TORNA CONTADOR, ESULTA KITTEL
Lo spagnolo dominatore del grandi Giri delle ultime stagioni rientra in gruppo nella prima tappa dell’Eneco Tour che vede imporsi il 24enne tedesco che si impone allo sprint su Demare e Phinney riscattando uno sfortunato Tour de France in cui è stato costretto a un precoce abbandono. 9° e 10° i nostri Guarnieri e Nizzolo, fuori causa Marangoni coinvolto in una caduta.
Foto copertina: Kittel vince la prima tappa dell’Eneco Tour 2012 (www.enecotour.nl)
Si è aperta con una frazione di 203,9 km da Waalwijk a Middelburg, là dove nel Giro d’Italia del 2010 si impose allo sprint lo sfortunato Wouter Weylandt, l’ottava edizione dell’Eneco Tour, corsa a tappe di una settimana sulle strade di Belgio, Olanda e Lussemburgo creata ex novo dall’Uci nel 2005 in coincidenza con l’avvento del Pro Tour: a dare lustro alla competizione ci sarà Alberto Contador (Saxo Bank-Tinkoff), che ritorna in sella dopo la controversa squalifica in seguito al caso clenbuterolo del Tour de France di due anni fa. Difficilmente comunque il fuoriclasse madrileno, che utilizzerà questa gara per preparare al meglio la prossima Vuelta España, avrà nelle gambe il ritmo di gara per puntare alla classifica generale che, in virtù di un percorso quasi completamente privo di asperità, se si eccettua la frazione conclusiva di Geraardsbergen che ripercorre le strade del Giro delle Fiandre, e con 35 km a cronometro quasi equamente suddivisi tra una prova a squadre e una individuale, vede favoriti gli specialisti delle prove contro il tempo come Chavanel e Kwiatkowski (Omega-QuickStep), Boom (Rabobank), Phinney (Bmc), De Gendt e Westra (Vacansoleil), Spilak (Katusha), Millar e Rosseler (Garmin) e perchè no anche i nostri Boaro (Saxo Bank-Tinkoff) e Malori (Lampre); sono attesi a una prestazione di alto livello anche Boonen (Omega-QuickStep), Van Avermaet e Ballan (Bmc), Marcato (Vacansoleil), Vanendert (Lotto-Belisol), Vanmarcke (Garmin), Ulissi (Lampre), Oss (Liquigas) e Lastras (Movistar) mentre a giocarsi i successi parziali nei tantissimi arrivi adatti ai velocisti saranno la medaglia di bronzo delle Olimpiadi di Londra Kristoff (Katusha), Bos e Renshaw (Rabobank), Haussler (Garmin), Kittel e Degenkolb (Argos-Shimano), Casper (Ag2r), Demare (Fdj) e gli azzurri Petacchi (Lampre), Appollonio (Sky), Guarnieri (Astana) e Nizzolo (RadioShack), recente vincitore del Giro di Vallonia.
