GIRO 2023: IL PAGELLONE
giugno 1, 2023 by Redazione
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Promossi e bocciati dell’edizione della Corsa Rosa appena terminata
PRIMOZ ROGLIC. Lo sloveno, dopo un inverno passato a recuperare dalle pesanti botte subite alla Vuelta 2022, assurge a simbolo di tenacia e tatticismo, con cui giorno dopo giorno vede le distanze dal primato ridursi sempre di più, fino alla spettacolare cronoscalata del Monte Lussari dove conquista la maglia rosa nonostante un problema meccanico a circa 4 km dall’arrivo. Roglic è il primo sloveno a vincere il Giro d’Italia e, dopo le tre vittorie alla Vuelta nel 2019, 2020 e 2021, adesso cercherà sicuramente di completare l’opera andando all’arrembaggio del Tour de France, magari proprio quest’anno, nonostante la presenza di due fenomeni come Pogacar e Vingegaard, quest’ultimo peraltro compagno di squadra. VOTO: 9,5
GERAINT THOMAS . Il ritiro di Tao Geoghegan Hart nell’undicesima tappa gli apre definitivamente le porte della leadership in casa INEOS. Conquista la maglia rosa senza correre, nel primo giorno di riposo, dopo il ritiro di Evenepoel, e la mantiene per otto tappe, con una breve parentesi di due giorni dove la cede a Bruno Armirail. Sul Monte Lussari viene meno nella parte finale, quando il suo distacco da Roglic cresce velocemente e non riesce più a gestire i 26 secondi di distanza dallo sloveno. Thomas gli cede la maglia gialla e svanisce così il sogno di diventare il più vecchio ciclista vincitore del Giro d’Italia dopo Fiorenzo Magni. VOTO: 8,5
JOAO ALMEIDA. Se Roglic è stato il simbolo della tenacia, il portoghese è senz’altro quello della regolarità. Conferma le doti da ottimo cronoman e sulle salite più dure, pur soffrendo, non crolla mai, tenendo a distanza visiva coloro che lo precedono (il più delle volte Thomas e Roglic). Vince anche la dura tappa del Monte Bondone. Almeida merita il terzo posto della classifica generale ed il primo di quella dei giovani e magari con un upgrade di convinzione e di miglioramento in salita chissà che non possa davvero provare a vincere il Giri, corsa che lui ama. VOTO: 7,5
JONATHAN MILAN. Vince la maglia ciclamino con autorità. Coglie la prima vittoria al Giro nella seconda tappa da Teramo a San Salvo ed è secondo in altre quattro occasioni. Forse l’Italia ha trovato un degno erede di Cipollini e Petacchi per i prossimi 10 anni almeno. Se la Bahrain costruisce attorno a lui un treno degno di questo nome, Johnny potrebbe davvero competere con i più grandi velocisti contemporanei. Lo aspettiamo per ulteriori conferme anche in corse di un giorno. VOTO: 7,5
DAMIANO CARUSO. Dopo il forfait di Giulio Ciccone prima del Giro, un po’ tutti sfogliavamo la margherita per capire quale sarebbe stato il ciclista italiano che avrebbe fatto meglio nell’edizione 2023. Il nome più gettonato era quello di Caruso, buon scalatore e buon cronoman, già secondo nel 2021 alle spalle di Egan Bernal. Il siciliano, nonostante la presenza in squadra di Jack Haig e di Santiago Buitrago e dichiarazioni tese alla cautela, conquista alla fine la quarta posizione della generale emergendo dalla schiera dei più forti dopo gli imprendibili Roglic, Thomas ed Almeida. VOTO: 7
THIBAUT PINOT. Il francese parte in sordina e inserendosi pian pianino nelle fughe inizia a raccogliere i punti che gli serviranno per vincere la classifica degli scalatori, obbiettivo dichiarato a inizio Giro. Il quinto posto finale in classifica generale testimonia che può ancora dire la sua nei GT, dopo lunghi periodi passati a riprendersi da un infortunio alla schiena che lo affliggeva da circa tre anni. Dopo questo bel Giro confermerà le voci di ritiro al termine del 2023? Per dirla alla Bugno: ‘Vedremo’. VOTO: 7
BEN HEALY. Di gran lunga la sorpresa di questo 2023. Dopo essersi fatto notare in Italia con le vittorie nella terza tappa della Settimana Coppi & Bartali e nel GP Industria & Artigianato, va nelle Ardenne e centra tre top five tra Freccia del Brabante, Amstel Gold Race e Liegi-Bastogne-Liegi. Lo scatenato irlandese partecipa quindi al suo primo GT e vince l’ottava tappa da Terni a Fossombrone. Non contento, va in fuga anche nella difficile tappa da Seregno a Bergamo, quasi un Giro di Lombardia, e nella volata a due perde da Brandon McNulty. Infine, insidia a più riprese la maglia azzurra di Pinot. Sentiremo ancora parlare di lui. E molto. VOTO: 7
MARK CAVENDISH. Vince la tappa finale di Roma e corona una carriera ricca di soddisfazioni, con Campionato del Mondo 2011 e Milano Sanremo 2009 due fiori all’occhiello pazzeschi. Il terzo potrebbe arrivare al prossimo Tour de France, quando si batterà per vincere la sua 35° tappa nella corsa francese, traguardo mai raggiunto da nessuno. VOTO: 7
NICO DENZ Il tedesco della BORA di tappe ne vince due, entrambe le volte azzeccando la fuga giusta. VOTO: 7
ANDREAS LEKNESSUND . Veste la maglia rosa in cinque tappe e mostra complessivamente una buona attitudine in salita e nelle crono. Il ventiquattrenne norvegese chiude in ottava posizione e può continuare la sua crescita verso traguardi prestigiosi. VOTO: 6.5
BRUNO ARMIRAIL. Chi indossa il simbolo del primato di un GT merita sempre la sufficienza e non fa eccezione questo spilungone francese di 1 metro e 90. Dopo la fuga della quattordicesima tappa si è ritrovato in maglia rosa che ha vestito dignitosamente per due tappe, dopodichè è tornato al servizio di Pinot. VOTO: 6.5
AURELIEN PARET-PEINTRE, DAVIDE BAIS, MAGNUS CORT, EINER RUBIO, BRANDON MCNULTY, FILIPPO ZANA, SANTIAGO BUITRAGO. Vincono tutti una tappa al termine di fughe più o meno numerose. Bravi tutti. VOTO: 6.5
REMCO EVENEPOEL. Il campione del mondo in carica e vincitore della Vuelta 2022 la maglia rosa l’ha indossata per quattro tappe. Già nella prima tappa il belga metteva in chiaro le cose con la cronometro da Fossacesia marina ad Ortona in cui polverizzava asfalto e avversari ad una media superiore ai 55 km/h. Nella successiva cronometro emiliana, pur vincendo e ritornando in rosa ai danni di Leknessund, i distacchi sugli avversari calavano vistosamente. Meno di 24 ore più tardi, nel primo giorno di riposo, la notizia della positività al covid e la decisione di ritirarsi dal Giro. Un’uscita di scena che ha fatto discutere e farà discutere ancora molto, per i modi e per le tempistiche, e che ha privato il Giro di 2023 della sua star indiscussa. Noi sospendiamo il giudizio assegnandogli una salomonica sufficienza e lo aspettiamo già nel prossimo Giro per l’inevitabile voglia di rivalsa. VOTO: 6
FILIPPO GANNA. Se Evenepoel era la star internazionale, Ganna era quella italiana e come il belga è stata fatta fuori dal covid dopo la settima tappa. In una settimana di Giro, Filippo ha più che altro rivestito compiti di gregario, fallendo l’obbiettivo principale: vestire la prima maglia rosa dopo la cronometro della prima tappa. Soltanto un Evenepoel inarrestabile glielo ha impedito. VOTO: 6
PASCAL ACKERMANN, KADEN GROVES, MADS PEDERSEN, MICHAEL MATTHEWS, ALBERTO DAINESE. Cinque velocisti che hanno avuto il loro giorno di gloria vincendo una tappa in volata, ma che non hanno mai potuto mettere in discussione la maglia ciclamino di Milan. VOTO: 6
NICOLAS DALLA VALLE. E’ la maglia nera del Giro 2023. Se, maliziosamente, pensassimo che il Team Corratec sia stato invitato al Giro per ottenere un minimo di risultati e la maglia nera in qualche modo lo è. Alziamo di un voto l’insufficienza del ciclista veneto. VOTO: 5
