APPENNINI, ANCORA APPENNINI

maggio 17, 2023 by Redazione  
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Un’altra cavalcata appenninica attende i “girini”, i quali oggi si troveranno a pedalare su di un tracciato meno corposo rispetto a quello della tappa di Viareggio. Le salite in programma stavolta non dovrebbero spaventare più di tanto i velocisti, le cui squadre dopo l’ultimo colle avranno parecchia strada a disposizione per andare a riprendere i fuggitivi di giornata. Rimane comunque un traguardo che potrebbe non rivelarsi alla portata di tutti gli sprinter.

Un’altra corposa scorpacciata appenninica attende i “girini”, ma stavolta la portata si annuncia meno indigesta per i velocisti rispetto a quella servita ieri tra l’Emilia e la Toscana. Viaggiando da quest’ultima verso il Piemonte si dovrà inevitabilmente attraversare la Liguria, una delle regioni più complicate dal punto di vista geografico, ma oggi si supereranno quasi 500 metri di dislivello in meno e, soprattutto, molta pianura in più rispetto alla tappa del giorno prima. In particolare, usciti dalla fase centrale caratterizzata da tre salite non particolarmente difficili, gli ultimi 43 Km si snoderanno costantemente in lieve falsopiano discendente e un percorso del genere, tenuto anche conto della linearità quasi perfetta degli ultimi 15 Km, rappresenta un’ideale palcoscenico per la scena nella quale il plotone inseguitore come una balena si “pappa” in un solo boccone i pesciolini di giornata, in fuga da parecchi chilometri. Varrà comunque lo stesso discorso fatto per la frazione di Viareggio, perché su percorsi del genere comunque diversi velocisti potrebbero trovarsi penalizzati e non trovare le forze per competere ad armi pari con sprinter più dotati sui percorsi più “aggressivi”.
La pianura non caratterizzerà soltanto il finale, perché anche i primi 60 Km non presenteranno difficoltà altimetriche e particolarmente scorrevole sarà il tratto iniziale di 15 Km disegnato sul lungomare della Versilia. Lasciata Camaiore, nell’immediato entroterra, il gruppo incontrerà il “chilometro zero” presso il lido cittadino e da lì si punterà velocemente su Forte dei Marmi, la rinomata stazione balneare che deve il nome alla piccola fortezza realizzata in epoca settecentesca dal casato dei Lorena a breve distanza dalla spiaggia. Lasciata la Toscana, la Liguria accoglierà il Giro sulle strade della Lunigiana, la storica regione che gravita attorno all’antica città romana di Luni, la cui area archeologica si trova non distante da Marinella di Sarzana. All’altezza della foce del Magra il percorso abbandonerà le rive del Mar Ligure per costeggiare il corso del fiume fino alla confluenza con la Val di Vara, sfiorando in questo tratto la base del promontorio del Caprione (vi si trova la nota località turistica di Lerici) e il piede della collina sulla quale si trova il borgo di Arcola, il cui antico castello costruito nell’XI secolo dalla famiglia Obertenghi è divenuto, dopo la ristrutturazione ottocentesca, l’attuale sede del municipio del centro ligure. Cambiato ancora scenario, seguendo poi la valle del fiume Vara si giungerà a Borghetto di Vara, presso il quale si trova l’antica abbazia di Santa Maria Assunta dell’Accola, fondata in epoca longobarda da monaci benedettini provenienti dal monastero emiliano di Bobbio. Qui terminerà la lunga fase pianeggiante iniziale e comincerà il settore appenninico della tappa, introdotto dalla breve salita del Valico del Termine (3 Km al 4%), in cima a quale una piccola cappella costituisce il biglietto da visita del vicino Santuario di Nostra Signora di Roverano, innalzato sul luogo dove la Madonna sarebbe apparsa a due pastorelle, una delle quale era muta dalla nascita e cominciò a parlare proprio dal quel momento. Subito dopo inizierà la più impegnativa tra le ascese di giornata, che è anche la più celebre e non tanto per i suoi “numeri” (10 Km al 4.4%, dei quali i primi cinque al 6.3% medio). Grazie alla sua collocazione lungo il principale asse stradale della Liguria, la storica Via Aurelia, il Passo del Bracco è, infatti, una delle ascese appenniniche più frequentate dalla Corsa Rosa, che vi salì per la prima volta nel 1909, l’anno della prima edizione, durante la tappa che congiunse Firenze a Genova, vinta dal pavese Giovanni Rossignoli. Come in quella tappa, dopo lo scollinamento i “girini” affronteranno in discesa il versante più panoramico del Bracco, che offre stupende viste sul Golfo del Tigullio e sulla “Baia delle Favole”, il nome che il celebre scrittore danese Hans Christian Andersen attribuì alla più grande delle due insenature sulle quali si specchiano Sestri Levante e, tra gli altri edifici della nota località di villeggiatura, la Torre Marconi che il celebre l’inventore scelse per i suoi esperimenti, come quello che consentì per la prima volta nella storia a un’imbarcazione di effettuare la “navigazione cieca”, guidata via radio da terra da Santa Margherita Ligure a Sestri. Inizierà ora il secondo settore di pianura, circa 35 Km all’inizio dei quali si costeggerà nuovamente il Mar Ligure fino a Lavagna, centro il cui nome richiama alla memoria le cave dell’entroterra dalle quali si estrae l’ardesia, roccia utilizzata sia per scopi artistici, sia per altri meno “nobili” come la produzione di tegole e lavagne. Molte di queste cave si trovano nella vicina Val Fontanabuona, verso la quale vergerà il gruppo dopo aver lasciato nuovamente il mare, che si rivedrà solo tra una settimana, al termine della tappa di Caorle. Prendendo lentamente quota si toccherà Cicagna, il principale della valle, presso il quale si trova il Santuario di Nostra Signora dei Miracoli, imponente edificio inaugurato nel 1937 sul luogo di una precedente chiesa, teatro quattrocento anni prima di un prodigioso miracolo che ebbe per protagonista una scolorita statua della Madonna, improvvisamente trasfiguratasi e ravvivatasi nelle tinte. Poco più avanti si toccherà Moconesi, dove è possibile visitare due interessanti musei, uno dedicato ai giocattoli e l’altro alla famiglia paterna di Cristoforo Colombo, originaria di questo luogo. Non è stato soltanto il celebre navigatore ad avere radici ben piantate in Val Fontanabuona, perché da qui partì per emigrare in quella stessa America che Colombo aveva scoperto la mamma di Frank Sinatra, nativa di Lumarzo, il centro dove avrà inizio la seconda delle tre salite principali di giornata, la Colla di Boasi. I suoi 9 Km al 4,3% non costituiranno una sorpresa per parte dei partecipanti al Giro perché fu affrontata anche lo scorso anno, durante la tappa terminata a Genova con il successo del lombardo Stefano Oldani. Una volta arrivati in vetta non si svolterà verso sinistra, per iniziare come dodici mesi fa la discesa verso il capoluogo ligure, ma si prenderà a destra infilandosi nel pianeggiante traforo, lungo poco più di un chilometro e perfettamente rettilineo, che evita l’ascesa al soprastante Passo della Scoffera. Seguirà una soavissima discesa dalle pendenze impalpabili lungo la parte alta della valle dello Scrivia, fiume che ha la sua sorgente dalla confluenza dei torrenti Laccio e Pentemina. In questo assetto si giungerà a Casella, centro presso il quale ha il suo capolinea settentrionale il “Trenino di Casella”, linea ferroviaria che lo collega a Genova e che ricorda quella più celebre del Bernina per l’arditezza di alcuni suoi tratti, per lo scartamento ridotto e per le vetture di colore rosso-beige, trainate dalla più antica locomotiva d’Italia ancora in esercizio, in attività dal 1924. Poco più avanti il percorso della tappa si innesterà sul tracciato del Giro dell’Appennino all’altezza di Busalla, centro situato a piedi del Passo dei Giovi, una delle storiche ascese della classifica italiana (prima edizione nel 1934) assieme alla tremenda Bocchetta e alla più morbida Castagnola. È in direzione di quest’ultima che andranno i “girini”, affrontandola dal versante che all’Appennino si percorre in discesa (5 Km al 4.5%) per poi planare su Voltaggio, località di villeggiatura nella quale è possibile ammirare un’interessante e inattesa pinacoteca, inizialmente allestita a Genova e dal 1901 ospitata nel locale convento cappuccino. Entrato in Piemonte, per il gruppo inizierà ora l’ultimo tratto di questa frazione, privo di difficoltà altimetriche se si esclude il leggero zampellotto che s’incontrerà a poco meno di 30 Km dall’arrivo, subito dopo il passaggio da Gavi, centro meritevole d’una sosta per ammirarvi il forte che sovrasta la cittadina e degustare il suo prelibato e omonimo vino DOGC, citato anche da Umberto Eco in “Baudolino”, il suo quarto romanzo storico. Queste sono zone dove la storia scorre a fiumi, come ci rammenta anche la vicina area archeologica di Libarna, casualmente riporta alla luce nel 1820 durante i lavori di realizzazione della “strada regia”, l’odierna Statale dei Giovi sulla quale il gruppo tornerà a pedalare al momento del ritorno sulla pianura, alle porte delle terre dei “Campionissimi”. Stavolta non ci si ricorderà soltanto di Fausto Coppi perché l’imminente passaggio da Cassano Spinola riporterà alla memoria il suo “predecessore al titolo” Costante Girardengo, che visse in questo borgo sulle cui strade una serie di piccoli murales ritrae il sei volte vincitore della Milano-Sanremo ma anche un’altra gloria locale, “Sandrino” Carrea, che di Coppi fu gregario.
Nel frattempo Tortona si fa sempre più vicina, annunciata all’apparire all’orizzonte della guglia del santuario di Nostra Signora della Guardia, dalla cui cima la dorata statua della Madonna veglierà silenziosa gli ultimi, frenetici colpi di pedale dell’undicesima frazione della corsa rosa.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Valico del Termine (264 metri). Valicato dalla Strada Statale 1 ‘’Via Aurelia’’ tra Borghetto di Vara e Carrodano Inferiore. Trovandosi sulla strada per il Passo del Bracco inevitabilmente il Giro d’Italia vi è transitato spesso, ma questa salita non è stata mai considerata come GPM. L’ultimo passaggio risale al 2015, durante la tappa Chiavari – La Spezia vinta da Davide Formolo.

Valico del Bivio della Baracca (589 metri). Valicato dalla Strada Statale 1 “Via Aurelia” lungo la salita al Passo del Bracco dal versante di Carrodano. Coincide con il bivio, in località “La Baracca”, dove si stacca la strada che scende verso Levanto.

Passo del Bracco (610 metri). Valicato dalla Strada Statale 1 “Via Aurelia” tra Carrodano e Sestri Levante, secondo i geologi non è un vero e proprio valico geografico, ma semplicemente il punto più alto toccato dall’Aurelia. Dal 1933, anno dell’istituzione della classifica dei Gran Premi della Montagna, il Giro vi è transitato venti volte e in questo numero non sono ovviamente compresi i frequenti passaggi avvenuti nelle edizioni precedenti. Tra i corridori che hanno conquistato questa salita ricordiamo il due volte vincitore del Giro Giovanni Valetti nel 1938 (l’anno del primo GPM sul Bracco), il fratello del “Campionissimo” Serse Coppi (1946 e 1950), il celebre scalatore spagnolo Federico Bahamontes (1958) e l’eterno secondo Italo Zilioli (1976), mentre l’ultimo in ordine di tempo è stato il russo Denis Menchov durante l’impegnativa cronometro individuale delle Cinque Terre nel 2009. Nel 2011 il GPM del Bracco, inserito nelle fasi iniziali della tappa Quarto dei Mille – Livorno, fu annullato a seguito della decisione di disputare la tappa senza velleità agonistiche in memoria di Wouter Weylandt, deceduto il giorno precedente Infine, in altre due successive occasioni la salita è stata affrontata in maniera parziale, senza arrivare fino al Bracco, nel 2012 salendo da Levanto al Valico Guaitarola per poi raggiungere in quota il “bivio della Baracca” (tappa Seravezza – Sestri Levante, vinta dal danese Lars Bak), nel 2015 salendo da Carrodano fino al bivio per Levanto nel corso della citata tappa della Spezia vinta da Formolo.

Passo del Baracchino, Sella di Pian del Lupo (512 metri), Valico di Cà Marcone, Sella di Bracco (416 metri), Passo d’Angio (340 metri), Sella di Ca’ Bianca (293 metri), Selletta di Macallè (181 metri). Valicati dalla Strada Statale 1 “Via Aurelia” nel corso della discesa che dal Passo del Bracco conduce a Sestri Levante.

Colletta di Boasi (642 metri). Quotata 615 sulle cartine del Giro 2023 (dove è segnalata come Colla di Boasi), mette in comunicazione la Val Fontanabuona con la Val Bisagno ed è attraversata dalla Strada Provinciale 77 “di Boasi”, tra l’omonima località e il Passo della Scoffera. È stata affrontata per la prima volta come traguardo GPM lo scorso anno, durante la tappa Parma – Genova, vinta da Stefano Oldani dopo che in vetta alla Colletta era transitato in testa il bergamasco Lorenzo Rota.

Passo della Scoffera (674 metri). Non sarà direttamente toccato dalla tappa, che vedrà i corridori percorrere il tunnel sottostante il valico. Quotato 671 sulle cartine del Giro d’Italia 2015 (è l’ultima occasione nella quale il Giro è giunto fino al passo), è raggiungibile da tre diverse vie d’accesso (Davagna, Laccio e Ferriere). Nonostante la sua notorietà, il Giro l’ho ha affrontato solo quattro volte come GPM e ha visto transitare in testa Aldo Moser nel 1958 (tappa Mondovì – Chiavari, vinta da Silvano Ciampi), Giuseppe Saronni nel 1978 (tappa Novi Ligure – La Spezia, vinta dallo stesso corridore), Flavio Zappi nel 1984 (tappa Lerici – Alessandria, vinta da Sergio Santimaria) e l’elvetico Pascal Richard nel 1994 (tappa Lavagna – Bra, vinta da Massimo Ghirotto), occasione nella quale non si salì fino al valico ma si terminò la scalata all’imbocco della sottostante galleria.

