 1980 come “capitale del terremoto” perché fu il comune irpino che ebbe a patire il maggior numero di morti (482 morti) oltre a ingenti danni ai suoi edifici, come la millenaria Abbazia del Goleto e il Convento di Santa Maria delle Grazie, situato nel luogo dove oggi è stato realizzato un Parco della Memoria dedicato alle vittime del sisma e in modo particolare ai bambini ospiti dell’orfanotrofio alloggiato nel monastero.
Il breve dentello verso Morra De Sanctis – il cui nome ricorda i natali in questo borgo del politico italiano
Francesco de Sanctis, che fu per tre mandati Ministro dell’Istruzione del Regno d’Italia – spezzerà la successiva discesa, che riporterà per la terza e ultima volta il gruppo nella valle dell’Ofanto, attraversata in altri differenti punti nelle due tappe precedenti. Stavolta il corso del fiume sarà seguito per circa 4 Km in direzione di Lioni, per poi imboccare la veloce superstrada che porterà i “girini” in veloce discesa verso la valle del Sele, sfiorando la località di Materdomini, famosa per la presenza del Santuario di San Gerardo Maiella, costruito attorno al 1200 nel luogo dove la Madonna era apparsa a due pastorelli e divenuto celebre grazie al santo “titolare”, religioso redentorista che vi morì nel 1755 a soli 29 anni e che oggi è venerato come protettore delle donne in gravidanza e dei bambini.
Ci sarà giusto il tempo di terminare la discesa e affrontare un breve tratto privo di difficoltà, poi le pendenze torneranno a farsi sentire nelle gambe dei corridori al momento d’affrontare i quasi 3 Km all’8% che condurranno a Oliveto Citra, borgo il cui antico Castello Guerritore è divenuto, riparati i danni apportati dal terremoto, sede di un museo realizzato per esporre al pubblico i reperti recuperati dalle necropoli della zona. Un successivo pedalabile tratto in ascesa di 3.4 Km al 3.5% rappresenterà l’ultimo ostacolo naturale inserito sul tracciato, che subito dopo proporrà la discesa verso la pianura finale, che il gruppo agguanterà in quel di Eboli, la cittadina resa celebre dal romanzo di Carlo Levi “Cristo si è fermato a Eboli”, in realtà ambientato nel paesino lucano di Aliano, dove l’autore fu mandato al confino dal regime fascista: secondo un detto lucano rappresentava limite ultimo del mondo civilizzato il centro di Eboli, che attira i turisti proprio grazie alla pubblicità indotta dal libro di Levi e dove è possibile ammirare interessanti luoghi di culto come la Badia di San Pietro alli Marmi e la collegiata di Santa Maria della Pietà. Imboccati gli ultimi scorrevoli 40 Km si attraverserà Battipaglia, dove si potrà ingannare l’attesa del passaggio del gruppo assaggiando la prelibata specialità locale della “Zizzona”, mozzarella di latte di bufala dalla forma di seno (da qui il curioso nome) che può arrivare a un peso di 15 Km a forma, resa celebre dal film “Benvenuti al sud”. Raggiunta la vicina Bellizzi si abbandonerà la strada “maestra” per Salerno e si svolterà in direzione del litorale, lungo il quale si snoderanno gli ultimi 14 Km, i più snelli di questa tappa anche per le sole dieci curve che s’incontreranno in quest’ultimo tratto. Ma non bisognerà comunque abbassare la guardia nemmeno ora, perché il vento che spazza il golfo di Salerno potrebbe fare un’ultima, sgradita sorpresa al gruppo provato dalle tante energie sprecate sui saliscendi di giornata.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo della Serra (585 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 243 tra Pratola Serra e Dentecane, è quotato 584 sulle cartine del Giro 2023. In passato è stato affrontato in diverse occasione ma soltanto l’ultima volta, durante la citata tappa Benevento – San Giorgio del Sannio del 2015 vinta da Tiralongo, in vetta era previsto il traguardo GPM, conquistato dall’olandese Tom-Jelte Slagter.

