18-10-2011

ottobre 19, 2011 by Redazione  
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TOUR DO BRASIL – VOLTA CICLÍSTICA DE SÃO PAULO
Il brasiliano Flavio Cardoso Santos (Funvic / Pindamonhangaba) si è imposto nella terza tappa, circuito a cronometro di Sao Carlos, percorrendo 23 Km in 30′58″, alla media di 44,564 Km/h. Ha preceduto di 51″ l’argentino Simon e di 53″ il brasiliano Silva. Il brasiliano José Heriberto Silva (Padaria Real/Calói/Céu Azul Alimentos) ha conservato la testa della classifica, con 1′06″ su Cardoso Santos e 3′31″ su Simon

FIGLI DI UN TOUR MINORE?

ottobre 18, 2011 by Redazione  
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Ha raccolto più critiche che consensi, tra gli estimatori delle grandi salite, il tracciato proposto da Christian Prudhomme per il Tour de France 2012. Forse per evitare giornate inconcludenti, com’erano stati i tre tapponi pirenaici dell’anno scorso, si è optato per una drastica riduzione delle montagne, ampliando nel contempo il chilometraggio delle frazioni contro il tempo. Per gli scalatori non sarà facile contrastare le velleità dei corridori più passisti. Una lotta ad armi impari dalla quale si potrà emergere vittoriosi solo inventandosi nuove strategie nelle poche, ma buone, tappa di montagna previste. Perché la classifica finale del Tour 2012 non è scritta già in partenza e di occasioni per ribaltare un pronostico all’apparenza sfavorevole ci saranno, basterà saperle sfruttare appieno.

Foto copertina: il vincitore del Tour 2011 Cadel Evans, Philippe Gilbert, Thomas Voeckler e i fratelli Schleck posano accanto al cartellone dell’edizione 2012 (foto Reuters)