La prima frazione, che come unica insidia ha presentato il vento laterale negli ultimi 30 km che costeggiavano il Mare del Nord, è vissuta sulla fuga di Urtasun (Euskaltel), più volte autore di azioni simili all’ultimo Tour de France, e Scheirlinckx (Accent Jobs) che sono evasi dal gruppo fin dalle prime battute acquisendo un vantaggio massimo superiore ai 10′ ma non hanno opposto troppa resistenza al rientro del plotone, cui è bastato aumentare lievemente l’andatura grazie al lavoro di Garmin, Rabobank e Omega-QuickStep per riassorbire i battistrada a oltre 70 km dal traguardo: nessun altro ha tentato di contrattaccare e la calma, fatta eccezione per una caduta che ha costretto al ritiro Marangoni (Liquigas), ha regnato fino ai -30 quando la formazione di Tom Boonen e la Bmc hanno tentato a più riprese di creare ventagli senza però riuscire a fare grande selezione, con i soli De Gendt, Vanendert, Boaro e Casper che sono rimasti attardati tra gli atleti di punta mentre Contador si è sempre mantenuto nelle posizioni di avanguardia ben protetto dai compagni di squadra. Inevitabile comunque la volata cui ha dovuto rinunciare Renshaw, coinvolto insieme a diversi altri corridori in una caduta a 2 km dal traguardo, che ha visto l’Argos-Shimano prendere decisamente in mano la situazione con Veelers nel ruolo di ultimo uomo per un Kittel ansioso di rivincite dopo i problemi di stomaco che lo hanno costretto ad abbandonare il Tour de France dopo cinque tappe: è stato Nizzolo a tentare di sorprendere tutti partendo lunghissimo ma il tedesco ha saltato agevolmente il milanese cogliendo un limpido successo, il settimo della sua stagione, davanti a Demare, Phinney, Haussler, Blythe (Bmc) e Van Steyen (Topsport Vlaanderen) con Guarnieri e Nizzolo a chiudere la top ten, mentre Petacchi è rimasto imbottigliato a 500 metri dalla conclusione rimanendo fuori dai giochi.
Gli abbuoni al traguardo e ai vari sprint intermedi hanno disegnato una classifica generale che vede Kittel condurre con 4” su Demare, 6” su Phinney e Kruopis, 7” su Ventoso e 8” su Mol e Rowe ma questa graduatoria verrà stravolta al termine della seconda tappa, una cronosquadre di 17 km con partenza e arrivo a Sittard che avrà in Omega-QuickStep, Bmc e Garmin le formazioni da battere mentre dovranno limitare i danni le nostre Lampre e Liquigas.
Marco Salonna
VUELTA A BURGOS, MORENO GUASTA LA FESTA COLOMBIANA
Un’azione congiunta di Sergio Henao e Johan Chaves nella frazione conclusiva, sull’ascesa di Lagunas de Neila, ha rischiato di regalare alla Colombia una clamorosa doppietta alla Vuelta a Burgos. A rovinare i piani dei sudamericani è stato però Daniel Moreno, vincitore delle prime due tappe, capace di recuperare secondi decisivi nell’ultimo tratto di scalata. Quarto posto finale per Franco Pellizotti.
Foto copertina: Moreno, Henao e Chaves sul podio finale della Vuelta a Burgos (foto vueltaburgos.com)
La Vuelta a Burgos resta in casa Katusha, pur cambiando padrone. Se dodici mesi fa era toccato a Joaquim Rodriguez, questa volta è stato Daniel Moreno, lo scorso anno relegato al ruolo di scudiero di Purito e secondo alla fine, a mettere in fila la concorrenza rappresentata soprattutto da due rampanti colombiani. Decisive, ai fini del successo dello spagnolo, le prime due frazioni, entrambe con arrivo in cima a brevi ma aspri strappi: a Ojo Guarena, Moreno ha conquistato la prima leadership mettendo in fila Sergio Henao e Matti Breschel, ripetendosi l’indomani a Burgos, staccando negli ultimi 300 metri Henao (+2’’) e Simon Clarke (+7’’).
Lo snodo chiave della cinque giorni iberica è però arrivato nella quarta tappa, dopo che Breschel, a Lerma, era tornato a vincere dopo due anni circa, regolando nella terza frazione Nacer Bouhanni e Ben Swift. Ad una trentina di chilometri dal traguardo di Ciudad Romana de Clunia, infatti, il vento trasversale ha scompigliato una corsa avviata verso l’ennesima volata in salita, spezzando il gruppo in tre tronconi. Nel primo, composto da una ventina di uomini, erano presenti il capoclassifica e Breschel, terzo in generale ma inevitabilmente destinato a crollare sulla salita di Lagunas de Neila, piatto forte della giornata conclusiva; mancava invece Henao, che vanamente i compagni del Team Sky hanno provato a riportare sotto nelle battute finali. Pur venendo nettamente battuto da Paul Martens allo sprint, Moreno si è così ritrovato con un gruzzolo di 32’’ sul rivale più in palla alla vigilia della tappa regina, nonché con il più diretto inseguitore destinato certamente ad uscire di classifica.
