11-05-2011

maggio 12, 2011 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

GIRO D’ITALIA

L’olandese Pieter Weening (Rabobank Cycling Team) si è imposto nella quinta tappa, Piombino – Orvieto, percorrendo 191 Km in 4h54′49″, alla media di 38,871 Km/h. Ha preceduto di 8″ i colombiani Duarte Arevalo e Serpa Perez. Miglior italiano Oscar Gatto (Farnese Vini – Neri Sottoli), 5° a 8″. Weening è la nuova maglia rosa, con 2″ sull’italiano Marco Pinotti (HTC-Highroad) e sul bielorusso Sivtsov.

UN’IMPRESA DAL GUSTO ANTICO

maggio 11, 2011 by Redazione  
Filed under News

Vittoria dal sapore antico di Pieter Weening ad Orvieto. Tappa e maglia rosa per l’olandese della Rabobank, bravo a provare, prima insieme a Gadret (AG2R La Mondiale), poi tutto solo uno scatto in faccia al gruppo dei migliori a pochi chilometri dall’arrivo. Allungo che si rivelerà vincente.

Foto copertina: Weening vince e per gli avversari sullo sfondo “sfuma” un prestigioso successo (foto Bettini)
Foto servizio di Giuseppe De Socio

Ritorna il tempo al Giro d’Italia. Il suo conteggio oggi c’è e tutti son pronti ad immergersi in una delle tappe più belle, sotto il profilo tecnico, della corsa rosa. Tutti tranne la Leopard Treck che, ritiratasi dalla corsa, sarà giustamente vicino nel dare l’ultimo saluto, in Belgio, a Wouter Weilandt. Da Piombino a Orvieto la frazione di giornata ripropone, come accade nel 2010, alcuni tratti di strade bianche ed un arrivo in leggera ascesa dopo l’ostico strappo verso Croce di Fighine, al 15% di pendenza massima.
Ci si aspettava una numerosa fuga, visto il profilo mosso della tappa, ed invece a provarci, già dal km 12 è il solo Martin Kohler (BMC). Lo svizzero è autore di una bella prova di coraggio e arriverà a guadagnare fino acirca 13’. Non basteranno, perché alle sue spalle la bagarre tra la polvere delle strade bianche inizia a scatenarsi fin da subito con Yaroslav Popovych (RadioShack) che aggredisce l’ingresso nel primo tratto di sterrato, ai meno 39 dal traguardo, verso il GPM di Croce di Fighine. Il gruppo, composto da tutti i migliori tranne che da un dolorante Giovanni Visconti (fastidi ad un ginocchio per il Campione Italiano) sembra varcare l’ingresso per un mondo tutto nuovo. Arcaico e leggendario. Proprio come avvenne nella tappa di Montalcino di un anno fa. Un tempo la pioggia ed il fango, questa volta il sole che riscalda ogni granulo di ghiaia, arroventandone ogni punta e mettendo così ancor più a rischio le ruote dei ciclisti in gara. A forare saranno davvero in tanti. Ed a render più difficile il tutto è il gran polverone che si alza al passaggio dei ciclisti in gara. Sembrano scomparire uno ad uno. Intanto, a pochi passi dal GPM Kohler inizia a barcollare sulla sella, proprio nel tratto in cui le pendenze sfiorano il 15%, mantenendo un vantaggio sul gruppo di 3’25”. Nessuno scatto in ciò che resta del gruppo, ridotto ad una cinquantina di unità con la “rete” dei velocisti già formatasi tempo addietro. A Croce di Fighine, dietro il battistrada, transiterà in capo al gruppo Kreuziger (Astana). Non c’è la maglia rosa Millar (Garmin), attardato di 35”. Nella discesa successiva però il buon David farà di tutto per rientrare sui migliori, riuscendoci prima dell’ultimo settore di sterrato. Sfinito per l’azione di recupero non riuscirà, però, a seguire Contador, Nibali, Scarponi e compagnia, lasciando così definitivamente la maglia del primato. Giù nella ripida e sterrata discesa prova ad andarsene tutto solo Vincenzo Nibali (Liquigas) seguito a un tenace Tankink (Rabobank). I due verranno ben presto ripresi subito dopo l’inizio dell’asfalto, ormai in pianura, da tutti gli uomini di classifica. Tra questi c’è anche Cataldo che, proprio insieme a Tantink, prova un nuovo contrattacco, reso vano qualche chilometro più avanti da una scivolata per l’italiano e da un problema meccanico per l’olandese. Tutto questo con Kohler che ha ormai solo 1’20” da gestire a 20 Km dal traguardo di Orvieto.
Nell’ultimo settore di sterrato, interrotto da un breve tratto di asfalto, il vantaggio dell’uomo BMC ormai scende sotto il minuto. Fora Garzelli ma viene aiutato prontamente da Codol a rientrare. Un brivido ci percorre la schiena quando le immagini Rai si soffermano su Tom Slagter (Rabobank), caduto in seguito ad un contatto con un uomo del team Euskatel a bordo strada. Nulla di particolarmente grave, per fortuna per lui, comunque costretto a ritararsi dalla corsa per tutti gli accertamenti del caso. Kohler viene assorbito da Gadret e subito dopo prova ad andarsene tutto solo Wenning (Rabobank). Ai – 2,5 Km ha 40” di vantaggio, proprio all’inizio dell’ultima ascesa di giornata, un tratto con pendenza massima al 15%. Su per Orvieto ci prova Scarponi (Lampre). Il marchigiano in un attimo guadagna, nel tratto più impegnativo, una decina di metri ma a mancare è la salita, troppo breve per far sì che si potesse far selezione, troppo facile nella seconda parte. Non c’è più spazio per riacciuffare Wenning, bravissimo a provarci e a dar tutto nei chilometri conclusivi. Secondo è Duarte (Geox), a chiudere il podio è Serpa (Androni). Via via arrivano tutti i migliori con i nostri italiani Nibali sesto e Scarponi ottavo a dar chiari segnali ad Alberto Contador. Guarda caso settimo. Al centro della morsa italiana.

Antonio Scarfone

FOTOCRONACA D’UNA GIORNATA D’ALTRI TEMPI
di Giuseppe De Socio

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PIOMBINO – ORVIETO: QUOD NON FECERUNT PRUDHOMO, FECERUNT ZOMENANI

maggio 11, 2011 by Redazione  
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In Francia avevano promesso il pavè per l’edizione 2011, ma forse quanto accaduto nella scorsa edizione ha dirottato il Tour su più scorrevoli rotte. Ciò non accadrà al Giro che, viaggiando tra Piombino e Orvieto, ritroverà quelle strade bianche che dodici mesi fa avevano suscitato qualche malumore in gruppo. Non sarà una tappa dal finale arduo come quello di Montalcino, ma sbaglia chi parla di un percorso facile: nel tracciato ci saranno tutte le “doti” che assicureranno un altro matrimonio da favola tra il Giro e gli sterrati, che oggi potrebbero rivelarsi decisivi anche nei tratti in discesa.

