BOOM, ESPLODE LA FUGA
Dopo i (pochi) fuochi d’artificio della tre giorni con il naso all’insù, la Vuelta torna a respirare un po’ di tranquillità, almeno in gruppo. Perché per vincere la tappa se ne vanno in tredici e ne rimane soltanto uno: Lars Boom. L’olandese della Rabobank sfrutta l’ultima salita di giornata (11km al traguardo) per sferrare l’attacco decisivo. E dietro arrivano con 25 minuti di ritardo.
Da una fuga all’altra. Se ieri eravamo tutti in piedi sul divano per festeggiare tappa e favori del pronostico verso Mendrisio per Damiano Cunego, oggi c’è da celebrare il successo di un faticatore del gruppo che ogni tanto ambisce anche a traguardi ambiziosi, ma spesso e volentieri finisce troppo presto fuori classifica. Parliamo di Lars Boom (Rabobank) che è andato a prendersi il successo di questa 15° tappa con arrivo a Cordoba. L’olandese ha avuto testa e gambe per attaccare nel momento giusto, cioè l’ultima salita, trovando un discreto margine di vantaggio su quel che restava dei 12 compagni di ventura dal mattino. Secondo successo stagionale dopo la classifica generale, in maggio, del Giro del Belgio.
Aldilà della fuga, della corsa di oggi c’è davvero poco da dire. Non era certo la tappa dove dovevano emergere differenze epocali fra gli uomini di classifica, ma almeno l’ultimo dentello a 11 chilometri dal traguardo poteva stuzzicare le fantasie di qualcuno ed invece soltanto un volitivo, ma solitario, Samuel Sanchez ci ha provato in discesa senza produrre alcun tipo di ribaltone o cose del genere. La tre giorni in montagna ha certamente fiaccato le riserve degli atleti e almeno fino ad Avila le cose dovrebbero rimanere tranquille.
La corsa. Nella prima ora di gara non succede niente: andatura turistica per cercare di prendere il ritmo giusto in vista del finale. Al 66° km (su 168) ecco il momento saliente di giornata. Se ne vanno in dodici: lo stesso Boom, Iglinsky (Astana), Velits e Roels (Milram), Meier (Garmin), Duque (Cofidis), Reynes (Columbia), Kolobnev (Saxo Bank), Alexander Efimkin (Ag2r), Martinez ed Herrero (Xacobeo-Galicia), Kaiser (Silence-Lotto). A loro, pochissimi chilometri più tardi, si unisce anche Ladagnous (FdJ) e i tredici al comando trovano un ottimo accordo. Sfruttando anche un gruppo che non ne vuole affatto sapere, anche giustamente, di andare a chiudere su di loro, la fuga prende quota e dopo dieci chilometri di avanscoperta il vantaggio è già intorno ai sei minuti. Non succede più nulla fino al 143° chilometro quando la fuga, oramai oltre i venti minuti di vantaggio nei confronti del gruppo, va ad affrontare per la seconda volta la salita di seconda categoria dell’Alto de San Jeronimo, la cui vetta è posta a soli 11 chilometri dal traguardo di Cordoba. I tredici davanti sanno benissimo che sarà quello il momento decisivo della loro giornata, l’occasione per sistemare anche un’intera stagione con un successo prestigioso. La scalata è divisa in due tronconi e, come nelle previsioni, il più forte dimostra essere proprio Boom che se ne va tutto solo alla ricerca di gloria. Qualcuno dei suoi ex compagni prova a resistergli, in particolar modo David Herrero ma non resiste. Gli altri, invece, sono tagliati fuori anche perché tutt’altro che scalatori provetti. Boom ha quindi via libera e arriva a Cordoba con 1’36” su Herrero e 1’44” su Roels, mentre la maggior parte degli attaccanti sono regolati da Duque a 2’04”. Il gruppo affronta la salita finale in maniera tranquilla e solo Samuel Sanchez prova a smuovere le acque, ma non trova fortuna e quindi si riallinea. Soltanto nell’ultimo chilometro vanno davanti le ruote veloci con Greipel che vince lo sprint di gruppo utile a fargli guadagnare due punti nella classifica a punti.
Con tutta questa calma, non cambia niente nemmeno in classifica generale con Valverde sempre in amarillo con 31” su Gesink, 1’10” su Samuel Sanchez e 1’28” su Ivan Basso.
Domani 16° tappa da Cordoba a Puertollano per 170km e faranno la differenza i primi cinquanta dove fra uno strappo e l’altro andrà via senz’altro la fuga. Se poi le squadre dei velocisti (Columbia?!?!) avranno voglia di tenerli a bagno, si può arrivare anche in volata.
Saverio Melegari

Boom taglia per primo il traguardo di Cordoba
LA ETAPA DEL DÍA: JAÉN – CÓRDOBA
Sono finite le montagne (per ora), ma Valverde non potrà dormire sonni tranquilli. Quella che appare come una normale tappa di trasferimento, presenterà invece un finale da affrontare con attenzione, in virtù della doppia scalata al San Jeronimo, salita facile ma inserita in un contesto di stradine tortuose che in passato hanno sempre fatto selezione. C’è una discesa particolarmente sdrucciolevole, che sarà resa ancor più complicata dalla pioggia e che a qualcuno farà maledire l’incantenvole città di Córdoba.
“Córdoba. Lontana e sola” scriveva Federico García Lorca ma, per una volta, dobbiamo dire che le parole del grande poeta spagnolo non calzano proprio a pennello con le rotte che percorreranno i corridori. Oggi Córdoba non sarà né lontana, né sola, sia per il basso chilometraggio previsto, sia perché il traguardo nella celebre cittadina sarà accompagnato dalla doppia scalata all’Alto di San Jeronimo. È un’ascesa, questa, poco appettitosa sulla cartina ma che, invece, potrebbe riservare non pochi grattacapi ai corridori di vertice, perché inserita in un circuito di una trentina di chilometri abbastanza impegnativo, tracciato sulle prime pendici della Sierra Morena. La salita in sé non è particolarmente impegnativa, sono circa 6000 metri al 5,7% medio, ma in quei frangenti si seguirà un reticolo di tortuose stradine secondarie. Il recente passato insegna che non è un finale da prendere sottogamba, poiché quest’anello ha sempre provocato un po’ di selezione: nel 2003 vinse lo scozzese David Millar con 36” sullo spagnolo Martínez Trinidad, nel 2005 Bertagnolli regolò allo sprint un gruppetto di sette corridori (con l’australiano McGee che, secondo, balzava in testa alla classifica) mentre l’anno scorso – quando il San Jeronimo era considerato di 3a categoria (ma quest’anno c’è stato un innalzamento di “carrera”) – ci fu la classica eccezione che conferma la regola, con l’arrivo del gruppo compatto e il successo in volata di Tom Boonen.
Tornando al finale di questa frazione a renderlo impegnativo saranno altri due fattori “fissi”, ai quali andrà aggiunta anche la variabile del maltempo: il falsopiano sommitale e la discesa. Il primo non agevolerà certo chi dovrà inseguire perché, oltre ad essere lungo, non sarà nemmeno pianeggiante, ma conterrà un altro tratto in ascesa, tra l’altro piuttosto impegnativo (sono quasi 1,5 Km al 7%). La discesa, invece, sarà un’autentica picchiata, un tuffo su Córdoba su strade ripidissime (fino al 14%), un invito a nozze ad andar giù a tutta, cosa che si riuscirà a realizzare con facilità perché non s’incontreranno molte curve (ma la strada stavolta sarà sdrucciolevole, proprio per la pioggia). A quel punto il traguardo sarà praticamente a portata di pedale, concludendosi la planata in vista della “flamme rouge” dell’ultimo chilometro.
È, dunque, un finale da non sottovalutare assolutamente e non solo da chi punta alla classifica, ma anche da chi ha in mente qualche funambolismo per andare ad agguantare un prestigioso successo parziale, sull’ennesimo traguardo che non sarà alla portata degli sprinter. È vero che, come abbiamo segnalato sopra, dodici mesi fa si riuscì ad arrivare tutti assieme, ma finora i finali cordobensi proponevano una sola scalata al San Jeronimo, mentre stavolta dovranno essere ripetute due tornate del circuito: una sessantina di chilometri da affrontare con circospezione!