I fatti della penultima giornata hanno fatto il gioco – oltre che della Katusha – anche del pubblico, costringendo la Sky ad una condotta arrembante sull’ascesa più dura della corsa. Uran ha falcidiato il gruppo nella prima parte della scalata, esaurendo il suo lavoro quando nella sua scia restavano soltanto Henao, Daniel Moreno, un Purito Rodriguez nell’insolita veste di gregario di lusso, Arroyo, Javier Moreno, Igor Anton e Johan Chaves. A 5 km dal traguardo, è stato quindi Henao ad entrare in azione, levandosi subito di ruota tutti meno il connazionale Chaves, ventidue anni, trentotto secondi da recupera in classifica e zero vittorie da professionista.
I due sudamericani hanni rapidamente incrementato il vantaggio nei confronti di Moreno, che a 2 km dalla conclusione poteva difendere ormai solo due secondi sul diretto avversario. Rimasto in compagnia dell’omonimo Javier e di un ottimo Franco Pellizotti, staccatosi presto sotto i colpi di Uran ma solo in virtù di una gestione più oculata rispetto ad altri, il leader è riuscito ad arrestare appena in tempo l’emorragia, mantenendo intatto il passivo fino alla flame rouge. Con la tavola apparecchiata per un finale thrilling, Moreno ha tirato fuori energie insospettate nell’ultimo e più facile chilometro di ascesa, distanziando i compagni di viaggio e recuperando 8’’ sulla testa, dove Henao lasciava intanto a Chaves la soddisfazione del successo di tappa.
Salvato a fatica il primato, Moreno ha subito chiarito di essere a completa disposizione di Rodriguez in vista della prossima Vuelta, ricambiando l’eccellente lavoro di gregariato svolto dal secondo dell’ultimo Giro. Per l’Italia, le notizie positive arrivano soprattutto dal già menzionato Pellizotti, 5° nell’ultima frazione (preceduto anche da Igor Anton, giunto a metà strada fra la testa e il capoclassifica) e 4° in graduatoria, staccato di 50’’. Discrete anche le prove di Visconti e Capecchi, settimo e ottavo alla fine, benché senza acuti degni di nota, e di Stefano Garzelli, che ha però perso più del previsto nell’ultima giornata, quando partiva da un terzo posto provvisorio in classifica (11° invece al termine). Modesta la prova di Danilo Di Luca, ripresosi solo parzialmente a Lagunas de Neila.
Matteo Novarini
ALEXANDRE VINOKOUROV È CAMPIONE OLIMPICO: IL CICLISMO RISORTO NEL CUORE DI LONDRA
agosto 5, 2012 by Redazione
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Questa volta l’umiliazione è stata patita dal Team Sky (perdonatemi il lapsus, dalla Gran Bretagna!) che non è riuscita ad imporre il proprio gioco come accaduto, invece, durante tutto il Tour de France. I valori propri del ciclismo risultano così, nell’arco di soli sette giorni, riabilitati dalla mortificazione e dallo svilimento subìti nel corso della Grand Boucle. E di questo dobbiamo ringraziare il ciclista vincitore, Vinokourov, il quale con il suo furore agonistico ha saputo ridare lustro e ha restituito orgoglio ad uno sport che, altrimenti, avrebbe dovuto sopportare l’ennesima beffa per opera dei britannici. Bene anche gli italiani con Nibali e Paolini, animatori della corsa fin dalle prime battute, ma che nel finale si sono lasciati sfuggire l’occasione di conquistare una medaglia.