Basta dare una veloce scorta ai commenti dei tifosi sui vari forum sparsi per la rete, soprattutto ai messaggi degli appassionati di salite, per capire di che pasta sarà il prossimo Tour de France, presentato oggi a Parigi. Le cartine, poi, confermano le prime impressioni e ci sentiamo un po’ tutti defraudati da un percorso che sembra far ripiombare il Tour nel medioevo leblanchiano, con una sensibile diminuzione delle salite e con un ritorno al passato per quando riguarda la consistenza delle crono. Ma cosa sarà passato nella mente di Prudhomme quando si è messo a tracciare l’edizione 2012 della Grande Boucle? Quasi sicuramente il ricordo non felicissimo dell’ultima edizione, che aveva visto i tre tapponi pirenaici sviliti da una condotta di gara soporifera e, al contrario, una tappa presentata come di trasferimento (quella di Gap), risultata, invece, altamente spettacolare sul piano della lotta di classifica. Perché sprecare, si sarà detto, fior di tappe e di salite? E così si è operata una drastica riduzione delle difficoltà montane, nel contempo dilatando i chilometri da percorrere contro il tempo. Il risultato è stato, però, quello di un Tour poco convincente e troppo sbilanciato verso chi ha una marcia in più a cronometro, ma forse è stata proprio questa la reale intenzione degli organizzatori: quella di costringere gli scalatori a lavorare di fantasia e non giocare troppo all’attendismo. Bisognerà inventarsi ogni giorno qualcosa, bisognerà spremere gli avversari più pericolosi e questa potrebbe essere la carta da spendere per rendere giustizia a un percorso che, invece, non li favorisce troppo.
Potrebbe così trasformarsi in un’edizione d’antologia quella che scatterà dal Belgio sabato 30 giugno, con una settimana d’anticipo rispetto al solito per evitare d’accavallarsi con l’inizio delle Olimpiadi di Londra, primo dei ventuno giorni di gara che porterranno i partecipanti a percorrere complessivamente 3479 Km, dei quali 96 Km di sfida contro le lancette, una distanza che – senza contare le cronosquadre – non si vedeva dal 2007 (117 Km).
La prima fatica sarà proprio una cronometro, sotto la forma di un pianeggiante prologo di 6,1 Km tracciato sulle veloci strade di Liegi. Sara l’atto che lancerà una prima settimana di gara molto simile a quella dell’edizione 2011, un mix di tappe destinate ai velocisti e altre più adatte ai finisseur. Sarà già, quest’ultimo, il caso della prima frazione in linea, che si chiuderà a Seraing, la cittadina che accolse anche la partenza del Giro del 2006, col traguardo posto al termine di uno strappo che ricorderà il Mont des Alouettes, sul quale svettò primo Philippe Gilbert. Nessun problema per i velocisti nella frazione di Tournai, l’ultima tracciata nella nazione belga, mentre la prima tappa disegnata in Francia sarà la più tormentata di questa fase iniziale, con l’approdo di Boulogne-sur-Mer che potrebbe dare filo da torcere anche ai corridori di classifica (nel finale si ricalcheranno tratti del circuito che ha ospitato l’ultimo campionato nazionale francese, conquistato da Sylvain Chavanel). Dopo questo intermezzo i velocisti torneranno padroni della scena nelle successive tre frazioni di Rouen, Saint Quentin e Metz.
Come dodici mesi prima, sarà all’ottavo giorno di gara che il gruppo affronterà la prima tappa di montagna, decisamente più impegnativa rispetto a quella conquistata dal portoghese Faria da Costa a Super Besse poiché l’approdo sarà sul “Ciocco dei Vosgi”, la breve ma erta ascesa della Planche des Belles Filles, che presenta inclinazioni fino al 28%. Quasi certa una prima selezione, con la possibilità di un’altra bella scremata alla classifica l’indomani, nella mediamente corta ma concentrata tappa franco-elvetica di Porrentruy che, pur priva di grandissime asperità, proporrà 154 Km privi di momenti nei quali tirare il fiato, con sei salite tozze ma a tratti infide (18% sul Col de Croix, a 15 Km dall’arrivo) proposte una dietro l’altra. Una giornata oltremodo delicata poiché precederà di 24 ore uno dei momenti cardine del prossimo Tour, la prima delle due frazioni a cronometro, prevista tra Arc-et-Senans e Besançon sulla distanza di 38 Km ed un tracciato leggermente mosso ma classificabile come pianeggiante.