Colle di Castagnola (590 metri). Quotato 583 metri sulle cartine del Giro 2023, è valicato dalla Strada Provinciale 163 “della Castagnola” tra Borgo Fornari e Voltaggio, all’altezza dell’omonima località.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

La città di Tortona dominata dalla guglia del santuario di Nostra Signora della Guardia e l’altimetria dell’undicesima tappa del Giro 2023 (www.settimanalelancora.it)

La città di Tortona dominata dalla guglia del santuario di Nostra Signora della Guardia e l’altimetria dell’undicesima tappa del Giro 2023 (www.settimanalelancora.it)

CIAK SI GIRO

Hans Christian Andersen si rivolterebbe nella tomba a sapere che nell’incantevole angolo del Mar Ligure che il celebre favolista aveva ribattezzato “Baia delle favole” un brutto giorno sarebbe capitato nientemeno che il conte Dracula! E non un Dracula qualsiasi ma uno dei tanti a portare il volto Christopher Lee, l’attore inglese conosciuto proprio per le numerose interpretazioni del celebre vampiro. Comincerà nel 1958, dopo che l’anno precedente aveva avuto una prima esperienza “horror” nei panni del mostro di Frankenstein, e si farà notare al punto che già nel 1959 sarà chiamato a infilarsi i canini di scena, ma in una pellicola che nulla a che vedere con il genere horror. Il regista era l’italiano Steno – all’anagrafe Stefano Vanzina – che volle l’attore britannico per il ruolo del barone Roderico da Frankurten nella commedia comica “Tempi duri per i vampiri”. Il suo sarà un ruolo secondario, chiamato a far da spalla a Renato Rascel, che nel film è un barone spiantato costretto a vendere il castello di famiglia e a vederlo trasformato in un albergo, dove gli sarà consentito di risiedere a patto di lavorarvi come facchini. Non immagina che starà per trasferirsi nel castello anche lo zio Roderico, fuggito dalla Transilvania, il quale rivelerà d’essere un vampiro. E che c’entra tutto questo con Sestri Levante? C’entra perché quel che si vede nel film è in piccola parte ligure poiché le riprese in esterna del maniero mostrano il Castello Brown di Portofino e, per quel che riguarda l’ingresso al maniero, uno degli edifici che compongono il complesso finto medioevale dei castelli di Sestri Levante. In realtà Dracula in riviera si vide poco perché per la stragrande maggioranza delle riprese si scelse, per la comodità della vicinanza agli studi di Cinecittà, il Castello Odescalchi di Bracciano, mentre altri manieri del Lazio furono spacciati per la dimora transilvana del barone Roderico. E per finire un paio di curiosità: per Christopher Lee le riprese del film furono l’occasione per tornare “in pace” in Italia, dove già era stato tra il 1943 e il 1944 durante la Seconda Guerra Mondiale, dove partecipò alla Battaglia di Montecassino. Ma pochi sanno che nelle sue vene scorreva sangue italiano perché italiana era la madre dell’attore, Estelle Marie Carandini dei marchesi di Sarzano.

In collaborazione con www.davinotti.com

Villa Gualino, uno dei tre edifici che compongono il complesso dei castelli di Sestri Levante, nel film “Tempi duri per i vampiri” (www.davinotti.com)

Villa Gualino, uno dei tre edifici che compongono il complesso dei castelli di Sestri Levante, nel film “Tempi duri per i vampiri” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/tempi-duri-per-i-vampiri/50000325

FOTOGALLERY

Forte dei Marmi, Forte Lorenese

L’anfiteatro romano dell’antica Luni

Castello di Arcola

Borghetto di Vara, Abbazia di Santa Maria Assunta dell’Accola,

Passo del Bracco

Sestri Levante, Baia delle Favole

Cicagna, Santuario di Nostra Signora dei Miracoli

Il capolinea di Casella della spettacolare linea ferroviaria Genova – Casella

Voltaggio, convento dei cappuccini

Forte di Gavi

Serravalle Scrivia, l’anfiteatro di Libarna

Uno dei murales a tema ciclistico che adornano le strade di Cassano Spinola

TRA COVID, PIOGGIA E VENTO, A VIAREGGIO LA SPUNTA CORT NIELSEN

maggio 16, 2023 by Redazione  
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Nella decima tappa del Giro 2023, dopo il ritiro per covid di Remco Evenepoel (Team Lotto Soudal), Magnus Cort Nielsen (Team EF Education EasyPost) centra la fuga giusta e soprattutto la prima vittoria nella corsa rosa, battendo in una volata ristretta Derek Gee (Team Israel Premier Tech) ed Alessandro De Marchi (Team Jayco AlUla)

Il primo giorno di riposo del Giro 2023 lascia strascichi fondamentali per il prosieguo della corsa rosa. Remco Evenepoel (Team Lotto Soudal) si ritira a causa dl covid e con lui sono costretti ad alzare bandiera bianca per lo stesso motivo Rigoberto Urán (Team EF Education EasyPost), Callum Scotson (Team Jayco AlUla), Sven Erik Bystrøm (Team Intermarché Circus Wanty) e Domenico Pozzovivo (Team Israel Premier Tech). In particolare, il forfait del campione del mondo in carica, oltre ad aver scatenato discussioni che andranno avanti a lungo, si ripercuote sulle tattiche che i nuovi favoriti – in particolare Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) e la coppia dell’INEOS Grenadiers formata da Geraint Thomas e Tao Geoghegan Hart – porranno in essere, con le Alpi che si intravedono all’orizzonte. Intento oggi si riparte da Scandiano e, attraversando l’Appennino tosco emiliano, si ritorna sul Tirreno, precisamente a Viareggio. La decima tappa è lunga complessivamente 196 km ed i primi 90 si inerpicano, tra diversi saliscendi, fino al Passo delle Radici, primo dei due gpm di giornata che svetta ai 1400 metri di altezza e che delimita il confine tra Emilia Romagna (provincia di Modena) e Toscana (provincia di Lucca). Oltre ai ciclisti già elencati, messi ko dal covid, da Scandiano non partivano per altri problemi fisici Mads Würtz Schmidt (Team Israel Premier Tech), Rein Taaramäe (Team Intermarché Circus Wanty) e Oscar Riesebeek (Team Alpecin Deceuninck); anche Stefan Küng (Team Groupama FDJ), come da programma, aveva lasciato il Giro nel giorno di riposo, mentre Geraint Thomas era la nuova maglia rosa. Dopo diversi attacchi e contrattacchi, la fuga giusta partiva intorno al km 30 grazie all’azione di Derek Gee (Team Israel Premier Tech), Alessandro De Marchi (Team Jayco AlUla) e Magnus Cort Nielsen (Team EF Education Easy Post). Inizialmente nel drappello di testa era presente anche Davide Bais (Team EOLO Kometa), che però si faceva sfilare e riprendere dal gruppo dopo essere transitato in prima posizione sia sul traguardo volante di Villa Minozzo posto al km 48 che sul gpm del Passo delle radici posto al km 87.5 Intorno al km 70 Aleksandr Vlasov (BORA Hansgrohe) si ritirava a causa di problemi allo stomaco. La scalata verso i 1400 metri del Passo delle Radici era segnata dal maltempo, con pioggia e vento che riducevano vistosamente il gruppo maglia rosa. I velocisti cercavano di restare aggrappati ma tra di loro chi si staccava irrimediabilmente erano Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) e Fernando Gaviria (Team Movistar), quest’ultimo vittima anche di una scivolata in discesa. Proprio nella discesa dal Passo delle Radici, una volta rimasti in testa Cort Nielsen, De Marchi e Gee, dal gruppo maglia rosa evadevano Jonathan Milan, Andrea Pasqualon e Damiano Caruso (Team Bahrain Victorious), che restavano a bagnomaria tra i battistrada ed il gruppo, prima di desistere dalla loro azione ed essere ripresi prima del secondo gpm di Monteperpoli. Su questo gpm, posto al km 120.7, era Gee a scollinare in prima posizione. Nella discesa successiva si segnalava la caduta di Jay Vine (UAE Team Emiratres), che perdeva così parecchio tempo dal gruppo, ed anche quella di Warren Barguil (Team Arkea Samsic), che ripartiva ma era dolorante al braccio sinistro. Meglio andava ad Alberto Bettiol (Team EF Education Easy Post), che si scontrava con un massaggiatore scesa dall’ammiraglia per soccorrere un ciclista e che fortunatamente ripartiva senza conseguenze. La fuga, pur avendo avuto un vantaggio massimo superiore ai 2 minuti, non desisteva dall’intento di giocarsi la vittoria di tappa anche perché al loro inseguimento, come detto, il gruppo non era compatto, avendo perso numerosi elementi nella salita del Passo delle Radici. E infatti, i pochi uomini a disposizione degli altrettanto pochi velocisti presenti nel gruppo maglia rosa, desistevano dall’inseguimento a circa 3 km dalla conclusione, quando il vantaggio del terzetto di testa era ancora di 45 secondi. Nella volata a tre era Cort Nielsen a vincere davanti a Gee, mentre De Marchi si piazzava in terza posizione a 2 secondi di ritardo. Mads Pedersen (Team Trek Segafredo) regolava il gruppo maglia rosa per la quarta posizione, a 51 secondi di ritardo da Cort Nielsen. Chiudeva la top five Pascal Ackermann (UAE Team Emirates), mentre nella top ten si segnalava la sesta posizione di Stefano Oldani (Team Alpecin Fenix), la settima posizione di Jonathan Milan, la nona posizione di Mirco Maestri (Team EOLO Kometa) e la decima posizione di Filippo Fiorelli (Team Green Project-Bardiani CSF-Faizanè). Cort Nielsen, specialista delle fughe vincenti, ottiene la terza vittoria stagionale, dopo essersi già imposto nella seconda e nella terza tappa della Volta ao Algarve. Inoltre, il ciclista danese entra nel ristretto club dei ciclisti che hanno vinto almeno una tappa nei tre GT, e precisamente sei alla Vuelta, due al Tour e una al Giro). In classifica generale, Thomas è maglia rosa con 2 secondi di vantaggio su Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) e 5 secondi di vantaggio su Tao Geoghegan Hart (Team INEOS Grenadiers). Domani è in programma l’undicesima tappa dal Camaiore a Tortona di 219 km. I ciclisti dovranno affrontare tre gpm piuttosto semplici, due di terza e uno di quarta categoria. Gli ultimi 40 km sono in leggera discesa e le condizioni meteo dovrebbero migliorare leggermente rispetto ad oggi. Vedremo se la fuga avrà ancora la meglio sulle ambizioni dei velocisti.

Antonio Scarfone

Magnus Cort Nielsen vince a Viareggio (foto: Getty Images)

Magnus Cort Nielsen vince a Viareggio (foto: Getty Images)

UN TUFFO DAGLI APPENNINI

maggio 16, 2023 by Redazione  
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Dopo il primo giorno di riposo il Giro riparte dall’Emilia Romagna alla volta della Toscana per una classica cavalcata appenninica. La quasi totale assenza di salite negli ultimi 95 Km sembra strizzare l’occhio ai velocisti e, in effetti, l’arrivo allo sprint sembra una soluzione molto probabile. Ma il traguardo di Viareggio potrebbe non essere alla portata di tutti perché certamente si faranno sentire nelle gambe i quasi 3000 metri di dislivello che si dovranno “subire” per attraversare l’Appennino tosco-emiliano.