ALEKSANDR VLASOV. Se nelle previsioni della vigilia Carthy poteva aspirare alla top ten, il russo della BORA riscuoteva certamente maggiore considerazione e si prospettava per lui una comoda top five. Dopo una prima settimana con risultati discreti, si ritirava durante la nona tappa da Scandiano a Viareggio per non meglio precisati ‘problemi fisici’. Qualche giorno più tardi si scopriva la sua positività al covid. VOTO: 4,5
FERNANDO GAVIRIA. Tra i velocisti presenti al Giro, Gavira è stato uno dei più deludenti. A 28 anni, nel pieno della maturità, non riesce più a ripetere le belle prove offerte nei Giri passati, quando ad esempio vinse quattro tappe nel 2017 con conseguente maglia ciclamino. Le vittorie nel 2023 sono soltanto due, alla Vuelta a San Juan ed al Tour de Romandie. Attendiamo speranzosi un barlume di ripresa. VOTO: 4
HUGH CARTHY. Il secondo posto al Tour of the Alps sembrava aprirgli le porte per una comoda top ten. Tra i ciclisti britannici alla partenza del Giro, veniva dopo Thomas e Geoghegan Hart in ordine di preferenze. Il sesto posto a Crans Montana è stato il risultato migliore di un Giro fondamentalmente anonimo e dal quale si è ritirato al termine della diciottesima tappa. VOTO: 4
DOMENICO POZZOVIVO. Le cadute nella tappa di Salerno ed il successivo ritiro per covid al termine della nona tappa rendono quello di Pozzovivo uno dei Giri più deludenti della sua carriera. A 40 anni e rimessosi in discussione con la Israel Premier Tech, il lucano non fa meglio di un undicesimo posto a Lago Laceno e lascia le luci della ribalta a Derek Gee, certamente il ciclista più attivo della Israel in questo Giro. VOTO: 4
Luigi Giglio
31-05-2023
maggio 31, 2023 by Redazione
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VUELTA CICLISTA ANDALUCÍA – RUTA DEL SOL (Donne)
La russa Tamara Dronova-Balabolina (Israel-Premier Tech Roland) si è imposta nella prima tappa, Alcalá la Real – La Zubia, percorrendo 116.9 Km in 3h12′50″, alla media di 36.373 Km/h. Ha preceduto di 1″ l’elvetica Linda Zanetti (UAE Development Team) e la neozelandese Michaela Drummond (Farto-BTC Women’s Cycling Team). Miglior italiana Debora Silvestri (Laboral Kutxa-Fundacion Euskadi), 4° a 1″. La Dronova-Balabolina è la prima leader della classifica con 9″ sulla Zanetti e la spagnola Sara Martín (Movistar Team). Miglior italiana la Silvestri, 6° a 15″
30-05-2023
maggio 30, 2023 by Redazione
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MERCAN’TOUR CLASSIC ALPES-MARITIMES
L’ecuadoriano Richard Carapaz (EF Education-EasyPost) si è imposto nella corsa francese, Puget-Théniers – Valberg, percorrendo 169.2 Km in 4h47′59″, alla media di 35.252 Km/h. Ha preceduto di 12″ l’austriaco Felix Gall (AG2R Citroën Team) e di 38″ il belga Lennert Van Eetvelt (Lotto Dstny) Due italiani in gara: Lorenzo Germani (Groupama-FDJ), 38° a 16′21″; Andrea Piccolo (EF Education-EasyPost) non ha terminato la gara
CARAPAZ MERCAN IN FIERA. VITTORIA DELL’ECUADORIANO NELLA CORSA ALPINA
Richard Carapaz (Team EF Education EasyPost) vince la terza edizione del Mercan’Tour Classic Alpes-Maritimes grazie ad un attacco deciso a sette km dall’arrivo, nel tratto più duro della salita verso l’arrivo di Valberg
Per essere soltanto la terza edizione, il Mercan’Tour Classic Alpes-Maritimes può contare già due vincitori di un certo spessore come Guillaume Martin nel 2021 e Jakob Fuglsang nel 2022. Entrambi sono presenti anche alla partenza dell’edizione 2023, essendo i rispettivi capitani del Team Israel Premier Tech e del Team Cofidis. Il percorso è sostanzialmente invariato rispetto a quello dello scorso anno, visto che ci sono soltanto 2 km in più da percorrere. Si parte da Puget-Théniers e si arriva a Valberg dopo 169.2 km. Pur essendo corsa di un giorno, l’altimetria non può che far pensare a un vero e proprio tappone alpino, con tre colli da scalare tutti superiori ai 1500 metri. Dopo un’ottantina di km tra pianura e falsopiano, inizia la prima scalata verso Saint Martin-La Colmiane, 7.6 km al 6.9%. Dopo la discesa verso Saint Sauveur sur Tinée, si ricomincia a salire verso il colle hors categorie de la Couillole, 16 km al 7.3%. Al km 139.5 si transita per la prima volta sotto la linea del traguardo, ricomincia la discesa, si arriva nel fondovalle a Guillaumes e si risale l’ultima volata verso Valberg, una salita altrettanto dura di 12 km al 7.3%. Inutile dire che a primeggiare su queste salite e su queste pendenze non potranno essere che scalatori con una buona gamba. Dopo pochi km dalla partenza dal gruppo evadeva immediatamente la fuga di giornata. Erano otto i ciclisti che la componevano: Gleb Brussenskiy (Team Astana Qazaqstan), Xavier Canellas ed Alejandro Ropero (Team Electro Hiper Europa), Pascal Eenkhoorn (Team Lotto Dstny), Fabien Grellier (Team TotalEnergies), Mathis Le Berre (Team Arkéa Samsic), Jordi Lopez (Team Kern Pharma), Rasmus Søjberg Pedersen (Team CIC U Nantes Atlantique). All’inizio della salita verso Saint Martin-La Colmiane il vantaggio della fuga sul gruppo inseguitore era di 5 minuti e 40 secondi. Le squadre più attive all’inseguimento della fuga erano per adesso l’AG2R Citroen, la Cofidis, l’Israel Premier Tech e la Groupama FDJ. Ropero era il primo ciclista della fuga che si rialzava. Dopo di lui anche Brussenskiy metteva il piede a terra. Sia lo spagnolo che il kazako si ritiravano dalla corsa, mentre Canellas era il primo a scollinare dul gpm di Saint Martin-La Colmiane. La fuga scoppiava completamente sul successivo gpm del Col de la Couillole, quando Lopez restava da solo in testa alla corsa, dopo che gli ultimi a staccarsi erano stati Le Berre e Canellas. Lo spagnolo scollinava con circa 3 minuti di vantaggio sul gruppo principale, a sua volta ridottosi a circa 40 unità sotto il forcing dell’EF Education EasyPost che riponeva le sue speranze su Richard Carapaz. Il peggioramento delle condizioni meteo, con pioggia e grandine a circa 30 km dalla conclusione, indurivano ancora di più la corsa. Contemporaneamente Lopez concludeva la sua azione venendo ripreso dal gruppo prima dell’ultimo gpm verso l’arrivo di Valberg. Era sempre l’EF Education EasyPost a condurre le operazioni ed il gruppo si sfilacciava lungo l’ultima salita. A 7 km dalla conclusione Carapaz attaccava. Anche se il suo vantaggio sui diretti inseguitori non lievitava eccessivamente, l’ex campione olimpico riusciva a mantenere la testa fino al traguardo, che tagliava con 12 secondi di vantaggio su Felix Gall (Team AG2R Citroen). A 38 secondi di ritardo si piazzava Lennert van Eetvelt (Team Lotto Dstny), che vinceva la ‘volata’ per la terza posizione davanti a Lenny Martinez (Team Groupama FDJ) e Cristian Rodriguez (Team Arkéa Samsic). Da segnalare il crollo di Fuglsang, che non riusciva a ripetere la prestazione che gli permise di vincere nel 2022 e che tagliava il traguardo soltanto in diciannovesima posizione ad oltre 5 minuti e mezzo di ritardo da Carapaz, alla sua seconda vittoria stagionale ed alla prima sul suolo europeo, dopo essersi imposto a febbraio nei Campionati Nazionali su Strada.
Antonio Scarfone

Richard Carapaz vince il Mercan Tour
29-05-2023
maggio 30, 2023 by Redazione
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TOUR OF NORWAY
Il norvegese Alexander Kristoff (Uno-X Pro Cycling Team) si è imposto nella terza ed ultima tappa, circuito di Stavanger, percorrendo 151.2 Km in 3h19′17″, alla media di 45.523 Km/h. Ha preceduto allo sprint il danese Tobias Lund Andresen (Team DSM) e il belga Jordi Meeus (BORA-hansgrohe). Miglior italiano Luca Colnaghi (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), 12°. Il britannico Ben Tulett (INEOS Grenadiers) si impone in classifica con 5″ sullo statunitense Magnus Sheffield (INEOS Grenadiers) e 23″ sul belga Thibau Nys (Trek-Segafredo). Miglior italiano Lorenzo Milesi (Team DSM), 13° a 49″.