Passo di Mirabella (442 metri). Quotato 443 sulle cartine del Giro 2023, è valicato dalla Strada Statale 90 “delle Puglie” tra Pianopantano e Grottaminarda. Situato nei pressi del bivio per Mirabella Eclano, è noto anche con il nome di Passo Eclano. Il Giro vi è transitato spesso, senza mai proporre quest’ascesa come GPM: l’ultimo passaggio risale alla tappa Roccaraso – Melfi nel 1992, vinta da Guido Bontempi.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

La città di Salerno e l’altimetria della quinta tappa (travelamalficoast.travelmar.it)

La città di Salerno e l’altimetria della quinta tappa (travelamalficoast.travelmar.it)

CIAK SI GIRO

Nel finale oggi il Giro subito prima di giungere in riva al Tirreno attraverserà l’estremo lembo settentrionale della Piana del Sele, area vasta 700 Km quadrati la cui perla è rappresentata dalla località archeologica dell’antica città magnogreca di Paestum, distante una ventina di chilometri dal percorso di gara. I suoi tre magnifici templi sono giunti ai nostri giorni in perfette condizioni e ciò ha attratto in quest’angolo della Campania non solo turisti da tutte le parti del mondo (li ammirerà anche lo scrittore tedesco Goethe, che ne farà accenno nel suo saggio “Viaggio in Italia”), ma anche numerosi registi che qui hanno voluto girare parte dei loro film. In ordine di tempo il primo è stato Roberto Rossellini, che nel 1946 nel celeberrimo Paisà, uno dei capolavori del neorealismo, inquadrò nell’episodio ambientato a Napoli i templi di Poseidone ed Hera, quest’ultimo visitato nientemeno dalla principessa Sissi in “Destino di un’imperatrice”, l’ultimo film della trilogia dedicata alla celebre sovrana, del quale parleremo più diffusamente nell’articolo dedicato alla tappa di Napoli. Un’altra pellicola in parte girata in questo luogo fu “Scipione detto anche l’Africano”, nel quale si raccontò in toni leggeri le gesta del celebre politico dell’antica Roma, qui interpretato da Marcello Mastroianni mentre il ruolo del fratello del protagonista, Scipione l’Asiatico, fu affidato al vero fratello del celebre attore, Ruggero, qui impegnato nella sua unica esperienza di attore e la cui carriera, tranne questa eccezione, si svolse quasi esclusivamente dietro le quinte, dove ancora oggi è ricordato come uno dei più valenti montatori del cinema italiano, lavorando fianco a fianco a registi del calibro di Luchino Visconti e Federico Fellini (per limitarsi ai più celebri). Oltre che a Paestum, la produzione del film sui due “Scipioni”, diretta dal regista romano Luigi Magni, interessò anche un’altra nota area archeologica campana, quella di Pompei, per poi spingersi fino in Lazio e Toscana, dove la dimora del dio Giove fu ricreata nella necropoli etrusca di Sovana.

In collaborazione con www.davinotti.com

I templi di Paestum visti nel celebre film di Rossellini Paisà (www.davinotti.com)

I templi di Paestum visti nel celebre film di Rossellini "Paisà" (www.davinotti.com)

Larea archeologica di Paestum vista in Scipione detto anche lAfricano (www.davinotti.com)

L'area archeologica di Paestum vista in "Scipione detto anche l'Africano" (www.davinotti.com)

Le altre location dei due film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/paisa/50006649


https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/scipione-detto-anche-l-africano/50006803

Mauro Facoltosi

FOTOGALLERY

Atripalda, l’edificio della Dogana dei Grani fa da sfondo a Piazza Umberto I°

Mirabella Eclano, le terme dell’antica Aeclanum

Fontanarosa, santuario di Maria Santissima della Misericordia

Torella dei Lombardi, Castello Candriano

Sant’Angelo dei Lombardi, Abbazia del Goleto

Castello di Morra De Sanctis

Materdomini, Santuario di San Gerardo Maiella

Oliveto Citra, Castello Guerritore

Eboli, Badia di San Pietro alli Marmi

Salerno, Cattedrale di Santa Maria degli Angeli

PARET-PEINTRE DIPINGE LA VITTORIA A LAGO LACENO, MA È LEKNESSUND A TINGERSI DI ROSA

maggio 9, 2023 by Redazione  
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Nel meraviglioso scenario di Lago Laceno (quarto arrivo nella storia del Giro) niente rivoluzione, piuttosto uno scossone in classifica generale. A vincere la quarta frazione, partita da Venosa, è il francese Aurélien Paret-Peintre (AG2R Citroen) davanti al norvegese Andreas Leknessund (Team DSM). Grande gara di Vincenzo Albanese (Eolo-Kometa) con il 26enne di Oliveto Citra che cede ai – 5 ma conquista uno splendido quarto posto, beffato al fotofinish da Toms Skujiņš(Trek-Segafredo). Leknessund toglie, ma lo si poteva immaginare, il simbolo del primato a Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step). Il vantaggio della nuova maglia rosa sul campione del mondo in carica è di 28”. In terza posizione Paret-Peintre, quindi Joao Almeida (UAE – Team Emirates), Primoz Roglic (Jumbo-Visma) a 1’12”, Geraint Thomas (INEOS Grenadiers) a 1’26” e Aleksandr Vlasov (Bora –Hansgrohe) con lo stesso tempo del britannico.