La traversata appenninica tra Toscana ed Emilia Romagna è un classico del Giro d’Italia, proposto in “salse” sempre differenti, talvolta dal sapore piccante com’è stato per esempio il caso della frazione disegnata tra Montecatini Terme e Faenza al Giro del 2003, quando le colline romagnole sancirono il passaggio di consegne al vertice della classifica tra Stefano Garzelli e Gilberto Simoni, che due settimane più tardi s’imporrà nell’86a edizione della Corsa Rosa. Ci sono state, al contrario, tappe accompagnate da una salsa più delicata, come accadde nel 2007 quando la Reggio Emilia – Lido di Camaiore, con la sola e pedalabile ascesa al Passo del Cerreto da affrontare strada facendo, terminò con una volata di gruppo conquistata dallo sprinter siciliano Danilo Napolitano. La cavalcata appenninica versione 2023 si disputerà nella stessa direzione geografica di quella tappa, ma la salsa sarà stavolta decisamente meno insipida, anche se non sarà saporita come quella del 2003. Al posto dell’ascesa ai 1261 metri del Passo del Cerreto ci sarà quella diretta alla più elevata Foce delle Radici (1529 metri), che i “girini” raggiungeranno al termine di una salita mai dura ma lunga quasi 50 Km, spezzata in quattro porzioni da tre lunghi tratti intermedi in quota. Superato anche il breve ma decisamente più tosto Monteperpoli mancheranno ben 95 Km al traguardo e questo sulla carta dovrebbe favorire i velocisti, i quali però si troveranno sul groppone i quasi 3000 metri di dislivello giornaliero, l’ultima fetta del quale sarà servita a poco meno di 20 Km dall’arrivo. A quel punto i corridori si troveranno ai piedi del Montemagno, collina dalle lievi pendenze che in condizioni normali non fa paura ai velocisti e, infatti, se la tappa diretta a Viareggio avrebbe presentato solo questa difficoltà l’arrivo allo sprint sarebbe stato alla portata di molti, mentre stavolta potrebbero mandare in affanno quegli sprinter che ancora non hanno digerito le precedenti salite oppure rompere le uova nel paniere alle formazioni che da parecchi chilometri stanno lavorando per ricucire sulla fuga di giornata e, contemporaneamente, organizzare la volata ai loro velocisti di punta. E non è detto che sia la fuga a prevalere in questa giornata nella quale si comincerà a salire sin dal via da Scandiano, dovendosi superare uno “scalino” di 1.5 Km al 5.4% ad appena 4 Km dalla partenza, seguito da un lungo tratto in falsopiano di una quindicina di chilometri che si concluderà alle porte di Carpineti, centro conosciuto per il suo castello, uno dei più estesi dell’appennino reggiano. Anziché dirigersi verso quest’ultimo si andrà ad affrontare la salita della Svolta (3 Km al 7.8%), che culmina poco distante dall’antica abbazia di Marola, fondata su iniziativa della celebre contessa Matilde di Canossa tra il 1076 e il 1092. Raggiunta la vicina Felina si abbandonerà la statale diretta al citato Passo del Cerreto per andare da lì a breve a intraprendere l’interminabile ascesa della Foce delle Radici che, come dicevamo, è suddivisa in quattro tratti distinti, il primo dei quali inizia in corrispondenza del ponte sul fiume Secchia, il secondo per importanza tra gli affluenti di destra del Po dopo il Tanaro. La prima balza, 9.1 Km al 3.6% a loro volta spezzati in tre tratti da brevi contropendenze, conduce alla località di villeggiatura di Villa Minozzo, paese natale di Adolphe Deledda, corridore che prese la cittadinanza francese nel 1948 e nel cui palmares spiccano una vittoria di tappa alla Vuelta del 1947 e due al Tour, entrambe ottenute da “transalpino”. In questo stesso centro il 21 giugno del 1944 era drammaticamente terminata la vita, fucilato con tutta probabilità da un gruppo filo partigiano, del corridore reggiano Nello Trogi, la cui carriera si svolse prevalentemente in Francia (nel 1935 si imporrà nel Giro di Corsica) e che in Italia ottenne una sola vittoria, nella frazione d’apertura del Giro del 1937. Più consistente è la seconda “tranche” della salita, 8 Km al 5.1% nel corso dei quali si sfiora la poco conosciuta Cascata del Golfarone e si lascia sulla sinistra la strada diretta alla stazione di sport invernali di Febbio. A 8 Km di salita ne seguiranno altrettanti in quota, pedalando in direzione di Civago, altra località di villeggiatura dalla quale è possibile raggiungere con una lunga escursione l’Abetina Reale, foresta di conifere inserita all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano e nella quale si trova un rifugio, ospitato in quella che fu la prima segheria idraulica della storia, realizzata nel ‘600 su iniziativa della celebre famiglia degli Este. Si riprende quindi a salire per affrontare i 5.6 Km al 4.4% che conducono a Roncatello, seguito da un ultimo tratto intermedio in quota verso Piandelagotti, altra località frequentata dagli amanti dello sci. La zona degli impianti si trova proprio in corrispondenza della Foce delle Radici, che si raggiungono percorrendo il tratto più impegnativo dell’ascesa, i conclusivi 4.4 Km al 6% che conducono sino allo scollinamento, situato al confine con la Toscana e a un paio di chilometri da San Pellegrino in Alpe, “exclave” emiliana conosciuta sia per il suo santuario intitolato al santo irlandese Pellegrino, sia per la ripida strada che bisogna percorrere per giungervi. Non la dovranno percorrere i “girini” che scenderanno per la più morbida strada che plana tortuosa verso la Garfagnagna, la valle del fiume Serchio che nel 1895 fu scelta quale “buen retiro” da Giovanni Pascoli. L’ultima dimora del celebre poeta, che vi abitò fino a pochi mesi dalla morte (2012), si trova a Castelvecchio, frazione di Barga che non sarà attraversata dal gruppo perché, una volta terminata la discesa, gli organizzatori hanno deciso d’inserire nel percorso la ripida salita verso Monteperpoli, 2400 metri all’8,1% che hanno come meta un piccolo borgo delle Alpi Apuane dove in epoca medioevale fu costruito un piccolo ospizio per dare ospitalità ai viandanti, accanto al quale fu eretta anche una chiesetta dedicata a San Regolo.
Scesi a Gallicano inizierà finalmente la pianura che, a parte l’intrusione del Montemagno, scorrerà sotto le ruote del gruppo sin sul traguardo di Viareggio. Il primo settore di questa seconda parte del viaggio odierno si snoderà ancora nella valle del Serchio, che il gruppo percorrerà in direzione di Lucca sfiorando il famoso Ponte del Diavolo di Borgo a Mozzano, così chiamato per la leggenda – simile a quelle raccontate per altri ponti con lo stesso nome – che lo vuole costruito in una notte dal demonio, intervenuto per aiutare il capomastro che l’aveva invocato dopo essersi reso conto di non riuscire a completare l’opera nei tempi richiesti. Il patto prevedeva che Satana avrebbe ricevuto in cambio l’anima del primo viandante, ma il parroco del posto riuscì a evitare che un povero cristiano finisse all’inferno facendo percorrere per primo il ponte a un pastore maremmano, cane che fu scagliato dall’ira del diavolo nel sottostante fiume, dove la tradizione popolare dice che sia rimasto pietrificato sul fondale. Proprio all’altezza di questo centro (ma non sul Ponte del Diavolo, troppo angusto per il gruppo) si supererà il corso del Serchio per passare sulla sponda opposta del fiume, seguendola in direzione di Lucca, senza però raggiungerla. Alle porte della celebre cittadina toscana – che punta ad avere il Giro nel 2024, in occasione del primo centenario della scomparsa del compositore Giacomo Puccini – ci sarà un nuovo cambio di fronte con un altro passaggio sul Serchio e il ritorno sulle sponde che si erano costeggiate in precedenza, dove si andrà a toccare la frazione lucchese di Monte San Quirico, dove si trova Villa Paolina, così chiamata dal nome della sua celebre acquirente (1822), la sorella dell’imperatore Napoleone Bonaparte. Il tratto successivo vedrà il gruppo risalire la Val Freddana in direzione del Montemagno, modesto valico – soprattutto dal lato che si percorrerà in salita, 2.4 Km al 3.8% – molto noto in gruppo perché nelle ultime stagioni è stato alternativamente inserito nel percorso delle prime due frazioni della Tirreno-Adriatico e che fino al 2014 era, assieme al vicino Monte Pitoro, salita storica del Gran Premio Città di Camaiore, corsa sparita dal calendario dopo che il comune di Camaiore ha preferito “dirottare” i fondi necessari all’organizzazione della gara verso la Corsa dei due Mari. Il mare oramai è all’orizzonte e, percorsa la veloce discesa verso la Versilia, lo si raggiungerà nel giro di 14 Km, per poi svoltare sulla litoranea in direzione di Viareggio e seguirla fedelmente negli ultimi 3500 metri. Saranno gli ultimi attimi di un tuffo che solleverà molti spruzzi…. ma solo uno sarà quello vincente.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Selletta Minozzo (672 metri). Quotata 680 metri sulle cartine del Touring Club Italiano, coincide con la località di villeggiatura di Villa Minozzo. Mai affrontato come GPM, il Giro d’Italia vi è transitato l’ultima volta nel 2001, nel corso della tappa Montecatini Terme – Reggio Emilia, vinta dal veneto Pietro Caucchioli: il passaggio da Villa Minozzo era valido come traguardo volante Intergiro, conquistato dall’umbro Fortunato Baliani.

Valico di Pian del Monte (1040 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 9 “delle Forbici” tra Asta e Cervarolo. Nel 2001 vi è transitata la citata tappa Montecatini Terme – Reggio Emilia.

Passo di Roncadello (1294 metri), Colle del Morto (1335 metri). Valicati dalla Strada Provinciale 38 “di Civago” tra Civago e Piandelagotti. Nel 2001 vi è transitata la citata tappa Montecatini Terme – Reggio Emilia.

Foce delle Radici (1529 metri). Nota anche come Passo delle Radici e quotata 1527 sulle cartine del Giro d’Italia 2023, vi transita l’ex Strada statale 324 “del Passo delle Radici” tra Pievepelago e Castelnuovo di Garfagnana. È stata affrontata quattro volte come GPM mentre in tre occasioni ci si è transitati in discesa, provenendo da San Pellegrino in Alpe. Nella citata tappa del Giro 2001 (Montecatini Terme – Reggio Emilia) la salita fu affrontata in maniera parziale, salendo da Pievepelago e scollinando senza GPM al bivio per Piandelagotti, due chilometri e mezzo prima di giungere al passo. Il primo corridore a espugnare la cima della Foce delle Radici è stato il bresciano Michele Dancelli durante la tappa La Spezia – Prato del Giro del 1967, vinta dallo stesso corridore. Nel 1971 sarà lo scalatore spagnolo Josè Manuel Fuente a scollinare in testa e anche in questo caso sarà il conquistatore delle Radici a far sua la tappa, partita da Forte dei Marmi e terminata con l’arrivo in salita a Pian del Falco, sopra Sestola. Fuente si imporrà anche nel 1974 nella tappa che prevedeva la Foce delle Radici (Modena – Il Ciocco), ma stavolta non sarà lo spagnolo a transitare per primo in vetta, conquistata dal ligure Giuseppe Perletto. L’ultimo corridore a mettere la firma sul valico tosco-emiliano sarà lo spagnolo Andrés Oliva nel 1976, nel corso della Porretta Terme – Il Ciocco che terminerà con la vittoria del belga Ronald De Witte.

Col d’Arciana (1300 metri), Colle Pianelli (1249 metri), Foce di Terrarossa (1141 metri), Foce di Sassorosso (1065 metri), Colle Sfogliato (982 metri). Valicati nel corso della discesa dalla Foce delle Radici verso Castelnuovo di Garfagnana.

Valico di Monte Perpoli (491 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 43 “di Monteperpoli” tra Castelnuovo di Garfagnana e Gallicano. Nel 1995 questa salita è stata affrontata nel finale della tappa Pietrasanta – Il Ciocco, vinta dal bresciano Enrico Zaina, ma non era valida come GPM.

Colle di Montemagno (224 metri). Quotato 212 metri sulle cartine del Giro 2023, è valicato dalla Strada Provinciale 1 “Francigena” tra Monsagrati e Camaiore. Mai proposto come GPM alla Corsa Rosa, non viene affrontato al Giro dal 1987, quando fu inserito nei chilometri iniziali della tappa Camaiore – Montalcino, vinto da Moreno Argentin. Alla Tirreno-Adriatico, che l’ha inserito spesso nel tracciato nelle ultime edizioni, è stato considerato valido come GPM solamente nel 2018, affrontato nei chilometri iniziali della tappa Camaiore – Follonica, vinta dal tedesco Marcel Kittel dopo che sul Montemagno era scollinato per primo il valtellinese Nicola Bagioli.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

La spiaggia di Viareggio e l’altimetria della decima tappa del Giro 2023 (www.tripadvisor.it)

La spiaggia di Viareggio e l’altimetria della decima tappa del Giro 2023 (www.tripadvisor.it)

CIAK SI GIRO

Giro d’Italia del 1964, tappa di Viareggio. Tagliato il traguardo in forte ritardo ma ancora dentro il tempo massimo il corridore spagnolo Francisco Petrillo si schianta letteralmente sul chioschetto di una venditrice di bomboloni, perdendo i sensi. Ora non mettetevi a cercare, in rete o sui libri di storia del ciclismo, informazioni su questo corridore perché non le troverete, da nessuna parte. Semplicemente perché Francisco Petrillo non è mai esistito e nel 1964 la Corsa Rosa aveva fatto sì tappa in Toscana, ma a Livorno, e tutto quanto narrato è frutto della fantasia, anzi della… frenesia! Quella scena, infatti, la potete trovare solo nel film “Frenesia dell’estate”, ambientato a Viareggio durante il mese delle vacanze estive e per questo il regista Luigi Zampa incappò in un bel “blooper”, come sono definiti in gergo gli svarioni commessi dalle produzioni cinematografiche, perché lo sanno tutti che il Giro si corre a maggio. È dunque pura finzione quell’incidente, filmato sul cosiddetto Belvedere delle Maschere, tratto del lungomare di Viareggio che si trova proprio accanto al luogo dove si concluderà la decima tappa del Giro 2023. In scena erano l’attore sardo Vittorio Congia, che vestiva i panni dello sfortunato Petrillo, e l’allora 31enne Sandra Milo, che nel film è Yvonne, la bella “chioschettera” che dopo l’incidente si scarrozzerà il corridore sul suo chiosco a pedali alla ricerca dell’albergo dove alloggiava la squadra del corridore. Ma non lo troverà anche perché il Petrillo era stato colpito da una lieve amnesia e così lei deciderà di accoglierlo a casa sua, per poi riportarlo il mattino successivo al Belvedere delle Maschere, dove era prevista la partenza della tappa successiva, una cronometro individuale. Ma, stremato dalle troppe e amorevoli “cure” alle quali l’aveva sottoposto la bella Yvonne, il Petrillo crollerà nuovamente a terra al momento della discesa dalla rampa di lancio.

In collaborazione con www.davinotti.com

Francisco Petrillo al via della tappa a cronometro del Giro d’Italia: non è la vera Corsa Rosa ma quella ricreata da Luigi Zampa per uno degli episodi de “Frenesia dell’estate” (www.davinotti.com)

Francisco Petrillo al via della tappa a cronometro del Giro d’Italia: non è la vera Corsa Rosa ma quella ricreata da Luigi Zampa per uno degli episodi de “Frenesia dell’estate” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/frenesia-dell-estate/50023636

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Scandiano, Rocca del Boiardo

Carpineti, Castello delle Carpinete

Carpineti, Abbazia di Marola

Cascata del Golfarone

L’antica segheria dell’Abetina Reale, oggi convertita in rifugio

San Pellegrino in Alpe

Castelvecchio Pascoli, casa di Giovanni Pascoli

Borgo a Mozzano, Ponte del Diavolo

Vista panoramica dal Colle di Montemagno

CRONO BAGNATA A CESENA, BIG TUTTI VICINI

maggio 14, 2023 by Redazione  
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La prova contro il tempo in terra romagnola si è svolta per gran parte sotto una pioggia battente che ha reso insidiose le venti curve presenti sul percorso. Come da pronostico, la tappa è andata a finire nel palmares di Evenepoel, ma i distacchi sono stati molto inferiori a quanto si potesse pensare dopo quelli inflitti nella prima prova contro il tempo. Il Giro è ancora apertissimo in vista delle montagne.