PARIGI-TROYES
Il francese Gwen Leclainche (Philippe Wagner Cycling) si è imposto nella corsa francese, Colombey-les-Deux-Églises – Troyes, percorrendo 180 Km in 4h08′38″, alla media di 43.437 Km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Clément Braz Afonso (Philippe Wagner Cycling) e di 28″ il connazionale Antony Chamerat Dumont (VC Villefranche Beaujolais). Miglior italiano Michael Belleri (Biesse-Carrera), 7° a 30″
RONDE VAN LIMBURG
Il belga Gerben Thijssen (Intermarché-Circus-Wanty) si è imposto nella corsa belga, Hasselt – Tongeren, percorrendo 203.9 Km in 4h38′43″, alla media di 43.894 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’australiano Caleb Ewan (Lotto Dstny) e il polacco Stanislaw Aniolkowski (Human Powered Health). Miglior italiano Antonio Puppio (Q36.5 Pro Cycling Team), 46° a 31″
GP MAZDA SCHELKENS (Donne)
La belga Dina Scavone (Carbonbike Giordana by Gen Z) si è imposta nella corsa belga, circuito di Borsbeek, percorrendo 128.7 Km in 3h16′13″, alla media di 39.354 Km/h. Ha preceduto allo sprint le connazionali Marthe Truyen (Fenix-Deceuninck) e Katrijn De Clercq (Lotto Dstny Ladies). Unica italiana in gara Gaia Tortolina (ASD Women Cycling Project), 17°.
QUARTIERTAPPA: DALLA SEDE DI ROMA
maggio 29, 2023 by Redazione
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Ecco il tradizionale contenitore made ne ilciclismo.it che da diverse stagioni accompagna le cronache prima del Giro e poi del Tour. All’interno ritroverete le rubriche riservate alla rassegna stampa internazionale, alla colonna sonora del giorno, alle previsioni del tempo per la tappa successiva, alle “perle” dei telecronisti, al Giro d’Italia rivisto alla “rovescia” e al ricordo di un Giro passato (quest’anno rivisiteremo l’edizione vinta da Giuseppe Saronni nel 1983)
SALA STAMPA
Italia
Giro 2023: colpo Cavendish a Roma, trionfo rosa per Roglic
Gazzetta dello Sport
Slovenia
Cavendishu Rim, Rogliču Giro
Delo
Belgio
Cavendish sprint autoritair naar de winst in Giro en heeft felbegeerde ritzege beet – Tien dingen die u mag onthouden van de Giro: van De Pluski tot de Vespa van Milan
Het Nieuwsblad
Gran Bretagna
Cavendish wins fairytale final stage as Roglic seals crown
The Guardian
Irlanda
Mark Cavendish wins final stage as Eddie Dunbar seals seventh overall in Giro d’Italia
The Irish Times
Francia
Roglic impérial, le sprint pour Cavendish
L’Équipe
Spagna
Roglic I de Roma
AS
Portogallo
O homem que perdeu um Tour difícil de perder ganhou um Giro difícil de ganhar
Público
Paesi Bassi
Primoz Roglic (Jumbo-Visma) schrijft 106e editie Giro d’Italia op zijn naam
De Telegraaf
Danimarca
Roglic vinder Giroen: Alt gik galt for arrangørerne, indtil den grå mand skabte et ikonisk øjeblik
Politiken
Germania
Cavendish gewinnt Schlussetappe beim Giro – Roglic holt Gesamtsieg
Kicker
USA
Roglic raises the Giro d’Italia trophy in Rome; Cavendish wins final stage
The Washington Post
Colombia
Einer Rubio y Santiago Buitrago, destacado Giro de Italia; Roglic, el gran campeón
El Tiempo
Australia
Roglic seals Giro d’Italia as Cavendish wins final stage on farewell tour
The Age
DISCOGIRO
La colonna sonora della tappa del Giro scelta per voi da ilciclismo.it
Arriverderci Roma (Renato Rascel)
STRAFALGAR SQUARE
Borgato: “Abbiamo avuto il modo di viderli bene”
Petacchi: “La tappa delle Tre Cime sappiamo che ha avuto grosse difficoltà”
Pancani: “Nel 2018 Napolitano aveva ricevuto i corridori al Quirinale” (è successo nel 2009, anche perchè nel 2018 il Presidente della Repubblica era Mattarella)
Petacchi: “Il gruppo è in un momento di rettilineo”
Pancani: “Attenzione ai tentativi di chi non ha un velocista”
Giovannelli: “Grazie a tutti, al palco”
Televideo: “Promoz Roglic”
GIROALCONTRARIO
L’ordine d’arrivo e la classifica generale dal punto di vista della maglia nera
Ordine d’arrivo della ventunesima tappa, Roma (Eur) – Roma
1° Marius Mayrhofer
2° Ben Swift a 32″
3° Carlos Verona a 33″
4° Veljko Stojnic a 36″
5° Rohan Dennis s.t.
Miglior italiano: Edoardo Affini, 7° a 47″
Classifica generale
1° Nicolas Dalla Valle
2° Alberto Dainese a 2′57″
3° Arashiro Yukiya a 5′28″
4° Albert Torres a 7′16″
5° Alexander Krieger a 17′59″
IL GIRO DI 40 ANNI FA
Riviviamo l’edizione 1983 della Corsa Rosa attraverso i titoli del quotidiano “La Stampa”
05 giugno 1983 – 22a TAPPA: GORIZIA – UDINE (40 Km, cronometro individuale)
Prime considerazioni sul Giro d’Italia vinto da Saronni alla media record di km 38,911 – Il coro dei vinti: un Saronni perfetto – Giuseppe Saronni ha vinto dopo un «giallo» a metà svelato a fine corsa
La corsa rosa si conclude con la «crono» di Udine, ultima sfida di Visentini al leader
Il campione del mondo ha approfittato del tempo guadagnato negli arrivi in volata, ma è anche vero che ha resistito in montagna – Si è capito che avrebbe potuto spendere molto di più – Soltanto Bernard Hinault può costringerlo a dare il massimo – Poche battute strappate ai corridori messi in fila dal campione del mondo – Primo sinora in 160 corse – Una bici d’oro per Dino Zoff – L’ultima tappa a Visentini: “Moralmente il Giro è mio” – Gisiger è secondo – Chioccioli il giovane più bravo – A Gorizia un tifoso ha tentato di corrompere un cameriere (tre milioni): avrebbe dovuto versare il purgante nella minestra della Maglia Rosa

La Fontana di Trevi illuminata di rosa (www.romatoday.it)
ARCHIVIO QUARTIERTAPPA
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Raduno di partenza a Fossacesia Marina
1a tappa: Fossacesia Marina – Ortona (cronometro individuale)
2a tappa: Teramo – San Salvo
3a tappa: Vasto – Melfi
4a tappa: Venosa – Lago Laceno
5a tappa: Atripalda – Salerno
6a tappa: Napoli – Napoli
7a tappa: Capua – Gran Sasso d’Italia
8a tappa: Terni – Fossombrone
9a tappa: Savignano sul Rubicone – Cesena (cronometro individuale)
10a tappa: Scandiano – Viareggio
11a tappa: Camaiore – Tortona
12a tappa: Bra – Rivoli
13a tappa: Borgofranco d’Ivrea – Crans Montana
14a tappa: Sierre – Cassano Magnago
15a tappa: Seregno – Bergamo
16a tappa: Sabbio Chiese – Monte Bondone
17a tappa: Pergine Valsugana – Caorle
18a tappa: Oderzo – Val di Zoldo (Palafavera)
19a tappa: Longarone – Tre Cime di Lavaredo
20a tappa: cronoscalata Tarvisio – Monte Lussari
CAVE CAVEN: TRIONFO A ROMA, MA C’È ARIA DI CIRCO.
Finisce un Giro mesto con un altro colpo a effetto. Ma un paio di alzate d’ingegno da campioni, non si sa quanto studiate, non tengono in piedi tre settimane di stasi.
Tante volate, forse troppe volate, a questo Giro 2023, come già dissero alcuni in sede di presentazione del percorso, e alla fine con sei protagonisti diversi. Sostanzialmente, si scherzava alla vigilia, han vinto pressoché tutti i velocisti puri presentatisi al via: a Roma sarebbe dunque dovuto toccare a Cavendish o a Gaviria, ma quest’ultimo si affaccia al finale sempre più in vesti di finisseur, e quindi di fatto finisce spesso per lanciare lo sprint di qualche rivale. In questo caso un Cavendish imperiale non ne avrebbe avuto comunque bisogno perché c’è l’antico collega di Team Sky e di velodromi, Geraint Thomas, a fargli da apripista, benché oggi corrano in squadre diverse. Probabilmente già si erano ripromessi di proporre la scenetta quando ancora il gallese coltivava sogni rosa, solo l’altroieri, ricreando così il finale del peraltro osceno Tour de France 2012 al cui termine Bradley Wiggins in maglia gialla lanciò la volata vincente di Cav sui Campi Elisi. Suona tutto un po’ troppo bene, da sceneggiatura di una serie TV, magari redatta da un’intelligenza artificiale, e infatti il sospetto è che ci sia lo zampino di una complicità collettiva nel metter su un regalone d’addio per Cavendish giunto all’ultimo giro di pista della sua carriera agonistica, e giustamente commosso in più occasioni durante questo Giro, annunciando il ritiro prima e poi da vincente. Per una volta, non ce ne scandalizziamo (troppo). In fin dei conti stiamo parlando probabilmente del più forte velocista puro della storia dello sport, e dunque di una figura eccezionale che merita un addio eccezionale, anche se questa sottocategoria di iperspecializzati è un po’ troppo striminzita – perché ovviamente il buon Cav svanirebbe al cospetto dei veri imperatori, Rik I e II, tanto per fare un esempio. La grazia del tutto sta ovviamente nel dubbio: i ciclisti a volte sono bravi nel regalare (o vendere!) con sprezzatura sufficiente a non far crollare del tutto il senso, o il sentimento, di un’effettiva competizione, a maggior ragione perché in questo caso sul rettillineo d’arrivo concorre anche una maxicaduta colossale da peplum che comunque scompagina le carte. Ricordiamo anche che, ragionando statisticamente un po’ a braccio, sei vittorie di sei diversi protagonisti presuppongono un livello tecnico-atletico non eccelso degli stessi, soggetti a rotazione in una sostanziale parità di forze, chi per limiti tecnici a strozzarne il potenziale fisico strabordante come Milan, chi per imperscrutabili assurdità di squadra come Dainese. Nell’ambito di questo panorama ci sta anche che Cavendish si porti a casa la tappa – e un record!, quello, non a caso, di più anziano vincitore in una frazione della Corsa Rosa, battendo peraltro Tiralongo a cui pure la tappa era stata servita per riconoscenza da Contador.
