24-04-2012
aprile 25, 2012 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
TOUR DE ROMANDIE
Il britannico Geraint Thomas (Sky Procycling) si è imposto nel prologo, circuito di Losanna, percorrendo 3,3 Km in 3′29″, alla media di 57,531 Km/h. Ha preceduto di 5″ l’italiano Giacomo Nizzolo (Radioshack-Nissan) e di 6″ il britannico Cavendish.
PRESIDENTIAL CYCLING TOUR OF TURKEY
Il bulgaro Ivaïlo Gabrovski (Konya Torku Seker Spor) si è imposto nella terza tappa, Antalya – Elmali (Passo Göğübeli), percorrendo 152 Km in 4h21′09″, alla media di 34,922 Km/h. Ha preceduto di 1′29″ il kazako Dyachenko e di 1′32″ il bulgaro Andonov Petrov. Miglior italiano Enrico Battaglin (Colnago – CSF Inox), 8° a 2′38″. Gabrovski è il nuovo leader della classifica, con 1′33″ su Dyachenko e 1′38″ su Andonov Petrov. Miglior italiano Battaglin, 8° a 2′48″.
TOUR DE KOREA
Il sudcoreano Chan Jae Jang (Terengganu Cycling Team) si è imposto nella terza tappa, Gwangju – Yeosu, percorrendo 135,6 Km in 3h23′52″, alla media di 39,908 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo statunitense Hanson e l’argentino Maximiliano Richeze. Unico italiano in gara Daniele Callegarin (Team Type 1 – Sanofi), 117° a 12′59″. Jang è il nuovo leader della classifica, con 5″ sullo statunitense Candelario e 9″ sull’irlandese McCann. Callegarin 109° a 14′04″.
LA TROPICALE AMISSA BONGO (Gabon)
Il francese Yohann Gène (Team Europcar) si è imposto nella prima tappa, Fougamou – Lambaréné, percorrendo 92 Km in 2h04′32″, alla media di 44,325 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’algerino Madani e il tedesco Schnaidt. La prima classifica generale vede in testa Gène con 3″ sul marocchino Jelloul e 4″ su Madani.
THOMAS SULLE ORME DI WIGGINS
Il pluricampione olimpico e grande favorito di giornata come già alla Parigi-Nizza è frenato dalla pioggia ma ci pensa il 25enne gallese a tenere alto il nome del Team Sky aggiudicandosi il prologo di Ginevra davanti a un bravissimo Nizzolo e al ritrovato Cavendish. Grande prova anche per Boaro 9° e migliore tra chi ha gareggiato con la strada bagnata
Foto copertina: Thomas sul podio del cronoprologo (foto AFP)
Si è aperta con un prologo di 3,4 km in quel di Ginevra, dove si è tornati a gareggiare, la 66a edizione del Giro di Romandia, corsa che tradizionalmente costituisce un passaggio fondamentale verso il Giro d’Italia per quei corridori che si presenteranno al via a Herning il prossimo 5 maggio e la chiusura della prima parte di stagione per chi invece non prenderà parte alla corsa rosa e avrà come obiettivo il Tour de France. In virtù di un percorso nervoso ma senza montagne insormontabili e della sia pure impegnativa crono di Crans Montana che concluderà la corsa gli uomini da battere saranno gli atleti molto forti nelle prove contro il tempo e capaci di difendersi in salita a partire dal campione uscente Evans (Bmc), sempre che abbia pienamente recuperato dopo i problemi fisici che l’hanno costretto a saltare Freccia e Liegi, e da Wiggins (Sky), già vincitore in stagione della Parigi-Nizza che potrà contare su una grandissima squadra al fianco con Porte, Rogers e Froome. Accanto a loro sono attesi nelle prime posizioni della generale Menchov e Spilak (Katusha), Kreuziger (Astana), Kloeden e Fuglsang (RadioShack), Luis Leon Sanchez e Mollema (Rabobank), Cobo (Movistar), Daniel Martin ed Hesjedal (Garmin), Peraud e Gadret (Ag2r) e Szmyd (Liquigas) mentre va fatto un discorso a parte su Ivan Basso, che dopo i buoni segnali avuti sul Pordoi al Giro del Trentino utilizzerà questo Tour de Romandie come test per decidere se prendere parte o meno al Giro d’Italia: per quanto riguarda le volate, anche se i percorsi sembrano lasciare pochi spiragli agli sprinter, l’uomo faro sarà Cavendish (Sky) che dovrà vedersela con Davis (GreenEdge), Matthews (Rabobank), Hondo (Lampre) e i nostri Belletti (Ag2r), Sabatini (Liquigas) e Nizzolo (RadioShack).