Dopo aver visto con stupore i distacchi abissali che Remco Evenepoel (Soudal – Quick Step) aveva inflitto agli attoniti avversari nella tappa a cronometro che ha aperto questo Giro d’Italia sulla Costa dei Trabocchi, tutti pensavano che, nella prova odierna di chilometraggio quasi doppio e completamente piatta, il belga avrebbe ucciso il Giro. Lui stesso aveva detto di aspettarsi di guadagnare un altro minuto e invece… invece è tutta un’altra storia, una storia che aveva cominciato a fare capolino già a Salerno, quando in molti si chiedevano se il campione del mondo avesse accusato le due cadute delle quali era stato vittima, e si era riproposta ieri a Fossombrone quando il belga aveva dovuto mollare le ruote di un Primoz Roglic (Jumbo-Visma) che, a dire la verità, non aveva fatto uno scatto perentorio da scalatore ma solo un cambio di ritmo non troppo violento. Evenepoel aveva tentato di riportarsi in progressione sul suo avversario, ma il tentativo era fallito mentre non aveva neppure provato a rispondere alla coppia di capitani Ineos che, dopo la prova odierna, si affacciano pericolosamente all’orizzonte per la vittoria finale. Evenepoel ha riconquistato la maglia rosa, la sua squadra avrà di nuovo l’onere di controllare la corsa e guidare il gruppo, ma il vantaggio in generale del capoclassifica è molto inferiore a quello che egli stesso si aspettava dopo la giornata di oggi e i segnali visti negli ultimi giorni non sono buoni.
Molte perplessità c’erano ad inizio Giro sulla tenuta di Evenepoel nella terza settimana, non sappiamo ancora come andrà, ma quello di cui si può essere certi è che sta crescendo la condizione degli avversari.
Sta crescendo la condizione di Roglic, che nella cronometro di apertura aveva perso oltre due secondi al chilometro mentre oggi ha accusato meno di mezzo secondo al chilometro. La prestazione dello sloveno è stata in crescendo nel senso che, al primo rilevamento cronometrico, il tempo di Roglic era piuttosto alto, intorno ai trenta secondi da Evenepoel ed intorno ai 20 da Geraint Thomas (Ineos Grenadiers). Il ritardo al traguardo è stato di 17 secondi dal vincitore il che significa che, nella seconda parte della frazione, Roglic ha non solo dimezzato lo svantaggio dal belga ma ha rosicchiato qualche secondo anche nei confronti di Thomas.
Ora rimane da capire se il capitano della Jumbo sia partito male e abbia poi trovato il suo ritmo, oppure se si sia trattato di una strategia per una migliore distribuzione dello sforzo quella di aumentare poco alla volta la velocità.
Del resto il cambio di ritmo proposto ieri da Roglic sulla salita dei Cappuccini ha testimoniato una condizione in crescendo per lo sloveno, che si è presentato al Giro con poche corse alle spalle e senza il ritmo gara che potrebbe aver trovato proprio in questa prima settimana corsa al coperto.
Evenepoel, invece, era sembrato quello della Costa dei Trabocchi sino al primo intermedio, quando aveva dato quasi un secondo al chilometro a Thomas, mentre nella parte centrale della prova il suo rendimento è calato parecchio. Il campione belga di specialità, intervistato nel dopo tappa, ha attribuito la colpa ad un eccessivo sforzo nella parte iniziale. Va detto che negli ultimi sei chilometri Evenepoel ha viaggiato sui ritmi di Thomas, il che significa ad ritmo leggermente inferiore rispetto a Roglic.
La pioggia può aver certamente condizionato il rendimento del belga, ma ha certamente fatto perdere la tappa a Geraint Thomas, apparso in difficoltà nelle curve più difficili. Più di una volta è stato inquadrato mentre le affrontava con traiettorie quadrate, quasi fermandosi. Visto il distacco inferiore al secondo, si può dire che 4 o 5 secondi nelle curve li ha persi tutti. Il britannico è stato, però, molto bravo nella distribuzione della sforzo, nel senso che – al contrario di Evenepoel e di Roglic, che hanno pagato il primo nel tratto intermedio, il secondo nel tratto iniziale lui ha mantenuto il ritmo costante per tutta la prova cosa che, in una tappa a cronometro, rappresenta un valore aggiunto. Certamente l’esperienza e le doti di fondo del capitano Ineos lo hanno favorito in questo senso.
La situazione della squadra Ineos è poi resa molto interessante dalla prestazione di un uomo come Tao Geoghan Hart, uno che sa come si vince un Giro. Il trionfatore della Corsa Rosa 2020 è uno che se la cava a cronometro, ma non è certo uno specialista della materia; tuttavia ha fermato i cronometri su un tempo più alto di soli 2 secondi rispetto ad Evenepoel, cosa che alla vigilia appariva impensabile.
Anche molti altri Ineos hanno disputato una buona prova e sono discretamente piazzati in classifica.
Ora la compagine britannica ha non solo due capitani che possono dare grattacapi con azioni combinate o a scacchiera, ma ha altre seconde linee, come Pavel Sivakov, alle quali non può essere concesso troppo spazio.
Geoghan Hart ha vinto il Tour of the Alps e si è presentato al Giro con un’ottima condizione, conquistando il quarto posto nella crono di apertura, quando ha staccato di quindici secondi Thomas. Sarebbe secondo in classifica se non fosse incappato in un buco nel gruppo nel finale seconda tappa. Ora il punto di domanda sta nel capire se riuscirà a mantenere questa condizione sino alle ultime decisive tappe
Thomas, invece, è arrivato al Giro in sordina, andando molto male al Tour of The Alps e accusando quasi un minuto da Evenepoel nella frazione d’apertura; ora la condizione del quasi trentasettenne gallese è enormemente cresciuta e, viste le sue doti di fondista, è lecito pensare che crescerà ancora per arrivare al top quando ci saranno i tapponi alpini da affrontare.
A questo punto Thomas diventa uno dei principali candidati alla vittoria finale.
Passando agli altri big, il capitano della Bora Aleksandr Vlasov se l’è cavata egregiamente, accusando solo 30 secondi di ritardo in una prova di 35 chilometri, quindi meno di un secondo al chilometro da primi. Invece ci si poteva aspettare qualcosa in più in casa UAE da Joao Almeida, che ha perso 35 secondi pur essendo uno specialista delle prove contro il tempo, con le quali deve sopperire a quel che gli manca in salita.
Ottima è stata la prova di Damiano Caruso (Bahrain – Victorious), che aveva preventivato di perdere un paio di minuti e invece ha accusato un gap di soli 30 secondi e può sperare in una condizione in miglioramento e in doti di fondo che potranno aiutarlo sulle montagne. Male, invece, è andato il secondo capitano designato della Bahrain, il colombiano Santiago Buitrago, che ha accusato 2 minuti e quaranta secondi.
In chiave vicecapitani, è andata bene la Bora con Lennard Kämna a 51 secondi e la UAE con Jay Vine a 50 secondi.
Insomma dopo questa prova, che doveva causare un terremoto in classifica, l’unica vera novità (tra l’altro ampiamente prevista) è stato il cambiamento della maglia rosa che è ritornata sulla spalle del campione del mondo. I primi sei sono ora racchiusi un poco più di un minuto.
Dopo il giorno di riposo di domani si ripartirà martedì con una tappa in cui i velocisti dovranno cercare di resistere sulla salita del Passo delle Radici per andare a disputare lo sprint sul traguardo di Viareggio.
Inutile dire, però, che gli occhi degli appassionati siano puntati sulla tappa di venerdì che, insieme a quella con arrivo alla Tre Cime di Lavaredo, è la più dura del Giro. Non è ancora stata sciolta la riserva sulla possibilità di passare sulla Cima Coppi, prevista agli oltre 2400 metri del Colle del Gran San Bernard, ma sopratutto sulla durissima Croix de Coeur che precederà l’ascesa finale verso Crans Montana, dove non ci saranno problemi ad arrivare. Un eventuale taglio sarebbe una grande delusione per tutti gli appassionati. Non ci resta che sperare che tutte le tappe possano essere disputate sul tracciato previsto per godere di una battaglia che si annuncia emozionante ed incerta.

Benedetto Ciccarone

Sotto lacquazzone sfoca la stella di Evenepoel: vince la crono, riprende la rosa ma non stravince e non chiude il Giro (Getty Images)

Sotto l'acquazzone sfoca la stella di Evenepoel: vince la crono, riprende la rosa ma non stravince e non chiude il Giro (Getty Images)

SULLA SCIA DEL DIRETTISSIMO

maggio 14, 2023 by Redazione  
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Tornano al lavoro i cronometristi per la seconda prova contro il tempo del Giro 2023, come la precedente di Ortona disegnata su di un tracciato che si annuncia velocissimo. Stavolta non s’incontrerà nemmeno il becco di una salita e gli scalatori dovranno stringere i denti per tutti e trentatre i chilometri della Savignano sul Rubicone – Cesena. Sarà anche l’occasione per ricordare il mitico Ercole Baldini, scomparso il primo dicembre scorso: sarebbe andato a nozze su di un percorso del genere il “direttissimo di Forlì”, uno dei cronoman più forti della storia del ciclismo italiano, vincitore del Giro del 1958 e due volte recordman dell’ora.

NOTA AI LETTORI

Rispetto a quanto scritto nell’articolo la tappa ha subito alcune piccole modifiche che hanno dilatato la distanza da percorrere dagli originari 33.6 Km a 35 Km. In particolare sono stati aggiunti i passaggi nei centri di San Mauro Pascoli e Cesena, mentre la fase centrale della crono è stata allungata per inserire il passaggio davanti alla villa dove abitava Marco Pantani, nelle campagne di Cesenatico.

Lo scorso primo dicembre ci ha lasciati un mito del ciclismo italiano, un mito che portava il nome di un semidio, Ercole Baldini. E come il mitologico personaggio Baldini ci è salito per davvero nell’olimpo del ciclismo, dalla vittoria alle Olimpiadi di Melbourne nel 1956 fino all’iscrizione nel 2016 nella “Hall of Fame” del Giro d’Italia, corsa che aveva vinto nel 1958 dopo il terzo posto sul podio finale conquistato l’anno prima. Il suo punto di forza erano le sue doti di passista, grazie alle quali aveva polverizzato per ben due volte il record dell’ora (ed entrambe da dilettante) e mietuto vittorie soprattutto a cronometro. Oltre alla citata edizione della Corsa Rosa e ai campionati del mondo del 1958 nel suo albo d’oro spiccano, infatti, le quattro vittorie nel Trofeo Baracchi (storica cronometro a coppie che tornerà in calendario quest’anno dopo 31 anni d’assenza), quella nel Grand Prix des Nations del 1960 e tre tappe contro il tempo vinte proprio al Giro. Il destino ha voluto che il “Direttissimo di Forlì”, questo uno dei numerosi soprannomi coniati dai suoi tifosi, arrivasse alla sua ultima fermata poco tempo dopo la presentazione del tracciato del Giro 2023, che sulle sue strade proporrà proprio una delle tappe che piacevano tanto a Baldini, una prova contro il tempo di quasi 34 Km da disputare su di un tracciato scorrevolissimo sotto tutti gli aspetti, completamente pianeggiante e “magro” di curve, poco meno di sessanta. Per gli scalatori si annuncia un’altra giornata durissima da digerire e qualcuno di loro potrebbe trovarsi a perdere un minuto e mezzo, se non due e più, dai corridori più dotati in quest’esercizio. Tornando ad Ercole Baldini, non si toccherà la sua Villanova ma si avrà la maniera di ricordarlo fin dalla partenza da Savignano sul Rubicone, dove certamente risuoneranno le note de “Il treno di Forlì”, la canzone che gli fu dedicata da Secondo Casadei, il compositore che fu autore del celebre “Romagna Mia” e del quale a Savignano è possibile visitare la casa-museo. Sulle note del liscio prenderà, dunque, le mosse una tappa che nel liscio della pianura ha la sua caratteristica peculiare e che lascerà Savignano seguendo l’asse della Via Emilia in direzione di Rimini. Percorsi poco meno di 4 Km, giunti alle porte di Santarcangelo di Romagna – è il centro nel cui castello si consumarono le gesta di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta, i peccaminosi cognati che ispirarono a Dante Alighieri il quinto canto dell’Inferno – i “girini” abbandoneranno la Via Emilia per svoltare in direzione della riviera romagnola, andato a scavalcare con un viadotto il tracciato dell’Autostrada Adriatica ad oriente di San Mauro Pascoli, il paese natale di Giovanni Pascoli. I corridori non attraverseranno questa cittadina, limitandosi a percorrerne le strade della zona industriale, alla quale arriveranno dopo aver sfiorato Villa Torlonia, antica tenuta agricola inserita nel comprensorio del “Parco Poesia Pascoli” e presso la quale sono stati rinvenuti i resti di una fornace d’epoca romana. Giunti alle porte della località Cagnona, non distante dal “Parco del Sole” di Bellaria (impianto fotovoltaico che permette di produrre 1.130.000 kwh all’anno senza inquinare l’atmosfera), la corsa cambierà ancora direzione e attraverserà la fascia di campagne che precedono il passaggio da Sala, una delle principali frazioni di Cesenatico, presso la quale si trova la chiesa di Santa Maria del Rosario, nella quale riposano le spoglie di Angelina Pirini, educatrice dell’Azione Cattolica della quale è in corso il processo che porterà alla beatificazione.
Da queste parti abbonderanno a bordo strada i striscioni che ci ricorderanno l’indimenticato Pantani, che abitava non distanza da Sala e che queste strade soleva percorrerle durante le sessioni d’allenamento in previsione dei grandi appuntamenti del calendario, nelle quali – da solo o in compagnia – si spingeva verso le colline dell’appennino romagnolo, dove andava ad affrontare dure e celebri salite come il Barbotto e il Monte Carpegna. Una di queste strade era la provinciale che i “girini” imboccheranno uscendo da Sala, dopo l’ennesimo cambio di direzione del percorso, che ora punterà verso Cesena, alle cui porte si giungerà nel volgere di una decina di chilometri, dopo aver ancora incrociato le rotte dell’Autostrada Adriatica. I corridori rimarranno ai margini del centro storico, senza infilarsi sulle strade lastricate che conducono verso la centralissima Piazza della Libertà, dove all’ombra della cattedrale romano-gotica di San Giovanni Battista si sono concluse le ultime due tappe giunte a Cesena, conquistate dal vicentino Emanuele Sella nel 2004 e dal trentino Alessandro Bertolini nel 2008. Si rimarrà, invece, saldamente con le ruote sull’asfalto e con un ultimo cambio di rotta si uscirà velocemente dalla città percorrendo la Via Cervese, direttrice del traffico verso il casello di Cesena dell’autostrada e la nota località balneare di Cervia. È a questo punto che si andrà ad affrontare uno dei tratti più snelli e veloci del tracciato, un rettilineo di quasi 3 Km interrotto solo da una rotatoria che condurrà sino alle soglie del Technogym Village, sede principale della nota azienda operante nel settore del fitness e del wellness, in passato sponsor – dal 1992 al 1997 – di una delle formazioni più vincenti del ciclismo mondiale, nella quale hanno militato corridori del calibro di Paolo Bettini e Michele Bartoli. Una vera e propria cittadella dello sport nella quale il pomeriggio del 14 maggio 2023 aleggerà il ricordo di Ercole Baldini.