Il direttore del Tour, Christian Prudhomme, l’aveva promesso: dopo l’esperienza dell’Arenberg all’ultimo Tour, anche nell’edizione 2011 si sarebbe andati sul pavè, anche se su quello meno noto della Bretagna. Al momento delle ultime decisioni, però, hanno prevalso un pizzico di buon senso e la stessa “grandeur” tipica dei francesi, che non potevano permettersi di perdere ancora per strada un pezzo da 90 del calibro del lussemburghese Franck Scleck, evento che – a ben guardare – aveva condizionato il proseguimento della corsa, col fratello minore Andy apparso quasi “spaesato” e incapace di gestire da solo la lotta contro Contador, dalla quale ne è uscito sconfitto. Una corsa che una ventina di anni fa mandava deliberatamente a casa gli ultimi della classifica, temendo l’insopportabile onta di una lotta antisportiva per una poco gloriosa e fittizia maglia nera, non poteva certo permettersi il rischio di incappare per il secondo anno consecutivo in un episodio del genere. E quindi, niente pavè, anche se nulla vieta che in futuro lo si ritrovi sotto le ruote, magari già dal 2012, quando la Grande Boucle scatterà da Liegi.
E al Giro hanno fatto lo stesso? Giammai! Vi siete lamentati per gli impastrocchiati sterrati della tappa di Montalcino? Benissimo! Allora quest’anno si replica, si fa il bis! Anzi, il bis del bis poiché le giornate da trascorrere sulle strade bianche raddoppieranno rispetto alle due dello scorso anno, mentre i chilometri complessivi saranno circa gli stessi: oltre ai 13500 metri odierni, si dovrà fare i conti con i 6,5 Km della “Panoramica delle Vette” (sul Crostis, nel giorno dello Zoncolan), con i 200 metri scarsi dell’arrivo al Gardeccia e con i già conosciuti 7,9 Km del Colle delle Finestre. Troppa grazia Sant’Angelo, organizzatore mezzo angelo e mezzo demone, un po’ Mr. Hyde e un po’ Jekyll, personalità che spicca nella scelta, per l’avvio di quest’attesa frazione, di far radunare i “forzati della strada” in un luogo magnifico, il belvedere naturale di Piazza Bovio a Piombino, dalla quale la vista arriva ad abbracciare, oltre le isole dell’arcipelago toscano, la lontana Corsica, terra che fu italiana fino al 1768. La giusta distrazione per distogliere momentaneamente il pensiero dalle questioni di corsa.
Ma che frazione sarà quella della prima presa di contatto con le strade bianche? Meno dura rispetto a quella di Montalcino a sentire gli appassionati, che forse hanno ragione perché i tratti bianchi da affrontare in salita non saranno ne lunghi ne ardui come quelli affrontati per rimontare sul Poggio Civitella. Ma questa sarà comunque una giornata da temere perché ci saranno anche alcuni tratti bianchi da percorrere insidiosamente in discesa e il tutto sarà sposato ad un tracciato più movimentato rispetto a quello proposto dodici mesi fa. Sarà un continuo su e giù che, alla fine, potrebbe chiedere il conto al momento d’affrontare la rampaccia finale verso Orvieto. Lisci come l’olio, invece, scorreranno via i primi 50 Km che, a pochi chilometri dal via, vedranno i “girini” nuovamenti intenti a pedalare sulla Via Aurelia, in direzione di Follonica, industre centro sin dal tempo degli etruschi. Notissima, infatti, era l’attività fusoria degli etruschi della vicina Populonia, per compiere la quale si utilizzano anche i “fulloni” – così erano chiamati anticamente i mantici dei forni – dai quale deriva il nome di questo comune che, dopo un lungo periodo di decadenza, tornò a rifiorire dopo il 1834, grazie al ripristino dell’industria siderurgica, voluto dal penultimo granduca di Toscana Leopoldo II d’Asburgo-Lorena. In suo onore, al centro dell’abitato sorto attorno alle “Reali e Imperiali Fonderie”, sarà innalzata una chiesa intitolata a San Leopoldo, la cui facciata rappresenta una pagina artistica unica in Italia, non essendoci altri esempi nella nostra nazione di “matrimonio” tra la classica pietra da costruzione e la ghisa, nobilitando a scopi artistici quella speciale lega di ferro e carbonio che per tutto l’800 era soprannominata “ferraccio” perché meno duttile dell’acciaio.
Lasciato il litorale tirrenico, il tracciato della quinta frazione andrà ad imboccare il lungo “corridoio” pianeggiante che separa il massiccio del Poggio Ballone (vi si trovano le vestigia del borgo etrusco di Vetulonia) dal sistema delle Colline Metallifere, così chiamate per le numerosissime ed estese miniere che vi si trovavano e dalle quali, per secoli, furono scavati una grande varietà di minerali differenti, dalla pirite al rame, dal piombo allo zinco, dai solfuri all’antimonio, dal salgemma alla lignite. Esaurite le varie vene, oggi è regolarmente sfruttata solo l’energia geotermica, la cui azione è visibile attraverso lo spettacolo dei soffioni boraciferi (Larderello).
Giunti alla stazione di Gavorrano, il gruppo abbandonerà definitivamente il tracciato dell’Aurelia per avvicinarsi alle “pareti” di questo corridorio naturale, rimanendo comunque ancora sul piano. Si transiterà a breve distanza dal piccolo lago carsico dell’Accesa e poi ai piedi del Castel di Pietra, maniero nel quale trovò tragica morte la Pia de’ Tolomei di dantesca memoria (nel quinto canto del Purgatorio il divin poeta scrisse, a quel proposito, “Siena mi fè, disfecemi Maremma”). Ancora per una quindicina di chilometri non s’incontreranno soverchie difficoltà, poi giungerà il momento d’affrontare la prima delle cinque ascese previste oggi. Meta, secondo le cartine ufficiali, saranno i 377 metri di Roccastrada, pittoresco ed arroccato borgo di genesi medioevale, ma in realtà è un “falso” poiché i corridori non vi giungeranno, terminando la loro scalata, dopo quasi 5500 metri di strada al 4,8%, nella piccola frazioncina di Terzo, quasi 2 Km più in basso. Ci si lancerà poi in discesa verso la valle dell’Ombrone, il secondo fiume toscano per lunghezza dopo l’Arno, entrando ben presto nel vasto territorio del comune di Civitella – Paganico, nato nel periodo fascista dalla fusione degli antichi municipi di Pari, Civitella Marittima (toponimo d’origine latina dal quale deriva anche quella della vicina Maremma) e di Paganico. Quest’ultimo, caratterizzato da una pianta rettangolare e ancora in parte circondato dalle mura innalzate nel XIV secolo, sarà l’unico dei tre ad essere direttamente attraversato dal percorso di gara, nel momento in cui questo prenderà a puntare con decisione verso il Monte Amiata. Su quest’antico vulcano spento da settecentomila anni, montagna più elevata della Toscana meridionale (1738m), il Giro non transita dal 23 maggio del 1980 (anche quella era una tappa con epilogo fissato a Orvieto, dove giunse primo Silvano Contini) e ancora si dovrà attendere: per non incidere troppo sul livello “calorico” di questa già esigente frazione si è, infatti, prescelto di aggirarlo da sud, salendo comunque ma affrontando un’ascesa meno elevata ed impegnativa. In pratica si scollinerà nell’abitato di Saragiolo (930 metri) dopo aver affrontato un’ascesa lunghissima – impegnerà i corridori per oltre 30 Km – ma pedalabile e discontinua, spezzata in due tronconi da un tratto in discesa di quasi 4 Km. La prima parte sarà quella più consistente, sia in termini di chilometraggio (circa 22 Km), sia per le pendenze che s’incontreranno, con i tratti più impegnativi comunque sporadici (la media si aggira attorno al 3,2% e si concederà un solo strappo lungo circa mezzo chilometro e inclinato all’11%). In questo primo settore si pedalerà costantemente tra i campi e l’unico centro attraversato sarà Arcidosso, paese che ha dato i natali al predicatore Davide Lazzaretti, il “Cristo dell’Amiata”, fondatore nel 1868 della Chiesa Giurisdavidica, movimento mistico-rivoluzionario che trovò molti adepti tra i contadini e gli artigiani di queste povere terre e che, osteggiato sia dalla Chiesa sia dallo stato, sarà soffocato nel sangue il 18 agosto del 1878, quando un manipolo di carabinieri accolse l’arrivo di una loro processione in paese con una pioggia di proiettili. Oggi rimangono i resti della chiesa che i giurisdavidici costruirono sulla vetta del vicino Labbro, monte dirimpettaio dell’Amiata che merita un’escursione anche per gli stupendi ed estesissimi panorami che offre. Da notare che ancora oggi il Labbro continua la sua opera di “ricettività spirituale”, essendo stato prescelto negli anni ’80 da una comunità tibetana Dzogchen per fondarvi il centro di Merigar West, presso il quale nel 1990 l’attuale Dalai Lama ha inagurato il “gompa (tempio) della grande contemplazione”.
Concluso questo intermezzo religioso torniamo alla profana descrizione del percorso con la ripresa della salita verso Saragiolo, che negli ultimi 6000 metri presenterà una pendenza media di poco più elevata rispetto alla prima parte. Passati dalla provincia di Grosseto al senese, inizierà una discesa caratterialmente simile alla strada appena percorsa poiché pure costituita da due tratti differenti, in questo caso senza nessun troncone intermedio a separarli. Blanda la planata nei primi 5 Km (a parte gli istanti immediatamente successivi lo scollinamento), questa si farà più decisa – seppur non ripida – nei restanti 6 Km. A far da spartiacque il passaggio dalla località di villeggiatura di Piancastagnaio, dalla quale i “cercatori d’arte” potranno compiere una breve disgressione dal percorso per raggiungere la vicina Abbadia San Salvatore, il centro più rilevante del comprensiorio amiatiano, il cui nome non tradisce affatto la presenza di un’antichissima abbazia, fondata oltre 1200 anni fa e che visse il suo periodo d’oro tra il X e il XII secolo, quando divenne la più ricca della Toscana e conservò nella sua biblioteca l’inestimabile “Codex amiatinus”, la più antica versione latina manoscritta della Bibbia, redatta nel 692 da San Gerolamo ed oggi esposta a Firenze, nella Biblioteca Medicea Laurenziana.
Nel frattempo riprenderà il “balletto” tra le storiche strade consolari dell’Impero e il Giro d’Italia che, terminata la discesa, sfilerà per quasi 2 Km sulla Via Cassia, tracciata per collegare Roma con “Florentia” e che prese il nome da Gaio Cassio Longino, uomo politico principalmente noto per essere stato uno delle “menti” della congiura che assassinò Giulio Cesare. Ancora qualche chilometro di strada facile e poi verrà il momento d’arrampicarsi verso i 731 metri della Croce di Fighine. Non si vedrà subito l’atteso sterrato, che costituirà solamente il tratto finale di un’ascesa complessivamente lunga 10,3 Km e strutturata similmente a quella precedente. Si dovrà, dunque, affrontare una prima tranche di 4,3 Km al 4,1% (con, all’interno, 800 metri al 9% medio) e poi, dopo il bivio per Celle sul Rigo, la “strada del Polacco” si snoderà in quota alternando pianura e salita sino alle porte di San Casciano dei Bagni, località termale nota sin dal tempo degli etruschi e dei romani, che venivano a curarsi alle “Balnea Clusina”, fonti la cui portata giornaliera è la terza in Europa. Lasciata la strada per Cetona e Chianciano (del primo centro è nativo Mauro Vegni, il direttore operativo del Giro d’Italia e di tutte le manifestazioni ciclistiche targate Gazzetta), dopo 100 metri il colore della strada virerà dal nero al bianco, facendo ripiombare la corsa rosa nelle suggestioni del ciclismo eroico. Sullo sterrato si pedalerà nei successivi 6,5 Km, introdotti dal tratto terminale dell’ascesa – la “salita della Perella”, come qualcono la chiama – il più ostico anche sotto l’aspetto delle pendenze, che per 1800 metri raggiungeranno una media dell’8,8% (12% nei conclusivi 800 metri, con un picco al 15%). Anche dopo la Croce di Fighine, presso la quale transita il confine della zona di produzione del Chianti DOCG, non finiranno le difficoltà poiché non sarà assolutamente facile recuperare tra il falsopiano sommitale di circa un chilometro e una discesa difficile perché ripida (4,2 Km al 7,1%, massima del 13%) e a tratti tortuosa. Subito dopo aver sfiorato il turrito castello di Fighine – molto importante in epoca medioevale per la sua posizione strategica, a dominio delle valli dei fiumi Paglia e Chiana – si dovranno, infatti, affrontare una mezza dozzina tra curve e tornanti che, complici il fondo non asfaltato, di certo non agevoleranno la marcia dei drappelli più folti nei quali si sarà sgranato il gruppo. Ritrovato l’asfalto, si passerà dalla Toscana all’Umbria, il cuore verde d’Italia che ben presto lascerà trapelare anche la sua anima “bianca”. Infatti, giunti nella zona industrale di Fabro il tracciato proporrà un cambio di programma rispetto a quanto annunciato lo scorso ottobre a Torino. Non si andrà al traguardo per la strada originariamente prevista, tutta asfaltata e con di mezzo la salita al pedalabile Valico di Monte Nibbio, ma lanciandosi nel secondo ed ultimo tratto sterrato di questa giornata. Nei successivi 7 Km si pedalerà in un contesto molto panoramico, seguendo una strada vallonata nota solo agli appassionati cicloamatori locali (non è riportata dalle cartografie) e che, procedendo parallela all’Autostrada del Sole, andrà a riprendere l’asfalto in vista della stazione di Allerona. Da lì si procederà nel fondovalle del Paglia, in direzione del piede settentrionale della rupe della città vecchia, l’Urbs Vetus dalla quale deriva l’odierno nome di Orvieto. Nel 1980, l’abbiamo già detto, lassù vinse Contini mentre nel 2002 toccò allo spagnolo Aitor González, due corridori avvezzi ai finali impegnativi (anche se il secondo non era proprio scalatore)… e quest’anno avremo un degnissimo successore perché l’arrivo sarà ancora più arduo. Si salirà, infatti, per una strada inedita, che esibirà inclinazioni da muro fiammingo nella rampa iniziale di Via Adige, un drittone di 400 metri al 12,5%. Riannodatisi poi al classico finale orvietano, con una pendenza più malleabile (1,5 Km al 3,4%, max 6%) si salirà fino al celebre pozzo di San Patrizio, in un epilogo che chiederà ai primattori d’attingere ai serbatoi energetici le ultime stille di sudore.