Alexandre Vinokourov: prima di proseguire nello scritto sento il dovere di premettere che, nonostante stia redigendo delle pagelle, non esprimerò alcun giudizio sulla condotta di gara di questo ciclista. Risulterebbe offensivo e privo di significato. D’altronde, che senso avrebbe valutare un’opera eccezionale come la “Gioconda” o una sinfonia di Beethoven? Perché di questo stiamo parlando: di un capolavoro d’arte ciclistica. Solo lui poteva essere in grado di scompaginare i piani fin troppo perfetti della presuntuosa squadra britannica, e così è stato. Già quando mancavano ancora 140 chilometri alla conclusione ha iniziato a menare le danze insieme a Nibali, per poi sferrare l’allungo decisivo sull’ultimo passaggio della collinetta londinese che caratterizzava il percorso olimpico e rientrare con decisione sul gruppetto degli attaccanti che si è giocato la corsa. Il finale, poi, è stato sublime e come tale indescrivibile. Il genio e la fantasia del vecchio maestro kazako risultano esaltati ancor di più se paragonati alla meccanica asetticità dei vari Wiggins e Froome, talmente prevedibili da apparire macchine programmate. L’asetticità propria di chi pensa di prendere parte a gare dall’esito scontato, dal copione già scritto ma che risulta inerme ed indifesa di fronte a situazioni imprevedibili, come quelle create abilmente da “Vino”. E così, con un oro olimpico al collo, di fronte a Buckingam Palace, si è conclusa la straordinaria carriera del Colonnello Alexander Nikolaievic Vinokourov, la cui storia sembra uscita direttamente dalla penna dei grandi romanzieri russi dell’ottocento. Un racconto formidabile che narra le vicende di un romantico atleta dalle mille vite, che ha saputo rinascere e risollevarsi in più di un’occasione.
Vinokourov è risorto ancora una volta e il Ciclismo con lui.
Rigoberto Uran: quando un ciclista riesce a ben figurare sulle rampe del San Luca, finendo al terzo posto il Giro dell’Emilia, prima o poi combina qualcosa di importante. Dopo aver dato buona prova di sé sulle arcigne salite dolomitiche del recente Giro d’Italia e aver vinto la Maglia Bianca di miglior giovane sempre nella corsa rosa, arriva questo argento che vale una carriera. Intuito da vendere, ha saputo cogliere l’attimo di distrazione e confusione che si era creato nel gruppetto degli attaccanti, ed ha attaccato con coraggio. Purtroppo, all’ultimo chilometro ha commesso l’ingenuità di pensare di giocarsi la medaglia d’oro con un ordinario sprint, dimenticando (o, forse, sottovalutando enormemente) chi fosse il suo compagno di fuga: un ciclista per niente affatto ordinario! Ad ogni modo per uno scalatore, su un percorso del genere, questa medaglia rappresenta un risultato eccezionale. Voto: 10
Gran Bretagna: il robotico team britannico aveva programmato tutto, fin nei minimi dettagli, ormai da mesi. Forse, non aveva previsto di dover fare i conti con un vecchio campione del passato che, seppur un po’ acciaccato, ha ritrovato gli stimoli e la grinta per impartire a tutti una bella lezione di ciclismo. Forti di un tracciato disegnato apposta per le caratteristiche del capitano Cavendish, gli atleti britannici sono rimasti vittime proprio del percorso che, con la sua tortuosità, ha saputo esaltare la condotta arrembante di Vinokourov e martoriare gli automi-gregari di Cannonball. Di questa disfatta dobbiamo tutti essere contenti, non già per la sconfitta dei singoli atleti ma perché a risultare perdente è stato il loro modo di intendere e di concepire il ciclismo. Voto: 4
Germania: con un Tony Martin già concentrato per la prova a cronometro, sembrano essersi più accontentati di far perdere la Gran Bretagna che di provare a far vincere Greipel. Qualche volta li si è visti in testa a tirare, sempre con riserva, ma niente di più. Voto: 4
Norvegia: il mastodontico Boasson Hagen (voto: 4) era uno dei grandi favoriti della vigilia, ma il velocista-scalatore che tanto mi ha divertito durante il Tour non è mai entrato nel vivo della corsa. Il ruolo di capitano è passato quindi sulle spalle del meno noto Kristoff che ha saputo, con la sua potenza, conquistare un ottimo bronzo. Voto: 7
