AD AGOSTINI IL TRICOLORE UNDER 23
È Stefano Agostini il nuovo campione italiano della categoria Under 23. Il corridore della Zalf Fior ha regolato in uno sprint a tre Stefano Locatelli e Tommaso Salvetti, mentre Enrico Battaglin, compagno di squadra del vincitore e presente nel drappello di testa fino a 200 metri dall’arrivo, è stato vittima di un salto di catena. Il brusco rallentamento di Battaglin ha generato una rovinosa caduta proprio sull’arrivo, in cui ha avuto la peggio Michele Torri, caricato prontamente in ambulanza.
Ci aspettavamo forse una selezione più netta, ma non è comunque mancato lo spettacolo nella prova tricolore Under 23, disputatasi su un tracciato piuttosto impegnativo, ma che non ha impedito ad un gruppo di una trentina di corridori di presentarsi compatto ai piedi dell’ultima ascesa, quella di Colvendrame. È stato allora che, dopo qualche scaramuccia nei chilometri precedenti – in particolare sul falsopiano successivo alla salita di Collalto -, la corsa, fino ad allora controllata dagli uomini Zalf Fior (con Cecchinel, in particolare, impegnato a tenere alto il ritmo nel tratto pianeggiante prima della scalata), si è veramente accesa. Prima Davide Orrico della De Nardi Daigo Bergamasca, quindi Tommaso Salvetti hanno provato ad evadere dal plotoncino rimasto al comando, il primo con uno scatto secco, il secondo con una bella progressione, che ha però sortito il solo effetto di sfilacciare il gruppetto.
È stato invece quello di Stefano Locatelli il primo attacco che ha dato un’impronta decisiva alla gara, con un cambio di ritmo che ha consentito al lombardo di fare subito la differenza. Solamente Enrico Battaglin ha avuto le gambe di replicare già sulle ultime rampe della salita di Colvendrame, riuscendo ad accodarsi a Locatelli proprio in vetta, a 5 km circa dalla linea bianca. Nella successiva discesa, prima Stefano Agostini, compagno di squadra di Battaglin, poi Tommaso Salvetti, sono riusciti a riportarsi uno dopo l’altro sulla testa della corsa, dando vita ad un quartetto prontamente coalizzatosi.
Solamente all’ultimo chilometro, quando il margine nei confronti degli inseguitori, trainati da Mario Sgrinzato e da Omar Lombardi, si era ormai ridotto ad un centinaio di metri, Battaglin ha spezzato la collaborazione regnante fino a quel momento, con un’accelerazione cui solamente Locatelli ha reagito, ma neutralizzata poco dopo dall’inseguimento di Salvetti. È divenuta allora inevitabile la volata ristretta fra i quattro attaccanti, con Agostini e Battaglin che hanno intrapreso gli ultimi 200 metri, tutti in leggera ascesa, in prima e seconda posizione. Quest’ultimo è stato però vittima di un tragicomico guaio meccanico proprio nel finale, un salto di catena che gli ha ovviamente precluso ogni possibilità di vittoria, spianando invece la strada all’affermazione di Agostini, che ha regolato, nell’ordine, Locatelli e Salvetti. Alle loro spalle, gli inseguitori hanno riassorbito proprio sul traguardo lo sfortunatissimo Battaglin, la cui scarsissima velocità ha causato la rovinosa caduta di Marco Canola, Andrea Barbetta e Michele Torri. Proprio quest’ultimo ha riportato le conseguenze peggiori, non perdendo mai conoscenza, ma finendo per essere caricato immediatamente in ambulanza, mentre un vicino fotografo se l’è cavata con una leggera ferita.
Domani, la Settimana Tricolore vivrà la sua ultima prova in linea, nonché il suo appuntamento clou, con la prova in linea riservata ai professionisti, sul percorso probabilmente più impegnativo fra i molti proposti durante la rassegna. I 23,6 km del circuito di Conegliano, da ripetere undici volte, presentano infatti, oltre ad uno strappo di 800 metri al 7% nella prima parte, un autentico muro di 1300 metri, con pendenza media del 15%, che terminerà a 7 km circa dalla linea bianca. Trampolino ideale per chi avrà ancora gambe dopo oltre 250 km (259,6 quelli complessivamente in programma), fra i quali si attendono i grandi trionfatori italiani dell’ultimo Giro d’Italia, il duo Liquigas Basso – Nibali, e chi invece la Corsa Rosa ha dovuto – forse ingiustamente – guardarla dal divano di casa: quel Riccardo Riccò che, altimetria alla mano, è forse da considerarsi il favorito numero uno.