I VALICHI DELLA TAPPA

Sella di Arcidosso (679m). Coincide con l’omonimo abitato, situato nell’insellatura che separa l’Amiata dal Monte Labbro.

Passo dell’Incrociata (818m). Valicato dalla strada provinciale che mette in comunicazione Arcidosso con Santa Fiora, è il punto nel quale ha termine il primo tratto dell’ascesa verso Saragiolo. Il valico è, di fatto, un quadrivio nel quale confluiscono anche le strade provenenti da Triana (Roccalbegna) e dalla vetta dell’Amiata. La salita all’Incrociata, dal versante di Santa Fiora, è stata affrontata nel circuito finale della tappa di Santa Fiora della Tirreno-Adriatico 1996, vinta da Fabiano Fontanelli e che proponeva la scalata all’Amiata (fino al Prato delle Macinaie): si è trattata dell’ultimo passaggio di una corsa professionistica sul monte toscano.

Mauro Facoltosi

FOTOGALLERY

Foto copertina: un tratto della discesa dalla Croce di Fighine (panoramio)

Il tratto di mare antistante Piombino. Sullo sfondo si intravede (a fatica) la Corsica…. quella era terra italiana fino al 1768 (www.bellezzedellatoscana.it)

Il tratto di mare antistante Piombino. Sullo sfondo si intravede (a fatica) la Corsica…. quella era terra italiana fino al 1768 (www.bellezzedellatoscana.it)

Follonica, la chiesa di San Leopoldo sotto la neve (www.flickr.com)

Follonica, la chiesa di San Leopoldo sotto la neve (www.flickr.com)

Scavi di Vetulonia (www.maremma.name)

Scavi di Vetulonia (www.maremma.name)

Lago dell’Accesa (www.museidimaremma.it)

Lago dell’Accesa (www.museidimaremma.it)

Arcidosso (www.albergotoscana.it)

Arcidosso (www.albergotoscana.it)

Monte Amiata (www.justintoscana.com)

Monte Amiata (www.justintoscana.com)

Monte Labbro, la Torre Giurisdavidica (panoramio)

Monte Labbro, la Torre Giurisdavidica (panoramio)

L’abbazia di Abbadia San Salvatore (www.albergoristoranteolimpia.it)

L’abbazia di Abbadia San Salvatore (www.albergoristoranteolimpia.it)

San Casciano dei Bagni (http://www.bbacquapendente.it)

San Casciano dei Bagni (http://www.bbacquapendente.it)

Salita della Croce di Fighine, tratto di sterrato al 15% (panoramio)

Salita della Croce di Fighine, tratto di sterrato al 15% (panoramio)

La rupe di Orvieto (www.goolliver.com)

La rupe di Orvieto (www.goolliver.com)

ALMANACCO DEL DOPO TAPPA: QUI LIVORNO

maggio 11, 2011 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Dopo la presentazione della tappa e la cronaca, la giornata in rosa di ilciclismo.it si chiude con uno scrigno zeppo di golosità: il commento tecnico alle tappe di montagne, dalla voce di un ex corridore di prestigio che scoprirete tra qualche giorno; la rassegna stampa internazionale; il parere dei tifosi; la rubrica tricolore di N@po; le “perle” dei telecronisti, le previsioni del tempo per la tappa che verrà e il ricordo del Giro del 1961. Seguiteci.

Foto copertina: la Leopard schierata alla partenza da Genova (foto Alessandro Trovati)

GIRO D’ITALIA, GIRO DEL MONDO

Il Giro in processione. Un silenzioso “Ciao Wouter”(Gazzetta dello Sport)

Il Giro piange Weylandt. La Leopard lascia la corsa (Corriere dello Sport – Stadio)

Death in the mountains has peloton questioning dangerous descents (The Independent)

Tragic Weylandt honoured (The Daily Telegraph)

Leopard quitte la course (L’Equipe)

A la suite de la mort de Weylandt, l’équipe Leopard annonce son retrait (Le Monde)

El Leopard y Farrar no tomarán hoy la salida (AS)

El Leopard abandona el Giro de Italia (Marca)

“El Giro es peligroso” (El Mundo Deportivo)

L’équipe de Weylandt, les Leopard Trek, quitte le Giro (Le Soir)

Wouter Weylandt: le coureur est mort sur le coup (Sud Presse)

Wouter Weylandt : Départ de la 4e étape du Giro après une minute de silence (L’Avenir)

Leopard Trek stapt uit de Giro (De Standaard)

La Dernière Heure/Les Sports(La Dernière Heure/Les Sports)

‘Dag zoon, dag Wouter, dag Woutje’ (Het Nieuwsblad)

Leopard-Trek stapt uit Giro (De Telegraaf)

Somber Stage at Giro d’Italia (The New York Times)

Cyclists ride together on day of mourning at Giro (USA Today)

Weylandt tragedy: O’Grady team quit Giro d’Italia over death (Herald Sun)

Belgian rider’s death casts pall (The Age)

Tour of Italy cyclists honour fallen rider (The Australian)

BOX POPULI
Ecco le impressioni degli appassionati di ciclismo, gente che le corse non le segue solo davanti alla tv, ma le vive sia andando ad applaudire i campioni lungo le strade, sia ricalcando le stesse rotte e sudando in sella ad una bici.

Ieri è stato il giorno del dolore e anche i nostri amici del forum sono rimasti in rispettoso silenzio, col pensiero rivolto a Weylandt e ai suoi cari.

con la collaborazione degli utenti del Forum dello Scalatore (www.salite.ch)

BIANCO, ROSSO E VERDE
I MISTERI DELLA CASSAPANCA

In queste tristi ore non ce la sentiamo di “scherzare” col Giro. Siamo in lutto come tutto il movimento ciclistico e piangiamo la scomparsa di un amico, prima che di un corridore.
Le nostre due rubriche leggere torneranno tra qualche giorno.