Proprio il 23enne brianzolo ha fatto valere la sua potenza su un tracciato breve come quello di Ginevra e si è rivelato la grande sorpresa di giornata facendo segnare il miglior tempo provvisorio: subito dopo l’azzurro è giunto al traguardo Thomas (Sky), grande protagonista ai recenti Mondiali su pista in cui ha conquistato una medaglia d’oro e una d’argento, che ha fatto meglio per 4” nessun altro è più riuscito a inserirsi nelle prime posizioni anche perchè la pioggia ha iniziato a cadere pregiudicando la prestazione degli ultimi 30-40 atleti al via tra cui quasi tutti i big, primo fra tutti Wiggins che ha chiuso 11° con un distacco di 9” battuto però sia pure pur pochi centesimi da un bravissimo Boaro (Saxo Bank) che ha chiuso il 9° posto ed è stato il migliore tra gli ultimi a partire. Arriva dunque il primo successo in stagione per Thomas che così come Wiggins è nato come pistard ma anno dopo anno è cresciuto anche in salita e chissà che non possa ottenere un buon piazzamento nella generale anche al prossimo Giro d’Italia; a 4” ha chiuso Nizzolo, a 6” un Cavendish finalmente brillante dopo una prima parte di stagione deludente, Rogers e Vandewalle (Omega-QuickStep) e a 8” Vermote (Omega-QuickStep) e Mollema (Rabobank), che ha confermato i grandi progressi a cronometro evidenziati già al Giro dei Paesi Baschi: l’olandese è stato il migliore tra gli uomini di classifica con Froome che ha chiuso a 13”, Luis Leon Sanchez a 14”, Kloeden a 17”, Hesjedal e Kreuziger a 18”, Fuglsang a 19” ed Evans e Szmyd a 20” mentre Basso comprensibilmente non ha preso rischi sull’asfalto bagnato chiudendo con un distacco di 25”. La prima tappa in linea, 184,5 km da Morges a La Chaux-de-Fonds, si presta ai colpi di mano con l’abbastanza impegnativo Haut de la Cote a 25 km dal traguardo e il più breve strappo di La Communal de la Sagne quando ne mancano 11, forse pochi per consentire il ritorno dei velocisti.
Marco Salonna
LA VITTORIA DELLA VITA PER IL BULGARO GABROVSKI
Il corridore 34enne della Konyatorku sorprende tutti nei difficilissimi 10 km finali della salita di Elmali e va a vincere in solitaria la terza tappa del Giro di Turchia, superando di 1’29” il kazako Dyachenko (Astana) e il connazionale Andonov (Caja Rural). Migliore degli italiani è Enrico Battaglin, arrivato 8°. Per Gabrovski è un successo importantissimo, che lo porta a vestire la maglia turchese di leader, e ora ha 1’33” di vantaggio su Dyachenko e 1’38” su Andonov, mettendo una seria ipoteca sulla vittoria finale.
Andrea Giorgini
www.bikeshowtv.com

Gabrovski taglia solitario la cima del passo Göğübeli (www.tourofturkey.org)
IL FANTASMA DI VINOKOUROV NEL CUORE DELLE ARDENNE
aprile 24, 2012 by Redazione
Filed under 7) LIEGI - BASTOGNE - LIEGI, Approfondimenti
La Decana delle Classiche, giunta alla sua 98ª edizione, premia la sagacia tattica degli atleti Astana che concludono, grazie al trionfo di Iglinsky e al terzo posto di Gasparotto, una settimana fantastica iniziata con il successo all’Amstel Gold Race, di domenica scorsa, dello stesso atleta italiano. Punita, invece, l’esuberanza di Vincenzo Nibali che, dopo una splendida azione, si “pianta” letteralmente nel finale di gara. Prove del tutto deludenti hanno offerto i fratelli Schleck e Philippe Gilbert.
Foto copertina: Iglinskiy bacia il trofeo spettante al vincitore nella “Doyenne” (foto Bettini)
Maxim Iglinsky: il tenace atleta dell’Astana, che avevamo imparato ad apprezzare per le sue qualità di “solido” ciclista da pavé, oggi si è confermato come uno degli elementi migliori usciti dalla grande scuola del ciclismo kazako la quale ha, ovviamente, in Alexandre Vinokourov il proprio punto di riferimento. Anche se quest’ultimo (impegnato al Giro di Turchia per affinare la gamba in vista dell’imminente Giro d’Italia) non ha potuto essere al via di quella che può essere considerata a pieno titolo la “sua” corsa (ha trionfato nel 2005 e nel 2010), deve aver dato ottimi consigli ai ragazzi del team, almeno a giudicare da come hanno interpretato questa settimana di Grandi Classiche. In particolare Iglinsky, che si era già dimostrato in ottime condizioni di forma sia all’Amstel che alla Freccia, è stato impeccabile: ha saputo sfruttare alla perfezione la superiorità numerica creatasi nel finale di gara ed è stato bravissimo nel gestire le energie, ben consapevole che alla Liegi gli sforzi inutili o gli eccessi si pagano sempre. Freddezza e lucidità in corsa sono sempre state le principali caratteristiche di Vinokourov e lo stesso modo di pensare e di agire del “Capo” lo hanno ereditato i suoi corridori. Voto: 10