La frazione odierna prevede 3 gran premi della montagna di seconda categoria di cui l’ultimo, il Colle Molella, misura 9,9 km arrivando anche al 9%. Si scollina a 3 km dall’arrivo per un dislivello totale di 3500 metri.
Si attraversano le montagne lucane caratterizzate da molte curve e da pendenze costanti intorno al 5-6%
Dopo Bagnoli Irpino s’incontrano 3 km di tornanti con punte massime al 12%. Gli ultimi 3000 metri sono in discesa e pianeggianti prima dei 300 metri di rettilineo d’arrivo.
Si inizia con una serie di scatti. Il più deciso è quello di Ben Healy (EF Education-EasyPost). Poco dopo l’irlandese viene raggiunto da Alessandro De Marchi (Jayco-AlUla) e con lui ci sono anche Brandon McNulty (UAE Team Emirates) e Samuele Battistella (Astana Qazaqstan). Li raggiungono Christian Scaroni (Astana Qazaqstan), Jonathan Lastra(Cofidis), Jefferson Cepeda(EF Education-EasyPost), Stefan Küng (Groupama-FDJ), Will Barta ed Einer Rubio(Movistar), Thibault Guernalec (Arkéa-Samsic), Filippo Zana (Jayco AlUla), Andreas Leknessund e Harm Vanhoucke (Team DSM). Il plotone, però, non sembra dare spazio. Lì dietro il gruppo della maglia rosa prima ha uno sfaldamento ma poi si ricompatta ed annulla il timido tentativo di fuga. Sembra quasi che la Soudal-Quick Step voglia togliersi il fardello del primato in queste prime giornate. Resta sttardato Joao Almeida (UAE Team Emirates) che faticando più del dovuto riesce a rientrare nel plotone dei migliori. Intanto si ritira Paul Lapeira (AG2R Citroën).
Prima ascesa della giornata è il Passo delle Crocelle (seconda categoria e 9 punti disponibili nella classifica del GPM), poco più di 7 km con pendenza media del 5,1%.
Il gruppo maglia rosa rimane compatto, composto da circa una novantina di corridori. In cima alle Crocelle Thibaut Pinot scatta (Groupama-FDJ) e conquista il primo GPM di giornata. Alle sue spalle si piazzano Santiago Buitrago (Bahrain Victorious), Amanuel Ghebreigzabhier (Trek-Segafredo), Sepp Kuss (Jumbo-Visma), Leknessund e Marco Frigo (Israel-PremierTech)- Le prime gocce di pioggia destano un po’ di preoccupazione nella discesa verso Bella, lungo la quale cade Michel Hessman (Jumbo Visma). Nel frattempo si avvantaggiano in 7 Aurélien Paret-Peintre (AG2R Citroen), Nicola Conci (Alpecin-Deceuninck), Vincenzo Albanese (Eolo-Kometa), Warren Barguil (Team Arkéa-Samsic), Leknessund, Ghebreigzbhier e Toms Skujiņš (Trek-Segafredo). Pian piano accumulano vantaggio sul gruppo maglia rosa, che ormai dà il via libera affinché la fuga vada in porto. Il vantaggio sale così ad oltre quattro minuti e mezzo.
Al traguardo volante di Muro Lucano è Albanese a passare per primo davanti a Paret-Peintre e Barguil. Bruno Armirail (Groupama-FDJ), che aveva tentato vanamente di accodarsi ai fuggitivi, rallenta e attende il plotone. Si torna a salire si torna a salire verso il Valico di Monte Carruozzo, secondo GPM di giornata ai – 70 km dal traguardo, dove scollina per primo Ghebreigzabhier con il gruppo Evenepoel a 3’40”.
La fuga sembra poter andare in porto, e dopo la lunga discesa il vantaggio dei 7 fuggitivi resta invariato. Evenepoel recupera abbastanza facilmente da una foratura e mette a tirare i suoi scudieri per evitare che il distacco aumenti. Ai – 25 il vantaggio della testa della corsa supera i 5 minuti. Ricomincia a piovere e all’ultimo traguardo volante, a Montella, Leknessund si impone su Albanese e Skujins. Inizia l’ascesa (l’ultima della giornata) del colle Molella. Il vantaggio dei fuggitivi nei confronti del gruppo maglia rosa continua a diminuire. Davide Formolo si mette in testa per scortare il capitano Almeida ed a 7 km dal traguardo cala a 3’45” il gap dei battistrada. Ci prova, allora, Conci e a staccarsi è Barguil. Skujins riesce, poco dopo, a riportarsi sul trentino dell’Alpecin ed a staccarlo, guadagnando terreno su Albanese, Ghebreigzabhier, Paret-Peintre e Leknessund. Quest’ultimo va a riprendere Skujins poi, ai – 5, c’è lo scatto di Ghebreigzabhier; lì dietro rispondono Leknessund e Paret-Peintre mentre Albanese va su con il suo passo.
Si giunge al tratto più duro (12%) e, mentre nel gruppo maglia rosa (a 2’38”) a tirare è la Ineos Grenadiers, in testa alla corsa prima Leknessund e Paret-Peintre salutano Ghebreigzabhier, poi il norvegese accelera, ma il transalpino che non molla. Paret-Peintre transita davanti a Leknessund al GPM di Colle Molella. Nei pressi del traguardo niente volata: il norvegese raggiunge il suo obiettivo di conquistare la maglika rosa, lasciando la vittoria di tappa al francese.
La frazione di domani – da Atripalda a Salerno per 171 km – presenta un finale per velocisti ma tante salitelle “mangia e bevi” nella prima parte del tracciato potrebbero mettere ancor più pepe nella corsa, complici anche vento e maltempo