La redazione

METEO GIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della frazione Piombino – Orvieto

Piombino: poco nuvoloso, 21,2°C, venti moderati da NW (14 Km/h), umidità al 52%, mare calmo
Roccastrada (Km 61,6): nuvole sparse, 22,8°C (percepiti 24° C causa vento), venti deboli da NNW (9-11 Km/h), umidità al 34%
Arcidosso – T.V. (Km 106,6): nuvole sparse, 21,9°C (percepiti 23° C causa vento), venti deboli da NNW (9-12 Km/h), umidità al 35%
Croce di Fighine – GPM (Km 154): nuvole sparse, 22,9°C (percepiti 24°C causa vento), venti deboli da N (10-13 Km/h), umidità al 36%
Orvieto: poco nuvoloso, 23,3°C (percepiti 24,5°C causa vento), venti moderati da N (12 – 15 Km/h), umidità al 36%

I TITOLI DELL’UNITA’

Ecco come l’Unità presentò ai propri lettori le gesta dei partecipanti al Giro del Centenario dell’Unità (1961). Altimetrie e grafice dal nostro personale archivio (in corso di aggiornamento), accessi selezionando dal menù a discesa sotto la voce “Altimetrie storiche GT” (in alto a sinistra)

A CAGLIARI GRAZIE A ORESTE MAGNI IL “GIRO” HA PARLATO ITALIANO
Oggi i “mille” sbarcheranno a Marsala
Ad un attacco di Sorgeloos, il gruppo si spezza e rimangono staccati Anquetil, Bahamontes, Gaul, Massignan e Defilippis, ma grazie alla confusione creata dalle auto, l’azione non ha esito – Oggi la tappa Marsala – Palermo di 144 Km

ARCHIVIO ALMANACCO
Cliccare sul nome della tappa per visualizzare l’articolo

1a tappa Venaria Reale – Torino
2a tappa Alba – Parma
3a tappa Reggio Emilia – Rapallo

10-05-2011

maggio 11, 2011 by Redazione  
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GIRO D’ITALIA

La quarta tappa, Genova Quarto dei Mille – Livorno, è stata neutralizzata dalla giuria a seguito della manifestazione di lutto del gruppo per la scomparsa di Wouter Weyland. L’ordine d’arrivo fittizio stilato dalla giuria vede davanti tutti i corridori della Leopard Trek (aperti dal francese Brice Feillu) e lo statunitense Farrar, a seguire, decimi a pari merito, tutti gli altri partecipanti al Giro d’Italia., classificati con 15″ di ritardo. Impiegati 5h55′58″ per percorrere 216 Km, ad una media di 36,408 Km/h, tempo non accorpato a quello della classifica generale. Rimane, dunque, maglia rosa il britannico David Millar (Team Garmin – Cervélo), con 7″ sullo spagnolo Vicioso Arcos e 9″ sul bielorusso Sivtsov. Miglior italiano Marco Pinotti (HTC-Highroad), 4° a 9″.

UN ABBRACCIO CHE VA OLTRE OGNI TRAGUARDO

maggio 10, 2011 by Redazione  
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Oggi si è corso, ma non si è gareggiato. Si è amato per 216 Km, donando ogni pedalatam ogni battito di cuore, ogni pensiero a Wouter Weylandt, alla sua amata Anne Sophie e a colui che ne erediterà l’anima.

Foto copertina: la Leopard compatta ed abbracciata sul traguardo di Livorno (foto Bettini)

La vita, oggi, fin dalle prime tenue luci dell’alba, ha donato l’immortalità a Wouter Weylandt. Ogni gesto umano era accompagnato dal ricordo del giovane ciclista. Di Wouter anche la natura, nelle sue forme più variegate, ne è stata inaspettatamente ricca. Tantissimo. Da esser quasi sorpresa dal riuscire a contenere le qualità dell’angelo belga. La luce del sole si è arricchita del suo sorriso infinito. Il cielo terso della purezza del suo animo. Il grecale, che soffiava da nord-est, rafforzato con la sua unica voce. Si vive e si piange. Tutti per te adorato campione. E’ impensabile non riuscirci a portar via una lacrima. Non saremmo parte della tua rinascita. E’ il tuo giorno, e siamo pronti a volerti celebrare fin da subito, gettando via per sempre ogni maledetto pensiero precedente. Il sapore del pianto così è puro, i nostri cuori gioiosi. Il magistrale Silenzio ha dato inizio al tuo giorno ingemmando, ancor più, tutti noi. I tuoi amici, nemici, colleghi e compagni di squadra, poi, hanno fatto nascere un arcobaleno lunghissimo per abbraciarti in cielo. Senza inizio né fine. Da ammirare più e più volte lungo le caratteristiche strade liguri. In silenzio. Piano, senza turbare alcuno, nemmeno il sonno della tua vittoria più bella, che beata, dimora insieme alla tua amata Anne Sophie.

Antonio Scarfone

QUARTO DEI MILLE – LIVORNO: IL PORTOLANO DEL GIRO D’ITALIA

maggio 10, 2011 by Redazione  
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Prima Quarto, poi il litorale apuano, quindi Pisa e infine Livorno: la quarta frazione si presenta come la più “marinara” dell’edizione 2011. La traversata tra i due celebri approdi non si annuncia totalmente agevole poiché il “mare” sarà a tratti mosso. Passi la Ruta, passi il Bracco, ma quell’onda di Montenero che il grafico segnala nel finale, dopo la “bonaccia” della Versilia, sembra messa lì apposta per far dannare l’anima ai velocisti, già col dente avvelenato per la penuria di traguardo a loro favorevoli. Oggi dovranno guardarsi da quei finisseur che vorrano emulare le geste di Argentin, primo sul Montenero nel 1981.