Mauro Facoltosi

Ercole Baldini e l’altimetria della nona tappa del Giro 2023

Ercole Baldini e l’altimetria della nona tappa del Giro 2023

CIAK SI GIRO

Continuiamo a parlare di Roberto Benigni e di un altro dei suoi film più conosciuti, “Johnny Stecchino”. Uscito in Italia il 24 ottobre del 1991, le pellicola narra le vicende di Dante Ceccarini, autista di scuolabus per disabili che scopre di essere sosia di un boss mafioso siciliano. Se le scene ambientate nell’isola furono effettivamente girate in Sicilia, quando la storia si svolge in “continente” a venir mostrati non sono scorci della Toscana, come si tenderebbe a pensare ingannati dai “natali” di Benigni. Il regista decise, infatti, di rendere omaggio all’amata moglie Nicoletta Braschi – nel film interpreta la compagna del mafioso che noterà la somiglianza tra i due e proporrà al marito di effettuare uno scambio di personalità – e di andare a girarle nella città dove era nata e dove risiedevano i suoi genitori. E così la prima parte del film fu filmata a Cesena, della quale vengono mostrati sia scorsi del centro storico, sia del quartiere periferico Oltre Savio, dove stavano di casa i genitori della Braschi e dove la produzione individuò una delle palazzine di Via della Valle da presentare nella pellicola come il condominio dove abitava Benigni.

In collaborazione con www.davinotti.com

Roberto Benigni in azione su una delle rampe d’accesso della palazzina di Via della Valle a Cesena, l’abitazione del protagonista di “Johnny Stecchino” (www.davinotti.com)

Roberto Benigni in azione su una delle rampe d’accesso della palazzina di Via della Valle a Cesena, l’abitazione del protagonista di “Johnny Stecchino” (www.davinotti.com)

Scena di passaggio di “Johnny Stecchino” girata nel centro di Cesena (ma subito dopo l’azione si sposterà in quel di Ravenna) (www.davinotti.com)

Scena di passaggio di “Johnny Stecchino” girata nel centro di Cesena (ma subito dopo l’azione si sposterà in quel di Ravenna) (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/johnny-stecchino/50002987

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Savignano sul Rubicone, la centralissima Piazza Bartolomeo Borghesi

Savignano sul Rubicone, la sede della casa museo dedicata a Secondo Casadei

San Mauro Pascoli, casa natale di Giovanni Pascoli

San Mauro Pascoli, Villa Torlonia

Bellaria-Igea Marina, Parco del Sole

Sala di Cesenatico, chiesa di Santa Maria del Rosario

Cesena, Piazza della Libertà e l’abside della cattedrale

Cesena, Technogym Village

HEALY, FUGA D’AUTORE. L’IRLANDESE DOMINA L’8A TAPPA A FOSSOMBRONE. LEKNESSUND RESISTE IN ROSA

maggio 13, 2023 by Redazione  
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Ben Healy era uno degli uomini più pronosticati alla viglia dell’8a tappa. Possiamo dire che l’irlandese non ha per niente deluso le attese. Il corridore della EF Education-EasyPost ha prima contribuito a portare via (ma quanta fatica!) la fuga di giornata e ha poi staccato tutti i compagni d’avventura sul primo passaggio per il duro strappo dei I Cappuccini, quando all’arrivo mancavano oltre 50 km. Healy ha tagliato il traguardo con ben 1′49″ sul canadese Derek Gee (Israel PremierTech) che ha regolato nella volata per il secondo posto Filippo Zana (Team Jayco-AlUla) e Warren Barguil (Team Arkea-Samsic). Battaglia tra i big sull’ultimo strappo, con uno scatenato Primoz Roglic (Jumbo-Visma) che è riuscito a rosicchiare 14″ ad un Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step) sembrato oggi non brillantissimo. Resta in rosa Andreas Leknessund (Team DSM) con appena 8″ su Evenepoel e 38″ su Roglic.

L’8a tappa, 207 km da Terni a Fossombrone, aveva tutta l’aria d’essere la classica frazione appenninica destinata a premiare la fuga di giornata. Ad eccezione del tratto iniziale, i primi 155 km erano sostanzialmente piatti. La musica cambiava però negli ultimi 50 km vista la presenza di 3 gpm della montagna. La prima asperità era lo strappo de I Cappuccini (2,8 km al 7,9%, ultimi 1500 metri con pendenze costantemente al di sopra del 10%), posta al km 50. Subito dopo (-36) i corridori erano attesi dal Monte delle Cesane (7,8 km al 6,5%). Infine la seconda (ed ultima) ascesa verso I Cappuccini la cui cima era posta ad appena 5,9 km dal traguardo di Fossombrone.

A differenza di quanto visto ieri, la lotta per entrare nella fuga di giornata è stata molto accesa. In gruppo erano in tanti a voler cogliere l’occasione offerta dalla tappa odierna e come sempre in questi casi il risultato è stato un avvio di tappa corso a ritmi altissimi. Gli attacchi e i contrattacchi si sono sprecati per oltre 60 km. L’azione buona ha iniziato a prendere forma intorno al km 17, quando 4 corridori sono riusciti a predere un lieve margine sul gruppo: Valentin Paret-Peintre (Ag2r Citroen Team), Ben Healy (EF Education-EasyPost), Carlos Verona (Movistar Team) e Derek Gee (Israel-PremierTech). Il gruppo ha continuato a mantenere un ritmo elevato visto che le squadre rimaste fuori dall’azione non si erano rassegnate a mollare. Ne è venuto fuori un lunghissimo duello con i battistada. Il quartetto di testa per tantissimi chilometri ha difeso coi denti un vantaggio che oscillava tra i 15 e i 20 secondi, mentre da dietro i contrattacchi continuavano. Al km 44 Toms Skujins (Trek-Segafredo) è riuscito a cogliere l’attimo buono riportandosi tutto solo sui battistrada, ma la bagarre non accennava ancora a calmarsi. Al km 63 un gruppetto di 6 contrattaccanti è riuscito a venire fuori dal plotone, lanciandosi all’inseguimento dei 5 di testa. Il drappello inseguitore era composto da Samuele Battistella (Astana Qazaqstan Team), François Bidard (Cofidis), Filippo Zana (Team Jayco-AlUla), Mattia Bais (Eolo-Kometa), Alessandro Tonelli (Green Project-Bardiani-CSF) e Alessandro Iacchi (Team Corratec-Selle Italia). Alle loro spalle si è mosso poco dopo anche Warren Barguil (Team Arkea-Samsic).

Il gruppo si è rialzato solo al km 74, lasciando finalmente il via libera agli attaccanti di giornata. Di lì a poco Barguil è riuscito a rientrare sui 6 contrattaccanti che a quel punto pagavano ancora una ventina di secondi di ritardo dal quintetto di testa. Il ricongiungimento tra i due drappelli è avvenuto al km 80. Infine, al km 93 è giunto davanti anche Ramon Sinkeldam (Alpecin-Deceuninck), che era rimasto tutto solo all’inseguimento dei corridori di testa.
A questo punto la corsa si è stabilizzata: i 13 battistrada hanno proceduto di comune accordo, mentre dietro il gruppo tirato dagli uomini della maglia rosa Andreas Leknessund (Team DSM) seguiva con un ritardo di poco superiore ai 4 minuti (4′20″ ai -100). Il fuggitivi hanno lentamente continuato a guadagnare raggiungendo un vantaggio di 5′45″ intorno ai -60. A quel punto in testa al gruppo sono arrivate anche le squadre dei principali uomini di classifica (Ineos, Jumbo e Soudal) intenzionate a farsi trovare davanti già sul primo passaggio sul duro e stretto strappo de I Cappuccini (-50). All’imbocco dello strappo il plotone aveva ridotto lo svantaggio al di sotto dei 5 minuti.

Lungo lo strappo è scoppiata la bagarre sia tra i battistrada che nel gruppo. Davanti è stato Ben Healy a smuovere le acque. L’irlandese è scattato nel tratto più duro e si è levato di torno tutti gli avversari aumentando poi il vantaggio nella successiva breve discesa. Nel gruppo maglia rosa è stata invece l’Ineos a fare la voce grossa grazie all’andatura imposta da Pavel Sivakov e Laurens De Plus e che ha fatto staccare diversi corridori.
Al primo passaggio sul tragurdo di Fossombrone Healy vantava già 35 secondi sugli ex compagni di fuga (da cui mancava solo Iacchi) e poco più di 5 minuti sul gruppo.
Lo scatenato Healy ha continuato a guadagnare anche lungo le rampe del Monte delle Cesane scollinando con un vantaggio di oltre 1′40 sui primi inseguitori ovvero Zana, Gee, Bais, Verona e Barguil. Il gruppo invece, tirato dagli uomini di Ineos e Jumbo, procedeva con un’andatura regolare, condizione che aveva riportato il gap oltre i 5′30″. La cavalcata di Healy è proseguita senza intoppi anche nel tratto successivo che anticipava il secondo passaggio su I Cappuccini. Ai -10 il vantaggio sui 5 più immediati inseguitori sfiorava i 2 minuti, mentre il gruppo maglia rosa, ridotto a meno di 40 corridori e sempre guidato dalla Jumbo-Visma, si trovava ad oltre 6′.

La bagarre si è riaperta proprio sull’ultimo strappo. Nel gruppo degli inseguitori Zana ha piazzato uno scatto secco con l’obiettivo di guadagnarsi il secondo posto. Su di lui è però rientrato poco dopo Gee e successivamente anche Barguil. Ma lo spettacolo vero è venuto fuori nel gruppo della maglia rosa. Gli uomini della bora hanno accelarato nel tratto che precedeva lo strappo, approcciando a tutta la salita. Proprio ad inizio del tratti più duro è arrivato lo scatto di Primoz Roglic (Jumbo-Visma) seguito immediatamente da Lennard Kamna (Bora-Hansgrohe) e a sorpresa anche dalla maglia rosa. Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step) non ha reagito subito allo scatto dello sloveno, palesando una gamba non strepitosa. Roglic a quel punto ha forzato ancora staccando prima Kaman e poi Leknessund. Evenepoel ha quindi provato a reagire, togliendosi di ruota Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) e superando poi sia il tedesco che il norvegese, ma è successivamente andato in difficoltà. Su di lui sono così piombati gli immediati inseguitori. Il duo Ineos Thomas-Geoghegan Hart lo ha superato lanciandosi all’inseguimento di Roglic. Proprio in prossimità dello scollinamento i due britannici sono rinvenuti su Roglic, mentre Evenepoel è trasitato con una decina di secondi di ritardo in compagnia di Joao Almeida (UAE Team Emirates) e Damiano Caruso (Bahrain-Victorius).

Nel frattempo, Healy stava arrivando al traguardo concedendosi un lungo festeggiamento nel rettilineo finale. Dietro di lui Gee ha avuto la meglio su Zana e Barguil nello sprint per la seconda piazza. Per loro un distacco di 1′49″. 5° posto per Carlos Verona (a 2′12″) davanti a Mattia Bais (2′37″) e Toms Skujins (3′51″). Seguono Tonelli (a 3′56″) e Riesebeek (a 4′00″). 10° posto per Tao Geoghegan Hart (4′34″) che ha preceduto Roglic e Thomas. Evenepoel, giunto in compagnia di Almeida, Caruso, Jay Vine (UAE Team Emirates), Jack Haig (Bahrain-Victorius) e Pavel Sivakov (Ineos Grenadiers), è arrivato a 4′48″ perdendo 14″ da Roglic. Ancora più indietro Alexandre Vlasov (Bora-Hansgrohe) e Andreas Leknessund (5′08″), col norvegese che è però riuscito a difendere la maglia rosa.
La classifica generale vede ora il Norvegese in testa con appena 8″ su Evenepoel, 38″ su Roglic, 40″ su Almeida e 52″ su Thomas. Quindi troviamo Geoghegan Hart a 56″ e Aurelien Paret-Peintre (Ag2r Citroen Team) a 58″. Vlasov scende in 8a posizione ad 1′26, davanti a Caruso (1′39″) e Kamna (1′54″).

Domani è in programma la 9a tappa, una delle frazioni più attese della prima parte di Giro. I corridori saranno infatti impegnati in una prova contro il tempo di 35 km da Savignano al Rubicone a Cesena. Il percorso, piatto come il tavolo di un biliardo, presenterà lunghi drittoni e poche curva. Insomma, la classica cronometro da specialisti. Il favorito d’obbligo è Remco Evenepoel, anche alla luce del ritiro di Filippo Ganna (Ineos Grenadiers), positivo al covid.

Pierpaolo Gnisci

Healy, fuga dautore a Fossombrone (fonte: Getty Images Sport)

Healy, fuga d'autore a Fossombrone (fonte: Getty Images Sport

AGGUATI ALL’OMBRA DELLE GOLE

maggio 13, 2023 by Redazione  
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Al Giro d’Italia è arrivato il giorno dei muri. Alla vigilia della seconda cronometro lunga i corridori dovranno fare i conti con i colli marchigiani, percorrendo strade che ben conosce chi è un habitué della Tirreno-Adriatico. Proprio alla “Corsa dei due mari” quattro anni fa è stato per la prima volta proposto ai corridori il muro dei Cappuccini, che oggi dovrà essere ripetuto due volte in un finale di tappa che proporrà altre due verticali, quelle del Monte delle Cesane e di Montefelcino.