Vito Sansone

Vittoria francese sulle sponde del Lago Laceno (Getty Images Sport)

Vittoria francese sulle sponde del Lago Laceno (Getty Images Sport)

SCALATORI, A VOI!

maggio 9, 2023 by Redazione  
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Arriva il momento della prima occasione per gli scalatori per ridurre le distanze dai corridori più attrezzati a cronometro e che nella lunga tappa contro il tempo di Ortona avranno già accumulato un discreto vantaggio. L’arrivo in quota a Lago Laceno non è difficilissimo ma presenta un tratto nel quale i grimpeur potrebbero provare a mettere in difficoltà gli avversari, limitato nello sviluppo ai 3 Km centrali dell’ascesa che conduce verso il traguardo. Nel 1998 Pantani fallì nell’obiettivo, ma non era ancora entrato nello stato di forma che due settimane più tardi gli consentirà di vincere il Giro d’Italia.

Chi si specchierà in rosa nelle acque del Laceno? Tre volte il Giro ha posto un arrivo sulle sponde del lago irpino e in due di queste occasioni la maglia rosa cambiò proprietario, con l’avvicendamento in testa alla classifica tra Francesco Moser e Felice Gimondi nel 1976 e il ritorno al vertice dell’elvetico Alex Zulle nel 1998. Era l’edizione che sarà vinta da Pantani e lo scalatore di Cesenatico pensò di sfruttare le impegnative pendenze dell’ultima ascesa per inscenare il suo primo vero attacco, dopo il tentativo a sorpresa sul Capo Berta nella tappa in Imperia, in compagnia di Michele Bartoli. Quest’ultimo l’indomani toglierà la maglia rosa dalle spalle di Zulle – che la indossava dal prologo di Nizza – grazie ad un buco nelle fasi preparatorie della volata di Forte dei Marmi e all’elvetico non era proprio andato giù l’aver perduto il primato in quella maniera. A dire il vero si era staccato nell’affrontare le prime rampe verso il Laceno, mentre davanti il “Pirata” era riuscito ad avvantaggiarsi tutto solo, ma quel giorno Pantani non era il solito Pantani e Zulle si riprese al punto da riuscire a raggiungere Marco, a staccarlo e a involarsi verso il traguardo, che tagliava con 24 secondi di vantaggio sugli immediati inseguitori e la maglia rosa nuovamente sulle spalle. Il corridore della Festina riuscì così ad approfittarne dell’occasione offerta dalla strada e lo stesso dovranno da oggi fare gli scalatori che, come abbiamo già ricordato, quest’anno dovranno fare i conti con una maggiorazione dei chilometri da percorrere a cronometro e dovranno sin d’ora cercare di ridurre le distanze che i passisti hanno stabilito nella lunga tappa di Ortona. E il finale verso il Laceno, al di là dei precedenti, strizza loro leggermente l’occhio, anche se i margini di movimento saranno ridotti ai 3 Km centrali (media del 9.4%) di un’ascesa che complessivamente misura poco meno di 10 Km, presenta un’inclinazione del 6.2% e può essere considerata alla stregua di un arrivo in salita, anche se dopo lo striscione del GPM si dovranno percorrere ancora 4 Km, quasi del tutto pianeggianti, per andare al traguardo. Anche la condotta di gara che il gruppo terrà nelle fasi iniziali e centrali potrà avere un considerevole peso sugli esiti di questa tappa, perché – pur non essendoci altrove grandissime pendenze – la marcia d’avvicinamento al gran finale sarà costellata di altre ascese che andranno a comporre il “mosaico” giornaliero delle difficoltà, forte di quasi 4000 metri di dislivello complessivo sbriciolati tra otto ascese e alcuni piccoli saliscendi.
I primi strappi s’incontreranno subito dopo il via da Venosa, la città natale del poeta laziale Orazio che per la prima volta avrà l’onore d’ospitare la Corsa Rosa. Si affronteranno circa 3 Km al 6% pedalando in direzione di Ginestra, seguita da un successivo tratto di 4 Km al 5.2% all’inizio del quale si sfiorerà il centro di Ripacandida, presso il quale si trova il santuario romanico di San Donato, dedicato al protettore della cittadina lucana e gemellato con quello di San Francesco ad Assisi. Al termine della salita il gruppo imboccherà un veloce tratto di superstrada in discesa che comodamente condurrà ai piedi della prima salita di una certa consistenza, che in poco più di 6 Km al 4.4% condurrà verso il Castello di Lagopesole, imponente maniero voluto dall’imperatore del Sacro Romano Impero Federico II e divenuto nell’Ottocento covo di uno dei più celebri e temuti briganti dell’epoca, Carmine Crocco, che lo occupò assieme ad altri 400 seguaci.