Il Giro d’Italia è un porto di mare. È una frase fatta e banale questa, ma che ben rende l’idea della dimensione “zingaresca” della corsa rosa, per il suo giornaliero veleggiare da un approdo all’altro, mentre la “gente” effettivamente va e viene di continuo: ogni giorno è un nome nuovo – a partire i soliti noti e i “cavalli pazzi” irriducibili – ad affaccarsi alla ribalta cronachistica, ogni giorno mille volti diversi si mischiano a quelli che abitualmente affollano i raduni di partenza e i villaggi all’arrivo. Se poi si predisponde una tappa tracciata tra il mitico scoglio di Quarto e uno dei più importanti porti del Mediterraneo, ecco che questo particolare aspetto diventa ancora più evidente. Non solo, anche l’altimetria della frazione di Livorno pare rispondere a precisi richiami “marinari”, con una traversata che salperà dalle coste liguri in condizione di mare mosso, ondate poco incisive che il gruppo supererà senza troppi patemi. Seguirà la snervante bonaccia del litorale apuano sulla quale si navigherà sino alle porte di Livorno quando il Dio del mare del Giro, Nettuno Zomegnan, susciterà un violento cavallone proprio a ridosso del porto finale. Un cavallone che si chiama Montenero, l’asperità che – isolata da tutte le altre difficoltà di giornata – respingerà le possibilità di vittoria per parecchi velocisti e renderà la vita dura agli sprinter più resistenti, che si troveranno tra le ruote quelle dei finisseur, chiamati in cattedra da un’ascesa che, al Giro del 1981, fece emergere le doti di scattista di Moreno Argentin, vincitore della tappa Arezzo-Livorno / Montenero. Stavolta ci saranno più chanches per i velocisti perché trent’anni fa, come lascia intendere il nome della località d’arrivo, il traguardo era posto proprio in cima all’ascesa mentre la tappa del 2011 proporrà ulteriori 10 Km di strada e il ritorno sulla litoranea.
La carovana mollerà dunque gli ormeggi da quello scoglio che, nella notte tra il 5 e il 6 maggio del 1860, salutò i Mille imbarcatisi per la Sicilia. Nei primi 80 Km si seguiranno le rotte dell’Aurelia, una delle storiche strade consolari dell’Impero Romano, inizialmente tracciata tra Roma e Cerveteri e solo in seguito prolungata, a più riprese, sino a raggiungere la Colonia Augusta Nemausensis, l’odierna città francese di Nîmes. I “girini” ne percorreranno i tratti più impegnativi, affrontando nella fase iniziale di questa quarta frazione cinque delle sei ascese previste. La prima s’incontrerà a una dozzina di chilometri dalla partenza, dopo aver attraversato Recco, la patria della focaccia con il formaggio, centro connotato da un aspetto forzatamento moderno a causa dei ben 27 bombardamenti aerei che subì durante la seconda guerra mondiale. 3700 metri più avanti e 257 metri più in alto (media del 6,9%) si scollinerà all’imbocco della piccola galleria di Ruta, modesta località di villeggiatura che nel 1866 accolse Friedrich Nietzsche, venuto a riposarsi ai piedi del Monte di Porfofino, la principale elevazione dell’omonimo promontorio. Il celebre filosofo avrà sicuramente percorso i sentieri che penetrano in questo paradiso, candidato all’iscrizione nella lista dei Patrimoni dell’Umanità, spingendosi verso quel connubio d’arte e natura chè costituito dalla millenaria abbazia di San Fruttuoso.
Planati su Rapallo, si ripeterà in senso inverso il finale della tappa precedente, tornando quindi a confrontarsi con le ascese del Castellaro e della Madonna delle Grazie. Si tornerà poi a navigare in acque tranquille per altri sei miglia marine (una dozzina di chilometri terrestre), costeggiando quel tratto di Mar Ligure che è noto come “Baia delle Favole” in ricordo di un altro soggiorno illustre, quello dello scrittore danese Hans Christian Andersen, ospite a Sestri Levante nel 1835.
Verrà ora il momento d’affrontare l’ascesa più gloriosa di questa tappa, diretta ai 613 metri del Passo del Bracco, massima elevazione dell’Aurelia e valico tra i più frequentati dal Giro, che lo inserì nel proprio tracciato sin dalla primissima edizione. A pari merito con Macerone e Rionero Sannitico detiene attualmente il record di GPM effettuati su un’ascesa appenninica, con 18 passaggi “registrati” tra il 1938 (Giovanni Valetti) e il 2009, quando il russo Menchov fu, nel corso della cronometro delle Cinque Terre, il più lesto a percorrere i 15,3 Km al 3,9% dell’ascesa ligure. Una difficoltà facilmente sormontabile, dunque, pedalabile in ogni suo tratto e non solo negli ultimi 3,7 Km, che si snodano in falsopiano, quasi alla stessa quota dello scollinamento. In discesa si affronterà il versante del primo Giro d’Italia, difficoltà che il direttore Armando Cougnet presentò ai lettori della Gazzetta come una salita “molto forte: il terreno è buono, ma i frequenti e rapidi tourniquets ci costringono ad andare adagio”, piatto forte della sesta frazione, Firenze – Genova, che si concluderà con il successo del pavese Giovanni Rossignoli, mentre il capoclassifica Ganna riuscirà a salvare la leadership – all’epoca non esisteva ancora la maglia rosa, istituita nel 1931 – nonostante una foratura patita dalle parti di Massa.
Terminata la discesa, si tornerà subito a salire, per la penultima volta in questa frazione, andando a rimontare il facile Valico del Termine (circa 1600 metri al 6,2%) prima di abbandonare l’Aurelia. Subito dopo il passaggio da Borghetto di Vara, infatti, si lascerà la statale – che punta su La Spezia attraverso il valico della Foce – per rimanere nella valle percorsa dal fiume Vara, il più lungo della Liguria (poco meno di 60 Km) e per poi ritrovare la SS 1 alle porte di Sarzana, centro fondato in posizione strategica, all’incrocio tra importantissime vie di comunicazione quali la stessa Aurelia e la Via Francigena. Per questo motivo nel corso dei secoli assumerà notevole importanza per l’agricoltura e i commerci, mentre nel medioevo diventerà anche un rilevante centro sotto l’aspetto religioso e giuridico, in quanto sede vescovile e di tribunale: a testimonianza di questi trascorsi rimangono diversi edifici tra i quali spiccano la concattedrale di Santa Maria Assunta e le due fortezze Firmafede e di Sarzanello.
Si passerà ora dalla Liguria alla Toscana cambiando nuovamente asse di scorrimento. I successivi 30 Km si pedaleranno sulla litoranea della Versilia, un rettifilo pressochè ininterrotto e spezzato solo da una decina d’impercettibili curve. Sarà tutto un rincorrersi di località oggi dedicate al divertimento ma figlie di secoli di duro e sudato lavoro, sviluppatesi come punti d’imbarco dei marmi scavati con fatica nelle cave delle vicine Alpi Apuane. Il principale di questi porti era quello di Forte dei Marmi, a protezione del quale i Lorena fecero erigere la fortezza che ha attribuito l’attuale nome a questa località, inizialmente chiamata semplicemente “Magazzino dei Marmi”. Terra di fatiche la Versilia lo è stata anche per il Giro d’Italia che, dei ventotto traguardi disputati sul litorale, ben dieci li ha posti a capo d’appassionanti sfide contro il tempo, talvolta risultate decisive. Si ricordano, in particolare, le cinque frazioni terminate proprio a Forte dei Marmi e quella di Marina di Massa del 1936, che fu la prima cronometro a squadre proposta al Giro.
Dopo Viareggio il percorso abbandonerà la linea di costa, tornando a confluire sull’Aurelia, nel tratto in cui questa sfila tra il lago di Massaciuccoli, molto caro a Giacomo Puccini che possedava un villino affacciato sulle sue rive, e il “Parco Naturale Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli”, esteso sulla porzione di costa posta a cavallo dei confini delle province di Lucca e Pisa, area nella quale si trovano la foce del fiume Arno e la tenuta di San Rossore, fino al 1999 di proprietà della Presidenza della Repubblica (il presidente Gronchi, nativo della vicina Pontedera, vi fece ricostruire la Villa del Gombo, spesso utilizzata come edificio di rappresentanza), che l’aveva “ereditata” dai Savoia e che anche in passato era stata gestita direttamente dai dominatori della zona.
Il Giro giungerà così a Pisa, dove sfilerà a breve distanza dalla sfolgorante Piazza dei Miracoli, l’inevitabile “calamita” turistica di una città che vanta altre “mirabilia”, come la centralissima Piazza dei Cavalieri, il Museo Nazionale di San Matteo e la piccola ma assai preziosa chiesa di Santa Maria della Spina, gioiellino dell’arte gotica che nell’800 fu smontato e rimontato in altra sede per preservarlo dalle piene dell’Arno.
Il finale si avvicina a grandi balzi e i successivi 30 Km, inutili sul piano tecnico essendo ancora pianeggianti, serviranno idealmente per colmare secoli e secoli della più celebre rivalità italiana, quello che contrappone Pisa e Livorno sin dall’epoca delle Repubbliche Marinare e che, secondo il giornalista Alessandro Agostinelli, è nata per il semplice fatto che pisani e livornesi non sono cittadini di due distinti comuni, ma dimoranti di un medesimo quartiere.
Giunti all’altezza del grosso sobborgo di Ardenza, nella periferia meridionale di Livorno, arriverà il momento più ostico della giornata, la breve ma secca ascesa verso il colle di Montenero, ultimo scampolo delle colline livornesi verso il mare, sul quale troneggia il Santuario della Madonna delle Grazie, il principale della regione, molto caro ai toscani come rammentano gli oltre 700 ex voto che costituiscono una delle più ricche raccolte del genere in Italia. I velocisti in gruppo dovranno affrontare questo tratto a denti stretti, sia per non farsi staccare dal gruppo, sia per non lasciare scappare sotto il naso qualche missile pericoloso.
Cavalcata quest’ultima onda ci si ritufferà sul piano, che scivolerà sotto le ruote dei “girini” negli ultimi 6000 metri, in direzione della storica Accademia Navale, degno epilogo di questa frazione “marinara”.
Un mare che, il 10 maggio 2011, non sarà affatto calmo.

I VALICHI DELLA TAPPA

Valico di Ruta – tunnel (254m). Vi transita la statale Aurelia (SS 1) tra l’omonima località e San Lorenzo della Costa. Il valico geografico (Sella di Ruta – 278m) si trova sopra il tunnel e mette in comunicazione le medesime località mediante una strada secondaria. Spesso affrontata al Giro, in due occasioni la Ruta è stata considerata GPM: nel 1991 (tappa Sala Baganza – Savona) vi scollinò in testa il portoghese Acacio Da Silva, l’anno successivo (Genova – Uliveto Terme) toccò a Germano Pierdomenico. Ultimo passaggio nel 2007, nel corso della Camaiore – Santuario Nostra Signora della Guardia.


Sella di San Lorenzo (192m).
Coincide con la località di San Lorenzo della Costa, toccata durante la discesa dalla Ruta a Rapallo, lungo la statale Aurelia.

Selletta di Macallè (181m), Sella di Ca’ Bianca (293m), Passo d’Angio (340m), Sella di Bracco (416m), Valico di Cà Marcone (?, detto anche “Tagliamento”)*, Sella di Pian del Lupo (512m), Passo del Baracchino (?)*, Passo del Bracco (610m)**.
Questi sono, in ordine di apparizione, tutti i valichi che s’incontrano salendo da Sestri Levante al Bracco, seguendo la statale Aurelia. I valichi con l’asterisco non si trovano sul testo di riferimento “Valichi stradali d’Italia” (Georges Rossini, Ediciclo). Il doppio asterisco per il Passo del Bracco, si riferisce al fatto che, per i geologi, non si tratta di un valico ma, semplicemente, del punto più elevato raggiunto dalla strada. Segnaliamo anche due valichi non direttamente toccati, ma semplicemente sfiorati dalla SS 1, dalla quale sono raggiungibili mediante brevissime deviazioni su sentieri o strade sterrate: si tratta del Passo della Fornace (292m) e della Sella Merelle (576m; deviazione dalla loc. Baracchino). Il Bracco è quotato 613 sulle cartine del Giro. Abbiamo già accennato ai passaggi della corsa rosa. Qui ci limitiamo ad accennare alle doppiette di Alfredo Pasotti (1949 e 1951) e di Serse Coppi, lo sfortunato fratello del campionissimo, che scollinò in testa sul Bracco nel 1946 e nel 1950.

Valico del Bivio della Baracca (589m). Coincide con l’omonimo bivio posto sulla SS 1, tra Carrodano ed il Passo del Bracco. Vi si stacca la strada per Levanto.

Valico del Termine (264m). Valicato dalla statale Aurelia tra Carrodano Inferiore e Borghetto di Vara.