Le gole sono da sempre luoghi temuti dall’uomo, in passato sovente teatro di assalti a sorpresa come sperimentò a sue spese l’esercito dell’impero romano nel 231 a.C., quando subì una delle più pesanti sconfitte che la storia ricordi presso le Forche Caudine, le gole che si trovano tra Caserta e Benevento. Quelle spettacoli del Furlo, che saranno attraversate alle porte del finale odierno, gli antichi le conoscevano grazie all’angusta galleria che l’imperatore Vespasiano aveva fatto scavare per agevolare il passaggio dei viandanti e solo più avanti questo luogo divenne teatro di assalti, prima all’epoca della guerra gotica e poi molto più tardi in epoca risorgimentale, quando vi si sfidarono i soldati della Repubblica Romana e l’esercito austriaco. Senza dimenticare che luoghi del genere erano prescelti dai briganti per le loro scorribande. Nessuno di questi pericoli incontreranno i “girini” nel 2023, ma ancora una volta all’uscita dalle gole potrebbe esserci delle amare sorprese per qualcuno perché stavolta rappresenteranno la porta d’accesso a un finale di tappa particolarmente insidioso, che prevede negli ultimi 50 Km quattro brevi ma ripidi muri sui quali qualche uomo di classifica potrebbe staccarsi e perdere le ruote del gruppo. Su inclinazioni che arrivano al 19% gli scalatori vorranno ancora provare a prendersi la rivincita sugli avversari più dotati sul passo, ma in quest’occasione dovranno anche giocare al risparmio perché l’indomani il menù del Giro ha in serbo una portata per loro pesante da digerire, una cronometro totalmente pianeggiante di quasi 34 Km.
Sarà, dunque, una tappa tutta da seguire per le sorprese che potrà offrire nel finale, mentre non presenteranno particolari difficoltà i precedenti 150 Km. L’unica vera salita inserita nel percorso nella prima parte di gara sarà, infatti, il poco impegnativo Valico della Somma (5 Km al 5.8%), in cima al quale si scollinerà a poco più di 11 Km dalla partenza da Terni, subito prima di lanciarsi in discesa verso l’incantevole Spoleto, la città del “Festival dei Due Mondi”, evento che sin dal 1958 ha come scenario delle sue manifestazioni culturali i principali monumenti della cittadina umbra, dalla Piazza del Duomo alla rocca voluta dal cardinale spagnolo Egidio Albornoz. Seguiranno una ventina di chilometri in perfetta pianura, sfiorando all’inizio di questo tratto il piccolo lago delle Fonti del Clitunno, presso il quale i longobardi ricostruirono con materiale originario il tempio che gli antichi romani vi avevano eretto in onore di Giove Clitunno. Transitati ai piedi del panoramico colle conico sul quale sorge Trevi la corsa giungerà a Foligno, città abituata a mangiare pane e ciclismo avendo ospitato in questi ultimi vent’anni, come sede d’arrivo o partenza, quattro volte il Giro d’Italia e cinque la Tirreno-Adriatico, corsa che ha un legame speciale con la città umbra perché nel 1966 vi terminò la prima della tappa della prima edizione, terminata con il successo dell’elvetico Rolf Maurer, che allo sprint ebbe ragione dei veneti Dino Zandegù e Flaviano Vicentini. I chilometri successi vedranno il gruppo risalire in lieve falsopiano la Valtopina in direzione di Nocera Umbra, borgo dominato dal ricostruito Campanaccio, torre quasi completamente demolita dal terremoto del 1997, e nel quale ammirare una piccola ma interessante pinacoteca ospitata nella sconsacrata chiesa di San Francesco. Affrontata una dolce salitella a cavallo del passaggio da Nocera (2.8 Km al 4.5%), la strada ridiventerà pianeggiante pedalando alla volta di Gualdo Tadino, altro centro che al Poverello d’Assisi ha dedicato una chiesa meritevole d’una sosta, così come la Rocca Flea, tipica fortificazione del basso Medioevo. Lievi e quasi impalpabili tratti in leggera ascesa interverranno successivamente a “inquinare” la pianura, mentre il percorso va a sfiorare il borgo di Fossato di Vico, che ebbe notevole importanza in epoca romana, quand’era una stazione di posta nella quale cambiare i cavalli, dormire e rifocillarsi durante gli estenuanti viaggi sulle strade consolari dell’epoca. Tornata scorrevole sotto le ruote dei corridori, la strada introdurrà quindi il gruppo nel centro di Sigillo, borgo che per gli appassionati di speleologia è il campo base al quale appoggiarsi prima di salire sul Monte Cucco e introdursi nella spettacolare e omonima grotta, una delle più estese d’Italia, scoperta nel 1499, esplorata solamente a partire dal 1883 e aperta ufficialmente al pubblico nel 2009.
Prima di lasciare l’Umbria si dovrà scavalcare uno dei più agevoli valichi appenninici, il Passo della Scheggia, che sul versante che percorreranno i “girini” in salita presenta appena 600 metri d’ascesa al 4.7% di pendenza media. Tenere sono le inclinazioni anche nella successiva discesa (2.3 Km al 5.2%), conclusa la quale la Corsa Rosa farà il suo ingresso nelle Marche, accolta sulle strade di Cantiano, centro che lo scorso autunno è stato tra i più colpiti dalle alluvioni che hanno devastato la regione. Procedendo in lieve discesa si giungerà quindi a Cagli, dove l’imponente Torrione Martiniano fa da sentinella al borgo e all’imbocco della ripida salita diretta al Monte Petrano, sul cui altipiano nel 2009 terminò il tappone del Giro d’Italia del Centenario, vinto da Carlos Sastre, il corridore spagnolo che l’anno prima si era imposto a sorpresa al Tour de France, mentre in quell’edizione del Giro terminerà – anche in seguito alle squalifiche di Danilo Di Luca e Franco Pellizotti – in seconda posizione a quasi 4 minuti dal russo Denis Menchov.
Il passaggio dalla vicina Acqualagna recherà con sé l’aroma dei pregiati tartufi bianchi che costituiscono il principale vanto della cittadina marchigiana, biglietto da visita dell’imminente passaggio attraverso le gole del Furlo, nelle quali il gruppo giungerà dopo aver sfiorato l’antica abbazia di San Vincenzo. Infilatosi nella stretta galleria – 6 metri di larghezza, tuttora in “esercizio” – fatta scalpellare nella viva roccia dall’imperatore Vespasiano, il gruppo tornerà alla luce del sole alle porte di Fossombrone, dove si svolterà subito in direzione del Colle dei Cappuccini, detto anche Colle dei Santi perché nel monastero francescano – uno dei primi fondati dal San Francesco – hanno dimorato diversi frati che sono saliti agli onori degli altari, il più celebre dei quali è Francesco da Copertino, il monaco pugliese venerato come patrono degli studenti. Madonne e santi li vedranno anche i “girini” perché alle soglie del convento si arriverà dopo aver affrontato il primo dei tre muri che caratterizzano il finale, una verticale di 2 Km al 10% e un picco massimo del 19%, il tutto “condito” da una sede stradale molto stretta che contribuirà ad acuire la selezione. Non si tratterà di una sorpresa per il gruppo, almeno per quelli che c’erano il 16 marzo del 2019 quando questa salita è stata affrontata nel finale della tappa di Fossombrone della Tirreno-Adriatico, rocambolescamente conquistata dal kazako Alexey Lutsenko nonostante le due cadute nelle quali incappò nel corso della discesa successiva e il fatto d’esser stato raggiunto dagli inseguitori proprio a causa di questi incidenti. Raggiunto il traguardo di Fossombrone inizierà il primo due giri del circuito finali, previsti su due percorsi completamente differenti. Il primo anello, lungo circa 33 Km, debutterà con il secondo muro, 2300 metri al 10.7% necessari per rimontare la collina sulla quale si stagliano i resti della Rocca Malatestina. Stavolta non ci sarà scollinamento perché, terminato il muro, la salita proseguirà per altri 3 Km, nel corso dei quali la pendenza media cala leggermente al 9.3%. Attraversata la foresta delle Cesane, polmone verde che si estende per quasi 1500 ettari, la successiva discesa porterà a Isola del Piano, dove si potrà ingannare l’attesa del passaggio del gruppo, oramai selezionati dai primi due muri, entrando nell’ex chiesa dell’Annunziata, che conserva dipinti di Giovanni Santi, un’artista il cui nome ai più non dice nulla ma che è notissimo agli appassionati d’arte poiché si tratta del padre del celeberrimo Raffaello Sanzio. Un terzo muro, che sull’altimetria si nota a malapena (Montefelcino, 800 metri all’11%), anticiperà l’ultimo tratto di pianura della tappa, al termine del quale si chiuderà il primo giro di circuito e s’inizieranno i 10 Km conclusivi, nei quali si andrà a ripetere nuovamente il muro dei Cappuccini. Stavolta, però, il bianco cordiglio che stringe i sai dei fraticelli potrebbe per qualche corridore giunto fin qui in debito d’energie trasformarsi in un fatal cappio al collo.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Valico della Somma (646 metri). Valicato in galleria dalla Strada Statale 3 “Via Flaminia” tra Terni e Spoleto, si trova poche decine di metri più in basso rispetto al valico geografico vero e proprio (circa 680 metri). Quotato 665 metri sulle cartine del Giro 2023, dal 1933 – anno dell’istituzione della speciale classifica degli scalatori – a oggi è stato proposto in 6 occasioni dal GPM. “Battezzata” da Gino Bartali nel 1950 (Perugia – L’Aquila, vinta dal piemontese Giancarlo Astrua), la Somma è stata poi conquistata dall’olandese Wout Wagtmans nel 1957 (Loreto – Terni, vinta dal medesimo corridore), dal palermitano Antonino Catalano nel 1960 (Terni – Rimini, vinta dal cremasco Pierino Baffi), da Gianni Bugno nel 1986 (Rieti – Pesaro, vinta dal bresciano Guido Bontempi), dall’australiano Nathan Hass nel 2014 (Frosinone – Foligno, vinta dal francese Nacer Bouhanni) e dall’emiliano Giovanni Aleotti nel 2021 (L’Aquila – Foligno, vinta dallo slovacco Peter Sagan).

Passo della Scheggia (632 metri). Valicato dalla Strada Statale 3 “Via Flaminia” tra Scheggia e Cantiano, è quotato 635 metri sulle cartine del Giro 2023. Noto anche con il nome di Forca Lupara, è stato spesso luogo di passaggio del Giro, che non l’ha mai proposto come traguardo GPM (ultimo passaggio in occasione della pocanzi citata Rieti – Pesaro del 1986). Non va confusp con il Valico di Scheggia che si trova in Toscana, tra Arezzo e Anghiari, e che in passato è stato affrontato in alcune occasioni al Giro.

Gola del Furlo (177 metri). Attraversata dal vecchio tracciato della Strada Statale 3 “Via Flaminia” tra Acqualagna e Fossombrone. Quotata 180 metri sulle cartine del Giro 2023, è stata attraversata l’ultima volta dal Giro nel 1999 durante la tappa Ancona – Sansepolcro, vinta da Mario Cipollini.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

La gola del Furlo e l’altimetria dell’ottava tappa del Giro 2023 (www.tripendipity.com)

La gola del Furlo e l’altimetria dell’ottava tappa del Giro 2023 (www.tripendipity.com)

CIAK SI GIRO

Pochi lo sanno ma il premio Oscar, l’ambita statuetta dorata assegnata fin dal 1929, ha una parte di fondamenta ben piantate in terra umbra. Alle porte di Terni furono, infatti, girate le più significative scene della pellicola che nel 1999 conquistò ben tre Oscar, attribuiti rispettivamente a Roberto Benigni per il miglior film in lingua straniera, allo stesso regista per il miglior attore protagonista e al compositore romano Nicola Piovani per la colonna sonora. Avrete già capito che stiamo parlando de “La vita è bella”, film che narra le vicende della famiglia Orefice, ebrea e per questo destinata al campo di concentramento tedesco dove il padre Guido (Benigni) perderà la vita per salvarla al figlio Giosuè, interpretato da Giorgio Cantarini. Ebbene, quel che nel film viene presentato come lager in realtà era un complesso industriale chimico in abbandono situato in quel di Papigno, frazione di Terni posta lungo la strada diretta alle celebri Cascate delle Marmore. Il luogo era dismesso da diversi anni e poco tempo prima l’inizio delle riprese era stato acquistato d Cinecittà e riconvertito per usi cinematografici con la realizzazione dei teatri di posa Spitfire, che poi prenderanno il nome di Umbria Studios. Dopo il clamoroso e inatteso successo de “La vita è bella”, Benigni tornerà altre volte in questo luogo inevitabilmente rimastogli nel cuore e, in particolare, qui girerà anche diverse scene del suo successivo film da regista, l’ennesima trasposizione cinematografica della favola di Pinocchio. Girata in Umbria anche la struggente scena finale del film – l’incontro tra Giosuè e la madre Dora (Nicoletta Braschi, moglie anche nella realtà di Benigni) fu filmato a Castellonalto, frazione di Ferentillo – il resto delle riprese ebbero come scenario la Toscana, salvo una capatina alla stazione ferroviaria di Ronciglione, in Lazio, dalla quale inizierà il viaggio in treno verso il campo di concentramento. Così la deliziosa villa liberty nella quale abita la famiglia Orefice fino allo scoppio della guerra si trova a Montevarchi, mentre a due passi dalla spettacolare Piazza Grande di Arezzo viene pronunciata una delle battute più celebri del film, “Maria, butta la chiave!”. Si tratta di location scelte non a caso dal celebre attore toscano, che è aretino d’origine: infatti, anche il suo paese natale, Castiglion Fiorentino, fu omaggiato con la ripresa della scena nella quale Benigni viene nientemeno scambiato che per il re d’Italia Vittorio Emanuele III.

In collaborazione con www.davinotti.com

Il momento dell’arrivo del carro armato americano dopo la liberazione del campo di concentramento nel finale de “La vita è bella”: nella finzione siamo in Germania, nelle realtà alle porte di Terni (www.davinotti.com)

Il momento dell’arrivo del carro armato americano dopo la liberazione del campo di concentramento nel finale de “La vita è bella”: nella finzione siamo in Germania, nelle realtà alle porte di Terni (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/la-vita-e-bella/50003584

FOTOGALLERY

Terni, anfiteatro

Spoleto, Piazza del Duomo

Fonti del Clitunno

Il colle di Trevi

Nocera Umbra, il Campanaccio (sulla destra)

Gualdo Tadino, Rocca Flea

Grotta di Monte Cucco (www.umbriaoggi.it)

Cagli, Torrione Martiniano

Acqualagna, abbazia di San Vincenzo al Furlo

L’angusta galleria scavata nella Gola del Furlo

Fossombrone, Rocca Malatestiana (www.pinterest.it)

La foresta delle Cesane

Fossombrone, convento dei Cappuccini

BIG IN CONTROLLO TRA LE NEVI DEL GRAN SASSO, VIA LIBERA ALLA FUGA

maggio 12, 2023 by Redazione  
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Una fuga composta da quattro corridori, poi rimasti in tre, durata oltre 200 chilometri è andata all’arrivo senza particolari problemi per gentile concessione del gruppo. Infatti, nonostante il terreno per attaccare, quantomeno nel finale, ci fosse, i “big” hanno deciso di concedersi una giornata di riposo. La squadra della maglia rosa ha badato solo a tutelare il simbolo del primato.