Esaurita la riflessione sulla giornata odierna in cui tutto ha un retrogusto teatrale, che sia l’allungo di Gee o qualche sferzata della INEOS, va riportato lo sguardo su quanto ci lasciamo indietro, con una chiave di lettura che proprio la volata ci ha fornito. Volata finale che si sarebbe voluta clone o analogia o anagogia di quella di Parigi 2012, e corsa a tappe intera che si pretende riproposizione del Tour 2020, con la redenzione in questo caso di Roglic stavolta riscattatosi per pochi secondi in una durissima cronoscalata, come invece nel 2020 Pogacar strappò a lui in una prova simile un Tour de France che pareva già in saccoccia. Ebbene, nonostante chi disegnava il Giro abbia conseguito l’esito voluto a tavolino, c’è da interrogarsi profondamente sul senso di questo “successo” che è semmai un fallimento a tutto tondo. Anzitutto, il Tour è il Tour: lapalissiano, ma non bisogna scordarlo. La corsa più importante al mondo sempre e comunque, bella o brutta che sia, dunque si può permettere strafalcioni e obbrobri che al Giro costerebbero, o costano, molto più cari. Il pasticcio del Ventoux 2016 con il tempo regalato inspiegabilmente a Froome, alla faccia dei precedenti (o alla faccia di Nibali quando patì una situazione simile sull’Alpe 2018); la farsa della partenza in griglia stile formula 1… questa sorta di episodi a stento incidono sulla grandeur della corsa transalpina. Per il Giro, nel momento in cui si affaccia di nuovo sul palcoscenico internazionale con piena dignità come sta pian piano avvenendo dopo la parentesi dei primi Duemila, non esiste lo stesso grado di tolleranza, anche perché viceversa, sul piano interno, si va affievolendo l’amore per la Corsa Rosa che invece sembrava ancora, appunto, “infinito” fino a un decennio scarso fa. Ricordiamo in questa edizione il sindaco di Vinovo negare il passaggio, e obbligare a un cambio di tracciato dell’ultimo secondo, seppur poco influente, in quanto “Vinovo non può restare paralizzata [cioè impedita nell’uso dell’automobile, NdR, per chi non lo avesse capito] per colpa di una corsa di biciclette”. Vinovo, non Milano, che pure fa pena. Invece che rendersi conto che Vinovo si dà una mossa precisamente se il Giro passa, e in quanto passa il Giro, come pure avevano ben capito i valdostani a cui invece il Giro ha negato il proprio transito per mere manfrine di cui già abbiamo conto. Insomma, viviamo un’epoca di transizioni e tensioni, un’epoca che esige pertanto il massimo slancio e la massima coerenza.
Ecco, un Giro che si traduce in uno sciopero bianco per l’80% del gruppo nella stragrande maggioranza delle tappe non è un Giro che susciti o rifletta chissà che slanci. Al Tour questa sorta di 0-0 tattico può reggere in virtù di ciò che si considera in gioco, e in virtù di un pubblico che venera la propria corsa sempre e comunque. Da notare che perfino al Tour, comunque, situazioni simili negli anni del Team Sky erano costate un’emorragia di spettatori. Ma per il Giro si tratta di un autentico suicidio. Purtroppo i dati televisivi sono lì a darne testimonianza. Dati da prendere con le pinze, perché si iscrivono comunque in un calo generale nei consumi del prodotto televisivo, per cui lo share, ad esempio, rimane piuttosto buono, anche al netto di novità nella msiurazione. I numeri assoluti però sono in picchiata, e risulta in special modo deludente il fatto che meno di due milioni di persone abbiano seguito l’emozionante cronoscalata che, per gli appassionati e fedelissimi, ha riscattato almeno in parte la gara di quest’anno. L’ultimo sabato, giornata invece di picchi in condizioni normali. Tuttavia è probabile che un certo sforzo gli spettatori, appassionati e non solo, l’avessero fatto il giorno prima, quando in giorno feriale due milioni e mezzo di persone avevano seguito l’indigeribile processione verso le Tre Cime. Dopo cotanta sofferenza (del pubblico non dei ciclisti), i più han deciso di dedicare ad altro il pomeriggio successivo, col risultato che la migliore ed unica autopromozione che questo Giro avrebbe potuto darsi… l’han vista relativamente in pochi. I superstiti. I già convertiti. Va detto che si è consolidato, in questo Giro, un nocciolo duro: a giudicare dai numeri, se è pur tristemente vero che i picchi sono sfumati completamente, in compenso si sono ridotte le differenze fra tappe di transizione – alcune guardatissime – e tappe decisive; fra l’ora finale di tappa, e tappa intera (con a volte oltre un milione e mezzo di persone a seguire ore e ore di svolgimento!, certamente ad accompagnamento di altre attività, ma comunque con apparecchio acceso e sintonizzato sul Giro); fra fine settimana e giorni feriale; fra prima e terza settimana. La sensazione è che il pubblico sia sempre più un pubblico da un lato in età da pensione, dall’altro lato comunque radicalmente appassionato. Un pubblico molto specifico, sempre più legato a una certa fascia d’età, da un lato, alla specificità dello sport ciclistico, dall’altro. Questo tipo di andamento, tuttavia, potrebbe senz’altro premiare le Classiche (e così sta accadendo in termini di audience), ma per quanto concerne il Giro rischia di essere una scommessa molto penalizzante, visto che la forza del Giro è da sempre il suo potenziale popolare, la capacità di trascendere il confine degli appassionati delle due ruote.
Anche perché, e qui chiudiamo il cerchio, questo pubblico ridotto ma vorace è anche un pubblico via via più esigente, che da un lato può magari consentire al Giro di reggere l’urto tremendo che rappresenta, di rimbalzo, il declino del movimento italiano (il pubblico popolare è spesso nazionalpopolare e vuole l’eroe locale, l’appassionato di ciclismo tout court è più cosmopolita nelle sue preferenza da tifoso), ma, dall’altro lato, non si accontenta di belle riprese di paeselli dall’elicottero. Peraltro assai benvenute. Vuole ciclismo.
Nel caso di questo Giro 2023 fin troppe volte si è avuta la sensazione di una collusione trasversale fra le squadre giganti dei big per inscenare un no contest in cui far razzolare i fugaioli di turno. Ma questo finisce per essere più circo che sport. E non il Circo Massimo, dato che oltretutto i ciclisti, non proprio a torto, si negano ad essere fino in fondo gladiatori. Più un circo di numeri musicali e acrobatici anche divertenti, a volte – molte poche volte, in questo caso! – ma in cui è proibito chiedersi se il gesto a cui si assiste sia perizia o messinscena concordata. Si tratta di una questione che va molto al di là di trite riflessioni su un doping effettivo o presunto: si tratta invece della conseguenze nefaste di una diseguaglianza non minimamente gestita dallo sport, le cui ricadute nei Grandi Giri sono specialmente distruttive.