LA TAPPA IN DIRETTA
Volete vivere “online” la tappa in corso? Collegatevi al sito http://atdhe.net/8300/watch-la-vuelta-a-espana-2009 che vi proporrà la trasmissione televisiva della frazione, in “diretta” sul vostro PC.
RECUERDOS DE LA VUELTA 1
Sono passati 33 anni da quando, per la prima volta, la Vuelta decise di stendere uno striscione d’arrivo nel cuore di Jaén: era il 30 aprile del 1976 e il primo a tagliare la linea del traguardo fu l’olandese Theo Smit, che regolò allo sprint lo spagnolo Nistal e il belga Reybrouck. Ci fu volata anche nel 1981 (vinse lo spagnolo Juan Fernandez), mentre nel 1986 s’impose per distacco, con una manciata di secondi sul gruppo, il francese Alain Bondue. In seguito la Vuelta a Jaén è tornata in altre due occasioni, entrambe firmate da spagnoli: nel 1991 Jesus Cruz Martin Pérez giunse solitario al traguardo, con un vantaggio di oltre nove minuti; l’anno scorso spunto vincente di Valverde che allo sprint fulmina Rebellin e Ballan, affibbiandogli anche due secondi di distacco.
Córdoba è, invece, una meta molto amata dalla corsa spagnola, che l’ha visitata finora 17 volte. Solo nell’ultimo decennio vi ci sono stati sette arrivi, inaugurati dalla partenza assoluta dell’edizione 1998. La prima volta, invece, risale al 1959, quando lo spagnolo Antonio Karmany fece sua per distacco la seconda frazione (quella Vuelta era partita dalla capitale per concludersi a Bilbao). Dobbiamo poi ricordare i successi di Endrio Leoni nel 1994, di Nicola Minali nel 1996 e di Leonardo Bertagnolli nel 2005, mentre l’anno scorso si è imposto allo sprint il belga Boonen.

Córdoba, il ponte romano ed il centro storico, dominato dalla Mezquita (www.spainthenandnow.com)
RECUERDOS DE LA VUELTA 2
Conosciuta come la capitale del “Santo Reino” Jaén è l’antica Djayyan, centro noto nel periodo del dominio arabo come luogo di transito delle carovane, mentre un tempo – quando era l’Aurigins dei romani – erano celebri le sue miniere d’argento. La particolare posizione geografica della cittadina, disposta ad anfiteatro e protetta a sud dalla cerchia di montagne dove si trova la Sierra della Pandera, costituisce una sorta di fortificazione naturale, alla quale si affiancarono le strutture difensive erette prima da Asdrubale Barca e poi migliorate da tutti gli invasori che, proprio per la collocazione della cittadina, si trovarono a transitare da questo centro e lo occuparono. Dei monumenti cittadini il principale è la chiesa cinquecentesca di Sant’Andrea, ma merita di essere visitata con calma tutta la città vecchia.
“Jiennensi” celebri sono il medico arabo Hasdāy ibn Shaprūt, l’umorista Antonio “Tono” de Lara e i ciclisti Manuel Beltrán, Javier Moreno Bazán, José Luís Carrasco Gámiz e Manuel Ortega Ocaña.
Córdoba è una delle perle della nazione iberica, con un preziosissimo centro storico – uno dei più antichi d’Europa – finito tutto intero nella lista dei patrimoni dell’umanità. La terza città dell’Andalusia offre al turista di che lustrarsi gli occhi: cominciamo con la “Mezquita” (l’antica moschea trasformata in cattedrale cristiana) per passare al ponte romano gettato sul Guadalquivir e concludere il giro tra i vicoli del quartiere ebraico, il cui impianto è ancora medioevale.
“Cordobensi” celebri sono gli scrittori Seneca il Vecchio, Juan Valera e Ángel de Saavedra, i poeti Marco Anneo Lucano e Luis de Góngora y Argot, i filosofi Seneca il Giovane (figlio di Seneca il Vecchio, fu anche precettore del terribile imperatore Nerone), Averroè e Mosè Maimonide, il medico arabo Abulcasis, il pittore Bartolomé Bermejo, l’emiro Abd al-Rahman III, i califfi Al-Hakam II e Hisham II, il vescovo Osio di Córdoba, Santa Laura di Córdoba, i calciatori Miguel Reina Santos e José Villalonga Llorente (è stato allenatore del Real Madrid e, tra il 1962 e il 1966, della nazionale spagnola), il cestista Felipe Reyes Cabanas, il ballerino Joaquín Cortés, il gruppo musicale “Las Ketchup” e il celebre “Manolete” (Manuel Rodríguez Sánchez), uno dei più famosi toreri della storia. Nativo di questo centro è anche Fernando, il secondogenito di Cristoforo Colombo, che fu geografo e scrittore.
EL TIEMPO
Seconda giornata consecutiva di maltempo per la Vuelta, che si radunerà mentre su Jaén infurierà un temporale. La temperatura, che in partenza sarà di 18° C, subirà un innalzamento di sei gradi mentre ci si avvicinerà alla meta; nel pomeriggio smetterà di piovere, ma sarà soltanto una parentesi, poiché riprenderà proprio nelle ore nelle quali i corridori faranno l’ingresso nel circuito finale. La tappa si concluderà sotto precipitazioni intermittenti, che non impediranno al sole di fare capolino tra le nuvole, mentre la colonnina di mercurio s’innalzerà fino a 24°C. Per tutta la giornata, sia in partenza, sia in arrivo, i venti spireranno debolmente.
Mauro Facoltosi
13-09-2009
settembre 14, 2009 by Redazione
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VUELTA A ESPANA
L’italiano Damiano Cunego (Lampre-NGC) ha vinto la quattordicesima tappa, Granada – Sierra della Pandera, percorrendo 157 Km in 4h04′23″, alla media di 38,546 km/h. Ha preceduto di 2′23″ il danese Fuglsang e di 3′08″ lo spagnolo Sánchez. Ivan Basso (Liquigas) è 9° a 3′48″. e Alejandro Valverde (Caisse d’Epargne). Miglior italiano Ivan Basso (Liquigas), 5° a 1′17″.
Alejandro Valverde (Caisse d’Epargne) conserva la maglia amarillo, con 31″ sull’olandese Gesink e 1′10″ su Sánchez. Basso è 4° a 1′28″, Cunego è 23° a 25′37″
TOUR DE L’AVENIR
L’olandese Dennis Van Winden (Netherlands) ha vinto la nona ed ultima tappa, circuito di Besançon, percorrendo 116,5 Km in 2h55′54″, alla media di 39,738 km/h. Ha preceduto allo sprint il tedesco Keinath e lo statunitense Barton. Il francese Romain Sicard (France A) si impone con 1″ su Van Gaderen e 1′16″ sul tedesco Fuchs. Nessun italiano in gara.
TOUR OF MISSOURI
Il canadese Martin Gilbert (Planet Energy) ha vinto la settima ed ultima tappa, circuito di Kansas City, percorrendo 114,9 Km in 2h33′11″, alla media di 45,004 km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Pinfold e il norvegese Hushovd. Miglior italiano Francesco Chicchi (Liquigas), 6°. Lo statunitense David Zabriskie (Garmin-Slipstream) si impone con 30″ sullo svedese Larsson e 42″ sull’italiano Marco Pinotti (Team Columbia-HTC).
TOUR OF BRITAIN
L’olandese Kai Reus (Rabobank) ha vinto la seconda tappa, Darlington – Newcastle Gateshead, percorrendo 153,3 Km in 3h38′32″, alla media di 42,089 km/h. Ha preceduto di 9″ la volata del gruppo, regolata dal norvegese Kristoff sul connazionale Boasson Hagen. Miglior italiano Danilo Napolitano (Team Katusha), 5°. Reus è il nuovo leader della classifica, con 16″ sull’australiano Sutton e 19″ su Kristoff. Miglior italiano Michele Merlo (Barloworld), 4° a 20″.
GP DE FOURMIES
Il francese Romain Feillu (Agritubel) ha vinto la gara francese, percorrendo 205 Km in 4h50′57″, alla media di 42,275 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Manuel Belletti (Serramenti PVC Diquigiovanni – Androni Giocattoli) e il bielorusso Hutarovich.
CHRONO CHAMPENOIS
L’italiano Adriano Malori (Lampre-NGC) ha vinto la gara francese, percorrendo 33,4 Km in 40′37″, alla media di 49,339 Km/h. Ha preceduto di 38″ il neozelandese Gough e di 54″ l’irlandese McCann.