Vincenzo Nibali: al Giro di Lombardia della passata stagione aveva entusiasmato tutti grazie all’azione solitaria iniziata sul Ghisallo, dove era riuscito a fiaccare le resistenze di Gilbert con una progressione memorabile. All’euforia era poi seguita la delusione, nel momento in cui la fuga del siciliano era stata annullata. Oggi si è riproposta una scena analoga sulla salita “dei Falconi” quando l’atleta Liquigas, dopo due rasoiate assestate per bene, è riuscito a sbarazzarsi della compagnia dello stesso Gilbert e di Vanendert e sembrava destinato a conquistare la Doyenne. Peccato che si sia riproposto anche il medesimo epilogo del Lombardia, con Iglinsky, capace di riprendere e staccare di netto il siciliano ormai esausto. La sensazione è che l’atleta non sappia ben gestirsi, a differenza di chi l’ha battuto quest’oggi, nei finali di gara (probabilmente la “cotta” è stata causata da scarsa alimentazione) e in particolare quando si trova in fuga solitaria. È essenziale, per un atleta dalle sue caratteristiche, porre subito rimedio a questo deficit tattico se vorrà un giorno vincere una Grande Classica, dato che, non essendo veloce, si troverà sempre costretto a provare ad anticipare i suoi avversari con azioni da lontano. Bisogna solo augurarsi che ora i tecnici della squadra lo selezionino per il Tour de France e non per il Giro d’Italia, dal momento che difficilmente potrebbe mantenere questo stato di forma fino al termine della corsa rosa. Voto: 8
Enrico Gasparotto: dopo il successo all’Amstel arriva anche questo inaspettato terzo posto alla Liegi. Molto bravo nello svolgere il ruolo di stopper per favorire il compagno di squadra Iglinsky, ormai in fuga da qualche chilometro, è stato capace di compiere una bellissima progressione al termine della Cote di Ans. Se vederlo tra i primi sui muri che caratterizzano la classica olandese non è stata una novità, trovarlo battagliare per vincere questa corsa monumento è stata l’ennesima, piacevolissima sorpresa che ci ha riservato il ciclista veneto questa settimana. Al termine di questa campagna del Nord ci troviamo, cioè, di fronte ad un atleta maturo, sicuro dei propri mezzi, in grado di resistere anche sui percorsi più esigenti e su cui potremo contare nei prossimi anni. Voto: 8
Thomas Voeckler: davvero encomiabile la grinta dell’alsaziano che, in evidente ottimo stato di forma,viene messo fuori gioco a causa di un problema meccanico che lo obbliga a profondersi in uno sforzo inutile per poter rientrare nel gruppo principale. Nonostante questo, da suo solito, non s’è perso d’animo, ed è andato a cogliere il suo più bel risultato (quarto all’arrivo) in una delle classiche più importanti del calendario internazionale. C’è da credere che, se non avesse avuto quell’incidente, sarebbe stato il primo a scattare lungo il falsopiano che segue la Roche aux Faucons, il quale sembra disegnato apposta per le sue caratteristiche tecniche. Voto: 7
Daniel Martin: è sicuramente un gran fondista, sul Saint Nicolas si dimostra uno dei più freschi e si rende protagonista di una importante progressione proprio sulla “salita degli italiani”. La vittoria nella Tre Valli Varesine di qualche anno fa non è stato, evidentemente, un caso. Data la giovane età potrà sicuramente, in un futuro ormai non lontano, ottenere la vittoria nella corsa. Voto: 6
Michele Scarponi: al di là dell’ottavo posto finale raggiunto, quello che è importante evidenziare è la condizione in vista del prossimo Giro d’Italia, obiettivo numero uno dello scalatore marchigiano. I segnali dati sono incoraggianti e, anche se sulle ultime salite, la pedalata è un po’ legnosa, il tempo per migliorare c’è. Questo piazzamento rappresenta un’ottima base su cui lavorare. Voto: 6
Samuel Sanchez: quest’anno doveva assolutamente far sua la corsa, o almeno essere lì a giocarsela con i migliori, dato che ormai le primavere del corridore spagnolo sono 34 e le possibilità di vincere la Liegi nei prossimi anni sono davvero ridottissime. Come possibile attenuante della mediocre prova dell’olimpionico bisogna segnalare l’inconveniente meccanico occorsogli a circa 50 km dal traguardo, ma è davvero deludente vedere un ciclista del suo calibro concludere la gara con un misero settimo posto, al termine di una corsa a dir poco opaca. Voto: 5,5
Damiano Cunego: com’era ampiamente prevedibile, purtroppo, il Giro del Trentino, invece di servire come preparazione in vista della Liegi, lo ha debilitato. Le pendenze estreme di Punta Veleno e il freddo proibitivo del Passo Pordoi gli hanno tolto brillantezza, lo hanno privato di quella scioltezza e ritmo di pedalata necessari a vincere una gara impegnativa come la Decana. Bisogna chiedersi chi sia il responsabile della preparazione del veronese, dato che sarebbe stato molto più opportuno, e chiunque lo avrebbe capito, fargli correre la Freccia Vallone. Forse anche la pressione psicologica del pre-gara può avere contribuito alla cattiva prestazione del ciclista, dal momento che spesso ha dimostrato una certa fragilità sotto questo profilo. Voto: 4,5