In breve, poca competizione autentica, perché “chi puote” preferisce che a competere siano in pochi. Ma poca competizione equivale a poco ciclismo. Il dato emblematico di questo Giro è che – come mai o quasi mai a memoria di tifoso – non si è vista in nessuna tappa alcuna seria azione dalla media o lunga gittata volta a smuovere la classifica generale. Ciò che più vi si avvicinava è stato l’allungo in discesa di Caruso con un paio di compagni sotto gli acquazzoni dell’Appennino. Movimento di durata peraltro limitata e di effetto nullo. Al Tour, in quanto è il Tour, si sopravvive a un 50% buono di edizioni in cui i protagonisti non attaccano mai prima dei finali. Il Giro non era mai stato così, o quasi mai. In ogni Giro c’è almeno un tentativo di dare uno scossone alla generale provando prima della fine. Spesso anzi di tappe così ce ne sono diverse in una singola edizione… magari non addirittura quattro o cinque come nel 2015 o nel 2016, però un paio suole essere il minimo sindacale anche in Giri vissuti di tensioni più che di assalti alla sciabola come furono il 2017 o il 2020. Una, almeno una. Come la Torino del Giro 2022 già bollato come il più brutto del 21º secolo e probabilmente scalzato dal 2023 (se così non fosse, “salvato” in extremis, e proprio per modo di dire, da questa famosa cronoscalata, oltreché dai tanti bravi fugaioli, Healy, Dee, Pinot, Zana su tutti, senza scordare i Rubio, Buitrago, McNulty, Cort, e poi Bais, Denz, Paret-Peintre…). Il Giro 2020 era stato decisamente discutibile, poi il 2021 era parso di nuovo all’altezza, ma 2022 e 2023 rischiano di delineare una tendenza le cui cicatrici di medio periodo potrebbero essere irrecuperabili. E purtroppo non sembrano esistere soluzioni facili, visto che da molti punti di vista il lavoro di RCS, va detto, non è di mediocre qualità, tutt’altro (grandi inviti, buoni percorsi, anche se in peggioramento rispetto a 7-8 anni fa). Tuttavia fra “sfortune” più o meno incontrollabili e reazioni sistemiche, le cose stanno andando un po’ storte, e con un po’ troppa frequenza, come quei corridori (Roglic e Thomas, per dirne due) che cascano piuttosto spesso, certamente a volte per pura sfortuna o colpe altrui, ma… altre volte ce ne mettono del proprio; per far sì che la tendenza prenda corpo come tale, qualcosa di fondo c’è. Forse la parola chiave, nel caso del Giro, potrebbe essere “disaffezione”, nel sistema Paese da un lato, in un peloton che mitizza sempre meno l’Italia, dall’altro. È anche un serpente che si morde la coda: il che è un vero paradosso per una corsa che ha come slogan “amore infinito” e come trofeo una spirale che avvolgendosi apparentemente su se stessa, in realtà cresce e cresce. Il pubblico inteso come somma di persone e vite individuali è ancora a bordo strada, non ha smesso di seguire il Giro o aspettarlo. La struttura socio-economico-politica italiana e quella del ciclismo internazionale sembrano invece guardare dall’altra parte.
Gabriele Bugada

Cavendish vince ai Fori Imperiali l'ultima tappa del Giro (Getty Images)
28-05-2023
maggio 28, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
GIRO D’ITALIA
Il britannico Mark Cavendish (Astana Qazaqstan Team) si è imposto nella ventunesima ed ultima tappa, Roma (EUR) – Roma, percorrendo 126 Km in 2h48′26″, alla media di 44.884 Km/h. Ha preceduto allo sprint il lusemburghese Alex Kirsch (Trek-Segafredo) e l’italiano Filippo Fiorelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè). Lo sloveno Primoz Roglic (Jumbo-Visma) si impone in classifica con 14″ sul britannico Geraint Thomas (INEOS Grenadiers) e 1′15″ sul portoghese Joao Almeida (UAE Team Emirates). Miglior italiano Damiano Caruso (Bahrain Victorious), 4° a 4′40″.
BOUCLES DE LA MAYENNE – CRÉDIT MUTUEL
L’olandese Arvid de Kleijn (Tudor Pro Cycling Team) si è imposto nella quarta ed ultima tappa, Montsûrs – Laval, percorrendo 167 Km in 3h55′22″, alla media di 42.572 Km/h. Ha preceduto allo sprint i francesi Arnaud Démare (Groupama-FDJ) e Axel Zingle (Cofidis). Miglior italiano Nicolò Parisini (Q36.5 Pro Cycling Team), 7°. Lo spagnolo Oier Lazkano (Movistar Team) si impone in classifica con 29″ su Démare e 33″ su Zingle. Miglior italiano Parisini, 15° a 50″
TOUR OF NORWAY
Il belga Thibau Nys (Trek-Segafredo) si è imposto nella seconda tappa, Valle – Stavanger, percorrendo 165.7 Km in 4h18′33″, alla media di 38.453 Km/h. Ha preceduto di 1″ il connazionale Edward Planckaert (Alpecin-Deceuninck) e il britannico Ben Tulett (INEOS Grenadiers). Miglior italiano Luca Vergallito (Alpecin-Deceuninck), 27° a 12″. Tulett è ancora leader della classifica con 5″ sullo statunitense Magnus Sheffield (INEOS Grenadiers) e 23″ su Nys. Miglior italiano Lorenzo Milesi (Team DSM), 13° a 49″.
ALPES ISÈRE TOUR
Il belga Lennert Van Eetvelt (Lotto Dstny Development Team) si è imposto anche nella quinta ed ultima tappa, Saint-Thibaud-de-Couz – Saint-Pierre-de-Chartreuse, percorrendo 161.2 Km in 4h39′30″, alla media di 34.605 Km/h. Ha preceduto di 35″ il britannico Oscar Onley (Development Team DSM) e di 1′35″ il francese Yaël Joalland (CIC U Nantes Atlantique). Miglior italiano Luca Paletti (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), 10° a 6′10″. Van Eetvelt si impone in classifica con 1′35″ su Onley e 6′07″ sul norvegese Johannes Kulset (Uno-X DARE Development Team). Miglior italiano Paletti, 11° a 11′21″
TOUR DE LA MIRABELLE
Il belga Sten Van Gucht (Bourg-en-Bresse Ain Cyclisme) si è imposto nella terza ed ultima tappa, Tomblaine – Damelevières, percorrendo 178.3 Km in 4h17′46″, alla media di 41.503 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Andrea Peron (Team Novo Nordisk) e il tedesco Tobias (Müller Rad-Net Osswald). Il belga Jonas Geens (Tarteletto-Isorex) si impone in classifica con lo stesso tempo del francese Clément Braz Afonso (Philippe Wagner Cycling) e del francese Tom Donnewirth (SCO Dijon-Team Material-velo.com). Miglior italiano Lorenzo Galimberti (Biesse-Carrera), 11°
GP BEIRAS E SERRA DA ESTRELA (Portogallo)
Lo spagnolo Abel Balderstone (Caja Rural-Seguros RGA) si è imposto nella quarta ed ultima tappa, Fundão – Guarda, percorrendo 183.7 Km in 5h23′31″, alla media di 34.069 Km/h.Ha preceduto di 3″ il russo Artem Nych (Glassdrive Q8 Anicolor) e di 59″ il connazionale Pelayo Sanchez (Burgos-BH). L’unico italiano in gara, Matteo Bertrand (XSpeed United Continental), non ha terminato la corsa. Nych si impone un classifica con 41″ su Balderstone e 52″ su Sanchez
GRAND PRIX DE LA FAMILLE ROYALE
l’algerino Youcef Reguigui (nazionale algerina) si è imposto nella corsa marocchina, Sefrou – Meknes, percorrendo 122.7 Km in 2h40′56″, alla media di 45.746 Km/h. Ha preceduto allo sprint i marocchini Salah Eddine Mraouni (Sidi Ali-Unlock Team) e Ibrahim Essabahy (nazionale marocchina U23). Nessun italiano in gara