Non correranno rischi d’assalti briganteschi i “girini” che subito dopo intraprenderanno la discesa verso Atella e, giunti alle porte di questo centro (presso il quale è stato scoperta nel 1987 un’antica villa romana, il Complesso archeologico di Torre degli Embrici), andranno alla scoperta dell’inedito Passo delle Crocelle. Non sono mai stati affrontati prima al Giro i 13.5 Km al 4.3% di questo valico, nei quali ha le sue “radici” il sei volte campione del mondo a cronometro Fabian Cancellara, elvetico di nascita ma il cui padre è originario del comune di San Fele, che il gruppo sfiorerà nel corso dell’ascesa. Attraversando il bosco di Piano Ferraio, uno dei più rigogliosi della regione, si planerà su Bella per poi portarsi ai piedi della successiva ascesa diretta al Valico di Monte Carruozzo, sulla carta più lunga della precedente ma in realtà più breve perché spezzata in due tratti da un troncone centrale in quota lungo quasi 4 Km. I primi 5.1 Km al 5.5% saranno i più impegnativi, anche se non sono previsti quei “sesti gradi” ai quali potrebbe far pensare il passaggio dal centro di Muro Lucano, l’antica “Numistrum” presso la quale Annibale sfidò l’esercito romano capeggiato dal console Marco Claudio Marcello e la cui acropoli sorgeva sul luogo dove, secondo alcuni studiosi, oggi si trovano la concattedrale di S. Nicola e Camera e il locale castello, che nel 1382 fu teatro dell’assassinio della deposta regina del Regno di Napoli Giovanna I d’Angiò.
Risalito lo sperone di roccia sul quale è aggrappato il borgo di Castelgrande – presso il quale nel 1965 l’Istituto nazionale di astrofisica ha realizzato un osservatorio il diametro del cui telescopio è uno dei più grandi d’Italia – con i restanti 8.2 Km al 5.2% si raggiungerà il Valico di Monte Carruozzo, scavalcato il quale si lascerà la Basilicata per la Campania scendendo verso Sant’Andrea di Conza. Qui la musica cambierà diametralmente e, dopo una prima parte di gara costellata di difficoltà, nei successivi 45 Km si pedalerà in un contesto caratterizzato da lievi falsipiani e da rarissimi tratti realmente pianeggianti. Si toccheranno centri che furono duramente colpiti dal terremoto che sconvolse l’Irpinia la sera del 23 novembre 1980, non distanti dall’epicentro del sisma che causò 2914 vittime e costrinse quasi 280000 civili ad abbandonare le loro abitazioni, come accadde nella vicina Conza della Campania, totalmente ricostruita a breve distanza dal distrutto centro storico, dove il sisma riuscì a riportare alla luce i resti dell’antica e considerata perduta città romana di Compsa. Superato il centro di Teora, inizierà un tratto in discesa che riporterà la corsa nella valle dell’Ofanto, in parte attraversata nella tappa di Melfi, in vista dal passaggio da Lioni, uno dei comuni più colpiti dal terremoto di 43 anni fa che distrusse non solo le abitazioni ma anche il suo patrimonio artistico, come la chiesa di Santa Maria Assunta, che era la più antica del paese e sarà successivamente ricostruita.
Con un altro tratto di filante superstrada si correrà ai piedi della collina sulla quale si staglia la città di Nusco, il terzo comune per altezza della provincia di Avellino, la cui posizione panoramica le è valso il soprannome di “Balcone dell’Irpinia”. Il gran finale di giornata bussa oramai alle porte e inizierà poco dopo il passaggio da Montella, all’altezza del convento di San Francesco a Folloni, il cui nome ricorda un soggiorno del santo d’Assisi nel gennaio del 1222 nel bosco nel quale sarà successivamente fondato il monastero, voluto dallo stesso frate. È proprio al cospetto di quest’angolo di pace che ha inizio la salita finale, inizialmente pedalabile poiché hanno una pendenza media poco superiore al 4% i primi 5.5 Km, che si concludono poco dopo il passaggio da Bagnoli Irpino, centro conosciuto sin dall’antichità per una varietà locale di tartufo nero, recentemente riscoperto dalla gastronomia dopo i fasti del passato quando costituiva una delle prelibatezze “elitarie” che si poteva trovare sulla tavola dei sovrani borbonici. Lasciamo il desco e torniamo sulla strada che ora, come annunciato, proporrà il suo tratto più duro. La salita poi si “sgonfierà” nelle ultime centinaia di metri, lasciando quindi il palcoscenico al “velluto” degli ultimi, pianeggianti 4,4 Km di strada, durante i quali si compirà una sorta di girotondo attorno alla conca del Laceno, imperlata dal piccolo e omonimo lago nel quale si specchiano i monti di uno dei comprensori sciistici più spettacolari d’Italia, che consente di sciare avendo negli occhi da una parte lo scintillio delle nevi e dall’altra quello delle acque del Mar Tirreno, le cui coste distano, in linea d’aria, 30 Km da quelle del bacino irpino. E, per la terza volta nella storia, quegli scintillii vireranno sulle tonalità del rosa…