Mauro Facoltosi

MODIFICHE AL PERCORSO
La salita finale sarà più impegnativa, con l’aggiunto del muro verso Castellaccio, che presenta pendenze fino al 18%. Scollinamento a 15,5 Km dal termine. Il tratto di strada sull’Aurelia che il gruppo percorrerà appena terminata la discesa è quello sul quale fu girata una delle più celebre scene del cinema italiano, l’incidente finale de “Il sorpasso” di Bruno Risi.


FOTOGALLERY

Foto copertina: Livorno, Torre della Meloria (www.fototoscana.it)

Quarto dei Mille (www. virtualtourist.com)

Quarto dei Mille (www. virtualtourist.com)

Abbazia di San Fruttuoso (www.liguriapocket.com)

Abbazia di San Fruttuoso (www.liguriapocket.com)

Sestri Levante (www.tiziano.caviglia.name)

Sestri Levante (www.tiziano.caviglia.name)

Passo del Bracco

Passo del Bracco

Sarzana, Fortezza di Sarzanello (www.terredilunigiana.com)

Sarzana, Fortezza di Sarzanello (www.terredilunigiana.com)

Forte dei Marmi, uno scorcio del forte dei marmi (panoramio)

Forte dei Marmi, uno scorcio del <<forte>> dei marmi (panoramio)

Lago di Massaciuccoli (http://www.tuscanyiloveyou.com)

Lago di Massaciuccoli (http://www.tuscanyiloveyou.com)

Uno scorcio della tenuta di San Rossore

Uno scorcio della tenuta di San Rossore

Nonsolotorre: Pisa, Santa Maria della Spina (www.travelpod.com)

Nonsolotorre: Pisa, Santa Maria della Spina (www.travelpod.com)

Il santuario di Montenero

Il santuario di Montenero

Il porto di Livorno (panoramio)

Il porto di Livorno (panoramio)

ALMANACCO DEL DOPO TAPPA: QUI RAPALLO

maggio 10, 2011 by Redazione  
Filed under Approfondimenti

Dopo la presentazione della tappa e la cronaca, la giornata in rosa di ilciclismo.it si chiude con uno scrigno zeppo di golosità: il commento tecnico alle tappe di montagne, dalla voce di un ex corridore di prestigio che scoprirete tra qualche giorno; la rassegna stampa internazionale; il parere dei tifosi; la rubrica tricolore di N@po; le “perle” dei telecronisti, le previsioni del tempo per la tappa che verrà e il ricordo del Giro del 1961. Seguiteci.

Foto copertina: il podio rimasto vuoto e, sullo schermo, le immagini di un soccorso rimaston inutie (foto Bettini)

GIRO D’ITALIA, GIRO DEL MONDO

Tragedia al Giro: muore Weylandt. Arrivati la moglie e il padre(Gazzetta dello Sport)

Dramma al Giro d’Italia. Muore il belga Weylandt (Corriere dello Sport – Stadio)

Belgian rider Weylandt dies in high-speed crash in Giro (The Independent)

Weylandt killed in Giro (The Daily Telegraph)

Le jour d’après (L’Equipe)

Le coureur belge Wouter Weylandt est mort (Le Monde)

Weylandt falleció al chocar con un muro (AS)

Weylandt se deja la vida en el Giro (Marca)

Drama en el Giro: muere Weylandt (El Mundo Deportivo)

Les équipiers de Wouter Weylandt restent au Giro (Le Soir)

Décès du coureur Wouter Weylandt: Leopard-Trek reste sur le Giro (Sud Presse)

Les équipiers de Wouter Weylandt restent au Giro (L’Avenir)

Fatale val in afdaling (De Standaard)

Wouter Weylandt, un gars sympa et jovial (La Dernière Heure/Les Sports)

Ploegmaats Weylandt blijven in Giro (Het Nieuwsblad)

Net als Casartelli (De Telegraaf)

Belgian Cyclist Dies After Crashing in Giro d’Italia(The New York Times)

Belgian cyclist Weylandt dies in crash (USA Today)

Cyclist killed in Giro crash (Herald Sun)

Belgian cyclist dies after Giro d’Italia crash (The Age)

Tragedy hits peloton in Giro (The Australian)

Belgian cyclist killed in horror crash (The Daily Telegraph – Australia)

BOX POPULI
Ecco le impressioni degli appassionati di ciclismo, gente che le corse non le segue solo davanti alla tv, ma le vive sia andando ad applaudire i campioni lungo le strade, sia ricalcando le stesse rotte e sudando in sella ad una bici.

Gnaldi: Gravissimo incidente a Weylandt; è in coma.

Pedale Pazzo: Ho visto delle immagini in diretta che francamente avrei preferito non vedere.

Lo hanno intubato e stano praticamente il massaggio cardiaco ma la situazione è gravissima. Dovrebbe essere subito trasportato in ospedale ma l’elicottero già arrivato dopo 20 e ripeto 20 minuti non è riuscito ad atterrare e ora praticamente dovranno trasportarlo in ambulanza, l’avessero fatto subito non avrebbero perso questi 20 minuti. Bisogna sperare nel miracolo.

Mauro Facoltosi: L’incidente è accaduto in una zona impervia… l’elicottero non era certo dietro l’angolo

Pedale Pazzo: A me sembra che abbiano le idee molto confuse, han già cambiato idea 3 volte.

Che la zona fosse impervia lo sapevano già da subito, bisognava trasportarlo in ambulanza subito dopo averlo intubato verso il fondo della discesa dove ci sono degli spiazzi buoni per l’elicottero. Stanno facendo questo solo ora, erano le 16.20 quando il ragazzo è caduto, ora sono le 17.20. Un’ora è tanta roba e non siamo a 3 mila metri sperduti sulle alpi.

Gnaldi: Sembrano non esserci più speranze, ahimé.

Pedale Pazzo: Non c’è l’ha fatta.

Gibosimoni: io credo che sia praticamente morto sul posto ma che lo abbiano voluto dire solo più tardi per rispetto alla famiglia. Altrimenti sarebbe veramente un scandalo esagerato un tal ritardo nei soccorsi, una tal calma e lentezza di tutti i soccorritori.

MirkoBL: Non c’è stato nessun ritardo nei soccorsi: la macchina medica si è fermata subito, c’erano i volontari di pronto soccorso e del Soccorso Alpino, l’elicottero era stato avvisato per tempo. A tutti quelli che hanno cercato di salvargli la vita non si può obiettare niente.

Pedra85: Un quarto d’ ora di massaggio cardiaco non lascia ben sperare…
Non ho parole, solo un grande dispiacere per uno di noi, oltre che per un futuro padre…

Versosella: è una morte simile a quella di Casartelli. Là non c’era il casco, qui sì.
Ma sono morti sul colpo, quasi sicuramente.
Fa impressone quel lago di sangue dalla testa: sembra la stessa immagine. Solo che allora al tour festeggiarono all’arrivo. Solo la sua squadra arrivò (ma forse era il giorno dopo) insieme, commovente, alla fine della tappa. tutti i corridori piangevano. Non ho mai dimenticato quella scena.
Il ciclismo è uno sport unico anche in questo. Nella tragedia, nel rischio che ci si prende, nella sua “silenziosa umiltà” nascosta. Nonostante il doping, nonostante quanto male se ne parli (da chi magari non è mai montato in sella).
Un abbraccio virtuale alla sua famiglia.

Pincopallino2005: Cose che succedono, quello che pero` mi fa veramente incazzare son le ammiraglie che suonavano per passare.

Pedale Pazzo: A questo punto credo sia l’ipotesi più probabile. La discesa era ripida e tecnica ed è stata affrontata a velocità incredibile. Anche prima della caduta io sinceramente mi sono spaventato in un paio di occasioni nel vedere alcune moto che non riuscivano a superare e staccare a distanza di sicurezza i ciclisti rimanendo spesso in mezzo, mentre le ammiraglie sembrava facessero una gara di gran turismo.

Mauro Facoltosi: Questa tragica notizia ha fatto passare in secondo piano tutta la cronaca di tappa. Sotto quest’ultimo aspetto la notizia principale è il ritardo di 1′14″ accusato da Sastre, costretto ad un cambio di bicicletta (ha finito la tappa su quella di Ardila)

MirkoBL: E Contador ha guadagnato 2″ al traguardo volante.

Hotdogbr: due parole sull’aspetto tecnico della corsa anche se passa in secondo piano di fronte alla tragedia di Weylandt, ora non so se in gruppo si sapesse delle condizioni del belga e questo abbia condizionato la corsa nel finale ma è significativo che non siano riusciti a prendere Vicioso e compagni che anzi hanno sempre aumentato il vantaggio, il punto è che tutte le squadre sono infarcite di scalatori e dunque non ci sono uomini in grado di controllare la corsa in queste tappe intermedie per i loro velocisti

Versosella: Finito il divertimento. Finito il Giro.
Come Casartelli.

Patavium82: Una tragedia. Povero Wouter, 25 anni. Ogni parola sembra di troppo in questi casi. Che possa continuare a pedalare in cielo.

Gibosimoni: Purtroppo il ciclismo è anche questo. Wouter vigila sempre su questo magnifico ma talvolta omicida sport. Una tragica fatalità. Condoglianze alla famiglia di cuore.