A questo punto la carovana osserverà la prima giornata di riposo, necessaria per effettuare senza troppi patemi il trasferimento verso Mâcon, dalla quale scatterà la prima delle due giornate alpine. Non è la più dura, ma sicuramente sarà una frazione molto attesa dagli “aficionados” delle salite cattive poiché andando in direzione di Bellegarde-sur-Valserine si salirà su un passo inedito che da anni era invocato sul percorso del Tour, il Col du Grand Colombier. Per questioni di sicurezza non lo si scalerà dal suo versante più difficile, ma i suoi 17,4 Km al 7,1% (con massima del 14%), potrebbero lasciar conseguenze in gruppo, anche perché nei 43 Km che ne separeranno la cima dal traguardo sarà compreso un ulteriore colle, il Richemont, non proprio “dotato” ma che finirà per dilatare fatica ed eventuali distacchi. Sarà solo l’antipasto della tappa regina, prevista l’indomani tra Albertville e La Toussuire, recente e frequentata scoperta del grande ciclismo, che dal 2006 ad oggi ha già all’attivo un approdo del Tour (2006, vittoria di Michael Rasmussen), tre frazioni del Delfinato e altrettante del Tour des Pays de Savoie, corsa di categoria 2.2. Quest’anno ci si giungerà al termine d’un tracciato di soli 144 Km, ma che proporrà due “totem” del Tour, i colli della Madeleine e della Croix-de-Fer, entrambe ascese over (anche se di poco) 2000.
Salite alpestri se ne incontreranno anche l’indomani, in quella che, però, dovrebbe semplicemente essere la prima delle due giornate di trasferimento verso i Pirenei. Attenzione a non distrarsi, comunque, perché la tappa di Annonay Davézieux ricorda molto la frazione, sulla carta interlocutoria, che di fatto costò il Tour a Chiappucci nel 1990, attaccato a sorpresa da Lemond e soci. E senza dimenticare il più recente precedente di Montélimar, quando Pereiro andò in giallo al termine di una tappa pianeggiante, come quella in programma il giorno dopo (Mont St-Clair escluso) tra Saint-Paul-Trois-Châteaux e Le Cap d’Agde.
Si giungerà così ai piedi dei Pirenei, che saranno affrontati in tre round non contigui, separati dalla facile tappa che si concluderà nell’onnipresente Pau e dalla seconda giornata di riposo. La prima tappa è quella, forse, più pericolosa poiché il disegno altimetrico potrebbe portare a sottovalutarla per via dell’ultimo colle piazzato a 39 Km dal traguardo di Foix. Un’errore imperdonabile perché quello che sulla carta è definito “Muro di Péguère”, in realtà proprio muro non è ma salita vera, per via dei suoi 9,4 Km al 7,9%, culminanti nella verticale degli ultimi 3500 metri, nei quali le pendenze schizzano al 12,2% la media e al 18% (la massima: un ostacolo che potrebbe mettere in croce più d’un pretendente al successo finale, anche perché preceduto da un’altra ascesa impegnativa, anche se non così estrema, il Port de Lers.
Certamente peggio concepito sarà il successivo tappone tra Pau e Bagnères-de-Luchon, la solita cavalcata che oramai non fa più selezione, anche se stavolta ci sarà il vantaggio d’aver l’ultima ascesa vicino al traguardo e non a 40-Km dalla conclusione. Difficile, nel ciclismo moderno, che si riesca a fare selezione sul Peyresourde, anche perché molto probabilmente i migliori si presenteranno ai suoi piedi ancora freschi, dopo aver volutamente scavalcato senza troppo dannarsi i precedenti Aubisque, Tourmalet e Aspin. Più facile che il Peyresourde faccia male l’indomani quando, agli sgoccioli di una corsa di tre settimane, sarà affrontato al termine della tappa di Peyragudes (il traguardo sarà posto poco a circa 6 Km dalla vetta del colle, dopo un’ascesa finale corta ma a tratti ripida), preceduto dal duro Port de Bales, estrema occasione per gli scalatori. Le ultime tre giornate, infatti, torneranno a essere il regno della pianura, con la tappa più pericolosa per i grimpeur, i 52 Km del piattone da percorrere individualmente tra Bonneval e Chartres, e il companatico di due tappe destinate alle ruote veloci del gruppo, quella di Brive-La-Gaillarde e la passerella finale parigina. Ma se i big giocheranno all’attendismo, quest’anno saranno le salite a far la figura del contorno.