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo delle Crocelle (1136 metri). Aperto tra il Monte Santa Croce e la Costa Squadro, è valicato dalla Strada Provinciale 381 “del Passo delle Crocelle e di Valle Cupa” tra San Fele e Bella. Non è mai stato affrontato al Giro d’Italia

Valico Taverna Pugliese (786 metri). È valicato dalla Strada Provinciale 381 “del Passo delle Crocelle e di Valle Cupa” nel corso della discesa che dal Passo delle Crocelle conduce a Bella, all’altezza del bivio per quest’ultimo centro.

Valico del Granito (1136 metri). È il vero nome del passo che tradizionalmente sulle cartine del Giro è chiamato Valico di Monte Carruozzo, valicato dalla Strada Statale 7 “Via Appia” tra Castelgrande e Pescopagano. La Corsa Rosa lo ha affrontato quattro volte, la prima nel 1967 durante la tappa Potenza – Salerno, vinta dal tedesco Rudi Altig dopo che al traguardo GPM del Monte Carruozzo era transitato per primo lo spagnolo Aurelio González. Anche nel 1986 sarà un corridore iberico, Pedro Muñoz, ad espugnare questa salita, inserita nelle fasi iniziali della Potenza – Baia Domizia, terminata in volata con la vittoria di Guido Bontempi. Tre anni più tardi il grande protagonista sarà l’elvetico Stephan Joho, in fuga solitaria per 211 Km durante la Potenza – Campobasso, che lo vedrà arrivare al traguardo quasi 3 minuti prima del gruppo dopo aver toccato un vantaggio massimo di un quarto d’ora e aver, ovviamente, messo in saccoccia anche il GPM del Carruozzo. Non sarà, invece, valido per la classifica degli scalatori l’ultimo passaggio da questa salita, avvenuto durante la Montella – Matera del 1998, terminata allo sprint con il successo di Mario Cipollini.