Joaquim Rodriguez: quando le gare non si concludono su vere e proprie “rampe da garage” ma presentano caratteristiche tali da premiare i corridori più fondisti e completi del plotone, il ciclista spagnolo dimostra di soffrire. Sempre più specialista dei “muri” e sempre meno ciclista versatile, conclude lontano dai primi una gara in cui alla vigilia era dato tra i favoriti. Voto: 4
Frank Schleck: capitano designato della squadra per questa Liegi, nonostante anche il fratello Andy (a disposizione di Frank quest’oggi, voto: 6) lo dia in grande spolvero, non riesce minimamente a reggere il ritmo dei più forti nelle fasi calde della corsa. Delusione totale. Voto: 4
Jelle Vanendert: dopo aver messo alla frusta la sua squadra (Lotto, voto: 9), viene letteralmente sfiancato dalle sfuriate di Nibali sulla “salita dei Falconi”. Non va oltre il 10º posto. Voto: 5
Philippe Gilbert: corre davanti tutta la gara ma quello che ci troviamo di fronte appare davvero il Gilbert “vecchia maniera”, il ciclista che conoscevamo prima del biennio 2010-2011, tant’è vero che dopo aver provato invano a seguire Nibali nella sua azione, conclude ben lontano dai primi. Interrompe il trend positivo che sembrava vederlo in netta crescita nelle ultime gare. Voto: 4
Alejandro Valverde: come Samuel Sanchez e Voeckler, anche lo spagnolo ha avuto un incidente meccanico ma, a differenza di questi ultimi, non è stato in grado di rientrare nel gruppo dei migliori, a testimonianza del fatto che la condizione non gli avrebbe comunque permesso, al di là dell’inconveniente, di giocarsi la sua terza Liegi. Voto: 3
Francesco Gandolfi
23-04-2012
aprile 24, 2012 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
PRESIDENTIAL CYCLING TOUR OF TURKEY
Il tedesco André Greipel (Lotto Belisol Team) si è imposto nella seconda tappa, Alanya – Antalya, percorrendo 153 Km in 3h16′04″, alla media di 46,820 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’australiano Matthew Harley Goss (Greenedge Cycling Team) e l’italiano Matteo Pelucchi (Team Europcar). Goss è il nuovo leader della classifica, con 2″ su Greipel e 8″ su Pelucchi.
TOUR DE KOREA
Lo statunitense Alexander Candelario (Team Optum presented by Kelly Benefit Strategies) si è imposto nella seconda tappa, Buyeo – Gwangju, percorrendo 197,7 Km in 4h41′55″, alla media di 42,076 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’irlandese McCann e il sudcoreano Jang. Unico italiano in gara Daniele Callegarin (Team Type 1 – Sanofi), 75° a 30″. Candelario è il nuovo leader della classifica, con 4″ su McCann e 5″ su Jang. Callegarin 74° a 40″.
GREIPEL DOMINA LO SPRINT DI ANTALYA, GOSS NUOVO LEADER
Il tedesco della Lotto – Belisol torna alla vittoria conquistando la seconda tappa del Giro di Turchia (Alanya – Antalya, 153 km) battendo con uno sprint imperioso l’australiano Matthew Goss (Greenedge) e il bravissimo italiano della Europcar Matteo Pelucchi, alla migliore prestazione della stagione contro velocisti di livello mondiale. Una top ten ricchissima di atleti italiani, grazie ai piazzamenti di Francesco Chicchi, Jacopo Guarnieri, Filippo Baggio e Andrea Guardini, rispettivamente sesto, settimo, ottavo e decimo. Matthew Goss conquista anche la maglia turchese di leader della classifica generale grazie ai 6” di abbuono del 2° posto di oggi, levando la prima posizione a Theo Bos, vincitore ieri nella prima tappa. La tappa di oggi è stata caratterizzata dalla fuga di 5 corridori tra cui il kazako Alexandre Vinokourov, la quale è stata raggiunta a meno di 10 km dall’arrivo. E domani c’è l’inedito arrivo in salita a Elmali.
Andrea Giorgini
www.bikeshowtv.com

Seconda volata al Turchia, stavolta è Greipel il più veloce (foto Bettini)
LA RIOJA: SHALUNOV INTERROMPE IL DOMINIO SPAGOLO
Un giovane russo vince a sorpresa una corsa che nelle sue cinquantuno edizioni aveva visto solo tre vincitori stranieri, si tratta del russo Shalunov, stagista lo scorso anno con la RadioShack, che dopo una lunga fuga si è involato in solitaria quando mancavano venticinque chilometri. Secondo Urtasun, terzo Antonov.
Su 51 edizioni 47 sono andate ad atleti spagnoli ed era dal 2004, anno in cui Karpets vinse la corsa allora a tappe, che uno straniero non conquistava la gara di La Rioja. E’ prima di tutto per questo che l’odierna vittoria di Shalunov può essere catalogata tra le sorprese. Se andiamo poi a vedere la carta d’identità di questo ragazzo nato nel ‘92 in Russia, professionista da quest’anno e con la sola esperienza di stagista la scorsa stagione con la RadioShack, possiamo annoverarla direttamente tra le grandi sorprese al fianco dell’odierna vittoria della Liegi da parte di un Iglinski sul quale pochi, se non nessuno, avrebbe scommesso un euro.
Colpita da crisi economica e, forse, anche dalla concomitanza della ben più celebre corsa belga, la gara ha visto una starting list composta da sole undici squadre con le due World Tour Movistar ed Euskaltel e diverse continental, i nomi più conosciuti e attesi quasi interamente raggruppati nelle prime due con Cobo, Karpets, Urtasun e Txurruca su tutti.