Mauro Facoltosi

Il percorso del Tour de France 2012 (www.letour.fr)

Il percorso del Tour de France 2012 (www.letour.fr)

17-10-2011

ottobre 18, 2011 by Redazione  
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TOUR DO BRASIL – VOLTA CICLÍSTICA DE SÃO PAULO
Il brasiliano José Heriberto Silva (Padaria Real/Calói/Céu Azul Alimentos) si è imposto nella seconda tappa, Baurú – Sao Carlos, percorrendo 180 Km in 4h24′57″, alla media di 40,762 Km/h. Ha preceduto di 1′49″ i connazionali Rogelin e Reblin. Heriberto Silva è il nuovo leader della classifica, con 2′02″ su Rogelin e 2′03″ su Reblin.

CHRONO DES NATIONS, IMPLACABILE MARTIN

ottobre 17, 2011 by Redazione  
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Ennesima prestazione supersonica del tedesco che domina la prova contro il tempo disputata in Vandea infliggendo distacchi pesantissimi a tutti gli avversari, con lo svedese Larsson e il britannico Dowsett ad occupare le piazze d’onore. A Neben e Moerland le prove di donne e under 23

Foto copertina: Mattin in azione nella crono di Les Herbiers (foto Fabrice Lambert / sportbreizh.com)

La Chrono des Nations che si disputa dal 1982 in quel di Les Herbiers è divenuta negli anni una sorta di rivincita del campionato del mondo a cronometro, non solo per quanto riguarda i professionisti ma anche per le donne elite e gli under 23, pur essendo ben lontana dal prestigio che aveva il Gp delle Nazioni che si è disputato sempre in Francia dal 1942 al 2004 e che ha avuto in Jacques Anquetil il suo più grande interprete con 9 successi. In ogni caso gli atleti di alto livello alla partenza non mancavano a partire dal neoiridato e dominatore assoluto della stagione per quanto riguarda il tic tac Tony Martin (Htc) passando per i britannici Dowsett (Sky) e Millar (Garmin), per il vicecampione olimpico Larsson (Saxo Bank), per gli olandesi Clement (Rabobank) e Westra (Vacansoleil) e per il vincitore dell’edizione del 2009 Vinokourov (Astana), al rientro dopo la caduta al Tour de France che sembrava aver posto fine alla sua carriera agonistica; al via anche il nostro Fabio Felline (Geox) reduce da un discreto Giro di Lombardia chiuso al 22° posto.
Come da previsione Martin ha dominato la prova di 48,5 km fin dal primo intertempo posto a circa un quarto di gara, in coincidenza del quale vantava già un vantaggio di 29” su Dowsett e di 35” su Larsson; nel seguito lo svedese ha superato il britannico ma nulla ha potuto contro lo strapotere del tedesco che gli ha inflitto un distacco di 2′03”, mentre Dowsett pur staccato di 2′50” ha a sua volta gradualmente allungato sui diretti inseguitori con Clement 4° a 3′20”, un deludente Millar 5° a 3′51”, il primo dei francesi, ancorchè naturalizzato dall’Ungheria, Bodrogi (Team Type 1) 6° a 3′58” e a seguire un trio di atleti della Vacansoleil con Devolder 7° a 4′05”, Westra 8° a 4′10” e De Gendt, che aveva impressionato favorevolmente nella crono di Grenoble al Tour de France, 9° a 4′53”. La top ten è stata chiusa da Irizar (Radioshack) 10° a 5′00” mentre Felline è giunto 20° a 6′53” e Vinokourov, per il quale la corsa è stata nulla più che una passerella, 27° e penultimo a 8′59” davanti solo alla maglia a pois del Tour 2010 Charteau (Europcar). In campo femminile si è imposta la statunitense Neben davanti alla connazionale Armstrong e alla russa Zabelinskaya con Jeannie Longo, vincitrice di 6 edizioni tra cui la prima nel lontano 1987, che ha chiuso all’8° posto mentre la prova degli under 23 è stata vinta dall’olandese Moerland davanti ai francesi Thevenot e Bourreau.