La prova femminile è stata vinta dalla britannica Wendy Houvenaghel, percorrendo 33,4 Km in 46′01″, alla media di 43,549 Km/h. Ha preceduto di 1′06″ la connazionale Shaw e di 1′17″ la belga Verbeke.
RUND UM DIE NURNBERG – ALTSTADT
L’italiano Francesco Gavazzi (Lampre-N.G.) ha vinto la corsa tedesca. Preceduti di 29″ i tedeschi Rinker e Plotner.
UNIVEST GRAN PRIX (USA)
L’ucraino Yuri Metlushenko (Amore & Vita/Detweiler Hershey & Associates) ha vinto la terza ed ultima tappa, criterium di Doylestown. Preceduti allo sprint lo svedese Lindgren e il canadese Dionne. Non pervenuta la classifica finale.
PANDERA, UNA SIERRA CON VISTA SU MENDRISIO
Nella 14a tappa della Vuelta, 157 km da Granada a Sierra de la Pandera, in grande spolvero i protagonisti attesi del Campionato del Mondo del prossimo 27 settembre: Cunego coglie la seconda vittoria di tappa grazie ad una lunga fuga, Valverde rafforza il primato, Sanchez guadagna terreno su tutti gli uomini di classifica. Basso, Gesink ed Evans attaccano, ma Valverde, dopo essersi inizialmente staccato, recupera e li stacca. In classifica il murciano è ora seguito da Gesink e Sanchez.
Quando il corridore più forte e regolare corre anche meglio di tutti gli altri, l’esito di una corsa è praticamente già scritto. Dopo due giornate passate ad inseguire chiunque scattasse, a chiudere ogni buco fiondandosi da una ruota all’altra, Alejandro Valverde, in occasione dell’ultimo arrivo in salita di questa Vuelta, quello breve ma secco di Sierra de la Pandera, ha cambiato tattica, evitando di rispondere agli allunghi degli avversari, lasciandosi sfilare e salendo del proprio passo. Il risultato di questa condotta di gara è stato forse anche superiore alle attese: dopo la sfuriata iniziale, Basso, Evans e Gesink hanno iniziato a sentire la fatica, si sono incartati sulle rampe al 14% dei chilometri finali della salita, proprio mentre Valverde, dietro di loro, iniziava a sprigionare tutti i cavalli del suo motore. Il leader della Caisse d’Epargne e della classifica generale è così andato a raccogliere per strada chi aveva intrapreso con troppa baldanza l’ascesa, staccandolo, e compiendo così un ulteriore e forse decisivo passo in avanti verso la conquista del primo Grande Giro della carriera.
Non possiamo però non introdurre sin d’ora il secondo grande tema di giornata, ossia la seconda vittoria di tappa di Damiano Cunego in questa Vuelta. Il veronese, che ieri era deliberatamente uscito di classifica, proprio per provare a vincere oggi, è infatti riuscito ad entrare nella fuga buona, in compagnia di Knees, Fuglsang, Palomares, Rabanal, Perez, Tankink, Florencio e De Weer. Un’azione sostanzialmente perfetta per Damiano, vista l’assenza di corridori pericolosi in classifica, che potessero costringere il gruppo a contenere il distacco, e di uomini che potessero sulla carta tenere il suo passo sull’ascesa finale.
La corsa – o meglio le corse, quella per la vittoria di tappa e quella per la maglia oro – si sono accese entrambe sull’Alto de los Villares, ai piedi del quale i fuggitivi conservavano ancora sei dei nove minuti accumulati come vantaggio massimo. Mentre in gruppo Euskaltel e Liquigas iniziavano ad alzare il ritmo, e a selezionare il gruppo dei migliori, i fuggitivi iniziavano, molto in anticipo sulle previsioni, a scattarsi in faccia, producendo un’andatura irregolare che consentiva al gruppo di portarsi a 4’30’’ dopo 4 km di scalata. La raffica di attacchi, peraltro infruttuosi, avrebbe messo seriamente a repentaglio il buon esito del tentativo, se Cunego non avesse rotto gli indugi a 2 km dalla cima del penultimo GPM, staccando nettamente gli ex compagni d’avventura in poche centinaia di metri.
Dopo lo scatto, il ritmo di Damiano è stato impressionante per un corridore in fuga dal mattino, tanto che il veronese è riuscito a non perdere praticamente nulla fino ai 5 km finali, e anche sulle ultime rampe ha saputo mantenere oltre 3’ sui primi big, della cui battaglia tra poco diremo. Dopo quello sull’Alto de Aitana, è arrivato dunque per Cunego un altro successo, forse meno emozionante e ottenuto contro avversari decisamente meno competitivi, ma che farà ugualmente piacere a Franco Ballerini, che può a questo punto consegnare senza timori i gradi di capitano al corridore della Lampre, giunto al top proprio a due settimane dall’inizio del Mondiale. Certo, vedendo il Damiano della Vuelta, è lecito domandarsi come un corridore del genere possa fallire clamorosamente un Tour e un Giro in cui è partito per fare classifica, salvo poi vincere due tappe (e, se ieri non avesse deciso di staccarsi, forse oggi non festeggerebbe una vittoria di tappa, ma un piazzamento nei 5) in una Vuelta pensata come preparazione al Mondiale. In questo momento, ci pare comunque opportuno posticipare questo discorso, che pure dovrà essere affrontato dal corridore e dalla sua squadra, a fine stagione, dopo Mendrisio.

Cunego ottiene il secondo successo parziale per sè e per l'Italia (foto Reuters)
Ma per un’Italia che sorride per Cunego, c’è una Spagna che non se la passa certamente peggio. Un altro azzurro, Ivan Basso, ha infatti finalmente attaccato con convinzione Valverde, a 5 km e spiccioli dal traguardo, dopo che Sylvester Szmyd aveva proposto un forcing che aveva ridotto il drappello dei big ad una decina di unità. Il varesino ha accelerato una, due, tre volte, finché il capoclassifica è sembrato crollare. L’Embatido ha iniziato a perdere metri, mentre davanti si formava un drappello composto da Basso, Gesink, Evans e Mosquera; poco dopo anche Samuel Sanchez ha raggiunto e superato il murciano, che, nel momento in cui anche Juanjo Cobo lo ha ripreso, è parso sul punto di andare alla deriva. Tanto più che davanti, mentre Mosquera se ne andava tutto solo, Gesink, 2° in generale, distanziava Basso e Evans, dando l’impressione di potersi vestire d’oro per la prima volta in carriera.
Esattamente come tre anni fa, Valverde aveva però scelto di giocare d’astuzia. E se allora la rimonta dello spagnolo era stata insufficiente, e Vinokourov e Kasheckin gli aveva comunque rifilato 30’’, questa volta il piano del corridore della Caisse d’Epargne è riuscito alla perfezione. Quando mancavano 3 km circa al traguardo, Valverde ha improvvisamente rilanciato, staccando istantaneamente Cobo, e portandosi in poche centinaia di metri nella scia di Evans e Basso, nel frattempo distanziati da uno scatenato Sanchez. Il murciano è quindi ripartito, andando a raggiungere Gesink all’ultimo chilometro, e facendo ancora in tempo a staccarlo di 4’’ con una lunghissima volata per il 5° posto. Così, solamente Sanchez e Mosquera sono riusciti a ridurre il distacco dal capoclassifica, rispettivamente di 22 (8 dei quali di abbuono) e 12 secondi.
Grazie a questo spettacolare recupero, Valverde ha addirittura rafforzato la sua leadership in classifica generale, e può ora gestire 31’’ su Gesink e 1’10’’ su Sanchez, gli unici avversari che in questo momento sembrano poterlo ancora spaventare. In particolare, malgrado un ritardo più che doppio, l’asturiano sembra in questo momento essere la più valida alternativa a Valverde, avendo dalla sua la cronometro di Toledo del penultimo giorno e un paio di discese a ridosso dell’arrivo. Tra gli altri, gli unici con distacchi ancora teoricamente recuperabili sono Basso (+1’28’’), Evans (+1’51’’) e Mosquera (+1’54’’). Anche in questo caso, il più pericoloso pare essere il peggio piazzato, che in questa tre giorni di montagne ha guadagnato su tutti, malgrado di qui a Madrid la strada non presenti più molte occasioni per un camoscio come lui. Quel che è certo è che, se qualcuno intende ancora provare a mettere in discussione la supremazia di Valverde, più che con le gambe, dovrà farlo con la fantasia.