TOUR OF JAPAN
Il giapponese Kazushige Kuboki (Team Bridgestone Cycling) si è imposto nella settima ed ultima tappa, circuito di Tokyo, percorrendo 112 Km in 2h22′30″, alla media di 47.158 Km/h. Ha preceduto allo sprint i connazionali Hayato Okamoto (Aisan Racing Team) e Rei Onodera (Utsunomiya Blitzen). Nessun italiano in gara dopo il ritiro nella quarta tappa di Lorenzo Di Camillo (Sofer-Savini Due-OMZ). L’australiano Nathan Earle (JCL Team UKYO) si impone in classifica con 45″ sul connazionale Benjamin Dyball (Victoire Hiroshima) e 55″ sul giapponese Atsushi Oka (JCL Team UKYO)
INTERNATIONALE LOTTO THÜRINGEN LADIES TOUR
La belga Lotte Kopecky (Team SD Worx) si è imposta nella sesta ed ultima tappa, circuito di Mühlhausen, percorrendo 125.2 Km in 3h19′20″, alla media di 37.686 Km/h. Ha preceduto di 32″ l’olandese Lorena Wiebes (Team SD Worx) e di 33″ l’australiana Ruby Roseman-Gannon (Team Jayco-AlUla). Miglior italiana Marta Bastianelli (UAE Team ADQ), 8° a 34″. La Kopecky si impone in classifica con 35″ sulla Wiebes e 42″ sull’olandese Mischa Bredewold (Team SD Worx). Miglior italiana la Bastianelli, 12° a 1′42″
TOUR DE FEMININ (Repubblica Ceca)
La francese Chloé Charpentier (Team Grand-Est Komugi La Fabrique) si è imposta nella quarta ed ultima tappa, Varnsdorf – Krásná Lípa, percorrendo 114.6 Km in 3h21′51″, alla media di 34.065 Km/h. Ha preceduto allo sprint la ceca Julia Kopecky (AG Insurance-NXTG U23 Team) e la polacca Dominika Wlodarczyk (MAT ATOM Deweloper Wroclaw). Miglior italiana Francesca Tommasi (Team Mendelspeck), 12°. L’ucraina Olha Kulynych (Duolar – Chevalmeire) si impone in classifica con 11″ sulla Wlodarczyk e 41″ sulla ceca Eliska Kvasnickova (Mix Brilon/Sportraces). Miglior italiana la Tommasi, 7° a 1′50″
RIDELONDON CLASSIQUE (Donne)
L’olandese Charlotte Kool (Team DSM) si è imposta nella terza ed ultima tappa, circuito di Londra, percorrendo 91.2 Km in 2h11′58″, alla media di 41.465 Km/h. Ha preceduto allo sprint la statunitense Chloé Dygert (CANYON//SRAM Racing) e la connazionale (Maike van der Duin CANYON//SRAM Racing). Miglior italiana Chiara Consonni (UAE Team ADQ), 6°. La Kool si impone in classifica con 11″ sulla Dygert e 15″ sulla britannica Lizzie Deignan (Trek-Segafredo). Miglior italiana Eleonora Camilla Gasparrini (UAE Team ADQ), 4° a 22″
GRAN PREMIO CIUDAD DE EIBAR (Donne)
La canadese Olivia Baril (UAE Development Team) si è imposta nella corsa spagnola, circuito di Eibar, percorrendo 112.3 Km in 2h50′32″, alla media di 39.511 Km/h. Ha preceduto allo sprint allo spagnolo Sheyla Gutierrez (Movistar Team) e l’ucraina Yuliia Biriukova (UAE Development Team). Miglior italiana Debora Silvestri (Laboral Kutxa-Fundacion Euskadi), 7° a 2″
ORLEN NATIONS GRAND PRIX (Polonia – Under 23)
Il portoghese António Morgado (nazionale portoghese) si è imposto nella quinta ed ultima tappa, Sanok – Hotel Arlamów, percorrendo 145 Km in 3h40′58″, alla media di 39.372 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo sloveno Gal Glivar (nazionale slovena) e il francese Jordan Labrosse (nazionale francese). Miglior italiano Davide Piganzoli (nazionale italiana), 9°. Glivar si impone in classifica con 16″ su Piganzoli e 26″ sul tedesco Hannes Wilksch (nazionale tedesca)
DUE GIORNI MARCHIGIANA – TROFEO CITTÀ DI CASTELFIDARDO
L’italiano Matteo Pongiluppi (SIAS RIME) si è imposto nella corsa italiana, circuito di Castelfidardo, percorrendo 180 Km in 3h50′18″, alla media di 46.895 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli italiani Attilio Viviani (Team corratec – Selle Italia) e Alessandro Motta (Biesse-Carrera)
UN’APOTEOSI IMPERIALE
Atto finale della Corsa Rosa sulle strade della capitale italiana. Dopo il “pasticciaccio brutto” del 2018 si è preferito proporre un circuito diverso da quello sul quale si concluse l’edizione vinta da Froome limitando al minimo i tratti da percorrere sui traballanti sampietrini. Epilogo sempre in Via dei Fori Imperiali, dopo un tuffo nella grande bellezza di Roma.
Sarà Roma a chiudere i battenti del Giro 2023 e lo farà cinque anni dopo la conclusione sulle strade della capitale dell’edizione vinta da Chris Froome, una pagina che si vuole dimenticare vista la magra figura fatta dall’amministrazione capitolina, con la giuria che si vide costretta a neutralizzare parecchi giri del circuito romano a causa delle buche presenti sulle strade. Per il ritorno del gran finale della Corsa Rosa a Roma si è corso ai ripari, disegnando un circuito che non si limiterà alla zona dei fori e ha limitato all’osso i tratti da percorrere sui “sampietrini”, com’è tradizionalmente chiamato il pavé nella capitale in ricordo dell’epoca dello Stato Pontificio, quando gli operai preposti alla manutenzione delle strade venivano così soprannominati per rimarcare il fatto che fossero dipendenti della Santa Sede. Così dei 13.6 Km dell’ultimo circuito, che complessivamente dovrà essere inanellato sei volte, soli 1500 metri si dovranno percorrere sulle “pietre”, spezzati in cinque breve bocconcini sparsi qua e là lungo il percorso, per il resto totalmente pianeggiante. In realtà ci sarà lo spazio per un’ultima salita perché a quasi 7 Km dal via, che avverrà nel quartiere dell’EUR con l’ultimo raduno di partenza fissato presso il Palazzo della Civiltà Italiana (il cosiddetto “Colosseo Quadrato”), si affronterà un’ascesa di 900 metri al 5.8% che si concluderà presso i cancelli della Tenuta di Castelporziano, dal 1872 di proprietà dello Stato Italiano, inizialmente acquistata per farne una riserva di caccia a uso di re Vittorio Emanuele II e utilizzata a tale scopo anche dai Presidenti della Repubblica dopo la fine della monarchia, attività venatoria cessata nel 1977: dal 1999 è una riserva naturale statale, nonché una delle tre residenze ufficiali del capo dello stato dopo il Quirinale e la napoletana Villa Rosebery. Una decina di chilometri più avanti i “girini” raggiungeranno il mare, ma avranno appena il tempo per respirarne la salsedine perché arrivati a Lido di Castel Fusano gireranno i tacchi per riprendere nella direzione opposta la strada appena percorsa e far ritorno all’EUR. Sfilato accanto al circolare Palazzo dello Sport progettato per le Olimpiadi del 1960, il gruppo attraverserà il Parco Centrale del Lago, sorto attorno al laghetto pensato – come il resto del quartiere – per l’Esposizione Universale che si doveva svolgere nel 1942 e che sarà definitivamente annullata a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Prima di lasciare l’EUR si giungerà quindi nel cuore del quartiere dove svetta dall’alto dei suoi 45 metri quello che fino al 2004 era l’obelisco più recente di Roma, eretto nel 1959 in ricordo di Guglielmo Marconi e il cui primato è stato battuto nove anni fa da quello realizzato da Arnaldo Pomodoro e collocato presso il Palazzo dello Sport.