Marco Salonna

16-10-2011

ottobre 16, 2011 by Redazione  
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CHRONO DES NATIONS

Il tedesco Tony Martin (HTC-Highroad) si è imposto nella corsa a cronometro francese, percorrendo 48,5 km in 56′20″, alla media di 51,656 Km/h. Ha preceduto di 2′03″ lo svedese Larsson e di 2′50″ il britannico Dowsett. Unico italiano in gara Fabio Felline (Geox-TMC), 20° a 6′53″. Nelle gare riservate alle donne e agli U23 si sono imposti la statunitense Amber Neben e il francese Yoann Paillot.

JAYCO HERALD SUN TOUR (Australia)

Il tedesco Marcel Kittel (Skil – Shimano) si è imposto nella quinta ed ultima tappa, criterium di Carlton. Ha preceduto allo sprint l’australiano Giacoppo e il belga Debusschere. In classifica si impone l’australiano Nathan Haas (Genesys Wealth Advisers), con 17″ sul connazionale Bobridge e 26″ sul danese Aen Jorgensen.

TOUR DO BRASIL – VOLTA CICLÍSTICA DE SÃO PAULO
Il brasiliano Antônio Roberto Xavier Nascimento (Funvic – Pindamonhangaba) si è imposto nella prima tappa, Marília – Baurú, percorrendo 114 Km in 2h21′48″, alla media di 48,237 Km/h. Ha preceduto allo sprint i connazionali Diniz Correia e Candido Prado Jr, distanziati di 5″ nella prima classifica generale.

GRAN PREMIO SOMMA
L’italiano Christian Delle Stelle (Trevigiani Dynamon Bottoli) si è imposto nella corsa lombarda, percorrendo 165 km in 3h41′ alla media di 44,796 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli italiani Nicola Ruffoni (Team Idea 2010) e Massimo Graziato (Trevigiani Dynamon Bottoli).

UN GIRO PIÙ UMANO (MA NON TROPPO)

ottobre 16, 2011 by Redazione  
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Svelato a Milano il percorso del Giro d’Italia 2012. Partenza danese da Herning il 5 maggio, conclusione nel capoluogo lombardo il 27. Sette le tappe di montagna, sei delle quali con arrivo in salita, ma il tracciato si presenta globalmente meno estremo di quello delle ultime due edizioni. 40 i chilometri a cronometro, distribuiti tra prima e ultima tappa, cui si affiancano i 32 della cronosquadre di Verona.