Matteo Novarini
12-09-2009
settembre 13, 2009 by Redazione
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VUELTA A ESPANA
Il francese David Moncoutié (Cofidis) ha vinto la tredicesima tappa, Berja – Sierra Nevada, percorrendo 175 Km in 5h09′22″, alla media di 33,940 km/h. Ha preceduto di 52″ e 1′16″ gli spagnoli Mosquera e Alejandro Valverde (Caisse d’Epargne). Miglior italiano Ivan Basso (Liquigas), 5° a 1′17″. Cunego 84° a 28′14″.
Valverde conserva la maglia amarillo, con 27″ sull’olandese Gesink e 1′02″ su Basso. Cunego è 31° a 29′19″.
TOUR DE L’AVENIR
Il francese Romain Sicard (France A) ha vinto l’ottava tappa, circuito a cronometro di Ornans, percorrendo 27 Km in 36′12″, alla media di 44,751 km/h. Ha preceduto di 3″ lo statunitense Van Gaderen e di 19″ il sudafricano Venter. Il francese Romain Sicard (France A) consolida la sua leadership: ora comanda con 2′01″ su Van Gaderen e 3′22″ sul tedesco Fuchs. Nessun italiano in gara.
TOUR OF MISSOURI
L’italiano Francesco Chicchi (Liquigas) ha vinto la sesta tappa, Chillicothe – St. Joseph, percorrendo 177,4 Km in 3h41′41″, alla media di 48,014 km/h. Ha preceduto allo sprint il norvegese Hushovd e l’argentino Lucas Sebastian Haedo. Lo statunitense David Zabriskie (Garmin-Slipstream) conserva la testa della corsa, con 30″ sullo svedese Larsson e 44″ sul connazionale Zirbel. Miglior italiano Marco Pinotti (Team Columbia-HTC), 4° a 45″.
TOUR OF BULGARIA
L’ucraino Sergiy Lagkuti (Ukraine National Team) ha vinto la sesta ed ultima tappa, Kazanlak – Plovdiv, percorrendo 131 Km in 2h45′09″, alla media di 47,593 km/h. Ha preceduto allo sprint il bulgaro Vasilev e di 3′57″ il bulgato Gyurov. Unico italiano in gara, Rino Zampilli (Hemus 1896-INS Delivery) si è piazzato 10°, a 6′41″.
Il bulgaro Ivailo Gabrovski (Heraklion-Nesebar) si impone con 3′20″ sul connazionale Koev e 6′44″ sul colombiano Pedraza. Zampilli è 58° a 1h04′07″.
TOUR OF HOKKAIDO (Giappone)
Il giapponese Shinri Suzuki (Shimano) ha vinto la sesta ed ultima tappa, criterium di Sapporo City, percorrendo 61 Km in 1h19′40″, alla media di 45,941 km/h. Ha preceduto allo sprint l’australiano Pollock. Terzo a 3″ il giapponese Abe. Il giapponese Takashi Miyazawa (Eqa – Meitan Hompo – Graphite Design) si impone con 5″ e 19″ i connazionali Suzuki e Mori.
UNIVEST GRAN PRIX (USA)
L’ucraino Volodymyr Starchyk (Amore & Vita/Detweiler Hershey & Associates) ha vinto la seconda tappa, circuito di Souderton, percorrendo 162,5 Km in 4h03′18″, alla media di 40,073 Km/h. Preceduti allo sprint lo svedese Stenberg e il tedesco Mamos. Starchyk passa in testa alla classifica con lo stesso tempo di Mamos. Terzo Stenberg a 13″.
TOUR OF BRITAIN
L’australiano Chris Sutton (Garmin-Slipstream) ha vinto la prima tappa, Scunthorpe – York, percorrendo 172,6 Km in 4h07′59″, alla media di 41,760 km/h. Ha preceduto allo sprint l’italiano Michele Merlo (Barloworld) e il britannico Swift. La prima classifica vede Sutton precedere di 4″ Merlo e il danese Mortensen.
PARIGI – BRUXELLES
L’australiano Matthew Harley Goss (Team Saxo Bank) ha vinto la classica franco-belga percorrendo 217,6 Km in 5h48′35″, alla media di 37,454 km/h. Ha preceduto allo sprint il connazionale Davis e il belga Goddaert. Miglior italiano Manuel Belletti (Serramenti Pvc Diquigiovanni-Androni Giocattoli), 14°.
LA ETAPA DEL DÍA: GRANADA – SIERRA DE LA PANDERA
Che finale ci riserverà l’ultima tappa del trittico andaluso? Riuscirà il “bacio della Pandera” a dare quei brividi alla corsa mancanti sul Velefique e sulla Sierra Nevada? Si attenderanno ancora i chilometri conclusivi per sferrare attacchi al vertice, oppure qualcuno cercherà di rendere la corsa dura prima di arrivare sull’ascesa finale? Dubbi ed incertezze saranno dissipati dall’arrivo in quota sulla montagna di Jaén oppure ci attende una settimana conclusiva al cardiopalma?
Ultima tappa di un trittico andaluso rivelatosi deludente. O forse no. Le prime due frazioni, pur disegnate ottimamente, hanno mosso poco le acque di una classifica che rimane apertissima e che, visti i precedenti, dovrebbe rimanerlo anche dopo la tappa della Pandera. Difficilmente dovrebbero registrarsi grosse sorprese oggi, in una frazione decisamente meno impegnativa rispetto a quelle affrontate negli scorsi giorni. Si arriverà alla resa dei conti dopo aver percorso circa 135 facili chilometri, che poco impegneranno i corridori. Se non fosse per la facilissima ascesa verso l’Alto de Huelma, questa sarebbe una di quelle frazioni che gli spagnoli amano definire “unipuerto”, ossia imperniata su una sola ascesa, quella che condurrà al traguardo in 23 Km. A favore di questo tracciato va detto che, al confronto con i finali del Velefique e della Sierra, l’ascesa verso la Pandera è strutturata diversamente, presentando i tratti più duri proprio dove occorrono, ossia nei chilometri conclusi, dove potrebbe tutto d’un botto scoppiare la fatica, non solo perché siamo alle porte della terza ed ultima settimana di corsa, ma anche perché molti dei partecipanti avranno sulle spalle una stagione lunga intensa, magari iniziata già a gennaio. Il maltempo potrebbe rendere ancora più tosta quest’ascesa che, dunque, inizierà morbida con gli 11 Km al 5,3% dell’Alto de Los Villares (ascesa nota anche come “Puerto Viejo”, ossia passo vecchio), che serviranno solamente per portare i corridori in quota, facendo loro bruciare in maniera tranquilla i primi 550 metri di dislivello. Ne mancano oltre la metà, da superare negli ultimi 8200 metri, dopo aver affrontato un tratto intermedio di 4,5 Km totalmente privo di difficoltà. In quel finale la pendenza media sarà dell’8,3%, farcita – com’era successo sullo Xorret e sul Purche – da numerosi picchi a due cifre di pendenza: già il primo chilometro conterrà cinque sventagliate tra il 10 e il 15%, poi – dopo un tratto che consentirà di rifiatare – a strada riprenderà a martoriare muscoli e gambe con ben 15 “coltellate” che si registreranno nel volgere di 4 Km, caratterizzati da una “forchetta” di pendenze simili a quelle affrontate nel troncone iniziale.
Ci attende una frazione che offre mille interrogativi.
Riuscirà il “bacio della Pandera” a dare una decisa scossa alla corsa? Chi punta a disarcionare Valverde renderà la gara dura fin da prima dell’ascesa finale? Oppure, come negli scorsi giorni, vedremo il gruppo temporeggiare nel finale, facendo il gioco della maglia amarillo?
Se la classifica dovesse uscire indenne da questa tappa, non saranno però tramontate del tutto le possibilità di ribaltare una corsa che, come dicevamo, sarà ancora tutta da decidere.
Già il finale di domani a Cordoba potrebbe riservare impreviste sorprese, mentre c’è la possibilità che, come in passato, tornino a giocare un ruolo di primo piano le tappe tracciate sulle Sierre Madrilene che, col trasferimento dellaVuelta dal talvolta freddissimo aprile spagnolo a settembre, si erano molto spesso trasformate in inutili frazioni di trasferimento. Ma stavolta l’inedito e durissimo Collado Mediano (giovedì, tappa di Avila) e la doppia scalata al Navacerrada (venerdì, tappa della Granja) potrebbero davvero cambiare i connotati alla corsa, per un palpitante finale al cardioplama.