Pedalando sulla Cristoforo Colombo in direzione del centro della capitale il gruppo andrà a lambire i confini della Garbatella, uno dei quartieri popolari più noti di Roma, realizzato a partire dal 18 febbraio del 1920, giorno della posa della prima pietra presso l’odierna Piazza Benedetto Prim, cerimonia presieduta personalmente dall’allora re Vittorio Emanuele III. Varcata la cinta delle Mura Aureliane attraverso Porta Ardeatina, la corsa farà quindi l’ingresso sul circuito quando mancheranno poco più di 3 Km al primo passaggio dal traguardo, come nel 2018 previsto in Via dei Fori Imperiali, strada tracciata in epoca fascista su progetto dell’ingegner Barnaba Gozzi per collegare in linea retta il Colosseo con Piazza Venezia, opera che fu compiuta demolendo il “quartiere Alessandrino”, realizzato alla fine del XVI secolo. Il circuito inizierà con il passaggio nella centralissima Piazza Venezia, dove il gruppo transiterà lasciando alle spalle l’Altare della Patria, cuore del monumento detto Vittoriano perché realizzato in onore del primo sovrano del Regno d’Italia Vittorio Emanuele II, per progettare il quale si racconta che l’architetto marchigiano Giuseppe Sacconi si sia ispirato alle scenografie naturali delle Dolomiti. Subito dopo si percorrerà proprio la strada intitolata al primo re d’Italia, sulla quale si affacciano le imponenti facciate delle chiese del Gesù, di Sant’Andrea della Valle e di Santa Maria in Vallicella, presso la quale si trova quella che da molti è stata definita come la più bella e monumentale sacrestia della capitale. All’altro capo del corso inizierà il primo dei tre tratti previsti lungo il Tevere, un chilometro e mezzo in direzione del quartiere Flaminio e la prima delle cinque porzioni di sampietrini, giusto 100 metri all’altezza del moderno “sarcofago” che dal 2006 cela al suo interno uno dei monumenti della Roma antica più celebri, l’Ara Pacis, altare che l’imperatore Augusto aveva fatto innalzare in onore della pace, un bene al quale si anela oggi così come nel remoto anno 9 avanti Cristo. Transitando sul Ponte Regina Margherita ci si porterà sulla sponda opposta del fiume, seguendola in direzione del Vaticano per un chilometro esatto, costeggiano il quartiere Prati fino ad arrivare al cospetto del monumentale Palazzaccio, la sede del Palazzo di Giustizia della capitale, preceduto dal passaggio davanti alla neogotica facciata del Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, soprannominata “il piccolo duomo di Milano” e presso la quale è possibile visitare il curioso Museo delle Anime del Purgatorio, nel quale sono esposti reperti tangibili dei contatti con l’aldilà. Il chilometro successivo vedrà il gruppo allontanarsi delle sponde del fiume per effettuare il periplo di Castel Sant’Angelo, in antichità mausoleo dell’imperatore Adriano successivamente trasformato in fortezza per dare ospitalità ai pontefici durante gli assedi. Il Vaticano è alle porte e la Basilica di San Pietro farà la sua comparsa agli occhi dei “girini” quando imboccheranno Via della Conciliazione, altra strada realizzata all’epoca del regime, anche in questo caso operando una serie di demolizioni che cancellarono il rione della Spina di Borgo. Ritrovato il pavé per 200 metri i corridori percorreranno solo il tratto iniziale del monumentale viale per poi svoltare nuovamente in direzione del Tevere e iniziare l’ultimo e più lungo dei tre tratti tracciati lungo le sponde del “biondo fiume”, quasi 2 Km percorrendo i quali si andrà a transitare tra l’Isola Tiberina e il Tempio Maggiore di Roma, sinagoga costruita all’inizio del XX secolo in stile orientale assiro-babilonese e cuore del quartiere del Ghetto. Salutato il Tevere si sfreccerà a due passi della Basilica di Santa Maria in Cosmedin, chiesa tra le più gettonate dai turisti per la presenza sotto il porticato d’accesso della celebre Bocca della Verità, toccatissimo mascherone che in epoca antica era lo sportello di un tombino destinato a raccogliere le acque del Tevere in occasione delle piene più disastrose. Subito dopo si percorrerà la strada che corre tra le prime pendici dell’Aventino e la cavea del Circo Massimo, luogo dove avvenne il mitico episodio del “ratto delle Sabine”, con il quale il fondatore della città Romolo intese fondere il popolo romano con quello sabino. Un’altra breve porzione sul lastricato, 100 metri appena, porterà il gruppo su strade ben note a molti corridori, quelle del circuito delle Terme di Caracalla, che dal 1946 ospita il 25 aprile di ogni anni il Gran Premio della Liberazione, una delle principali corse del calendario riservato ai dilettanti, gara che nell’albo d’oro vanta nomi come quelli dell’ex campione europeo Matteo Trentin e del vincitore del Giro del 1990 Gianni Bugno, mentre ad aprire le danze nella prima edizione fu proprio un corridore originario di Roma, Gustavo Guglielmetti. Girando attorno alle celebri terme – che perse da secoli la loro funzione oggi ospitano le rappresentazioni della stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma, mentre nel 1960 furono “prestate” allo sport per accogliere le gare di ginnastica dell’olimpiade – si ritornerà a pedalare in direzione del Circo Massimo per poi infilarsi in Via di San Gregorio, strada con 300 metri in sampietrini tracciata tra il Palatino e il colle sul quale troneggia la barocca chiesa di San Gregorio al Celio, realizzata accanto a un complesso di tre piccoli oratori, due dei quali risalenti al XII secolo. L’apparizione della mole del Colosseo sullo sfondo avrà quasi lo stesso “rumore” della campana che annuncia l’ultimo giro di circuito. L’epilogo è oramai prossimo, dopo l’ultima svolta s’imboccherà l’ultima e più lunga porzione “ballerina” (800 metri a cavallo dal passaggio del traguardo) per un finale davvero imperiale, che incoronerà l’imperatore del Giro 2023.
Mauro Facoltosi

Via dei Fori Imperiali e l’altimetria dell’ultima tappa del Giro 2023 (www.virgoletteblog.it)
CIAK SI GIRO
“Solo preti qui regneranno”. Così l’irriverente poeta romano interpretò la sigla SPQR che da sempre è l’emblema di Roma e che nella realtà era l’abbreviazione della frase latina “Senatvs PopvlvsQve Romanvs” che significava semplicemente “il Senato e il Popolo Romano”. Non aveva tutti i torti il Belli perché la Chiesa ebbe un ruolo predominante nella storia della capitale e anche per questo vogliamo concludere la nostra rassegna con un sacerdote e uno dei più celebri: Don Camillo. Vi starete chiedendo cosa possa c’entrare il sanguigno prete emiliano partorito dalla fantasia di Giovannino Guareschi e da sempre protagonista in quel di Brescello? Ebbene, Roma ebbe un ruolo anche in quei film perché la Cineriz, casa produttrice dei sei episodi della saga, aveva la sua principale sede a Roma e per tutte le scene da girare in interni si preferirono gli studi di Cinecittà, dove fu costruita appositamente la chiesa nella quale Don Camillo era parroco (solo gli esterni furono girati a Brescello) e che in uno degli episodi sarà invasa dalle acque straripate nel Po. Qua e là location romane e laziali fanno capolino e così ne “Il ritorno di Don Camillo”, girato anche in Abruzzo, si possono ammirare il romano Palazzo Capizucchi (nella finzione il collegio di Parma frequentato dal figlio di Peppone), scorci di Fiano Romano e Riano e lo scomparso Ponte Sfondato di Montopoli di Sabina, crollato otto anni dopo la fine delle riprese. In “Don Camillo monsignore ma non troppo” il sacerdote viene promosso e viene trasferito nella capitale, dove ha l’ufficio nel Palazzo del Commendatore, non distante dal Vaticano. Infine ne “Il compagno Don Camillo”, il penultimo della saga e l’ultimo interpretato da Fernandel, lo schiocco del ciac tornò a farsi sentire nel Lazio, dove il borgo viterbese di Monterosi prestò la propria chiesa per interpretare quella del villaggio russo di Brezwyscewski. Una delle ultime riprese con il celebre attore francese, che successivamente sarà sostituito da Gastone Moschin, vide Fernandel in azione in uno dei luoghi toccati dal percorso dell’ultima tappa, la spettacolare sacrestia di Santa Maria in Vallicella, che il sacerdote attraversa per recarsi in udienza dal vescovo di Reggio Emilia.

Don Camillo esce da Palazzo Capizucchi ne “Il ritorno di Don Camillo” (www.davinotti)

Il Palazzo del Governatore ufficio di Don Camillo in “Don Camillo monsignore ma non troppo” (www.davinotti)

Don Camillo si congeda dal personaggio che ha interpreto per 12 anni percorrendo la sacrestia della chiesa di Santa Maria in Vallicella nel finale de “Il compagno Don Camillo” (www.davinotti)
Qui trovate le location dei tre film citati
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-ritorno-di-don-camillo/50000172
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/don-camillo-monsignore-ma-non-troppo/50005417
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-compagno-don-camillo/50005418
FOTOGALLERY
EUR, Palazzo della Civiltà Italiana
Tenuta presidenziale di Castel Porziano
Il Palazzo dello Sport all’EUR
Parco Centrale dell’EUR
L’obelisco dedicato a Guglielmo Marconi
Piazza Damiano Sauli, cuore del quartiere della Garbatella
Porta Ardeatina
Vittoriano
Santa Maria in Vallicella
L’Ara Pacis e il primo tratto in sampietrini
Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio
Castel Sant’Angelo visto dalla stessa prospettiva dei corridori
Il Tempo Maggiore di Roma visto dal lungotevere
Santa Maria in Cosmedin con la fila di turisti in attesa di vedere la Bocca della Verità
Terme di Caracalla
San Gregorio al Celio
Il Colosseo fa capolino dietro la strada che percorreranno i corridori
27-05-2023
maggio 27, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
GIRO D’ITALIA
Lo sloveno Primoz Roglic (Jumbo-Visma) si è imposto nella ventesima tappa, cronoscalata Tarvisio – Monte Lussari, percorrendo 18.6 Km in 44′23″, alla media di 25.145 Km/h. Ha preceduto di 40″ il britannico Geraint Thomas (INEOS Grenadiers) e di 42″ il portoghese Joao Almeida (UAE Team Emirates). Miglior italiano Damiano Caruso (Bahrain Victorious), 4° a 55″. Roglic è la nuova maglia rosa con 14″ su Thomas e 1′15″ su Almeida. Miglior italiano Damiano Caruso (Bahrain Victorious), 4° a 4′40″.
BOUCLES DE LA MAYENNE – CRÉDIT MUTUEL
Il francese Arnaud Démare (Groupama-FDJ) si è imposto nella terza tappa, Saint-Berthevin – Meslay-du-Maine, percorrendo 181.3 Km in 4h05′42″, alla media di 44.274 Km/h. Ha preceduto allo sprint il belga Milan Menten (Lotto Dstny) e l’olandese Arvid de Kleijn (Tudor Pro Cycling Team). Miglior italiano Matteo Malucelli (Bingoal WB), 5°. Lo spagnolo Oier Lazkano (Movistar Team) è ancora leader della classifica con 38″ su Démare e 40″ sul portoghese Ivo Oliveira (UAE Team Emirates). Miglior italiano Nicolò Parisini (Q36.5 Pro Cycling Team), 15° a 53″
TOUR OF NORWAY
L’olandese Mike Teunissen (Intermarché-Circus-Wanty) si è imposto nella prima tappa, Røldal – Hovden, percorrendo 85.2 Km in 1h58′30″, alla media di 43.139 Km/h. Ha preceduto allo sprint il danese Tobias Lund Andresen (Team DSM) e il belga Jordi Meeus (BORA-hansgrohe). Miglior italiano Luca Colnaghi (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), 26°. La tappa sarebbe dovuta partire da Jondal e misurare 206 Km, ma è stata accorciata a causa del maltempo. Il britannico Ben Tulett (INEOS Grenadiers) è ancora leader della classifica con 1″ sullo statunitense Magnus Sheffield (INEOS Grenadiers) e 20″ sull’ungherese Attila Valter (Jumbo-Visma). Miglior italiano Lorenzo Milesi (Team DSM), 12° a 34″.