Matteo Novarini
1965 – IL GIRO DI ADORNI
Tappe mancanti: 2a, 3a, 4a, dall’8a alla 12a, 15a, 17a, 18a, 21a, 22a.
Note:
1) della 20a tappa è presente sia l’altimetria effettiva, sia quella originale (arrivo previsto a Solda, tappa interrotta sullo Stelvio)
2) presenti le planimetrie della 1a tappa e del finale.
3) la tappa di Brescia, che sarebbe dovuta partire da Merano, prese il via da Bormio
1959 – IL GIRO DI GAUL II
Tappe mancanti: 2a e 12a
FUORI CON VERGOGNA
Un’Italia confusa e a tratti impresentabile viene sconfitta per 3-2 dalla modesta Slovacchia, e chiude ultima nel Gruppo F con 2 punti. Dopo un tremendo primo tempo e una scarsa reazione nella prima metà di ripresa, la formazione di Lippi reagisce solamente sul 2-0, accorciando le distanze con Di Natale, prima di vedersi condannare definitivamente da Kopunek. Inutile la splendida rete nel recupero di Quagliarella.
Foto copertina: gli slovacchi festeggiano la qualificazione (foto Ansa)
La peggiore Italia di sempre. Non è la rabbia per un’eliminazione inattesa e imbarazzante a spingerci ad etichettare così l’accozzaglia di reduci e giovani (relativamente ai parametri del calcio italiano, che lancia i ragazzi in Nazionale non prima dei 23-24 anni, abitualmente, cioè più o meno l’età media dell’attacco tedesco) messa assieme da Marcello Lippi, ma la pura e semplice storia: escludendo il 1958, quando fummo spettatori dell’edizione svedese che consacrò Pelé, altre cinque volte l’Italia era uscita nella prima fase (1950, 1954, 1962, 1966 e 1974), ma sempre vincendo almeno una partita. Impresa (…) non riuscita alla spedizione sudafricana, a dispetto di un girone che era probabilmente il più facile fra quelli capitati in sorte alle teste di serie, che lasciava presagire una facile qualificazione, con annesso non proibitivo ottavo di finale con il Giappone, prima del primo big match ai quarti con la Spagna.
Si è detto che sì, siamo stati deludenti, ma che la fortuna non ci ha sorriso. Vero. Come diceva Arrigo Sacchi, però, la fortuna bisogna anche meritarsela. Pensare di acciuffare la qualificazione con un forcing di dieci minuti, dopo 260 minuti di nulla o quasi, sarebbe come provare a vincere un Tour de France correndo tre settimane sulle ruote degli avversari a dispetto di un distacco di alcuni minuti in classifica generale, per poi giocarsi tutto all’ultima occasione buona. Cosa che può anche riuscire, ma per un Carlos Sastre, che dopo due settimane e mezzo di anonimato spiana l’Alpe d’Huez e si prende la maglia gialla parigina, ci sono cento corridori che finiscono per non compiere l’impresa. Il famoso “culo di Lippi” (perdonate l’espressione, ma è stata citata ovunque testualmente per anni), cui molti hanno attribuito il trionfo tedesco di quattro anni fa, non sarebbe servito a nulla senza una squadra ad alto tasso tecnico, fisicamente in palla e con un carattere d’acciaio. Analogamente, la sfortuna che obiettivamente ci ha accompagnati nella atroce prestazione di ieri non sarebbe stata un problema se avessimo giocato novanta minuti perlomeno discreti. Attribuire l’eliminazione alla cattiva sorte sarebbe come – per tornare al precedente esempio di un attacco disperato nel finale di Tour – addebitare il mancato successo ad una foratura nel momento decisivo: non ci si deve rammaricare per la foratura, ma per non essersi mossi prima e più spesso.