La cronaca della tappa di oggi può constare davvero di poche righe.
In effetti vi è stata una fuga animata da Davide Bais (Eolo-Kometa), Karel Vacek (Corratec-Selle Italia), Simone Petilli (Intermarché-Circus-Wanty) e Henok Mulubhran (Green Project-Bardiani Csf-Faizané). partita nelle primissime fasi della frazione e alla quale il gruppo ha concesso il via libera. Il ritmo durante tutta la gara è sempre stato piuttosto blando, tanto che i tre avventurieri di giornata, pur visibilmente esausti nel finale, non hanno avuto problemi a mantenere un vantaggio rassicurante e andare a giocarsi la tappa.
Il vantaggio massimo è stato, infatti, di 12 minuti per poi ridursi progressivamente e veleggiare a lungo intorno ai 6 minuti. Lungo l’ascesa finale il gruppo ha recuperato sino a giungere al traguardo con circa 3 minuti di ritardo.
I fuggitivi rimangono in tre lungo la salita verso Roccaraso, che vede Mulubhran alzare bandiera bianca. Nel finale non ci sono grandi tentativi se non brevi accenni di allungo e negli ultimi 200 metri Davide Bais dimostra di averne di più e riesce a tagliare il traguardo in testa, distanziando gli altri due di qualche secondo.
Il gruppo dietro è stato guidato quasi sempre dalla squadra della maglia rosa che, nella propria ottica, ha giustamente solo pensato ad evitare che il vantaggio all’arrivo fosse superiore ai 7 minuti, la “distanza” che in classifica separava Petilli da Andreas Leknessund (Team DSM). Quello che, invece, ha sorpreso è stato l’atteggiamento delle squadre degli uomini di classifica, che non hanno provato ad alzare il ritmo per chiudere sulla fuga e lanciare i capitani alla ricerca di un attacco o, perlomeno, di un abbuono. Corridori esplosivi e forti allo sprint e che devono recuperare terreno come Primoz Roglic (Jumbo-Visma) avrebbero dovuto almeno tentare di rosicchiare qualche secondo in classifica, soprattutto in vista della lunga e piatta frazione contro il tempo prevista per domenica e favorevole al campione del mondo.
Parimenti, ha sorpreso il fatto che, arrivati gli ultimi 4 chilometri, con pendenze spesso in doppia cifra, nessuno abbia provato un allungo, anche solo per vedere la reazione degli avversari o comunque verificare le condizioni di Remco Evenepoel (Soudal – Quick Step) dopo la doppia caduta nella tappa di Salerno.
A guardare l’atteggiamento del gruppo negli ultimi chilometri sembra quasi ci sia stato un tacito patto di non belligeranza, cosa abbastanza inspiegabile proprio in vista di una cronometro ad esito della quale l’iridato potrebbe trovarsi in testa alla classifica con un enorme vantaggio, un po’ come accadeva nei primi anni ‘90 con Miguel Indurain che incamerava vantaggi enormi prima delle montagne, sulle quali si limitava a gestire senza troppi patemi.
La verità è che sia la tappa con arrivo a Lago Laceno, sia quella odierna avevano proprio lo scopo di promuovere le prime schermaglie tra i big per muovere un po’ la classifica dopo la cronometro di apertura che, nelle intenzioni degli organizzatori, non avrebbe dovuto creare distacchi così netti.
Quanto andato in scena oggi manda a ramengo anche gli assurdi appunti mossi durante il Processo alla Tappa ai chilometraggi delle frazioni. E’ stato detto che le tappe di trasferimento dovrebbero essere più corte, adattate ai tempi televisivi perché altrimenti lo spettatore si annoia.
La tappa di oggi, che non era affatto di trasferimento e nella quale c’era terreno nella seconda parte per fare corsa dura, ha avuto lo stesso copione, ovvero una fuga partita nei primi chilometri con il gruppo in controllo. Ciò dimostra che non è il chilometraggio a determinare lo spettacolo, né i percorsi, bensì il modo in cui i corridori affrontano la gara. Certamente il percorso deve essere costruito in modo da offrire ai corridori la possibilità di inventarsi qualcosa, poi sta agli atleti il compito di tradurre in pratica le possibilità offerte dal tracciato, cosa che oggi gli atleti – vuoi per paura, vuoi per il freddo, vuoi per il timore di spendere energie o di trovarsi in difficoltà – non hanno voluto fare.
In questa ottica è assurdo che ci sia chi chiede di adattare le corse ai tempi televisivi per il fatto che ci sono le dirette integrali delle tappe. Nel momento in cui la televisione prende la decisione di trasmettere le tappe integralmente, sa perfettamente come è fatto il ciclismo, quali sono i chilometraggi e quelli che possono essere gli sviluppi di una tappa. Non si può pretendere che per una scelta della TV di trasmettere le tappe integrali lo sport si debba adeguare, perché in questo modo si riduce lo sport ad un prodotto sottoposto alle regole economiche del mercato e della domanda e questo è l’esatto contrario di ciò che è lo sport. Il ciclismo è anche attesa, contemplazione e, sì , è anche noia, è anche tappe di trasferimento con copioni già scritti, così è sempre stato e così sempre sarà e non può certo stravolgersi per esigenze televisive.
Sono semmai le televisioni che, se vogliono trasmettere lo sport, debbono adattarsi alle regole e ai tempi di quello sport. Se la diretta integrale si rivela poco appetibile è sempre possibile tornare a trasmettere integralmente solo i tapponi di montagna e riservare alle altre frazioni un paio di ore di trasmissione in diretta.
Le emozioni offerte dalle tappe di montagna sono comunque anche determinate dai percorsi affrontati in precedenza. In una corsa come la Sanremo una salita come il Poggio, sulla quale normalmente non si staccherebbero neppure i velocisti puri, fa selezione proprio perché arriva dopo 300 Km di corsa.
Per fortuna Mauro Vegni, interpellato sull’argomento, ha manifestato il proprio disappunto per queste proposte assurde, condite con spunti ancor peggiori come l’idea di correre in circuito quando il fascino del ciclismo sta proprio nel continuo cambio di paesaggio.
Lo stesso concetto di giro di un paese è del tutto antitetico all’idea di correre in circuito.
Le azioni poste in essere al Tour de France da Pogacar, al Giro del 2018 da Froome e nella Corsa Rosa 2019 da Carapaz (e in generale le varie imprese) dimostrano che la questione sta nella voglia dei corridori di darsi battaglia e anche di rischiare, dando fondo alle energie che gli stessi riescono a mettere in campo. La famosa minitappa del Tour de France di 65 Km con la partenza in griglia stile formula uno per stimolare la battaglia da subito si è rivelata un clamoroso flop e non è stata più riproposta.
Nella tappa di oggi abbiamo avuto indicazioni di un Roglic che probabilmente ha paura della condizione attuale di Evenepoel e si sente battuto anche in volata; cerca di limitare i danni, sperando in un calo del campione del mondo nella terza settimana, visto che il belga è giovane e meno esperto dello sloveno e sembra avere una squadra non all’altezza.
In questo senso è stata una occasione persa la tappa di Lago Laceno, dove un pizzico di forcing in più da parte della Ineos, che punta certamente con i suoi fondisti alla terza settimana, avrebbe lasciato Evenepoel in rosa e il peso di condurre la corsa sulle spalle della sua squadra.
La tappa di domani propone insidie sulle quali si spera di vedere almeno qualche schermaglia. Già il Monte delle Cesane presenta un tratto al 18% e i due chilometri finali al dieci, ma lo strappo dei Cappuccini, che pure ha una punta del 19% ed un chilometro all’undici, è posto a soli 6 Km dalla conclusione e potrebbe rappresentare il giusto trampolino per provare almeno a dare un segnale alla vigilia della cronometro.
Non resta che aspettare e sperare in un salto di qualità.

Benedetto Ciccarone

Larrivo dei big al traguardo del Gran Sasso (foto Stuart Franklin/Getty Images)

L'arrivo dei big al traguardo del Gran Sasso (foto Stuart Franklin/Getty Images)

NIENTE OZI, C’È IL GRAN SASSO

maggio 12, 2023 by Redazione  
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Il Giro torna sul Gran Sasso con una tappa fotocopia di quella vinta da Simon Yates nel 2018. Gli ultimi 135 Km saranno gli stessi di quella frazione e così si torneranno ad affrontare in successione le salite di Roccaraso e di Calascio prima d’intraprendere quella conclusiva, presa dal versante meno impegnativo e disegnata attraverso gli affascinanti scenari di Campo Imperatore. Se tutto andrà come cinque anni fa lassù non dovrebbero registrarsi grandissimi distacchi, ma la fame di secondi degli scalatori potrebbe rendere la tappa più dura del previsto. E guai a distrarsi ad ammirare i panorami offerti dal Giro, gli ozi potrebbero essere pagati a carissimo prezzo…

Se in gruppo ci fosse qualche “girino” appassionato di storia rammenterà che Capua, la località dalla quale scatterà la settima tappa della Corsa Rosa, è celebre per gli “ozi” che vi godettero Annibale e l’esercito cartaginese durante la seconda guerra punica, bagordi che secondo molti studiosi infiacchirono gli occupanti al punto da compromettere l’esito della guerra, terminata con una netta vittoria dell’esercito dell’Impero Romano, che si trovò così a ottenere la supremazia sulla parte occidentale del bacino del Mediterraneo. Fu un errore fatale, che non dovranno assolutamente commettere i partecipanti al Giro 2023 perché da Capua prenderà il via la prima tappa d’alta montagna, diretta a un traguardo che – al di là della sua quota di 2135 metri – non appare particolarmente temibile, anche perché non si salirà dal più impegnativo versante dell’Aquila, quello della vittoria di Marco Pantani al Giro del 1999. S’è, infatti, scelto d’inserire quello più semplice di Santo Stefano di Sessanio, che fu affrontato anche nel 2018 al termine di una tappa che, a partire dall’83° Km di gara, sarà un esatto clone della frazione odierna e che terminò con una vera e propria volata d’alta quota tra le “alte quote” di quell’edizione. A imporsi fu la maglia rosa Simon Yates, che ebbe ragione del francese Pinot e del colombiano Esteban Chaves, con gli altri favoriti che terminarono con pochi secondi di ritardo e una ventina di corridori raccolti nello spazio di un minuto. I margini di manovra per gli scalatori saranno limitati agli ultimi 4.5 Km, nei quali la strada propone una pendenza media dell’8.2% e un picco massimo del 13%, raggiunto quando alla linea d’arrivo mancheranno 1500 metri. Ma, come abbiamo ripetuto più volte dall’inizio del Giro, l’aumento dei chilometri che si dovranno percorrere a cronometro renderà necessario approfittare di ogni occasione utile, anche la più piccola, per erodere il vantaggio già accumulato di passisti, senza esagerare perché nelle successive 48 ore saranno previste l’insidiosa tappa di Fossombrone e l’altra prova contro il tempo lunga, quella di Cesena.
Tornando agli “ozi” capuani potrebbero anche ispirarli il tratto iniziale di questa tappa, che prenderà il via con sessantina abbondante di chilometri pianeggianti, percorrendo la strada statale Casilina in direzione dell’antica Cales, il centro principale della terra un tempo chiamata Ausonia, presso la cui area archeologica si trovava il borgo medioevale di Calvi Vecchia, quasi interamente distrutto dai Saraceni nel 879 e sulle cui “ceneri” saranno successivamente costruite la romanica cattedrale di San Casto e l’isolato Castello Aragonese. Percorsi circa 25 Km dalla partenza si toccherà Vairano Scalo, dove un monumento eretto presso l’edificio della Taverna della Catena ricorda che qui il 26 ottobre 1860 sarebbe avvenuto lo storico incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, evento che simbolicamente chiuse la spedizione dei Mille e che gli storici avrebbero in realtà “geolocalizzato” da tempo nella non distante Borgonuovo, frazione di Teano. Subito dopo la corsa farà ritorno sulle strade del Molise, il cui territorio, come avvenuto nella tappa di Melfi, sarà attraversato per circa 50 Km, toccando direttamente un solo centro abitato, quello di Venafro, d’origine molto antiche come testimoniano gli scavi che hanno riportato alla luce tracce di un acquedotto romano e di un teatro mentre è rimasta solo la pianta ellittica del “Verlasce”, anfiteatro che poteva accogliere fino a 15.000 spettatori e oggi trasformato in una piazza che ricorda quella più celebre di Lucca. Il tratto successivo vedrà il gruppo risale la parte alta della valle del Volturno, il fiume più lungo dell’Italia meridionale (175 Km), che ha le sue sorgenti da un laghetto situato a quasi 500 metri d’altezza non distante dal borgo di Rocchetta a Volturno, presso il quale nel 2010 è stato aperto un museo dedicato alle due guerre mondiali. Sfiorata l’area presso la quale si trova l’abbazia benedettina di San Vincenzo al Volturno, sito composto dagli scavi del monastero longobardo fondato nel V secolo e da quello costruito nel XII secolo sulla sponda opposta del fiume, il gruppo si troverà ai piedi della prima delle quattro salite di giornata, diretta al centro di Rionero Sannitico, storico luogo di passaggio della Corsa Rosa dal quale il Giro transitò fin dalla prima edizione, epoca nella quale assieme al vicino Valico del Macerone costituiva una difficoltà temutissima per pendenze e cattivo stato del fondo stradale. A dire il vero i “girini” non affronteranno nessuno dei due versanti “classici” di questa salita perché si percorrerà una delle due veloci superstrade che permettono di superare d’un balzo il tratto degli appennini dove i geografi hanno convenzionalmente collocato il confine geologico tra l’Italia centrale e il meridione della nostra nazione. Terminata la lunga ma pedalabile salita (14.4 Km al 4.6%) all’altezza dello svincolo sottostante Rionero, si andrà quindi a innestarsi sul tracciato della tappa del 2018 alle porte di Castel di Sangro, centro che rammenta nel nome uno scomparso maniero distrutto nel 1228 dalle truppe del cardinale Colonna per punire un signorotto locale della fedeltà dimostrata al re di Sicilia Federico II di Svevia. Qui inizierà la seconda salita di giornata, che in 9 Km al 4,8% sale a Roccaraso, la più nota località di sport invernali dell’Abruzzo, situata all’estremità meridionale dello spettacolare Altopiano delle Cinquemiglia, che il gruppo attraverserà agevolmente percorrendo, subito dopo lo scollinamento, una scarsa dozzina di chilometri in perfetta pianura. Non era così in passato, quando prima di attraversare le Cinquemiglia si consigliava ai viandanti di far testamento a causa dell’elevato rischio d’incappare in branchi di lupi, in orde di briganti o in rovinose tormente di neve, come quelle che tra il 1528 e il 1529 falcidiarono due eserciti di passaggio causando ben 800 vittime. Tornati a valle, la corsa sarà attesa sulle strade di Sulmona, cittadina famosa anche fuori d’Italia per la produzione di confetti, che si possono sgranocchiare ammirandone i suoi principali monumenti, come l’acquedotto medioevale che sfiora la centralissima Piazza Garibaldi, le sue numerose chiese e, appena fuori città, la Badia Morronese fondata nel 1293 dall’eremita Pietro Angeleri, passato alla storia come Celestino V, il papa del dantesco “gran rifiuto”. Siamo all’inizio del tratto che condurrà dritti ai piedi del Gran Sasso, circa 25 Km chilometri di velluto nel corso dei quali si transiterà per Popoli, centro dal quale ha inizio la “Strada delle Svolte”, itinerario in salita movimentato da quattro tornanti che dal 1963 è teatro di una cronoscalata automobilistica giunta alla 61a edizione. In diverse occasioni anche il Giro ha affrontato le “Svolte”, ma non accadrà quest’anno poiché dopo Popoli ci sarà ancora un lungo tratto da percorrere in pianura, infilandosi nella Valle del Tirino, all’inizio della quale si trova uno dei più importanti complessi industriali d’Italia, creato nel 1901 e che sei anni dopo fu il primo nella nostra nazione a produrre alluminio utilizzando il metodo elettrochimico. L’ultimo tratto sul fondovalle vedrà i corridori attraversare il centro di Bussi sul Tirino e sfiorarne uno dei suoi monumenti più caratteristici – la chiesa di Santa Maria di Cartignano, totalmente priva del corpo centrale a causa dei terremoti che l’hanno ripetutamente colpita – poco prima di giungere all’appuntamento con il Gran Sasso. La prima fetta della lunga ascesa finale sarà considerata GPM a parte, una volta percorsi i 13,5 Km al 6% che terminano all’altezza di Calascio, centro dominato dall’altura sulla quale sorgono i suggestivi resti dell’omonima rocca, presso i quali si trova anche l’ottagonale chiesa di Santa Maria della Pietà. Dopo il passaggio da Calascio la salita momentaneamente s’interromperà per circa 5 km lasciando spazio al lieve falsopiano verso il delizioso borgo di Santo Stefano di Sessanio, sovrastato dalla Torre Medicea, tornata visibile nel 2021 una volta terminati i lunghi lavori di ristrutturazione resisi necessari a causa dei crolli provocati dal terremoto dell’Aquila del 2009. Alle porte di Santo Stefano la strada tornerà a salire, diretta all’altopiano di Campo Imperatore che, contrariamente a quanto segnalato sull’altimetria ufficiale della tappa, non coincide con la zona dove si concluderà la tappa ma si trova più a valle, a un’altitudine media di 1800 metri. Punteggiato da una decina di piccoli laghetti poco profondi come il Racollo e il Pietranzoni, i corridori lo raggiungeranno con 10 Km d’ascesa agevole (media del 4%), seguiti da un tratto in quota vallonato di sei chilometri e mezzo, percorrendo il quale si confluirà sulla principale strada d’accesso all’altopiano, che sale dall’Aquila, e si transiterà a breve distanza dai ruderi della chiesetta di Sant’Egidio, la cui costruzione risale all’anno 1000. Sfiorato il citato laghetto Petranzoni, la salita tornerà a essere definitiva protagonista del tracciato nel già illustrato tratto conclusivo.
Il Gran Sasso è già pronto a rituffarsi nel mare rosa del Giro, chissà fin dove si spingeranno i suoi concentrici cerchi….