LA TAPPA IN DIRETTA
Volete vivere “online” la tappa in corso? Collegatevi al sito http://atdhe.net/8300/watch-la-vuelta-a-espana-2009 che vi proporrà la trasmissione televisiva della frazione, in “diretta” sul vostro PC.
RECUERDOS DE LA VUELTA 1
È una delle città storiche di Spagna ed è inevitabile che la Vuelta l’abbia inserita spesso nel percorso, fin dalla primissima edizione, quando ospitò l’arrivo della decima tappa, vinta dall’austriaco Max Bulla. Ci si è tornati altre diciassette volte, sovente al termine di frazioni di montagna e in due occasioni si è anche gareggiato contro il tempo: infatti, Granada ha ospitato il prologo nelle edizioni del 2005 (crono individuale vinta dal russo Menchov) e del 2008, l’ultima, scattata con una veloce prova collettiva, terreno di conquista per la Liquigas. È l’ultimo successo italiano nella città dell’Alhambra, dopo le vittorie conseguite da Alighiero Ridolfi nel 1950 e da Fabrizio Guidi nel 1998.
La Sierra della Pandera è, tra le grandi salite delle Vuelta, l’ultima arrivata: gli organizzatori l’hanno scoperta nel 2002, dopo esser stata segnalata loro da un’appassionata ciclista, che l’aveva a sua volta scovata durante le vacanze. Finora gli scalatori italiani non sono ancora riusciti a espugnare questo picco, conquistato la prima volta dallo spagnolo Heras, emulato dal connazionale Valverde l’anno successivo e dal kazako Kashechkin nel 2006. Per adesso dobbiamo accontentarci della seconda piazza di Simoni nell’anno del debutto, con la speranza di completare vittoriosamente la scalata in quest’occasione.

Sierra della Pandera (panoramio)
RECUERDOS DE LA VUELTA 2
Dici Granada e subito il pensiero va alla Sierra Nevada se si è appassionati di sci o ciclismo; se, invece, si collega la mente prima alla storia dell’arte e della Spagna, si ricorda prima l’Alhambra. Si potrebbe dire ben forte che l’Alhambra è Granada e Granada è l’Alhambra, il complesso eretto nel periodo della dominazione moresca e massimo momunento realizzato dagli arabi in terra spagnola. Concepita come cittadella fortificata all’interno di una città a sua volta fortificata, dopo la Reconquista divenne dimora dei re castigliani che, a differenza di quanto avvenuto con le moschee, non distrussero quanto realizzato dagli arabi: oggi l’Alhambra figura nel lungo elenco dei “patrimoni dell’umanità” dell’UNESCO, mentre è uscita sconfitta dalla “lotta” per l’ingresso nel novero delle “sette meraviglie del mondo moderno”. Altri monumenti da non perdere sono la Cappella Reale della Cattedrale (con le sepolture dei Re Cattolici) ed il palazzo del Generalife, la residenza estiva dei sultani, un tempo collegata alla vicina Alhambra. L’area protetta dall’UNESCO comprende anche un intero quartiere, l’Albaycín.
“Granadini” celebri sono i poeti Luis García Montero e Francisco Martínez de la Rosa, l’ultima imperatrice di Francia Eugenia de Montijo (moglie di Napoleone III), il cantautore José Carlos Cano Fernández, il tennista Manuel Orantes Corral e la sciatrice María José Rienda Contreras.
La Pandera costituisce, dall’alto dei suoi 1872 metri, il punto più elevato della Sierra Sur de Jaén, “comarca” (suddivisione territoriale) della provincia di Jaén. Sulla vetta si trova una base militare costruita dall’esercito statunitense e un tempo presidiata da un contingente di militari spagnoli, che vivevano in vecchi baracconi. Oggi la base militare, nella quale si trovano anche dei radar, è sorvegliata mediante un sistema a raggi infrarossi e funge anche da posto di controllo contro il pericolo d’incendi.
Amministrativamente la cima della Pandera ricade nel territorio del municipio di Los Villares.
EL TIEMPO
Previsto maltempo per l’arrivo sulla Pandera. Saranno risparmiate dalla pioggia soltanto le fasi d’avvio, ma la tappa si muoverà sotto un cielo plumbeo che non promette niente di buono. Anche la diminuzione sensibile delle temperature potrebbe risultare incisiva: al via ci saranno “appena” 21°C, rispetto ai climi decisamente più torridi che hanno caratterizzato finora le partenze. Comincerà a piovere attorno al 70° Km di gara, ma si tratterà di precipitazioni tutto sommato contenute, almeno fino ai piedi dell’ascesa finale. A quel punto Giove Pluvio scatenerà un autentico temporale, con contorno di tuoni e fulmini. In vetta alla Pandera – dove sono previsti 13°C – potrebbe inoltre scendere la nebbia. È finita l’estate anche per la Spagna: pioverà anche domani mentre l’ultima settimana di Vuelta si disputerà senza più quell’opprimente calura che ha caratterizzato le scorse tappe.
Mauro Facoltosi
MON…COUCOU, IL FRANCESINO NON C’E’ PIU’!
Nella 13a tappa, 172,4 km da Berja a Sierra Nevada, Basso prova ad attaccare Valverde sin dall’Alto de Monachil, ma il capoclassifica resiste fino alla fine, giungendo con il varesino e Gesink. La tappa va a Moncoutié, grazie ad una lunga fuga. Mosquera guadagna 24’’ sui favoriti, Sanchez ne perde 21, Evans paga oltre 1’ a causa di un problema meccanico. Crollano Danielson e Cunego. Valverde ha ora 27’’ su Gesink e 1’02’’ su Basso.
A dispetto di una classifica ancora molto corta, la Vuelta 2009 sembra aver trovato il suo padrone. Un padrone che non ha mai veramente entusiasmato, che si è difeso a cronometro, come da pronostico, e che in salita, dove avrebbe dovuto attaccare, si è invece limitato a fare altrettanto, rastrellando abbuoni qua e là. Un padrone che però è stato finora il più regolare e convincente tra i tanti pretendenti al successo finale in questo ultimo Grande Giro della stagione, aspiranti che la tappa odierna ha però ferocemente selezionato. Alejandro Valverde, aiutato dalle carenze di alcuni avversari, dalle ingenuità da dilettanti delle squadre di altri, ma anche e soprattutto da un motore che finalmente sembra poter resistere tre settimane senza passaggi a vuoto, ha messo oggi una mano sulla prima Vuelta della carriera, lui che nelle ultime cinque partecipazioni ha assaggiato tutte le posizioni della top 5, meno la più prestigiosa.
Andando con ordine, la tappa è stata caratterizzata sin dai primi chilometri dalla fuga di un drappello di una trentina di corridori, fra i quali Navarro e Rodriguez, rispettivamente 9° e 10° in generale stamane, da cui sono a loro volta usciti Taaramae, Moncoutié e Morenhout sul Puerto de la Ragua, salita di 1a categoria posta dopo 44 km. Il gruppo, che ha dimostrato come sbagliando non necessariamente si impari, ha di nuovo lasciato 1-2 minuti di troppo ai battistrada, che si sono presentati ai piedi dell’Alto de Monachil, a meno di 26 km dal traguardo, con un margine superiore ai 10’.
Moncoutié ha abbandonato immediatamente i due compagni di viaggio, mentre dietro il tratto pianeggiante precedente le prime rampe del Monachil aveva già lasciato intravedere quanto sarebbe accaduto sulla salita. La schiera di maglie verdi della Liquigas schierata in testa al gruppo ha infatti prodotto un forcing spietato nella parte iniziale dell’ascesa che due anni fa vide Vinokourov involarsi verso la maglia oro madrilena (a scapito proprio di Valverde), riducendo all’osso il plotoncino dei migliori. Danielson, 4° in generale stamane, a 51’’ da Valverde, ha mollato subito, e altrettanto ha fatto Damiano Cunego, 7°, che a questo punto potrebbe ritirarsi e pensare al Mondiale, oppure tentare di cogliere un altro successo parziale con una fuga da lontano. Per loro, il ritardo è stato alla fine, rispettivamente, di 6’59’’ e 28’14’’. La selezione si è fatta ancor più feroce quando Roman Kreuziger, raggiunto lungo il Monachil, ha imposto un ritmo forsennato per 2 km circa, cui solo Basso, Valverde, Evans, Gesink, Mosquera e Cobo sono riusciti a resistere.