Foto copertina e articolo di Giuseppe De Socio

È stato “umano” l’aggettivo più ricorrente nei commenti a caldo alla presentazione del Giro d’Italia 2012, che scatterà a Herning, in Danimarca, il 5 maggio prossimo, per concludersi a Milano dopo 21 tappe e 3477 km. “umano” perché più avaro di trasferimenti (anche se va sottolineato come solamente due frazioni, la 2a e la 17a, partano dalla sede d’arrivo del giorno precedente), e soprattutto perché meno imbottito di salite, perlomeno nelle prime due settimane, e più attento alle esigenze dei velocisti, che potranno giocarsi un buon numero di traguardi senza dover fare i conti con insidie, salitelle e strappetti collocati ad arte nei chilometri finali di frazioni per il resto pianeggianti.
Certo, un po’ meno in linea con questa nuova tendenza appare la scelta di far prendere il via dalla città natale di Bjarne Riis, che costringerà gli atleti, dopo un esordio a cronometro di 8700 metri e due biliardi che richiederanno però la massima attenzione alle minacce del vento, che già mieté vittime in Olanda nell’edizione 2010, ad un maxi-trasferimento per rientrare in Italia, a Verona. Dopo questo viaggio aereo, in effetti, la corsa vedrà tuttavia ridursi di circa 600 km gli spostamenti tra le sedi d’arrivo e quelle di partenza delle tappe successive, chiaramente sotto l’impulso delle crescenti proteste da parte di corridori e squadre nel maggio scorso.
Per l’appunto a Verona il Giro vivrà la sua prima giornata in territorio nostrano, con una cronosquadre di 32 km che, eventuali ventagli al Nord permettendo, dovrebbe rappresentare il primo vero scoglio della corsa, capace di creare già qualche differenza significativa tra gli aspiranti alla maglia rosa. Decisamente più riposante si presenta la 5a tappa, da Modena a Fano, terza opportunità per i velocisti, che dovranno quindi farsi probabilmente da parte fino alla settimana successiva. I tre giorni seguenti offriranno infatti terreno fertile per gli attaccanti, a cominciare dalla Urbino – Porto Sant’Elpidio di venerdì 11, con il tratto di strade bianche che porterà ai GPM di Pitino-Madonnella e del Passo della Cappella, a 75 km dal termine, quale punto focale di una frazione che si manterrà comunque nervosa anche nella fase finale, comprendente lo strappo di Montelupone ad una quarantina di chilometri dal traguardo.
E se la 6a frazione, qualora dovesse essere affrontata ad andatura contenuta, potrebbe ancora lasciare aperte le porte agli sprinter più resistenti, nulla potranno le ruote veloci nel fine settimana, che si aprirà con il primo arrivo in salita, in vetta alla pedalabilissima ascesa di Rocca di Cambio (17,5 km al 4,5%), e proseguirà con il secondo, che riporterà il Giro a Lago Laceno, dove nel 1998 Alex Zulle si guadagnò i gradi di favorito principe di quella edizione. L’ascesa del Colle Molella, l’ultima di un’infinità di asperità disseminate lungo il tracciato, solamente due delle quali premiate con un GPM, terminerà in realtà a 4 km dal traguardo, ma i 9,7 km al 6,1% della scalata rappresenteranno comunque il primo vero test montano per i big.
Superate altre due frazioni interlocutorie a Frosinone e Montecatini Terme, intramezzate dall’insidiosa tappa di Assisi, con striscione posto in cima ad una salita di 4 km, sarà la Seravezza – Sestri Levante del 17 maggio ad offrire nuovo terreno per agguati, con quattro GPM ad animare i 157 km del percorso, l’ultimo dei quali ai -10 dalla conclusione.
Nulla, tuttavia, se paragonato a ciò che attenderà i corridori a partire dal week-end successivo, dopo la sesta e penultima tappa per velocisti di Cervere. La Cherasco – Cervinia di sabato 19 aprirà infatti la fase calda del Giro, con il Col de Joux a fare da antipasto all’interminabile ascesa verso i 2001 metri del primo traguardo alpino, lo stesso che nel 1997 lanciò Ivan Gotti verso la conquista della sua prima maglia rosa milanese. Altrettanto minaccioso il profilo altimetrico dell’indomani, con la terribile ascesa della Valcava, riportata in auge dal Lombardia di ventiquattro ore fa, ad aprire una serie di colli che porterà per la prima volta la carovana ai 1280 metri del Pian dei Resinelli, dopo aver scavalcato Forcella di Bura e Culmine di San Pietro.
Appena il tempo di recuperare con il secondo giorno di riposo e una frazione non particolarmente minacciosa a Falzes (attenzione però allo strappo a 2 km dal traguardo per raggiungere il paese tanto caro a Damiano Cunego), prima di inoltrarsi nelle Dolomiti, teatro di due frazioni, intervallate dalla facilissima San Vito di Cadore – Vedelago – un biliardo di 121 km -, capaci di rivoluzionare la classifica generale. La prima, da Falzes a Cortina d’Ampezzo, attraverso Valparola, Duran, Staulanza e Giau, era già nota da giorni; la seconda, con partenza da Treviso e arrivo all’Alpe di Pampeago, rappresenta a detta di alcuni la vera giornata chiave del Giro, a dispetto di passi meno altisonanti rispetto a quelli della frazione successiva. Dopo l’infilata Manghen – Pampeago, già proposta nel 1999 e nel 2008, la corsa proporrà infatti un inedito prolungamento della seconda scalata fino ai 2006 metri del Passo Pampeago, prima di una breve discesa, dell’ascesa al Passo di Lavazè e di una nuova picchiata su Tesero, prima di riaffrontare i terribili 4 km finali dell’Alpe.
Terreno ideale per attaccare senza dover per forza attendere l’ultima salita, cosa che invece non si può dire della tappa regina “designata”, la Caldes – Passo dello Stelvio di sabato 26 maggio, più lunga e sicuramente più dura a livello di salite e dislivello, ma forse meno azzeccata nel disegno. Servirà infatti una strategia di squadra ben congegnata per evitare che i quasi 40 km che separano la vetta del Mortirolo, scalato dall’inedito e leggermente meno impegnativo versante di Tovo (parola di Paolo Savoldelli, che sulle rampe che rivelarono definitivamente al mondo Marco Pantani ha lasciato il Giro del ’99), tarpino le ali ad eventuali attaccanti, che potrebbero così ritrovarsi obbligati a rimandare la battaglia ai 22 km finali verso la Cima Coppi.
Il sipario sulla gara calerà quindi il giorno successivo a Milano, al termine di una cronometro di 31,5 km che porterà a 40 il computo totale dei chilometri contro il tempo: leggermente meglio rispetto agli anni passati, ma probabilmente ancora troppo pochi in rapporto alle montagne presenti.
Già, perché, malgrado i proclami di disegno più “umano” – per tornare all’aggettivo più in voga –, peraltro giustificati, l’impressione è che si sia comunque di fronte ad un percorso decisamente favorevole agli scalatori, con una terza settimana di gusto decisamente zomegnanesco (decisamente nello stile dell’ormai ex patron, in particolare, il Pampeago con tempi supplementari e il nuovo lato del Mortirolo, tirato fuori dal cilindro per poterlo concatenare con lo Stelvio). La vera differenza sarà rappresentata dall’abolizione o quanto meno riduzione di difficoltà nascoste, disseminate nei finali di tappe all’apparenza interlocutorie, e di rampe di garage lievemente fini a se stesse, che hanno rappresentato forse le vere pecche nelle creazioni di Zomegnan, cui va tuttavia l’indiscutibile merito di aver fornito un impulso di innovazione e sperimentazione e di aver ridato lustro internazionale ad una corsa che andava sempre più riducendosi ad un campionato nazionale italiano a tappe.
Per quel che ci riguarda, ci sentiamo di promuovere l’opera prima del neo-direttore Acquarone, d’altro canto accolta da un coro pressoché unanime di approvazione al momento della presentazione, benché probabilmente un tantino (eufemismo) influenzato dalla situazione (e in questo senso ci sembra giusto lodare il tante volte bistrattato – spesso legittimamente – Marino Bartoletti, che ha avuto il coraggio di bacchettare la partenza danese, al di là dell’opinione che ognuno può avere in merito). All’organizzazione spetterà ora l’assai più impegnativo compito di assemblare una start list all’altezza, magari approfittando della collocazione a fine luglio dei Giochi Olimpici di Londra, che potrebbero scoraggiare qualche big con ambizioni a cinque cerchi dalla partecipazione al Tour. In questo, soprattutto, il nuovo corso del Giro dovrà dimostrarsi quanto meno all’altezza del precedente.