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Selletta di Visciano (150 metri).. Vi transita la Strada Statale 6 “Via Casilina” tra i bivi per Calvi Risorta e Teano, non distante dall’omonima località. Il Giro vi è transitato spesso, senza mai affrontarla come traguardo GPM. L’ultimo passaggio è avvenuto nel 2014 durante la tappa Sassano – Montecassino, vinta dall’australiano Michael Matthews.

Colle della Portella (1271 metri). Valicato dalla Strada Statale 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica” tra Roccaraso e l’altopiano delle Cinquemiglia, all’altezza del bivio per Rivisondoli. Vi sorge il santuario della Madonna della Portella.

Valico Piano delle Cinquemiglia (1265 metri). Valicato dalla Strada Statale 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica” all’inizio della discesa che dall’altopiano delle Cinquemiglia conduce verso Sulmona. Prima salita del Giro d’Italia, affrontata nella terza tappa dell’edizione 1909 (Chieti – Napoli, vinta da Giovanni Rossignoli), dopo l’istituzione nel 1933 della maglia verde (oggi azzurra) ha accolto 6 traguardi GPM. L’ultimo a scollinarlo è stato Giovanni Visconti nel 2009, nei chilometri iniziali della tappa Sulmona – Benevento vinta dall’indimenticato Michele Scarponi. In precedenza hanno conquistato questo GPM lo scozzese Robert Millar nel 1987 (tappa Rieti – Roccaraso, vinta da Moreno Argentin), lo spagnolo Pedro Torres nel 1978 (tappa Silvi Marina – Benevento, vinta da Giuseppe Saronni), il francese Raphaël Géminiani nel 1957 (tappa Pescara – Napoli, vinta da Vito Favero), il piemontese Pasquale Fornara nel 1953 (tappa San Benedetto del Tronto – Roccaraso, vinta da Fausto Coppi) e da Gino Bartali nel 1951 (tappa Foggia – Pescara, vinta da Giuseppe Minardi).

Sella di Pratoriscio (2130 metri). Quotata 2135 sulle cartine ufficiali del Giro, è il punto terminale della Strada Statale 17 bis dir. C “della funivia del Gran Sasso” e coincide con il luogo dove sorge l’Hotel Campo Imperatore, presso il quale si concluderà la tappa. Si tratta della quinta volta che la Corsa Rosa si arrampica sin lassù: in precedenza si sono qui imposti lo spagnolo Vicente López Carril nel 1971, il danese John Carlsen nel 1989, Marco Pantani nel 1999 e Simon Yates nel 2018. Non fa testo la tappa del Gran Sasso del 1985, vinta da Franco Chioccioli, perché in quell’occasione si affrontò solo il tratto iniziale dell’ascesa, con il traguardo collocato in località Fonte Cerreto, a circa 1110 metri di quota.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Il Gran Sasso e l’altimetria della settima tappa del Giro 2023 (www.visitareabruzzo.it)

Il Gran Sasso e l’altimetria della settima tappa del Giro 2023 (www.visitareabruzzo.it)

CIAK SI GIRO

Se siete appassionati al genere “fantasy” avrete visto (o dovete assolutamente vedere) Ladyhawke, film statunitense del 1985 ambientato nel XIII secolo. È in quell’epoca che si svolgono le vicende del cavaliere Etienne Navarre e dell’amata Isabeau D’Anjou, costretti da una maledizione a vivere il primo nelle sembianze di un lupo e la seconda in quelle di un falco (“hawke” in inglese, da qui il titolo del film). Sebbene la pellicola sia ambientata in Italia, nella versione arrivata nelle nostre sale cinematografiche il nome della località dalla quale ha inizio la trama è stato “francesizzato” in Aguillon, mentre nella versione originaria veniva chiamato Aquila e in effetti è proprio in Abruzzo che è stata girata una delle scene più spettacolari, quella nella quale Michelle Pfeiffer – che interpreta la protagonista “Ladyhawke” – precipita da una delle torri della residenza del monaco Imperius, che in realtà è il castello di Rocca Calascio, nell’occasione manipolato digitalmente aggiungendovi strutture architettoniche non presenti presso il maniero abruzzese. Siamo alle soglie di Campo Imperatore, la cui piana ha ospitato altri “ciak” del film, quelli del precipitoso viaggio a cavallo di Marquet verso la residenza del vescovo di Aguillon, che invece è un mix tra la rocca lombarda di Soncino e il castello emiliano di Torrechiara. Se siete dei pedalatori avrete inoltre la possibilità di riconoscere al volo anche due luoghi che saranno toccati durante nell’ultimo tappone del Giro 2023, quello delle Tre Cime di Lavaredo: prima di arrivare al Rifugio Auronzo i “girini” dovranno infatti salire fino ai 2236 metri del Passo Giau e poi sfiorare proprio ai piedi dell’ascesa finale il piccolo lago d’Antorno, entrambi immortalati nella pellicola firmata da Richard Donner.

In collaborazione con www.davinotti.com

Il castello di Rocca Calascio nel film “Ladyhawk” (www.davinotti.com)

Il castello di Rocca Calascio nel film “Ladyhawk” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/ladyhawke/50002250

FOTOGALLERY

Capua, ponte romano

Calvi Vecchia, cattedrale di San Casto

Vairano Scalo, monumento all’incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II

Il “Verlasce”, l’antico anfiteatro di Venafro (www.visitmolise.eu)

Il “Verlasce”, l’antico anfiteatro di Venafro (www.visitmolise.eu)

Rocchetta a Volturno, sorgenti del fiume Volturno

Rocchetta a Volturno, abbazia di San Vincenzo al Volturno

Altopiano delle Cinquemiglie

Sulmona, acquedotto medioevale

Badia Morronese

Bussi sul Tirino, chiesa di Santa Maria di Cartignano

Rocca Calascio, castello

Santo Stefano di Sessanio, la Torre Medicea in un’immagine precedente il terremoto del 2009

Campo Imperatore, Lago Racollo

A NAPOLI IL SOLE SPLENDE PER PEDERSEN, LEKNESSUND MANTIENE LA MAGLIA ROSA

maggio 11, 2023 by Redazione  
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L’arrivo a Napoli riserva grandi emozioni con il gruppo che rinviene su Alessandro De Marchi (Team Jayco AlUla) e Simon Clarke (Israel-Premier Tech), ultimi due uomini rimasti superstiti della fuga del mattino, quando mancano circa 250 metri al traguardo, a volata lanciata come al solito in anticipo da Fernando Gaviria (Movista) i due sono ripresi ed a vincere è Mads Pedersen Trek-Segafredo), secondo Jonathan Milan (Bahrain Victorious), terzo Pascal Ackermann (UAE Team Emirates) davanti a Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck) ed allo stesso Gaviria.

Tappa temuta quella con arrivo e partenza a Napoli, scenari mozzafiato e stradine strette che si arrampicano verso la costiera amalfitana e sorrentina con il valico di Chiunzi ed il Picco Sant’Angelo a fare da spauracchi per le ruote veloci più pure. Non piove e la strada che costeggia le pendici del Vesuvio invoglia subito i primi attaccanti ad evadere dal gruppo, il primo tentativo è di Stefan Kung (Groupama-FDJ) ma lo svizzero viene subito ripreso, poco dopo ci prova Alessandro de Marchi (Team Jayco-AlUla) che per un pò di tempo resta da solo in avanscoperta raggiunto poco dopo da Francesco Gavazzi (Eolo-Kometa) e successivamente da Alexandre Delettre (Cofidis), Simon Clarke (Israel-Premier Tech) e Charlie Quarterman (Team Corratec-Selle Italia). I cinque vanno via di comune accordo con il consenso del gruppo e riescono subito a prendere 3’ di vantaggio. A provare a riportarsi nella fuga ci ha provato per lunghi tratti Alessandro Verre (Arkéa-Samsic) senza però riuscirci. Al GPM del Valico di Chiunzi la fuga arriva a toccare i 6’ di vantaggio, dietro ad inseguire si portano in testa gli Ineos Granadiers ritmo che aumenta ed a farne le speso sono Mark Cavendish (Astana Qazaqstan) e Filippo Fiorelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè). Gli Ineos ricevono un aiuto prezioso da UAE Team Emirates e Trek-Segafredo mentre davanti in vista del GPM è Clarke a rompere gli equilibri seguito dal solo De Marchi. Al secondo GPM di giornata quello di Picco Sant’Angelo la coppia al comando conserva 2’:25” di vantaggio mentre in testa al gruppo a dar man forte al lavoro UAE e Trek-Segafredo si portano la Movistar, l’Alpecin-Deceuninck ed Team DSM il ritardo comincia così a scendere e si entra nei dieci chilometri finali con ancora 60 secondi ancora da recuperare. Volata che a questo punto appare incerta, la sede stradale tortuosa e le numerose rotonde fanno pendere la possibilità di vittoria verso i due in testa. Ai meno 3 chilometri De Marchi e Clarke conservano ben 30” ma da dietro il lavoro dei Trek- Segafredo è magistrale infatti in gruppo acciuffa la coppia di testa subito dopo il cartello dei meno 250 metri! A lanciare la volata, lunghissimo, è Fernando Gaviria (Movistar), ma Madp Pedersen (Trek-Segafreo) non si fa sorprendere e si riporta subito sotto il colombiano seguito da Jonathan Milan (Bahrain Victorious) e  Pascal Ackermann (UAE Team Emirates) mentre Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck) cerca a sua volta di portarsi tutto a destra per sprintare, ma questa volta il più forte è Mads Perdersen che si lascia andare in un urlo di gioia a testimoniare come la Trek-Segafredo ha sempre cercato questa vittoria che arriva sul lungomare Caracciolo e fa sì che il danese si avvicini alla maglia ciclamino indossata da Milan. Primo Pedersen dunque, secondo la Jonathan Milan e terzo un ritrovato Pascal Ackermann. Tra gli uomini di classifica nulla cambia, ma domani l’arrivo in salita a Campo Imperatore potrà ridisegnare la classifica generale con il Gran Sasso pronto a far vivere alla corsa rosa il duello atteso tra i migliori scalatori.

Antonio Scarfone

Lesultanza di Mads Pedersen a Napoli (Image credit: Stuart FranklinGetty Images)

L'esultanza di Mads Pedersen a Napoli (Image credit: Stuart FranklinGetty Images)

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