Nessuno di questi è però riuscito a giocarsi il primo posto perchè, aggiungendo sorpresa a sorpresa, è ad una ventina di chilometri dal termine che, dopo una lunga fuga, il giovane Shalunov ha piazzato l’attacco decisivo lasciando la compagnia di Ryabkin e involandosi in solitaria verso il traguardo. Amministrando il vantaggio in maniera impeccabile, il neoprofessionista della Lukosphinx, ha chiuso con un margine di trenta secondi sui primi tre inseguitori rispettivamente Urtanus, Antonov e Baez. Il gruppo ha chiuso invece a quasi un minuto, regolato da Galdos che ha così conquistato la quinta piazza.
Andrea Mastrangelo
22-04-2012
aprile 23, 2012 by Redazione
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LIEGI – BASTOGNE – LIEGI
Il kazako Maxim Iglinsky (Astana Pro Team) si è imposto nella classica belga, Liegi – Ans, percorrendo 257,5 Km in 6h43′52″, alla media di 38,255 Km/h. Ha preceduto di 21″ e 36″ gli italiani Vincenzo Nibali (Liquigas-Cannondale) ed Enrico Gasparotto (Astana Pro Team).
PRESIDENTIAL CYCLING TOUR OF TURKEY
L’olandese Theo Bos (Rabobank Cycling Team) si è imposto nella prima tappa, circuito di Alanya, percorrendo 135 Km in 3h05′55″, alla media di 43,567 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’australiano Matthew Harley Goss (Greenedge Cycling Team) e l’italiano Daniele Colli (Team Type 1 – Sanofi), distanziati di 4″ e 6″ nella prima classifica generale.
VUELTA CICLISTA A LA RIOJA
Il russo Evgeniy Shalunov (Lokosphinx) si è imposto nella corsa spagnola, circuito di Logroño, percorrendo 190,9 Km in 4h48′41″, alla media di 39,676 Km/h. Ha preceduto di 28″ lo spagnolo Urtasun Pérez e il russo Antonov.
TOUR DE KOREA
L’argentino Mauro Abel Richeze (Team Nippo) si è imposto nella prima tappa, Incheon – Seoul, percorrendo 52 Km in 1h11′20″, alla media di 43,738 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo statunitense Huff e il sudcoreano Park. Unico italiano in gara Daniele Callegarin (Team Type 1 – Sanofi), 69°. Richeze è il primo leader della classifica, con 4″ su Huff e 6″ su Park. Callegarin 68° a 10″.
INTERNATIONAL RONDE VAN NOORD-HOLLAND
Il lituano Gediminas Bagdonas (An Post – Sean Kelly) si è imposto nella corsa olandese, circuito di Zaandam, percorrendo 204,9 Km in 4h56′, alla media di 41,533 Km/h. Ha preceduto di 39″ l’olandese Vermeulen e l’irlandese Bennett.
GRAND PRIX OF ADYGEYA (Russia)
Il russo Victor Manakov (RusVelo) si è imposto nella quinta ed ultima tappa, circuito di Gaverdovskiy, percorrendo 108,6 Km in 2h30′10″, alla media di 43,391 Km/h. Ha preceduto allo sprint i connazionali Mironov e Nikolaev. In classifica si impone il russo Ilnur Zakarin (Itera – Katusha) con 25″ e 2′06″ sui connazionali Firsanov e Budaragin.
BANJA LUKA – BELGRADE II
Lo sloveno Matej Mugerli (Adria Mobil) si è imposto nella corsa serbo-bosniaca, Bijelija – Belgrado (196 Km). Ha preceduto il connazionale Kump e l’austriaco Zoidl.
MEMORIAL ANGELO FUMAGALLI (dilettanti)
L’italiano Davide Villella (Team Colpack) si è imposto nella corsa italiana, circuito di Castello di Brianza, percorrendo 144 Km in 3h27′, alla media di 41,739 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli italiani Enrico Barbin (Trevigiani Dynamon Bottoli) e Andrea Fedi (Team Hopplà Wega Truck Italia Valdarno).
VAL D’ILLE U CLASSIC 35 – SOUVENIR JULIEN DITLECADET
Il francese Eric Berthou (Bretagne – Schuller) si è imposto nella corsa francese, circuito di La Mézière, percorrendo 190,5 Km in 4h30′45″, alla media di 42,216 Km/h. Ha preceduto di 6″ il connazionale Le Montagner e il belga Verraes.
GRAZIE VINCENZO. A IGLINSKY UNA LIEGI (QUASI) GRIGIA
aprile 22, 2012 by Redazione
Filed under 7) LIEGI - BASTOGNE - LIEGI, News
Il kazako Iglinsky vince meritatamente un’edizione sottotono della Liegi, ravvivata quasi esclusivamente dalla strepitosa azione solitaria di Vincenzo Nibali, che attacca sulla Roche aux Faucons e resiste fino alla flamme rouge, concludendo comunque secondo.
Foto copertina: Nibali taglia il traguardo di Ans (foto Bettini)
Una Liegi grigia, uggiosa, trafitta qui e là da qualche raggio di sole. L’obiettivo della telecamera spesso si appanna, metafora di una situazione confusa, della nebbia di una battaglia che diventa mischia disordinata, così come trasmette la stessa deprimente sensazione la disastrosa informazione sui distacchi fornita dall’organizzazione di corsa. Nella foschia vaporosa di un gruppo polverizzato in mezzi favoriti e stelle cadute, privo di fari, si accende di improvviso la fiamma di Vincenzo Nibali, che realizza un’azione limpida, pura, lineare, e che verrà abbattuto solo dalla scheggia impazzita Iglinsky, fornito di una gran gamba, ma sparato verso la vittoria da una situazione tattica addirittura folle.