Basso, che pareva decisissimo ad andare senza mezzi termini in caccia del primato, ha tentato per due volte un’azione in prima persona nell’ultimo tratto del Monachil, costringendo però il solo Juanjo Cobo ad alzare bandiera bianca. Ci hanno però pensato la sorte e l’ingenuità – inconcepibile a questo livello – dell’ammiraglia della Silence – Lotto a mietere un’altra vittima illustre: Cadel Evans. L’australiano è infatti incappato in una foratura proprio in vista del GPM, e ha dovuto attendere un minuto buono prima che l’auto della formazione belga si manifestasse e gli cambiasse la bici. Un minuto che, forse, rappresenta la pietra tombale sulle speranze di Cadel di aggiudicarsi finalmente un Grande Giro.
Il drappello della maglia oro, intanto, si presentava ai piedi dell’ascesa conclusiva verso Sierra Nevada con 6’ circa da recuperare a Moncoutié. Un divario ampio, ma che con una bella azione sarebbe stato possibile recuperare. Man mano che passano i giorni, però, sta diventando sempre più evidente che per vedere un “numero”, in montagna, è condizione non sufficiente ma necessaria che Alberto Contador sia al via. In assenza del madrileno, ci si deve accontentare di scattini e mezzi cambi di ritmo poco convinti; vale a dire, esattamente ciò cui abbiamo assistito lungo gli ultimi 16 km e spiccioli di salita. Mosquera è stato infatti il primo a provarci, quando mancavano 8 km, rinunciando dopo 100 metri; poco dopo è stata la volta di una serie di cambi di ritmo di Basso, che ha però passato più tempo a voltarsi che a tentare di staccare gli avversari (eppure, l’esperienza dovrebbe aver fatto capire a Ivan che, senza uno scatto secco, è difficile prendere 50 metri in un amen; non avendolo, dovrebbe provare ad insistere per più di cinque secondi).
Contemporaneamente alla (apparente) bagarre che aveva luogo davanti, mentre Moncoutié manteneva sempre un margine di sicurezza, Samuel Sanchez andava a raccogliere per strada i cadaveri di chi aveva tenuto con troppa baldanza il ritmo dei Liquigas sul Monachil (Cobo su tutti), e così facendo offriva anche un bel salvagente a Evans. L’australiano, spossato sia mentalmente sia fisicamente, dopo aver tenuto i migliori sulla salita precedente, e dopo lo sforzo profuso per rientrare sul drappello del campione olimpico nella prima parte dell’ultima, ha però ceduto a 6 km dal traguardo, dicendo forse definitivamente addio ai suoi sogni di (maglia) oro.
Dopo qualche altra effimera schermaglia, è stato finalmente Ezequiel Mosquera, di gran lunga l’uomo di classifica più combattivo di questa Vuelta, ad azzeccare lo scatto buono, a meno di 2 km dal traguardo, quando però Moncoutié già assaporava il dolcissimo sapore della seconda vittoria in carriera alla Vuelta. Il francese è così andato a cogliere il meritatissimo successo, precedendo il leader della Xacobeo Galicia di 52’’, e il trio Gesink – Basso – Valverde, regolato proprio dal murciano a 1’16’’. La bella rimonta di Sanchez ha consentito all’asturiano di tagliare appena 21’’ dopo la maglia oro, anche se i 40’’ e rotti recuperati in perfetta solitudine negli ultimi 6 km rendono ragionevole il dubbio che l’olimpionico sia stato fin troppo prudente. Evans, che probabilmente non avrebbe faticato ad arrivare con Gesink, Basso e Valverde, ha chiuso a 2’24’’ dal vincitore, 7’’ davanti ad un bravissimo Paolo Tiralongo.

Moncoutié felice ai 2400 metri della Sierra Nevada (foto Reuters)
La tappa odierna, alla fine risultata piacevole, ma che, viste le premesse createsi sul Monachil, lasciava presagire uno spettacolo anche maggiore, ha comunque riscritto la classifica generale, dandole un aspetto che potrebbe assomigliare molto a quello definitivo. Con ancora un arrivo in salita e una cronometro davanti, Valverde comanda ora con 27’’ su Gesink, ormai vicinissimo al primo podio in un GT in carriera, e 1′02’’ su Ivan Basso, che a questo punto pare dover più che altro pensare a difendere il podio. Per riuscirci, dovrà probabilmente rifilare qualche altro secondo a Evans, ora 4° a 1’23’’, e a Samuel Sanchez, 5° a 1’32’’, mentre Mosquera, 6° a 1’46’’, dovrebbe inventarsi un numero d’alta scuola domani per pensare di entrare nei primi tre.
Gettando un’occhiata al profilo della frazione di domani, l’impressione è che la tappa, 157 km da Granada a Sierra de la Pandera, sia favorevole a Valverde più che ai suoi avversari, malgrado su questa salita, tre anni fa, il murciano abbia visto Vinokourov chiudere i conti per il discorso successo finale. È probabile che, se qualcuno vorrà provare a ribaltare la Vuelta, le possibilità di successo siano maggiori in una delle tante tappe intermedie (Cordoba, Avila e soprattutto La Granja, praticamente una frazione di montagna) in programma nell’ultima settimana, piuttosto che in occasione dell’ultimo arrivo in quota. Comunque sia, tra Valverde e la prima Vuelta in carriera, l’ostacolo maggiore sembrano essere i precedenti: finora, lo spagnolo, in tutti i GT cui ha preso parte, è sempre incappato in una giornata no. Ad oggi, però, segnali in questo senso non se ne vedono.
Matteo Novarini
LA ETAPA DEL DÍA: BERJA – SIERRA NEVADA
Secondo appuntamento del trittico andaluso. Si salirà sino ai quasi 2400 metri della Sierra Nevada per una frazione che, complici le elevate pendenze della strada del Purche, dovrebbe far palpitare finalmente la corsa, cancellando il ricordo dello spettacolo mancato ieri sul Velefique. Bisognerà muoversi in quel tratto perché dopo la strada proporrà difficilmente l’occasione per movimentare la corsa ed anche per perpetuare la memoria di Alberto Fernández, al cui nome è tradizionalmente intitolata l’ascesa della Sierra, come in Italia lo Stelvio è da quasi 50 anni consacrato al ricordo di Fausto Coppi.
Show rimandato di ventiquattore. Il tappone del Velefique si è rivelato inconcludente, lasciando il compito di rivoluzionare la classifica alle frazioni delle due sierre. Oggi tocca alla Nevada, mitico traguardo della Vuelta, raggiunto al termine d’una frazione più impegnativa di quella che l’ha preceduta. Non ci sarà la quarantina di chilometri facile che, ieri mattina, aveva condotto i corridori ai piedi del Velefique, ma si comincerà a salire subito dopo il via: al Km 10 si supererà l’Alto di Berja, 30 chilometri più avanti si scollinerà ai 2000 metri del passo della Ragua, la meno elevata tra le sette ascese spagnole che abbattono questa fatidica quota. Superato questo GPM, il percorso non proporrà più nulla di rilevante (solo il facile Puerto de los Blancaras al Km 110) fino ai piedi della lunghissima ascesa finale. Anche questa riserverà le sue pendenze più rilevanti nel tratto iniziale, ma stavolta non lasceranno indenne il gruppo: la salita non sarà approcciata dal suo versante classico, che parte da Granada, ma dalla strada del Purche, che si arrampica per 6500 metri all’8,7%, proponendo una buona dozzina di picchi spezzagambe, fino al 16,6%. Concluso questo duro preambolo, valevole come GPM a parte (Alto de Monachil), un breve falsopiano introdurrà la seconda parte dell’ascesa, che si snoderà sulla strada “maestra”, nettamente più pedalabile: solo del 5,5% sarà, infatti, l’inclinazione media negli ultimi 17 Km, non impossibili (massimo del 10%) ma nel corso dei quali affiorerà la fatica, soprattutto se la selezione sul Purche l’avranno operata non solo le pendenze, ma anche la belligeranza tra i big della classifica. Un ruolo decisivo potrebbe giocarlo anche l’alta quota, arrivando fino a 2380 metri d’altezza dei parcheggi soprastanti la stazione di sport invernali della Sierra Nevada. Il primo a giungere lassù conquisterà in un sol colpo, se non addirittura la maglia amarillo, tappa, GPM di categoria “speciale” e Cima Alberto Fernández. Come al Giro con la Cima Coppi e al Tour con il Souvenir Desgrange, anche il punto più elevato del tracciato della Vuelta è consacrato a un campione del passato. Grande scalatore, Alberto Fernández Blanco ottenne nella sua breve carriera (1978 – 1984) 22 successi, tra i quali ricordiamo le tappe di Campitello Matese e di Colli San Fermo del Giro d’Italia del 1983, concluso al 3° posto assoluto, a 3’40” da Saronni. Nello stesso anno conquistò la frazione di Castellar de Nuch alla Vuelta, mentre dodici mesi più tardi perderà la più importante corsa di casa per l’inezia di 6 secondi, preceduto dal francese Caritoux. Non potrà “vendicare” questo scorno: pochi mesi più tardi un incidente stradale se lo porterà via a soli 29 anni.