Matteo Novarini

15-10-2011

ottobre 16, 2011 by Redazione  
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GIRO DI LOMBARDIA

Lo svizzero Oliver Zaugg (Leopard – Trek) si è imposto nella classica italiana percorrendo 241 Km in 6h20′02″, alla media di 38,049 Km/h. Ha preceduto di 8″ l’irlandese Martin e lo spagnolo Rodriguez Oliver. Miglior italiano Ivan Basso (Liquigas – Cannondale), 4°.

JAYCO HERALD SUN TOUR (Australia)

Il russo Egor Silin (Katusha Team) si è imposto nella quarta tappa, Sorrento – Arthurs Seat, percorrendo 131,6 Km in 3h20′54″, alla media di 39,303 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli australiani Nathan Haas (Genesys Wealth Advisers) e Bobridge. Ritirato l’unico italiano in gara, Andrea Grendene (Team Type 1 – Sanofi), che era 74° in classifica a 11′41″. Haas è il nuovo leader della classifica, con 10″ su Bobridge e 29″ sul danese Aen Jorgensen.

ZAUGG TUMB TUMB

ottobre 15, 2011 by Redazione  
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Vittoria quanto mai a sorpresa per Oliver Zaugg sulle strade del Giro di Lombardia, grazie ad un’azione solitaria nata nel tratto più impegnativo dell’ascesa di Villa Vergano. Preceduti di pochi secondi Martin, Rodriguez, Basso, Niemec e Pozzovivo. Cede nel finale Philippe Gilbert, all’attacco in precedenza con Vincenzo Nibali, a sua volta autore di una splendida ma infruttuosa fuga solitaria di una quarantina di chilometri. Mai in gara per il successo Cunego, in difficoltà sul Ghisallo e pesantemente staccato sull’ascesa finale.

Foto copertina: Oliver Zaugg taglia a braccia alzate il traguardo di Lecco (foto Roberto Bettini)

Dopo Matthew Goss alla Sanremo, Nick Nuyens al Fiandre e Johan Vansummeren alla Roubaix, anche il Giro di Lombardia trova il suo vincitore a sorpresa in Oliver Zaugg, 30enne svizzero che alla vigilia pareva dover essere destinato a correre in appoggio a Jacob Fuglsang. Paradossalmente, lo svittese di Lachen, il cui trionfo era probabilmente il meno pronosticabile dei quattro, è stato anche colui che lo ha colto in maniera più netta, facendo la differenza sul temutissimo muro dell’Alpino, la rampa finale dell’ascesa di Villa Vergano, da tutti individuata come snodo chiave del nuovo tracciato lecchese della classica delle foglie morte, onestamente apparso meno azzeccato rispetto all’ultima versione comasca. Tutti o quasi i favoriti della vigilia erano infatti giunti compatti, sia pure in condizioni assai differenti, ai piedi dell’ultima delle cinque ascese di giornata, approcciata spavaldamente dagli uomini del Team Sky, autori di un lavoro sfiancante per un Rigoberto Uran poi scomparso nel momento decisivo.
Sono però bastati i primi, pedalabili chilometri di salita per tagliar fuori inappellabilmente alcuni dei big, dal tre volte vincitore Damiano Cunego, già in difficoltà sul Ghisallo e piantato sull’erta conclusiva, a coronamento di una stagione tra il disastroso e il fallimentare a livello di classiche (altrettanto modeste erano state le prestazioni sulle Ardenne, sulle quali il veronese aveva imperniato la prima parte di stagione), riscattata solamente in parte dal buon Tour de France, a Samuel Sanchez, come Cunego giunto al Lombardia dopo una preparazione cinese non propriamente indovinata. Ancor prima aveva alzato bandiera bianca Vincenzo Nibali, giustificato però dalla splendida azione solitaria di cui si era reso protagonista in precedenza per quasi 40 km.
Un attacco, quello del siciliano, favorito dal forcing operato da Luca Paolini nella discesa della Colma di Sormano, capace di frazionare il gruppo in più tronconi, e sferrato all’imbocco della salita del Ghisallo, quando all’arrivo mancavano ancora 54 km, con una violenza tale da costringere ben presto alla resa Philippe Gilbert, Jacob Fuglsang, lo stesso Paolini, Santambrogio e Le Mevel, che avevano in un primo tempo provato ad accodarsi allo scatenato messinese. Analoga sorte hanno incontrato i tentativi di inseguimento di Visconti e Pozzovivo tra gli altri, riassorbiti senza eccessivi patemi da un plotone che nel mentre vedeva però lievitare il distacco dalla testa della corsa, giunto fino a 1’40’’ poco dopo lo scollinamento.
La lunga discesa non ha mutato significativamente le distanze, autorizzando Nibali ad alimentare sogni di gloria spezzati però dal successivo tratto pianeggiante, diciassette interminabili chilometri che rappresentano la vera pecca di un tracciato molto impegnativo – probabilmente anche più di quello delle scorse edizioni – ma che ancora necessita di essere affinato.
Neutralizzata ai -17 dal traguardo l’azione più bella e coraggiosa di giornata (senza nulla togliere a Vansummeren, Bertazzo, Pasqualon, Corioni, Arashiro e Astarloza, fuggitivi della prima ora che è d’obbligo quanto meno menzionare, benché il tentativo non abbia mai davvero impensierito il gruppo), e con altri grandi nomi rimasti indietro, come detto, già sulle rampe meno impegnative dell’ultima ascesa, quella di Zaugg restava tuttavia ancora una candidatura assai poco credibile, con Gilbert, Rodriguez, Basso e Martin, tra gli altri, in posizione ideale per tentare l’assalto. Ed in effetti il varesino ci ha provato, tentando di sopperire con una lunga progressione alla mancanza di cambio di ritmo che tante corse gli è costata nell’arco della sua carriera.
Quando però ci si attendeva la stoccata di un Rodriguez o di un Philippe Gilbert, a trovare la forza di incrementare ulteriormente la già sostenuta andatura è stato proprio il corridore della Leopard, la corazzata forse più deludente della stagione, trovatasi a riscattare parzialmente ma insperatamente una sfilza infinita di piazzamenti prestigiosi per altri, ma non per il Cancellara o lo Schleck di turno.
Solamente Domenico Pozzovivo è riuscito ad opporre una resistenza credibile allo scatto dell’elvetico, perdendo però brillantezza dopo poche pedalate, fino ad essere riagganciato prima da Rodriguez e Daniel Martin, quindi da Basso e Niemec, con Gilbert incartatosi proprio laddove con una condizione migliore è lecito immaginare avrebbe lasciato tutti sul posto.
Mai, nei 9 km restanti, si è avuta l’impressione che il volo di Zaugg potesse interrompersi, complice un ultimo chilometro tortuoso (ed estremamente suggestivo) che ha nascosto lo svizzero alla vista degli inseguitori, in realtà distanti appena una manciata di secondi. È così che, quando Basso e compagni sono sbucati sul breve rettilineo d’arrivo, Zaugg aveva ormai superato a braccia alzate la linea del traguardo, cogliendo a 30 anni quello che è non il primo successo di prestigio in carriera, ma il primo in assoluto, se si escludono due cronosquadre (1a tappa della Coppi & Bartali 2010 in maglia Liquigas e 1a tappa della Vuelta 2011 con la Leopard).
A doversi mangiare le mani per essersi visto sottrarre da un outsider (per non dire carneade) l’ultima classica monumento della stagione è stato Daniel Martin, andato a precedere nell’ordine Rodriguez, Basso, Niemec e Pozzovivo, staccati di 8’’. Altrettanti in più quelli accusati da Visconti, Gilbert, Betancur e Chiarini, andati a completare la top 10 con un piazzamento soddisfacente solamente per quest’ultimo.
Si chiude così con l’ennesima sorpresa una stagione in cui, tra le gare regine del calendario, solamente la Liegi e il Giro d’Italia hanno visto il successo del favorito principale della vigilia (Gilbert e Contador rispettivamente, cui potremmo aggiungere il Cavendish di Copenaghen), a fronte di una quantità di corse dall’esito tutto fuorché previsto (si pensi, oltre alle già citate classiche, alla Vuelta di Cobo). Già da domani, però, sarà tempo di pensare al 2012: a Milano sarà svelato nei dettagli un Giro a grandi linee già noto a tutti, quarantotto ore prima della presentazione di un Tour per cui vale sostanzialmente lo stesso discorso. Molti degli sconfitti illustri di oggi potranno già meditare sul riscatto.