Sella di Conza (697 metri). Quotata 694 sulle cartine del Giro 2023, vi transita lo spartiacque tra le valli dei fiumi Sele e Ofanto e viene considerata dai geografi come il punto di “sutura” tra l’appennino campano e quello lucano. Valicata in piano dalla Strada Statale 7 “Via Appia” tra Conza della Campania e Teora, è stato spesso attraversata dal Giro, l’ultima nel 1998 nelle fasi iniziali della tappa Montella – Matera, citata pocanzi. Nel 1994 ci si arrivò in salita dalla valle del Sele durante la tappa Potenza – Caserta (vinta da Marco Saligari), ma in vetta non era previsto il traguardo GPM.

Il lago Laceno e l’altimetria della quarta tappa (www.ottopagine.it)

Il lago Laceno e l’altimetria della quarta tappa (www.ottopagine.it)


Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

CIAK SI GIRO

Da un film impegnato come “Il vangelo secondo Matteo” passiamo a una pellicola più leggera, che ha avuto come set il borgo di Nusco, sfiorato nel finale della tappa odierna. Si tratta de “La valigia sul letto”, commedia del 2010 di Eduardo Tartaglia, regista napoletano la cui carriera era iniziata come attore teatrale e che gli aveva permesso di recitare fianco a fianco ad attori formatisi alla scuola di Eduardo De Filippo, nomi del calibro di Aldo Giuffrè, Regina Bianchi e Antonio Casagrande. Proprio a teatro debutterà la rappresentazione dallo stesso titolo, pure ideata dal Tartaglia, che nel 2010 diventerà un film interpretato tra gli altri dai noti comici Maurizio Casagrande (figlio del citato Antonio) e Biagio Izzo, con lo stesso regista che si riserverà il ruolo del principale protagonista del film, l’ex impiegato dell’anagrafe Achille Lochiummo. Perduto il lavoro e scoperta l’esistenza di un pentito della camorra dal cognome quasi identico al suo (Lociummo), Achille decide grazie alle sue conosce all’anagrafe di farsi togliere l’acca dal cognome in modo da far credere di essere un parente dell’uomo e di entrare nel programma di protezione riservato dalla polizia ai pentiti. Così, assieme alla fidanzata e alla sorella di lei lascia Napoli alla volta della destinazione sicura individuata dalla polizia per i parenti di Antimo Lociummo (interpretato da Izzo, mentre Casagrande è l’ispettore che li accompagnerà): l’azione si sposta così dal capoluogo campano al “balcone dell’Irpinia”, del quale vengono proposti diversi scorci, anche se il set più sfruttato sarà il cimitero fuori dal paese, nelle cui cappelle troveranno alloggio Antimo e Achille.

In collaborazione con www.davinotti.com

La chiesa della Santissima Trinità a Nusco, davanti alla quale sarà girata una scena del film con Biagio Izzo e Nunzia Schiano (www.davinotti.com)

La chiesa della Santissima Trinità a Nusco, davanti alla quale sarà girata una scena del film con Biagio Izzo e Nunzia Schiano (www.davinotti.com)

Le altre location del film


https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/la-valigia-sul-letto/50019937

FOTOGALLERY

Venosa, castello aragonese

Ripacandida, santuario di San Domenico

Castello di Lagopesole

Passo delle Crocelle

Tratto attraverso il bosco di Piano Ferraio

Muro Lucano, il castello

Castelgrande, l’osservatorio astronomico

La vecchia Conza, abbandonata dopo il terremoto

Lioni, la ricostruita chiesa di Santa Maria Assunta

Il centro di Nusco visto dalla strada che percorreranno i “girini”

Vista panoramica dal castello di Nusco

Montella, monastero di San Francesco a Folloni

MICHAEL MATTHEWS CONQUISTA MELFI

maggio 8, 2023 by Redazione  
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Michael Matthews grazie ad un strepitosa prova di forza della sua Team Jayco – AlUla riesce ad uscire indenne dai due gmp di giornata e vincere la volata sul traguardo di Melfi battendo nettamente Mads Pedersen (Trek-Segafredo) e Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck). Nel gruppo dei migliori anche la maglia rosa Remco Evenepoel (Soudal-QuickStep) che grazie al secondo traguardo volante guadagna un secondo di abbuono su Primoz Roglic (Jumbo-Visma) che passa in seconda posizione.