MirkoBL: Sento solo una grande tristezza.

N@po: Il giro è un racconto. La sua grandezza risiede nell’essere una metafora della vita. La morte a volte irrompe a sorpresa… Non ci puoi fare niente. La puoi solo osservare come tutte le altre grandi contraddizioni della vita. L’unica certezza che si può avere è che mai e poi mai un corridore vorrebbe che una sua disgrazia interrompesse lo svolgersi di quella che è stata la passione della sua vita e cioè la competizione ciclistica.

Mmeasso: Molto bella questa riflessione…
penso che non serva aggiungere altro…

Vedo23: Concordo!
E soprattutto spero che non sbuchino i soliti media sciacalli, a speculare sulle disgrazie altrui… Il Giro e il Team Leopard devono continuare, anche per onorare le fatiche immani e i rischi, a volte notevevoli, che questi ragazzi affrontano quotidianamente, di certo per molti meno zeri nello stipendio di piloti di F1 o – pensando ad un gioco ancora meno pericoloso – dei calciatori…
Tutti noi veri appassionati siamo rimasti spiaciuti veramente, e non ricerchiamo scoop o teatri lacrimevoli. Sappiamo che la bicicletta può farci del male – lo sanno bene molti del forum! -, sappiamo che la strada è ruvida e dura, sappiamo che le auto e altri pericoli possono darci spiacevoli sorprese.
Possono tradirci gli altri, le condizioni della strada, le nostre forze, la ma bici no, quella non ci tradisce mai: è la nostra passione e la viviamo, fino in fondo.
Un pensiero sentito e senza fanfare per il povero Wouter.

con la collaborazione degli utenti del Forum dello Scalatore (www.salite.ch)

BIANCO, ROSSO E VERDE
I MISTERI DELLA CASSAPANCA

In queste tristi ore non ce la sentiamo di “scherzare” col Giro. Siamo in lutto come tutto il movimento ciclistico e piangiamo la scomparsa di un amico, prima che di un corridore.
Le nostre due rubriche leggere torneranno tra qualche giorno.

La redazione

Una sola segnalazione riguardo l’ordine d’arrivo riportato su Televideo RAI: il corridore arrivato 4° è Daniel Moreno Fernandez (Katusha Team) e non Javier Moreno Bazán, corridore che, tra l’altro, non sta nemmeno disputando il Giro, tantomeno la sua formazione (Andalucía-Caja Granada)

METEO GIRO
Le previsioni si riferiscono agli orari di partenza, passaggio e arrivo della frazione Genova / Quarto dei Mille – Livorno

Genova: cielo sereno, 18,7°C, venti deboli da N (8-11 Km/h), umidità al 60%, mare quasi calmo
Sestri Levante (Km 44,3): cielo sereno, 21°C (percepiti 22° C causa vento), venti deboli da NW (5-8 Km/h), umidità al 48%, mare calmo
Ceparana-Carpena – rifornimento (Km 99,5): cielo sereno, 22,2°C (percepiti 24° C causa vento), venti deboli da N (3 – 6 Km/h), umidità al 35%
Lido di Camaiore – T.V. (Km 144,9): poco nuvoloso, 22,1°C (percepiti 23,5°C causa vento), venti deboli da N (5 – 10 Km/h), umidità al 45%, mare quasi calmo
Livorno: cielo sereno, 23,4°C (percepiti 24,5°C causa vento), venti moderati da NW (13 – 14 Km/h), umidità al 41%, mare poco mosso

I TITOLI DELL’UNITA’

Ecco come l’Unità presentò ai propri lettori le gesta dei partecipanti al Giro del Centenario dell’Unità (1961). Altimetrie e grafice dal nostro personale archivio (in corso di aggiornamento), accessi selezionando dal menù a discesa sotto la voce “Altimetrie storiche GT” (in alto a sinistra)

A GENOVA: SCHROEDERS BATTE ALLO SPRINT BAILETTI
Continua nel “Giro” il dominio degli stranieri
L’attacco del giovane biancoceleste – La reazione di Poblet – Oggi il circuito di Cagliari (118 Km)

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ARCHIVIO ALMANACCO
Cliccare sul nome della tappa per visualizzare l’articolo

1a tappa Venaria Reale – Torino
2a tappa Alba – Parma

09-05-2011

maggio 10, 2011 by Redazione  
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GIRO D’ITALIA

Lo spagnolo Angel Vicioso Arcos (Androni Giocattoli) si è imposto nella terza tappa, Reggio Emilia – Rapallo, percorrendo 173 Km in 3h57′38″, alla media di 43,680 Km/h. Ha preceduto allo sprint il britannico David Millar (Team Garmin-Cervelo) e lo spagnolo Lastras Garcia. Miglior italiano Sacha Modolo (Colnago – CSF Inox), 8° a 21″. Millar è la nuova maglia rosa, con 7″ su Vicioso Arcos e 9″ sul bielorusso Sivtsov. Miglior italiano Marco Pinotti (HTC-Highroad), 4° a 9″.

FIVE RINGS OF MOSCOW
Il russo Alexander Serebryakov si è imposto nella quarta ed ultima tappa, circuito di Mosca, percorrendo 129 Km in 2h54′01″, alla media di 44,478 Km/h. Ha preceduto allo sprint il tedesco Janorschke e il russo Shpilevsky. In classifica si impone il russo Sergey Firsanov (Itera – Katusha), con 23″ sul serbo Stevic e 35″ su Janorschke.

CIAO WOUTER, PREFERIAMO RICORDARTI COSI’

maggio 9, 2011 by Redazione  
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La parola “dramma” entra prepotentemente nella storia del Giro d’Italia dei 150 anni dell’Unità. Nella terza tappa, da Reggio Emilia a Rapallo, lungo la discesa del Passo del Bocco cade e muore il belga della Leopard-Trek Wouter Weylandts. Ciclismo in lutto, gruppo col morale a terra.

Foto copertina: il successo di Weylandt a Middelburg, al Giro dell’anno scorso (foto Bettini)

364 giorni fa il Giro d’Italia aveva dato tutto a Wouter Weylandts, un 25enne belga di stazza imponente con il vizio di provare a buttarsi nelle volate di gruppo. Fra lo stupore e sfruttando un vento che non dava tregua, l’allora corridore della Quick Step si era imposto nella terza tappa del Giro a Middelburg battendo Brown e Forster.
Era il 10 maggio 2010 e 364 giorni dopo il Giro d’Italia gli ha tolto tutto: la bicicletta da sotto la sella, il casco, la voglia di pedalare, la necessità di fare questo mestiere per vivere, la spericolatezza per gettarsi nelle volate. Ma, soprattutto, e questo non lo voleva proprio nessuno, gli ha tolto la vita. Ed a 25 anni è dannatamente troppo presto.
Un destino beffardo lo aspettava nella discesa del Passo del Bocco, una strada tortuosa che doveva portare i “girini” a Rapallo sede d’arrivo della terza tappa di questo Giro che festeggia i 150 anni dell’Unità d’Italia. Una distrazione, la mente forse per un attimo persa da qualche altra parte, la voglia di rimontare il gruppo, la consapevolezza di volersi gettare nella volata per tenere alto il nome della sua squadra, la Leopard-Trek. Ed, invece, giù. Sull’asfalto, con il corpo, con la faccia, verso il buio, verso l’abisso, verso la fine di una vita spezzata troppo presto e, soprattutto, ingiustamente.
In tanti angeli hanno provato a tenerlo qui accanto a noi, Wouter: medici, infermieri, il dottor Tredici che è il capo dei dottori del Giro, alpini, volontari, addetti del 118. Ognuno nel suo piccolo ha dato il proprio contributo e nulla si può rimproverare al servizio medico della corsa rosa, con tanti uomini pronti a dedicarsi interamente al corridore in quasi quaranta minuti di massaggio cardiaco. Niente da fare. E quando Rai Sport, per un tempo limitato a non più di tre secondi, ha trasmesso quell’immagine dell’uomo Leopard a terra con qualcuno che, con un paio di forbici, tagliava il laccio del casco del belga, tutti sono stati assaliti da un brivido: che Weylandts stesse lottando per una volata improba.
La cronaca parla di una toccata con un suo pedale contro un muretto della sede stradale, la bicicletta che finisce fuori controllo a velocità elevata in quanto in discesa, il corridore che viene sbalzato dalla stessa per almeno venti metri e finisce con il volto contro l’asfalto. «Frattura alla base cranica ed altre facciali» ricorderà alle 17.25, cinque minuti dopo che il cuore di Weylandts ha smesso di battere, il dottor Tredici. E poi quel telo bianco, lì, in mezzo al bosco che spunta come una macchia indelebile fra un albero ed un altro che ci ricorda l’atrocità del momento: Wouter non c’è più, adesso sta volando da qualche altra parte, già pronto a duellare con Emilio Ravasio, piuttosto che scherzare con Juan Manuel Santisteban o tentare di staccare Orfeo Ponsin. Sono i nomi dei quattro corridori morti in corsa sulle strade del Giro d’Italia, anche se negli ultimi anni come dimenticare la beffarda fine del nostro Alessio Galletti, oppure di Andrei Kivilev.
Nel frattempo, però, the show must go on, e non poteva essere altrimenti visto che gli altri corridori niente sapevano di ciò che era successo. Ed allora, per la cronaca, a Rapallo ha vinto Angel Vicioso, uno dei ciclisti più in forma del momento che si era imposto la scorsa settimana a Larciano e che regala già un sorriso, ma in una giornata del genere nessuno lo potrà mai fare, a Gianni Savio ed alla tenacia dell’Androni Giocattoli. Dopo la fuga del mattino con gli italiani Ricci Bitti (Farnese-Neri) e Brambilla (Colnago) accompagnati dal “solito” Brutt (Katusha) e De Clerq (Omega Pharma-Lotto) che non sono mai andati oltre i quattro minuti e ripresi ai meno tredici, la gara si decide, mentre Weylandts sta lottando fra la vita e la morte già da una quindicina di minuti, sul Gpm di Madonna delle Grazie (4° categoria ma una discreta rampa) con l’accelerata di Christophe Le Mevel (Garmin-Cervelo) seguito come un ombra da Vicioso (Androni) ai quali poi si accodano anche Lastras (Movistar) e Moreno (Katusha), anche se il numero ad effetto lo compie David Millar (Garmin-Cervelo) che, tutto solo, in discesa rientra sui battistrada agli ultimi due chilometri. Il gruppo non reagisce e 18” di svantaggio agli ultimi 1.000 metri sono già incolmabili. Le Mevel lavora per Millar, ma Vicioso prende in testa l’ultima curva a 130 metri dall’arrivo e diventa irraggiungibile, con l’inglese della Garmin che chiude alla piazza d’onore davanti a Lastras e Moreno, mentre Sacha Modolo (Colnago-CSF) si impone nella volata del gruppo. La maglia rosa Mark Cavendish è andata in difficoltà già sul Bocco ed ha chiuso nella “rete”, così il primato va a David Millar. Ma, per oggi, non avrà voglia di festeggiare nemmeno lui perché adesso il Giro d’Italia, per tutta la sua durata, si porterà dietro questo alone di tristezza e di impotenza di fronte a quanto successo questo pomeriggio. Ci mancherai Wouter, soprattutto domani quando saranno passati proprio 365 giorni esatti dalla tua vittoria al Giro. Non doveva finire così.