Matteo Novarini

14-10-2011

ottobre 15, 2011 by Redazione  
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JAYCO HERALD SUN TOUR (Australia)

Il tedesco Marcel Kittel (Skil – Shimano) si è imposto nella terza tappa, Geelong – Drysdale, percorrendo 172,6 Km in 4h16′16″, alla media di 40,411 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli australiani Von Hoff e Palmer. Unico italiano in gara Andrea Grendene (Team Type 1 – Sanofi), 38°. L’australiano Rhys Pollock (Drapac Professional Cycling) ha conservato la testa della classifica con 15″ sul connazionale Haas e 18″ sul danese Aen Jorgensen. Grendene 74° a 11′41″

13-10-2011

ottobre 14, 2011 by Redazione  
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GRAN PIEMONTE

Lo spagnolo Daniel Moreno Fernandez (Katusha) si è imposto nella classica piemontese, Ballarat – Geelong, percorrendo 199 Km in 4h45′16″, alla media di 41,855 Km/h. Ha preceduto allo sprint il belga Van Avermaet e l’italiano Luca Paolini (Katusha).

JAYCO HERALD SUN TOUR (Australia)

Il sudafricano Janse Van Rensburg (MTN – Qhubeka) si è imposto nella seconda tappa, Ballarat – Geelong, percorrendo 140,6 Km in 3h24′34″, alla media di 41,238 Km/h. Ha preceduto allo sprint gli australiani Cooke e Von Hoff. Unico italiano in gara Andrea Grendene (Team Type 1 – Sanofi), 86° a 1′05″. L’australiano Rhys Pollock (Drapac Professional Cycling) ha conservato la testa della classifica con 15″ sul connazionale Haas e 18″ sul danese Aen Jorgensen. Grendene 87° a 11′41″

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