La terza tappa del Giro d’Italia 2023 si snoda da Vasto a Melfi con i sui 231 Km tra le frazioni più lunghe della 106 ma edizione della corsa rosa. La pioggia caratterizzerà gran parte della gara ma senza dare particolari problemi ai girini che nell’entroterra della Basilicata trovano la strada ormai quasi del tutto asciutta. la fuga del mattono è caratterizzata da Alexader Konychev e Velijko Stojnic due uomini del Team Corratec– Selle Italia. Il gruppo lascia fare e così la coppia resta al comando della corsa per gran parte delle fasi iniziali. Dietro, come ieri, sono due le squadre a lavorare in testa ovvero la Trek – Segafredo e Team Jayco – AlUla quando la coppia al comando raggiunge 7’ di vantaggio. Al traguardo volante di Foggia i due battistrada passano con Konychev davanti a Stojnic, mentre dietro la volata per i punti della Maglia Ciclamino è vinta da  Mads Pedersen (Trek-Segafredo) che va quindi a prendersi il terzo. Grazie al contributo in testa al gruppo di Eolo – Kometa e Alpecin – Deceuninck il vantaggio della fuga crolla rapidamente per attestarsi intono a 2’ in vista della prima salita di giornata. L’ascesa ai laghi di Monticchio inizia con pendenze dolci per poi essere più ostica nella parte centrale, qui l’attacco alla salita, di poco superiore a 6 Km, è preso a forte velocità dalla Trek-Segafredo e del Team Jayco AlUla con l’intento di fa fuori quanti più velocisti puri possibile e nello stesso tempo proteggere i capitani designati per cercare di far propria la tappa, Pedersen per la Trek e Matthews per la Jayco. Il destino della fuga è ormai segnato ed infatti uno straordinario Filippo Zana al lavoro per Matthews spiana letteralmente la salita annullando la fuga e trinando un gruppo che inizia a sfilacciarsi. A farne le spese sono i velocisti Mark Cavendish (Astana Qazaqstan), Fernando Gaviria (Movistar) ed il vincitore di ieri Jonathan Milan (Bahrain Victorious). In vista del GPM Zana si sposta per rifiatare e dal gruppo esce  Thibaut Pinot (Groupama-FDJ) che brucia Santiago Buitrago (Bahrain Victorious), interssante quindi si preannuncia la lotta per la Maglia azzurra. A perdere le ruote del gruppo è anche Magnus Cort Nielsen (EF Eduacation-EasyPost) alla vigilia tra i papabili per la volata finale. Il gruppo è forte di un settantina di uomini che arrivano prudenti, la strada in parte è ancora bagnata dalla pioggia del mattino, all’imbocco della seconda salita più breve della precedente. In testa sono sempre i Jayco-AlUla a fare l’andatura fino a quando un cambio improvviso di ritmo è impresso dalla Ineos Grenadiers, accelerazione che mette in crisi Mads Pedersen (Trek-Segafredo), l’ex campione del mondo ha dalla sua l’aiuto di tre compagni di squadra che cercano di riportarlo sotto verso il GPM che intanto è conquistato ancora da Pinot. In discesa la Soudal-QuickStep si mette in testa per fare una andatura che permettesse alla maglia rosa di non correre rischi. Dietro Pedersen scollina con 19” di ritardo, pochi chilometri dopo il danese riuscirà a rientrare a fronte di un importante dispendio di preziose energie. Al termine della discesa la lotta al traguardo volante è tra Roglic ed Evenepoel la maglia rosa ha la meglio e così guadagna un secondo sullo sloveno. Il gruppo arriva sotto l’arco dell’ultimo chilometro a forte velocità, il treno con la posizione migliore sembra essere quello della Trek – Segafredo seguito dagli uomini del Tem Jayco-AlUla subito a ruota. La volata è lanciata poco dopo il cartello dei trecento metri da Michael Matthews in un tratto di strada che tira leggermente all’insù, l’australiano è seguito da Perdersen che però non riesce mai a sopravanzarlo e così deve arrendersi alla grande prova di forza di Matthews e della sua squadra. Al terzo posto chiude Kaden Groves (Alpecin – Deceuninck), quarto Vincenzo Albanese (Eolo – Kometa), quinto Srefano Oldani (Alpecin – Deceuninck). Nulla in pratica cambia in classifica generale tra le posizioni dei big se non, come detto, il secondo guadagnato dalla maglia rosa, la maglia ciclamino invece è sempre sulle spalle di Jonathan Milan (Bahrain – Victorious). Domani primo arrivo in salita a Lago Laceno tappa con ben tre GPM che i big non potranno sottovalutare.

Antonio Scarfone

Michael Matthews esulta sul traguardo di Melfi (Image credit: Getty Images Sport)

Michael Matthews esulta sul traguardo di Melfi (Image credit: Getty Images Sport)

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