Peter Sagan: appare più maturo e freddo di quello che è in realtà. Poco lucido, si lascia scappare l’occasione di far sua una corsa adattissima alle sue caratteristiche. Voto: 4
Belgio: il capitano designato alla vigilia era Boonen il quale, per rendere più dura la vita ai velocisti puri, ha deciso di mandare in avanscoperta un Gilbert che, in questa stagione, sembra tornato sui suoi livelli abituali. Il vallone infatti, pur facendo parte del gruppetto di testa, non ha combinato proprio un bel niente, come accadeva regolarmente prima che si trasformasse nel Cannibale della stagione 2011. Voto: 5
Italia: con Nibali e Paolini ci siamo ben comportati, abbiamo movimentato la corsa e siamo stati protagonisti fino alle battute conclusive quando, sulla salitella finale, è esplosa la corsa. Il siciliano si è ben comportato nelle vesti di gregario per l’esperto bergamasco che, tuttavia, doveva assolutamente marcare stretto un mastino come Vinokourov. Quest’ultimo, per di più, aveva già dato prova nel finale (evitando di cadere addosso a Cancellara e rientrando sui primi con facilità) di essere in grande condizione e si sa che, in queste circostanze, risulta spesso letale. Peccato, una medaglia per Luca sarebbe stata la giusta ricompensa alla carriera. Voto: 6
Svizzera: con Albasini e Rast hanno fatto corsa dura fin dalle prime battute per cercare di mettere in difficoltà la Gran Bretagna. Purtroppo, un Cancellara in grandissima condizione è caduto nel finale mentre stava affrontando una curva (strano a dirsi per un ciclista abile come lo svizzero nella guida del mezzo), negando una quasi certa medaglia d’oro alla formazione elvetica. Voto: 6
Russia: Menchov, dopo un Tour de France disastroso, si è reso protagonista della fuga del mattino mentre Kolobnev, che dà sempre buona prova di sé quando veste la maglia della nazionale, è risultato tra i più attivi nel finale di gara. Forse quest’ultimo non ha ancora smaltito la lunga assenza dalle competizioni, ma sarà sicuramente competitivo per il Mondiale. Voto: 6,5
Australia: l’esperto O’Grady ha salvato, con il suo sesto posto, l’intera spedizione dei “Canguri” che altrimenti sarebbe risultata del tutto anonima. Voto: 7
Spagna: dopo aver dato fuoco alle polveri nel finale ed aver fatto saltare il banco, rimasti in superiorità numerica durante le fasi conclusive, non si sono presi la briga di ricucire lo strappo creato da Uran e Vinokourov. Questa volta la tattica attendista che da sempre contraddistingue la formazione iberica non ha pagato e L’Embatido è stato battuto. Voto: 5
Francesco Gandolfi
gandolfi.francesco@libero.it
EPIC WIN-GINS
Con il fardello delle attese di un intero paese sulle spalle, il vincitore dell’ultimo Tour de France non delude e conquista l’oro nella cronometro maschile, battendo di 42’’ Tony Martin e di 1’08’’ Chris Froome. Grande delusione per Fabian Cancellara, soltanto settimo, battuto anche da un eccellente Marco Pinotti (quinto alla fine). Wiggins diventa lo sportivo più decorato ai Giochi Olimpici nella storia della Gran Bretagna.
Foto copertina: Bradley Wiggins bacia la medaglia d’oro appena conquistata (foto standard.co.uk)
Come l’Italia sta apprendendo a sue spese in altre discipline, e come la stessa Gran Bretagna aveva potuto sperimentare sabato scorso, nel giorno dello scontato oro di Cavendish tramutatosi in un misero 29° posto, non è sempre facile gareggiare con il peso dei favori del pronostico; meno che mai lo è se a questo si aggiunge il fardello delle aspettative di un paese ospitante che ha dovuto pazientare fino ad oggi – quinto giorno di gare – per cancellare lo zero dalla casella delle medaglie d’oro (grazie a Helen Glover e Heather Stanning, canottaggio). Bradley Wiggins, già forte di tre ori e sei medaglie conquistate tra Atene e Pechino, non è però tipo da crollare sotto pressioni del genere, come già attestava il Tour de France vinto da favorito, sobbarcandosi per due settimane l’onere di gestire la corsa in mezzo ad insinuazioni e sospetti.