Saverio Melegari

La volata che ha messo la parola fine a questa triste giornata (foto Bettini)

La volata che ha messo la parola fine a questa triste giornata (foto Bettini)

In ricordo di Weylandt in calce all’articolo ripubblichiamo il pezzo che il nostro Saverio Melegari scrisse in occasione della sua vittoria di Middelburg, un anno fa

Come può un po’ di vento mandare all’aria una classifica generale? Come può una caduta a cinquanta chilometri dall’arrivo tagliare fuori da sogni e velleità a breve e lungo termine? Basta andare in Olanda, metterci un bel sole, un po’ di freddo, tanto Eolo ed il gioco è servito.
Dopo Utrecht, Middelburg. Dopo Farrar, Weylandts. Dopo confusione, altra confusione. Si chiude così la terza tappa di questo 93° giro d’Italia, 229 km dalla capitale orange alla piccola cittadina sul mare del Nord e si chiude anche il capitolo legato all’estero.
Come detto, tanta confusione, tante ginocchia sbucciate e ventagli a non finire. E poi un percorso molto insidioso, curve, controcurve, spartitraffico, pavè e chi più ne ha più ne metta. Con tutte queste variabili impazzite è logico aspettarsi un finale pazzo, anche se davanti non sono in 200 ma in venti e se di velocisti fortissimi ce n’è uno e tutti gli altri, in teoria, dovrebbero vederlo solo dopo il traguardo.
Sbaglia tutto Andrè Greipel che deve rimandare l’appuntamento con la vittoria al Giro, nonostante tutta la squadra davanti a tirare per lui, un epico Adam Hansen in testa dai -3 ai 1.500, un Pinotti che sgomita e alla fine finisce a terra con Sacha Modolo, un Goss che ancora una volta cerca di pilotare il proprio capitano alla perfezione ma, quando si fa da parte per vederselo passare accanto, nota che non c’è la sua maglia ma quella di un altro. E, allora, in questa volata pazza di 250 metri c’è spazio per il belga Wouter Weylandts, portacolori di una Quick-Step che dopo solo due giorni di gara può ritenersi più che soddisfatta di questa partecipazione alla corsa rosa. L’obiettivo massimo era vincere una tappa. Vedremo quello che sapranno fare in più.
Una volata strana, appunto, con il compagno di Boonen che parte lungo e riesce a tenere a bada un Graeme Brown non particolarmente scattante e relega sul gradino più basso del podio Forster (Milram). Fra chi finisce davanti, alla fine, il più deluso può ritenersi Danilo Hondo (Lampre) che, dopo aver sgomitato a lungo ed aver perso la ruota di Greipel, si ritrova quarto senza possibilità di agguantare i primi due. Ma, in questo gruppetto, non ci sono solo velocisti e gongola Vinokourov che si prende la “Rosa”, ma gongolano senz’altro anche Basso, Nibali, Scarponi e Garzelli, che iniziano a scavare solchi importanti su tanti altri.
Facendo rewind dal mattino, la tappa aveva regalato la consueta fuga con Kaisen, Pineau e poi Stamsnijder, partiti dopo 2 chilometri. Prendono un vantaggio massimo di 8 minuti poi, quando ci si avvicina al mare, arriva il vento e sotto il suo influsso il gruppo si fraziona in tre tronconi e davanti rimangono in 58.
Al km 134 i tre fuggitivi vengono ripresi, ma è ai meno cinquanta che la situazione per qualcuno sembra iniziare a precipitare. I ventagli si susseguono ed i primi a farne le spese sono Damiano Cunego e Domenico Pozzovivo. I due, intorno a se, formano due gruppi distinti con il lucano costretto ad inseguire il veronese che insegue a sua volta il gruppo, con Lampre e Colnago-CSF che si dannano l’anima per ricucire il divario. L’allarme diventa rosso quando il cronometro dice che il “Piccolo Principe” accusa dai primi poco più di un minuto, ma quel colore diventa bianco poco dopo, quando il gruppo di testa si rialza e così in diversi possono rientrare. L’allarme in casa Lampre però non cessa, visto che nel preciso momento del ricongiungimento Petacchi fora. Il principale favorito per l’arrivo di tappa è fuori dai giochi e al traguardo il suo ritardo sarà di quelli importanti.
Intanto si continua anche a cadere e a farne le spese, ai meno 31, è Vandevelde che finisce giù con Bruseghin e Sabatini. Subito dopo, siamo di nuovo sul mare, la confusione aumenta ancora di più, r anche la maglia rosa Cadel Evans sembra vittima delle trappole dell’HTC-Columbia ma, alla fine, riesce a rimanere davanti. Per Petacchi non c’è più nulla da fare, così come per l’americano della Garmin, che è costretto a ritirarsi dal Giro per il secondo anno consecutivo.
Altra importante caduta ai -12, protagonisti Lastras (che sembra avere la peggio), Wiggins, Cioni e soprattutto la maglia rosa che, oramai ampiamente abbandonata da tutti i compagni di squadra, deve tentare il tutto per tutto con le proprie forze. Spesso si sa che l’apparenza inganna e, quando l’australiano agguanta una parvenza di gruppo, sembra che il peggio sia passato. Proprio in quell’istante, però, ci si accorge che ha ripreso il secondo plotone e non il primo, che se ne va via in lontananza. Dentro ci sono tanti uomini HTC-Columbia, diversi Liquigas, qualche Androni e Astana, nessun Lampre e nessun Cervelo. Tradotto: Basso, Vinokourov, Scarponi e Garzelli sono davanti, Sastre, Cunego ed Evans dietro.
A quel punto la tappa si trasforma in una corsa nella corsa, con il campione del mondo che, in assenza di meglio, si mette a tirare in prima persona. Ma è troppo tardi e, alla fine, accuserà addirittura un ritardo di 45”.
Nel marasma più totale, solo alla fine si capisce che la maglia rosa va sulle spalle di Alexandre Vinokourov, separato dall’inezia di qualche centesimo di secondo da Richie Porte. Ad un solo secondo c’è David Millar, a cinque Vincenzo Nibali e poi la coppia HTC formata da Sieberg e Greipel. Andando ai nomi pesanti, invece, Ivan Basso rimane lì a 18”, mentre Evans è 23° a 43”, Sastre 43° a 1’40”, Cunego 50° a 2’07”, Simoni 135° a 9’24”, Pozzovivo 143° a 9’30”, Bruseghin 152° a 9’41” e Giampaolo Caruso a 9’45”. Per tutti questi nomi, i buoi sono già scappati e nemmeno torneranno. O forse si. L’anno prossimo, però.
Ora un po’ di riposo di gambe, ma non di testa. C’è il trasferimento in Italia e si torna a correre mercoledì con la cronosquadre da Savigliano a Cuneo: sarà bagarre fra Garmin, Astana e Team Sky, con questi ultimi favoriti su tutti gli altri. Sempre che non ci sia la nuvola del vulcano a cambiare programmi o anche nel cuneese spiri un forte vento in ricordo del tempo olandese. Ma, questa eventualità sembra piuttosto remota.

Saverio Melegari

CIAO WOUTER!!!

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