Ciò che più infastidisce è che l’eliminazione, pur inattesa nella tempistica (anche questa Italia vecchia e tatticamente confusa avrebbe dovuto asfaltare la più che modesta concorrenza di Nuova Zelanda e Slovacchia, se non del Paraguay), non è di per sé sorprendente. Mai come questa volta, in tempi recenti, era così forte la convinzione di non poter vincere il Mondiale. Da Italia ’90 in poi, si è sempre stati convinti di poter arrivare in fondo (riuscendoci in due occasioni su cinque, e andandoci ad un rigore nella manifestazione di casa). Questa volta, la domanda non era se saremmo usciti, ma quando. Non c’era la consapevolezza della presenza di un Armstrong di turno (facciamo riferimento agli anni 1999-2005), quasi imbattibile in virtù di una superiorità fisica, tattica e mentale, ma il senso di un’inadeguatezza, di un ricambio generazionale incompiuto anche perché non lo si è voluto compiere. E in questo senso, anche se in questo momento sarebbe troppo facile individuare la causa di ciò nel ritorno di Lippi e nei chiari debiti di riconoscenza nei confronti di molti “vecchi”, di certo il ritorno del tecnico di Viareggio sulla panchina azzurra non ha aiutato.
Si chiude dunque mestamente una spedizione partita in tono minore, che si candida a pieno titolo quale maggiore delusione del Mondiale sudafricano (sulla Francia le attese erano forse ancora minori). Una squadra che ha convinto talmente poco che perfino noi italiani, da sempre avvezzi a riversare sui direttori di gara la frustrazione per risultati non all’altezza, a dispetto di alcuni fischi contestabili e contestati, non abbiamo avuto il coraggio di indicare in Webb (arbitro peraltro eccellente, non a caso designato per la finale di Champions League di quest’anno) una delle cause della disfatta. La speranza è quello di un rinnovamento profondo e, soprattutto, mirato e pianificato. Aggettivi che poco si addicono alla formazione vista in queste ultime settimane, apparsa, più che “camaleontica”, secondo i desideri del C.T., decisamente confusa, quando non caotica.
Matteo Novarini
1903 – IL PRIMO TOUR DE FRANCE (GARIN)
1964 – IL GIRO DI ANQUETIL II
Tappe mancanti: 1a, 2a, 4a, 5a, 6a, 9a, 10a, 11a, 13a, 17a e 21a. Presente la planimetria delle tappe 3a, 12a e del finale (ultime cinque frazioni)
Al momento di andare in stampa Torriani non aveva ancora stabilito il finale del Giro. Per questo motivo la planimetria propone i due progetti aperti in quel momento.
Progetto 1: Alessandria – Cuneo, Cuneo – Pinerolo, Torino – Biella e Biella – Milano (alla fine, si correrà su questo percorso)
Progetto 2: Alessandria – Saint Vincent, Saint Vincent – Cervinia (passando il Gran San Bernardo, prima nel traforo e poi sul passo), Cervinia – Biella e Biella – Milano.
1963 – IL GIRO DI BALMAMION II
Nel progetto originale del Giro, come si evince dalla planimetria, la 16a tappa doveva svolgersi da Treviso a Venezia, con epilogo in Piazza San Marco. Non si riuscirà, però, ad allestire questo evento (rimandato all’edizione 1978) e la tappa si disputerà in circuito a Treviso. Anche la tappa dell’indomani sarà modificata, spostando la partenza da Venezia e Treviso.
Tappe mancanti: dalla 3a alla 7a, 9a, 20a. Della 10a è presente la planimetria.
1962 – IL GIRO DI BALMAMION I
Tappe mancanti: 4a, 9a, 13a, 15a
La 14a tappa fu interrotta per neve in vetta al Passo Rolle.
Presenti le planimetrie delle tappe 1a, 2a, 3a, 17a e del finale.
Presenti le tabelle di marcia delle tappe 6a, 8a, 10a, 11a, 12a, 18a, 19a
1961 – IL GIRO DI PAMBIANCO
Giro del centenario dell’Unità d’Italia.
La tappa “Trento – Italia ‘61″ avrebbe dovuto concludersi al Passo Resia dopo aver affrontato Gavia e Stelvio nello stesso giorno. La neve sul Gavia costrinse Torriani a ribaltare tutto il finale, trasformandola nella “Trento – Bormio”, con Stelvio dal versante altoatesino e i passi di Pennes e Monte Giovo al posto di Gavia e Resia. Subì modifiche anche la tappa finale (divenuta Bormio – Milano), che doveva partire dallo stesso Passo Resia e raggiungere Milano passando per Austria (Nauders) e Svizzera (Sankt Moritz).
Tappe mancanti: 4a, 5a, 7a, 8a.
Della 1a sono presenti planimetria (parziale) e tabella di marcia, della 2a e della 6a la planimetria.
1960 – IL GIRO DI ANQUETIL I
Tappe mancanti: 7a, 14a. Nell’altimetria generale conclusiva è segnalata anche la variante con lo Stelvio della tappa di Bormio, da attuare in caso di maltempo.