A Wiggo è bastato il primo giro, concluso con 5’’ di ritardo da Tony Martin, per carburare, prendendo saldamente la testa della graduatoria già al secondo passaggio (11’’ di margine sul tedesco, 16’’ guadagnati in 11 km). Quello che poteva diventare un duello si è ben presto trasformato in un monologo del padrone di casa, che già al terzo rilevamento (km 29), metteva fra sé e l’avversario altri 11’’. Lontanissimi tutti gli altri, con Froome ad una quarantina di secondi che prometteva rimpinguare il bottino britannico, e Cancellara che, dopo un avvio promettente, scivolava già oltre il minuto di passivo.
Confortati dagli aggiornamenti, altri londinesi si sono riversati in strada nel corso tratto conclusivo di gara, trasformando le ultime pedalate del basettone nativo di Gand ma adottivo della capitale in una passerella trionfale. Wiggins ha saputo esaltarsi sulla spinta del pubblico, arrivando addirittura a raddoppiare il già rassicurante margine nei confronti di Martin nei 15 km finali, scrivendo così l’ennesimo splendido capitolo di una stagione che ora è a tutti gli effetti lecito definire d’oro. Non solo, ma l’oro odierno ha permesso al trionfatore dell’ultima Grande Boucle di scavalcare una leggenda come Sir Steve Redgrave quale sportivo britannico più titolato nella storia dei Giochi.
A completare il trionfo britannico, oggi come una settimana e mezzo fa, ha provveduto Froome, relegato anche qui al ruolo di scudiero di Wiggo, ma senz’altro soddisfatto di un bronzo che va forse oltre le attese. Determinante, in questo senso, la débacle di un commovente Fabian Cancellara, la cui prestazione più che sottotono in rapporto agli standard acquista tutt’altro valore alla luce delle condizioni proibitive nelle quali il fuoriclasse elvetico ha gareggiato, tormentato dai postumi della caduta che già lo aveva estromesso dalla lotta per le medaglie nella prova in linea. Troppo orgoglioso per rinunciare a difendere l’oro di quattro anni fa, lo svizzero non è potuto andare oltre un modesto settimo posto, battuto, oltre che dai due beniamini di casa e da Martin, stretto nel sandwich degli uomini Sky, anche da Phinney, quarto, Rogers, sesto, e da un grandissimo Marco Pinotti, quinto alla fine.
La prestazione dell’ingegnere gestionale di Osio Sotto rappresenta quanto di meglio abbia offerto il ciclismo italiano in quel di Londra, sperando che Elia Viviani possa – su pista – costringerci a rivedere questa affermazione: eguagliato il 5° posto di Giorgia Bronzini, accolto però come una delusione in virtù dei propositi di medaglia. Il bergamasco si è reso autore di una prova regolare, sempre spalla a spalla con Phinney (finito davanti) e Rogers (dietro), con il bonus finale dell’insperato sorpasso a Cancellara.
Va così in archivio l’Olimpiade 2012 per quanto riguarda il ciclismo su strada: da domani, spazio alla pista. Senz’altro negativo sin qui il bilancio italiano, benché fosse abbastanza pronosticabile un passo indietro rispetto a Pechino (argento di Rebellin, cui si aggiunse il bronzo al femminile di Tatiana Guderzo). L’auspicio è che la controtendenza si confermi anche nel velodromo olimpico, in cui chiudemmo a mani vuote in terra cinese. Per far almeno meglio dei colleghi della strada, invece, basterà sfortunatamente poco.
Matteo Novarini