Andiamo con ordine: prima del via già assistiamo a un fatto sconcertante, la caduta di Igor Antón con tanto di frattura della clavicola. Colui che, prima della partecipazione decisa all’ultima ora di Samuel Sanchez, era il capitano della Euskaltel, finisce la sua gara prima di cominciarla. Parte una fuga a tre, nella quale va segnalata presenza dell’italiano Cataldo, unico che poi resisterà strenuamente quasi fino alle fasi calde della Rocca dei falchi: fuga pressoché irrilevante, se non per il fatto che servirà da testa di ponte per il rientro di due uomini importanti, un Rolland in bello spolvero che gioca d’anticipo per supportare il capitano Voeckler, e l’inossidabile Kyrienka, potenziale pedina per Valverde ma forse – vista l’abitudine alle lunghe gittate – già alternativa precauzionale. Dopo la Redoute resisteranno solo questi ultimi due “nuovi arrivati”, più Cataldo, al gancio ma cocciutamente presente.
Sulla Redoute, come ormai da anni è consuetudine (ma grazie al nuovo tracciato il problema è tutt’altro che drammatico), accade poco. Quel poco che accade è un nuovo rovescio della sorte, con Valverde appiedato da un problema meccanico proprio all’imbocco della salita, costretto a prendere la bici da un compagno e tentare un inseguimento semidisperato. In precedenza un rientro faticoso ma coronato da successo (pagato forse in tossine nelle gambe) era toccato a Samuel Sanchez. Anche Voeckler accusa qualche problema, ma lui sì potrà riportarsi sui migliori. Davanti Gilbert corra da leader, impiegando i due “Van” – Van Avermaet e Van Garderen – per scandire un ritmo assai sostenuto che impedisce sortite di seconde linee. A parte i problemi meccanici di cui abbiamo detto, a farne le spese sono più di tutto gli Schleck, con Andy che affonda miseramente e Frank che a stento sopravviverà, ma solo fino ai primi metri della salita successiva. Non ci sarà gara per loro e la Radioshack, che aveva molto lavorato, resta con il solo Monfort come capitano. Ben in vista invece, dietro Gilbert, Vanendert, Joaquim Rodriguez, Cunego, parecchie maglie Astana. Non tutte le impressioni della Redoute, tuttavia, troveranno riscontri.
Da qui l’andatura resta comunque sostenutissima, e in un baleno arriviamo alla Roche, vero snodo della gara. Si parte con un’accelerazione di Santambrogio che già screma il gruppo dagli uomini veloci ancora presenti, come Freire o Rojas, ma anche da Gesink (sempre più in crisi dopo i problemi personali degli anni scorsi), Visconti (se ancora qualcuno intravede per lui opzioni a questo livello), Chris Sorensen e Kroon (notte fonda in termini di punti UCI per Riis), Gerrans (effetto Australia, come già per Goss: ottimi atleti, senz’altro, ma i cui picchi godono di una stagione “con fuso orario” in termini di forma anticipata) e molti altri.
La vera selezione, però, la fa Vincenzo Nibali, con una prima frustata alla quale replicano assai faticosamente Gilbert, Vanendert e, più dietro, Mollema. Si è trattato solo di un “assaggio”, ma ha già procurato l’indigestione a molti: Cunego si dissolve, Joaquim Rodriguez arranca, Samuel Sanchez resta attardato, Scarponi occhieggia nelle retrovie. Come vedremo, però, non necessariamente la scelta di non replicare immediatamente si rivelerà erronea. A fine gara, scopriremo che della top five di giornata, il solo… Nibali (!) era in prima fila in questi momenti. Gli altri pagano caro. Gilbert si rassegnerà alla propria forma latitante con un finale mesto, Vanendert, nonostante l’ottima condizione, stenterà a finire nei dieci, Mollema, pure parso brillante, è quello che se la caverà meglio, con un opaco sesto posto. In questo senso la prestazione di Nibali acquisisce ancor più lustro, rimarcando una differenza qualitativa sostanziale rispetto al resto del parco partecipanti, anche perché, come abbiamo detto, quest’anno il livello degli iscritti era per vari versi appannato (senza con ciò togliere nulla a chi oggi ha spiccato).
Vincenzo contempla gli esiti del suo operato, e si lancia in un’altra micidiale progressione che sbriciola ulteriormente la compagine dei migliori. La scossa decisiva arriva tuttavia nel punto migliore, il falsopiano fatale con cui corona lo strappo. Qui le sagome degli avversari scompaiono disperatamente e miseramente nel punto di fuga dell’inquadratura, e il corridore siciliano comincia un’esaltante cavalcata solitaria. Posizione in sella splendida, pedalata rotonda ma non frenetica e assai efficace. Il distacco comincia a salire.