ALPES ISÈRE TOUR
Il belga Lennert Van Eetvelt (Lotto Dstny Development Team) si è imposto nella quarta tappa, Monsteroux-Milieu – Saint-Maurice-l’Exil, percorrendo 182.8 Km in 4h35′34″, alla media di 39.802 Km/h. Ha preceduto di 52″ il britannico Oscar Onley (Development Team DSM) e di 1′11″ il norvegese Johannes Kulset (Uno-X DARE Development Team). Miglior italiano Alessio Martinelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), 4° a 1′11″. Van Eetvelt è il nuovo leader della classifica con 55″ su Onley e 1′19″ su Kulset. Miglior italiano Martinelli, 4° a 1′22″-
TOUR DE LA MIRABELLE
Il francese Quentin Bezza (SCO Dijon – Team Matériel – Velo.com) si è imposto nella seconda tappa, Saint-Amarin – Corcieux, percorrendo 158.5 Km in 4h04′25″, alla media di 38.909 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Andrea Peron (Team Novo Nordisk) e il tedesco Tobias Müller (Rad-Net Osswald). Miglior italiano Lorenzo Galimberti (Biesse-Carrera), 6°. Il belga Jonas Geens (Tarteletto-Isorex) è il nuovo leader della classifica con lo stesso tempo del francese Clément Braz Afonso (Philippe Wagner Cycling) e di Darbellay. Miglior italiano Galimberti, 9°.
VAN MERKSTEIJN FENCES CLASSIC
L’australiano Caleb Ewan (Lotto Dstny) si è imposto nella corsa belga, Kortrijk – Zwevegem, percorrendo 199.4 Km in 4h28′24″, alla media di 44.575 Km/h. Ha preceduto allo sprint i belgi Tim Merlier (Soudal Quick-Step) e Gerben Thijssen (Intermarché-Circus-Wanty). Miglior italiano Jakub Mareczko (Alpecin-Deceuninck), 7°.
GP BEIRAS E SERRA DA ESTRELA (Portogallo)
Il portoghese Iuri Leitao (Caja Rural-Seguros RGA) si è imposto anche nella terza tappa, Penamacor – Pinhel, percorrendo 176.8 Km in 4h29′30″, alla media di 39.362 Km/h.Ha preceduto allo sprint lo spagnolo Xavier Cañellas (Electro Hiper Europa) e il connazionale Fabio Costa (Glassdrive / Q8 / Anicolor). Unico italiano in gara Matteo Bertrand (XSpeed United Continental), 70° a 1′02″. Lo spagnolo Pelayo Sanchez (Burgos-BH) è tornjato leader della classifica con lo stesso tempo dell’uruguaiano Eric Fagundez (Burgos-BH) e del connazionale Ander Okamika (Burgos-BH). Bertrand 61° a 5′35″
TOUR OF ESTONIA
Il danese Rasmus Bøgh Wallin (Restaurant Suri-Carl Ras) si è imposto nella seconda ed ultima tappa, circuito di Tartu, percorrendo 164.8 Km in 3h54′53″, alla media di 42.097 Km/h. Ha preceduto di 17″ i connazionali Mathias Larsen (Restaurant Suri-Carl Ras) e Matias Malmberg (Maloja Pushbikers). Due italiani in gara: Filippo Fortin (Maloja Pushbikers) 19° a 1′08″, Liam Bertazzo (Maloja Pushbikers) ritirato. Wallin si impone in classifica con 28″ su Malmberg e 33″ sull’estone Norman Vahtra (nazionale estone). Fortin 12° a 1′07″
LADIES TOUR OF ESTONIA
L’ucraina Olga Shekel (nazionale ucraina) si è imposta nella corsa estone, circuito di Tartu, percorrendo 104.2 Km in 2h44′35″, alla media di 37.987 Km/h. Ha preceduto di 46″ l’austriaca Kathrin Schweinberger (nazionale austriaca) e l’estone Kristel Sandra Soonik (nazionale estone). Nessuna italiana in gara
GRAND PRIX DU TRÔNE
Lo slovacco Lukáš Kubiš (Dukla Banska Bystrica) si è imposto nella corsa marocchina, El Hajeb›Fez, percorrendo 115 Km in 2h37′30″, alla media di 43.81 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’algerino Youcef Reguigui
(nazionale algerina) e il marocchino Achraf Ed Doghmy (nazionale marocchina). Nessun italiano in gara
TOUR OF JAPAN
Lo statunitense Luke Lamperti (Trinity Racing) si è imposto nella sesta tappa, circuito di Sagamihara, percorrendo 107.5 Km in 2h23′26″, alla media di 44.969 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo spagnolo Benjamin Prades (JCL Team UKYO) e il giapponese Atsushi Oka (JCL Team UKYO). Nessuin italiano in gara dopo il ritiro nella quarta tappa di Lorenzo Di Camillo (Sofer-Savini Due-OMZ). L’australiano Nathan Earle (JCL Team UKYO) è ancora leader della classifica con 45″ sul connazionale Benjamin Dyball (Victoire Hiroshima) e 55″ su Oka
INTERNATIONALE LOTTO THÜRINGEN LADIES TOUR
L’olandese Lorena Wiebes (Team SD Worx) si è imposta nella quinta tappa, circuito di Schmalkalden, percorrendo 132.6 Km in 3h29′30″, alla media di 37.976 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiana Marta Bastianelli (UAE Team ADQ) e la polacca Marta Lach (Ceratizit-WNT Pro Cycling). La Wiebes è la nuova leader della classifica con lo stesso tempo della connazionale Mischa Bredewold (Team SD Worx) e 4″ sulla belga Lotte Kopecky (Team SD Worx). Miglior italiana la Bastianelli, 12° a 58″
TOUR DE FEMININ (Repubblica Ceca)
La polacca Dominika Wlodarczyk (MAT ATOM Deweloper Wroclaw) si è imposta nella terza tappa, circuito di Rumburk, percorrendo 110.7 Km in 2h55′07″, alla media di 37.929 Km/h. Ha preceduto di 1″ la ceca Julia Kopecky (AG Insurance-NXTG U23 Team) e la sudafricana Keep Tiffany (Hutchinson – Brother UK). Miglior italiana Sara Casasola (Born To Win-Zhiraf-G20), 5°. L’ucraina Olha Kulynych (Duolar – Chevalmeire) è ancora leader della classifica con 29″ sulla Wlodarczyk e 31″ sulla ceca Eliska Kvasnickova (Mix Brilon/Sportraces). Miglior italiana Francesca Tommasi (Team Mendelspeck), 11° a 1′40″
RIDELONDON CLASSIQUE (Donne)
La statunitense Chloé Dygert (CANYON//SRAM Racing) si è imposta nella seconda tappa, circuito di Maldon, percorrendo 133.1 Km in 3h26′33″, alla media di 38.664 Km/h. Ha preceduto allo sprint la britannica Lizzie Deignan (Trek-Segafredo) e l’italiana Soraya Paladin (CANYON//SRAM Racing). L’olandese Charlotte Kool (Team DSM) è ancora leader della classifica con 5″ sulla Deignan e 10″ sulla Dygert. Miglior italiana Eleonora Camilla Gasparrini (UAE Team ADQ), 5° a 14″
ORLEN NATIONS GRAND PRIX (Polonia – Under 23)
Il britannico Robert Donaldson (nazionale britannica) si è imposto nella quarta tappa, Bukovina Resort – Nowy Sacz, percorrendo 129 Km in 3h06′58″, alla media di 41.398 Km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Lukas Nerurkar (nazionale britannica) e l’italiano Francesco Busatto (nazionale italiana). Il danese Nikolaj Mengel (nazionale danese) è ancora leader della classifica con 31″ su Nerurkar e 41″ sullo sloveno Gal Glivar (nazionale slovena). Miglior italiano Davide Piganzoli (nazionale italiana), 4° a 51″
DUE GIORNI MARCHIGIANA – GRAN PREMIO SANTA RITA
L’italiano Giosuè Epis (Zalf Euromobil Fior) si è imposto nella corsa italiana, circuito di Castelfidardo, percorrendo 174.2 Km in 4h09′37″, alla media di 41.872 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli italiani Martin Nessler (Team Technipes #InEmiliaRomagna) e Federico Biagini (Zalf Euromobil Fior)