LA TAPPA IN DIRETTA
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RECUERDOS DE LA VUELTA 1
Una debuttante e una vecchia conoscenza. Berja fa il suo ingresso nel novero delle località spagnole che hanno avuto l’onore d’accogliere la Vuelta proprio nel giorno dell’arrivo sulla Sierra Nevada, una delle ascese predilette della corsa spagnola. Undici volte è stata inserita nel tracciato, superata nel numero di passaggi solo dalle mitiche ascese asturiane dei Laghi di Covadonga (16 arrivi) e del Monte Naranco (12 arrivi). La storia ha inizio nel 1979, primo anno della gestione Unipublic, subentrata al quotidiano basco “El Correo Español-El Pueblo Vasco” che reggeva le sorti della Vuelta dal 1955. Il cambio di rotta è sensibile, perché gli organizzatori baschi erano soliti predisporre tracciati non troppo montagnosi, mentre l’avvento di Unipublic porterà con sé nuove idee, che lanceranno la corsa su inesplorati picchi divenuti celebri nel volgere di pochi anni: dopo la Sierra, saranno tenute a battesimo Covandonga nel 1983, il Naranco nel 1984, Cerler/Ampriu nel 1987, Pla de Beret nel 1992 (rimandata di un anno per l’annullamento per neve della tappa prevista dodici mesi prima), Andorra-Arcalis nel 1994, Xorret de Catì nel 1998, l’Angliru nel 1999, l’Aitana nel 2001 e, buona ultima, la Pandera nel 2002.
Il primo eroe della Sierra Nevada è stato lo spagnolo Félipe Yanez, che vinse la tappa del 1979 precedendo di 11” il capoclassifica Zoetemelk. Nel 1981 toccò all’italiano Giovanni Battaglin che, a capo di un’interminabile cronoscalata, conquisterà quella maglia amarillo che porterà fino a Madrid. Dopo di lui nessun altro italiano fino a Guido Trentin, primo nel 2002, riuscirà a imporsi su questo traguardo. Tra gli altri arrivi ricordiamo quello del 1995, con un Jalabert in formato “tritavuelta” (cinque successi parziali oltre alla classifica finale) che scattò nel finale, andò a riprendere l’esausto fuggitivo di giornata (il tedesco Bert Dietz) e, anziché superarlo e andare a conquistare l’ennesima affermazione, lo incitò a tener duro, permettendogli di conquistare un successo che, altrimenti, gli sarebbe sfuggito a poche centinaia di metri dalla linea d’arrivo, poiché gli immediati avversari del francese erano vicinissimi (terzo arriverà Olano, a soli 2”). L’ultima volta, parliamo di cinque anni fa, si disputò un’altra cronometro, dominata dallo spagnolo Santi Pérez.
Battaglin in azione nella cronoscalata del 1981

Sierra Nevada (www.southernspainhouses.com)
RECUERDOS DE LA VUELTA 2
Berja è un comune andaluso situato ai piedi della Sierra di Gádor, massiccio montuoso della Cordigliera Penibetica, all’estremità sudoccidentale della provincia di Almeria. Sconosciute le origini (gli studiosi sono indecisi tra fondazione iberica e fenicia) di quella che era con sicurezza la “Vergis” dei romani, le cui vestigia sono ancora visibili (resti dell’acquedotto, di un anfiteatro e di pavimenti mosaicati di fattura simile a quelli ritrovati a Pompei). Come tutti i centri spagnoli, subì il dominio moresco, con tutti gli annessi e connessi artistici, dei quali non rimane molto. Il periodo d’oro di Berja sarà il XIX secolo, grazie all’estrazione di piombo dalle viscere della Sierra di Gádor, attività che nel 1839 diede lavoro quasi 20000 minatori. Il principale monumento di questo centro è l’eremo della Virgen de Gádor, fondato nel 1588 da due eremiti, Domingo de San Juan e Juan de Santa María.
“Virgitani” (dal nome romano della città) celebri sono l’esploratore Fernando de Berrío y Oruña e l’ex politico José Barrionuevo Peña, che è stato Ministro dell’Interno dal 1982 al 1988, quando capo del governo era Felipe González.
La Sierra Nevada è un complesso montuoso esteso tra le provincie di Almería e di Granada, un territorio in gran parte protetto da un parco nazionale e dichiarato dal 1996 “riserva della biosfera” dell’UNESCO. Il punto più elevato della catena, il Monte Mulhacén (3482 metri), anch’esso richiama al periodo della dominazione moresca: il nome ricorda l’emiro Abû al-Hasan `Alî ben Sa`d, re di Granada, che per comodità era normalmente chiamato Muley Hacén (ma anche “El Viejo”, ossia il vecchio) e che sarebbe stato sepolto proprio in questo luogo “da lupi”. La fama odierna della Sierra è dovuta prevalentemente alla presenza dell’omonima stazione di sport invernali, creata negli anni ’60 col nome ormai obsoleto di Solynieve (sole e neve), allusione alla vicinanza del mare ed anche alla quota, la più elevata tra le stazioni sciistica spagnole. Amministrativamente ricade sotto il territorio del comune di Monachil.
EL TIEMPO
Un’altra giornata calda attende i partecipanti alla Vuelta 2009, nonostante le quote che si raggiungeranno quest’oggi. La partenza da Berja sarà data sotto il solleone, con temperature che rasenteranno i 28°C e venti moderati, decisemente meno intensi rispetto a quelli che soffiavano ieri mattina ad Almería. La calura sarà, però, resa più sopportabile dai bassi livelli d’umidità (38%). Notevole l’escursione termica, ben 15°C, che si verificherà tra partenza e arrivo: non si può dire, però, che farà freddo sulla Sierra Nevada, con 13°C previsti ai 2380 metri del piazzale dove si concluderà la tredicesima frazione. Nelle ore dell’arrivo lo zero termico sarà localizzato oltre mille metri più in alto, mentre le folate saranno leggermente più sensibili rispetto alla partenza. Previsti rannuvolamenti lungo l’ascesa finale ma non pioggia, che invece dovrebbe essere gran protagonista della tappa della Pandera.
Mauro Facoltosi
11-09-2009
settembre 12, 2009 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
VUELTA A ESPANA
Il canadese Ryder Hesjedal (Garmin-Slipstream) ha vinto la dodicesima tappa, Almeria – Alto de Velefique, percorrendo 174 Km in 5h34′31″, alla media di 31,209 km/h. Ha preceduto di 1″ lo spagnolo Garcia e di 6″ l’olandese Gesink. Miglior italiano Damiano Cunego (Lampre-NGC), 5° a 16″. Stesso tempo per Basso, 8°.
Lo spagnolo Alejandro Valverde (Caisse d’Epargne) conserva la maglia amarillo, con 7″ sull’australiano Evans e 18″ sull’olandese Gesink. Miglior italiano Ivan Basso (Liquigas), 5° a 53″. Cunego è 7° a 2′13″.
TOUR DE L’AVENIR
Il tedesco Andreas Stauff (Germany) ha vinto la settima tappa, Gérardmer – Ornans, percorrendo 182,5 Km in 4h17′12″, alla media di 42,573 km/h. Ha preceduto allo sprint il russo Kritskiy e l’olandese Van Winden. Il francese Romain Sicard (France A) conserva la testa della corsa, con 1′37″ su Kritskiy e 1′58″ sullo statunitense Van Gaderen. Nessun italiano in gara.