Dietro si agglomera un gruppetto di quasi venti corridori, a testimonianza di un livello invero appiattito. Un gruppetto che, a dispetto della logica e della tattica, si comporterà come una macchia di mercurio, disfandosi e ricomponendosi in sottogruppi, attacchi e contrattacchi, improvvisate e sonore dormite. A dirla tutta, se la situazione non fosse stata così scomposta, le speranze di Nibali sarebbero state poche. A meno di strampalate congiunture astrali come quella che permise la vittoria ad Andy Schleck (la media che il gruppo inseguitore tenne nel tratto di discese e falsipiani favorevoli fu di 39km/h circa: dei discreti cicloamatori avrebbero fatto meglio), con alle proprie spalle un assieme relativamente numeroso e, quel che più conta, molto strutturato in squadre chiave, la fuga è impresa impervia. Essendo presenti numerosi gregari, specie se “indubbiamente” gregari, ci si accorda, e sacrificando un uomo per squadra si fa velocità. Diverso sarebbe se nel gruppetto restassero solo capitani, ad esempio, perché nessuno vorrà rischiare di lavorare per la vittoria altrui…
Ma qui Rodriguez disponeva di Dani Moreno, Vanendert di Van den Broeck (capitano altrove, ma di sicuro non qui, non in questa situazione di corsa), Voeckler aveva Rolland (probabilmente più forte, ma già spremuto in fuga, e dunque ormai sacrificabile senza rimpianti), Martin aveva Hesjedal (un altro gregario “di lusso”, ma indubitabilmente subordinato a un corridore più scattista come Martin).
Caso a parte quello della Astana, in superiorità schiacciante con Gasparotto, Iglinsky e Kiserlovski. Qui sì che paradossalmente la superiorità numerica rendeva vantaggioso promuovere l’anarchia, perché altrimenti le altre squadre avrebbero potuto imporre proprio all’Astana uno sforzo maggiore, fino al momento in cui si fosse ristabilita la parità. Per gli altri, però, la convenienza era solo per un’azione congiunta ad alto ritmo, che portasse i capitani a giocarsela alla pari sulle rampe conclusive: a maggior ragione perché lo sparpaglio avrebbe favorito, come di fatto è accaduto, il team kazako.
Tutto il contrario. Probabilmente si assommano vari fattori: il timore per lo spauracchio Gilbert e per la rapidità di Gasparotto, da cui una diffusa volontà di isolarli, risultato attuabile solo disgregando il gruppo a suon di scatti; in più, una fiducia forse non proprio alle stelle verso gli apparentemente ovvi “capitani” al momento di dover bruciare i “gregari di lusso”; aggiungiamoci pure, anche se è difficile esserne certi, l’effetto delle sempre più incontrollabili regole UCI sui punteggi, che portano molti a correre per il piazzamento e non per la vittoria. L’esito è il caos più assoluto, con un incessante gioco al gatto e al topo che dopo innumerevoli giri del bussolotto proietta in avanti la strana coppia Rodriguez – Iglinsky. Così però il vantaggio di Nibali arriva fino ai 45”, un margine che di fatto permetterebbe una più che meritata vittoria.
Ma la stessa follia che ha permesso a Vincenzo di prendere il largo per la destrutturazione dell’inseguimento, manifestandosi in forma quasi opposta, materializzerà il dardo che abbatterà il siciliano. Difatti, benché Iglinsky non collabori minimamente all’azione, Rodriguez si danna l’anima, fuori da ogni appropriatezza tecnica (lui, in pianura!) e strategica, per dare fiato al contrattacco. Iglinsky ringrazia di tutto cuore, e speriamo che a fine gara abbia dato almeno una bella pacca sulle spalle all’atleta spagnolo. Spremendosi in questo modo, in effetti, Joaquim non ha nessunissima speranza di rimanere poi competitivo sulle rampe del Saint Nicolas. Non per niente beccherà in tutto un minuto da Iglinsky, ma, quel che la dice ancora più lunga sulla sciaguratezza della scelta, verrà bellamente passato e lasciato a mezzo minuto da tutti, e diciamo tutti, gli uomini del gruppetto, tolti Van den Broeck, spompatosi in un delirante inseguimento solitario (ma piuttosto tirare per Vanendert, o almeno tirargli la volata, era così sgradito?), e Gilbert, che si lascia andare alla deriva tra l’affetto incondizionato dei tifosi.
Davvero non troviamo una spiegazione a un gesto fuori da ogni logica ciclistica, ben diverso da quelli compiuti da Cancellara, che garantendo il successo della fuga alla Sanremo si assicurava comunque un piazzamento, e magari un pur piccola chance – altrimenti inesistente – di vincere. Qui siamo al viceversa.
Alle prime rampe del Saint Nicolas, Iglinsky si mette in testa e si fuma il Purito. Qui accade un altro episodio che dice molto di una gara sconclusionata sotto tutti i punti di vista: i distacchi forniti dall’organizzazione perdono il contatto con la realtà, continuano a riferirsi a un gruppo arretrato, senza specificarlo, e ignorano del tutto Iglinsky. Sarebbe cambiato qualcosa per Nibali? Probabilmente no, un po’ perché ci auguriamo che i diesse in auto facciano come i più pessimisti tra i telespettatori, cioè prendano manualmente il distacco, un po’ perché a quel punto c’era ben poco da fare: un uomo in fuga solitaria da oltre 20km, che ha maturato la fuga stessa con ben tre scatti di cui almeno un paio veramente ficcanti, può ben poco contro un onestissimo corridore (vincitore ad esempio di una gara dall’albo d’oro corto ma pesante come l’Eroica), che oltretutto è stato ininterrottamente a ruota fino al finale di gara. Comunque la mancanza di professionalità dell’organizzazione ASO suona davvero penosa, specie alla luce dei precedenti al Tour con distacchi inventati di sana pianta e con cartografia e altimetrie partorite da menti fin troppo creative (talora con esiti sullo svolgimento stesso della gara).
Parlando di “se” e di “ma”, avrebbe fatto meglio Vincenzo, il più forte oggi in comproprietà con il kazako e Gasparotto, ad attendere le ultime ascese per attaccare? Difficile dirlo, sinceramente da un punto di vista personale crediamo di no. Non scordiamo che sui tratti più duri della Rocca dei falchi un comunque non brillante Gilbert ha tenuto la ruota, mentre altri si sono gestiti sapendo del recupero che sarebbe seguito. La differenza Vincenzo l’ha fatta all’ennesimo scatto, nel soffocante falsopiano. Lo spazio sul Saint Nicolas, e a maggior ragione ad Ans, sarebbe stato troppo esiguo.
Glissiamo con un’ellissi il momento davvero amaro in cui Iglinsky, dalle parti della flamme rouge che contraddistingue l’ultimo km, mette nel mirino Nibali, se lo mangia, e tira dritto vincendo con una corposa ventina di secondi. Amaro non tanto per nazionalismo, ma per il tifo che sempre ci ingenera un’azione bella e coraggiosa. Il fatto che Nibali regga comunque per fare secondo, come già fece terzo alla Sanremo (lì fu il primo atleta da GT a podio in un paio di decenni, dai tempi di Fignon, Bugno e Chiappucci!), dice di azioni che portano sì il marchio dell’atleta, che ci ha abituato a tentativi d’altri tempi certo arrischiati, ma che hanno un livello di concretezza e spessore più significativo rispetto a quanto visto nella tappa del Gardeccia o al Lombardia, dove la conclusione aveva gettato un’alone di velleitarietà sull’impresa. Qui no, qui si è tratto di scelte che imboccavano l’unico cammino possibile verso la vittoria per un’atleta, ahilui, poco dotato di quelle fibre che rendono bruciante lo scatto, sia esso sul traguardo o mirato a fare un buco secco. Un cammino che non è giunto a termine, ma davvero per poco, e qui per una combinazione della sorte, e non per “necessità” come allo Sanremo, dove a esser tre si era pur sempre troppi perché Vincenzo vinca…
Degli altri attori di giornata abbiamo già detto qualcosa per ciò che concerne un Gilbert orgoglioso ma ancora offuscato, e un Joaquim Rodriguez mandato in delirio forse dal freddo. Abbiamo nominato altri protagonisti, tra i quali va sottolineata la bella prova di Gasparotto, che vince la volatina e agguanta un prestigioso podio per mettere la ciliegina alla torta Astana, ma anche a una giornata finalmente non così cupa per l’Italia, anche se secondo e terzo non sono i posizionamenti finali migliori… C’è poi Scarponi buon ottavo, che fa fruttare un Trentino fatto davvero come allenamento (e non come Cunego, invece malamente 35.esimo; speriamo che questo modo confuso di programmare gli obiettivi, che già tanti danni gli ha fatto, possa essere corretto). Ma non dobbiamo ignorare un pimpante Nocentini a ridosso della top ten. Scarponi e Nocentini hanno pagato l’isolamento, se pensiamo che nei primi cinque ci sono solo, tolto Nibali, corridori la cui squadra aveva nel finale almeno due uomini. Fa quarto infatti l’arrembante Voeckler, che era scortato da Rolland (decimo), e non sappiamo se questa ennesima prestazione fuori dalle righe, per un atleta che si è inventato mezzo campione a trent’anni suonati (ormai ne ha quasi trentatre), testimoni più del mediocre livello della gara o piuttosto dello “strano caso” della sua formazione. Quinto è Martin, che fa coppia col nono Hejsedal.
Un Vincenzo così, però, forse al Giro è sprecato, senza contare il rischio di bruciarsi dopo una stagione con già parecchie corse all’attivo. Meglio riprendere le energie e focalizzarsi sul Tour, per poi fare un pensierino, chissà mai, al Mondiale che quest’anno strizza l’occhio alle côte.
Gabriele Bugada

Iglinskiy in trionfo nella Liegi - Bastogne - Liegi 2012 (foto Bettini)
THEO BOS INAUGURA IL GIRO DI TURCHIA CON UN GRANDE SPRINT
L’olandese della Rabobank ha vinto la prima tappa del Presidential Tour of Turkey (Alanya-Alanya di 135 km), battendo in uno sprint ristretto l’australiano Matthew Goss (Greenedge) e gli italiani Daniele Colli (Team Type 1) e Alessandro Petacchi (Lampre-ISD). Tappa caratterizzata dalla fuga di 7 uomini, ripresa a circa 20 km dall’arrivo. All’ultimo chilometro una brutta caduta in mezzo al gruppo ha compromesso la volata per molti atleti. Da segnalare il sesto posto di Francesco Chicchi (Omega Pharma – Quickstep) e il 9° di Filippo Baggio (Utensilnord – Named). Domani la seconda tappa con arrivo ad Antalya.
Andrea Giorgini
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E' Theo Bos il primo vincitore al Presidential Cycling Tour of Turkey 2012 (foto Mario Stiehl)