TOUR OF MISSOURI
Lo statunitense David Zabriskie (Garmin-Slipstream) ha vinto la quinta tappa, circuito a cronometro di Sedalia, percorrendo 30,6 Km in 36′30″, alla media di 50,301 km/h. Ha preceduto di 30″ lo svedese Larsson e di 44″ il connazionale Zirbel. Miglior italiano Marco Pinotti (Team Columbia-HTC), 4° a 45″. Zabriskie è il nuovo leader della corsa, con 30″ su Larsson e 44″ su Zirbel. Pinotti 4° a 45″.
TOUR OF BULGARIA
Il kazako Valentin Iglinskiy (Kazakhstan National Team) ha vinto anche la quinta tappa, Karnobat – Kazanlak, percorrendo 153 Km in 3h28′34″, alla media di 44,015 km/h. Ha preceduto allo sprint il serbo Zolt e il tedesco Thomel. Unico italiano in gara, Rino Zampilli (Hemus 1896-INS Delivery) si è piazzato 47°, con lo stesso tempo dei primi.
Il bulgaro Ivailo Gabrovski (Heraklion-Nesebar) conserva la testa della corsa con 3′20″ sul connazionale Koev e 6′44″ sul colombiano Pedraza. Zampilli è 62° a 1h04′07″.
TOUR OF HOKKAIDO (Giappone)
Il giapponese Takashi Miyazawa (Eqa – Meitan Hompo – Graphite Design) ha vinto la quinta tappa, Asahikawa City – Iwamizawa City, percorrendo 179 Km in 4h40′52″, alla media di 38,2 km/h. Ha preceduto allo sprint il coreano Choi e l’estone Kirsipuu. Miyazawa conserva la testa della classifica, con 20″ sul connazionale Mori e 23″ sull’australiano Dempster
UNIVEST GRAN PRIX (USA)
La formazione Amore & Vita/Detweiler Hershey & Associates ha vinto la prima tappa, cronometro a squadre di Allentown. Precedute la Felt-Holowesko Partners-Garmin U23 e il Team Cyckelcity/Klehr Harrison. Primo leader della corsa il tedesco Philip Mamos.
LA MONTAGNA ANDALUSA PARTORISCE UN TOPOLINO
Poteva essere la tappa regina, invece si è trasformata in una tappa come tutte le altre, dove i big hanno lasciato fare fino agli ultimi 5km, paradossalmente i più morbidi di tutta la salita finale. Risultato: da questo immobilismo generale è uscito il nome di Hesjedal che dopo il secondo posto di qualche giorno fa coglie una splendida vittoria, alle sue spalle Garcia Pena, poco staccati Gesink assieme a Mosquera, unici a provarci.
Dall’attesa alla delusione, solo qualche ora per passare dalla voglia di vedere finalmente i big all’opera alla delusione nel prendere atto che anche oggi i favoriti hanno preferito fare corsa di rimessa. Gli unici a provarci sono Mosquera (Xacobeo) e Gesink (Rabobank), il primo quando all’arrivo mancavano 5km, l’olandese quando ne mancava poco più di uno. Tutto questo, paradossalmente, nel tratto più semplice di tutta l’ascesa dell’Alto de Velefique che presentava nei primi chilmetri una pendenza superiore al 10%, negli ultimi una media del 6%, insomma una cosa così è inaccettabile e degli ultimi tempi anche routine. A partire dal paesaggio, una gara davvero scialba, sembrava di essere in mezzo al deserto, non un albero, non un paesino, ma soprattutto non uno spettatore, gli unici che si son visti a lato della strada erano le scorte, finito il loro lavoro, che aspettavano il passaggio dei corridori…per andare a casa. Sinceramente dobbiamo anche dire che, se lo spettacolo è questo, gli atleti si meritano di non avere nessuno al seguito, una tappa che poteva essere la regina di tutta la Vuelta, da tenere i telespettatori legati allo schermo per ore, trasformata in una giornata in cui sarebbe stato sufficiente accendere la televisione negli ultimi 20 minuti di gara e godersi quello che restava della fuga partita al mattino: Hesjedal (Garmin) e Garcia Pena (Xacobeo) davanti, Fernandez (Cofidis), Pimienta (Contempolis) tra loro e il gruppo, mentre Freire (Rabobank), El Fares (Cofidis), Ramirez Abeja (Andalucia), Isasi Flores (Euskaltel), Bozic (Vacansoleil), O’Grady (Saxo Bank), Duran (Fuji) e Vinokourov (Astana) erano già stati ripresi dal plotone. Il kazako, poi, appena ripreso dal gruppo ha preferito prendere la via di casa assieme al compagno Rubiera per via delle sue condizioni non ottime, mostrate ampiamente dall’espressione del viso.
I due in testa pedalavano con 3’ di vantaggio sul plotone quando la salita era già iniziata da qualche chilometro, la parte dura dell’ascesa era quasi terminata e nel gruppo principale nessuno si era ancora azzardato a muovere un dito. La domanda non era più cosa avrebbero fatto i big oggi, ma visto che era ormai chiaro che dietro non si muoveva nessuno, o che per lo meno nessuno avrebbe fatto la differenza, la domanda diventava: ce la faranno i due di testa a gestire il loro vantaggio e arrivare al traguardo? Più passava il tempo e più sembrava ovvio che i due sarebbero arrivati, fin quando una trenata del polacco Szmyd (Liquigas) e un’accelerazione di Kyriyenka, Jo.Rodriguez e Cunego hanno ridotto lo svantaggio a poco più di 1’e il gruppo da 25 a 13 unità tra i quali il compagno Basso, Valverde, Jo.Rodriguez, Moreno e Kyriyenka (Caisse), Cunego e Tiralongo (Lampre), Samuel Sanchez (Euskaltel), Danielson (Garmin), Evans (Silence) Gesink e Mosquera.Il veronese, ovviamente non supportato daiu compagni della maglia marillo, s’è visto, però, costretto a desistere: non aveva alcun senso continuare da soli col gruppo che viaggiava a 25 all’ora su un terreno che a certi livelli considerano un falsopiano.
Per i due di testa le speranze sembravano essere svanite completamente quando dal plotoncino è partito come un fulmine Mosquera, compagno di Garcia Pena che già da qualche chilometro lasciava l’onere di tirare al canadese Hesjedal. Il distacco in due chilometri è passato da 1’30” a 30” e per il portacolori della Garmin sembrava la seconda beffa in tre giorni dopo aver rimediato la piazza d’onore a Murcia dove aveva avuto l’occasione di staccare tutti, ma non aveva creduto nelle sue gambe. La beffa si avvicinava, ma con lei anche il traguardo, e la freschezza di Mosquera sembrava essersi affievolita, così il Nord-Americano ha puntato dritto verso il traguardo, controllando solo di tanto in tanto che il compagno di fuga non lo scavalcasse negli ultimi metri. Da dietro spuntava nel frattempo una maglia arancioblu, quella di Gesink che partito deciso dal gruppo di Valverde aveva lasciato la compagnia e raggiunto Mosquera in men che non si dica, un’azione che forse, fatta due chilometri prima, avrebbe fatto saltare il banco. L’olandese, testa bassa, era deciso a guadagnare ogni secondo possibile sul leader della generale che impaurito o forse stanco lasciava lavorare il suo compagno e perdeva la volatina da Cunego, quinto. Davanti Gesink aveva ridotto il gap fino a 6”, ma per Hesjedal il sogno, destinato a rimanere tale fino a 300m dal traguardo, diventava realtà e l’atleta della Garmin diventava il primo canadese a vincere sulle strade di Spagna davanti a Pena e Gesink, quarto Mosquera sempre a 6”. Ora in generale Valverde, Evans (Silence) e Gesink si trovano in appena 18”, più staccati nell’ordine: Danielson, Basso, Samuel Sanchez, Cunego e Mosquera, tutti racchiusi in 2’14”.

Hesjedal esulta sull'Alto de Velefique (foto AFP)
A giudicare dalla generale dovrebbe essere una Vuelta ancora aperta e combattuta, speriamo la tappa di domani ,con la Sierra Nevada, lo possa confermare.
Andrea Mastrangelo