A 100 METRI DAL PARADISO

maggio 27, 2023 by Redazione  
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A ventiquattrore dalla conclusione ecco sfornata una delle tappe più dure dell’edizione 2023, che vede il ritorno nel percorso del Giro della cronoscalata, esercizio visto l’ultima volta sulle strade della Corsa Rosa nel 2016, quando si affrontarono contro il tempo le pendenze dell’Alpe di Siusi. Stavolta il palcoscenico della sfida tra i “reduci” del Giro sarà la strada forestale che sale con inclinazioni piuttosto aspre al paradisiaco borgo del Monte Lussari.

La strada per il paradiso non è una passeggiata e i “girini” lo proveranno sulla loro pelle al penultimo giorno della Corsa Rosa, quando gli organizzatori hanno imbastito lo spettacolare arrivo in un posto che è davvero un paradiso, il pittoresco borgo di Monte Lussari, situato quasi all’estremità nordorientale della penisola italiana e sorto attorno al santuario costruito tra il 1500 e il 1600, detto anche “dei tre popoli” perché meta di pellegrinaggi di fedeli che provengono dalle tre stirpi linguistiche della zona, quella romanza (che contempla l’italiano e il dialetto friulano), quella germanica e quella slovena. Passeggiata non sarà e non solo perché la salita che si dovrà percorrere sarà la più ripida tra le 49 previste nel tracciato del Giro 2023, ma anche perché la si affronterà a cronometro e perché non si pedalerà sul tradizionale asfalto, ma sulle lastre in cemento che sono state collocate poco mesi or sono sull’originario fondo stradale sterrato. Non tutta la tappa sarà dure pendenze e cemento perché nei primi 10 Km l’asfalto scorrerà sotto le ruote dei corridori e di salita non se ne incontrerà, se non in occasione di due sporadici tratti. Il primo è il più impegnativo, uno strappo di 400 metri al 6.5% (picco massimo del 15%) che inizierà circa 700 metri dopo la partenza e che servirà per far “sbarcare” i corridori sulla Ciclovia Alpe Adria, pista ciclabile che collega Salisburgo a Grado e che nel tratto che si percorrerà è stata realizzata riqualificando un tratto dismesso della Ferrovia Pontebbana. Sulla ciclabile si rimarrà per 5 Km e mezzo, sfiorando in questo tratto il centro di Camporosso in Valcanale, frazione di Tarvisio situata presso l’omonimo valico, il meno elevato della catena alpina (811 metri) e spartiacque tra il bacino dell’Adriatico (verso il quale scende il fiume Fella, affluente del Tagliamento) e quello del Mar Nero, in direzione del quale si riversano le acque dello Slizza, torrente che va confluire nella Drava, a sua volta affluente del celebre Danubio. Nei pressi dell’ex stazione ferroviaria di Valbruna-Lussari si uscirà dalla ciclabile per iniziare la risalita della Val Saisera, il cui nome d’origine slovena significa “dietro al lago” con riferimento ad uno scomparso bacino, svuotatosi in seguito a un devastante terremoto che colpì queste terre nel 1349. Non è, però, ancora arrivato il momento di misurarsi con pendenze particolarmente difficili e, anzi, ci sarà giusto un pesabilissimo tratto di 1.3 Km al 3% che si concluderà all’altezza del parcheggio dove saranno posizionati gli automezzi delle squadre e dove ai corridori sarà facoltativamente concesso di cambiare bicicletta, riposizionando sulle ammiraglie quelle con le ruote lenticolari che diversi corridori avranno scelto di utilizzare nella prima, scorrevole parte della cronometro. Ancora 1200 metri tranquilli e poi si saluterà l’asfalto per iniziare la scalata al Monte Lussari, ufficialmente 7.3 Km al 12.1%, con due punti nel quale la pendenza andrà a toccare un massimo del 22%. I primi 200 metri al 7% rappresenteranno uno dei tratti più umani di questa salita fortemente voluta al Giro da Enzo Cainero, il papà ciclistico dello Zoncolan e artefice delle frazioni friulane della Corsa Rosa, scomparso lo scorso 28 gennaio dopo una breve malattia e che prima di votarsi anima e corpo al ciclismo è stato calciatore (alla fine degli anni 60 militò in serie A, dove fu portiere del Varese), dirigente dell’Udinese e presidente dell’Associazione Pallacanestro Udinese, riuscendo a riportarla per qualche tempo nella serie A1. Dopo il poco impegnativo biglietto da visita iniziale la strada diretta al Lussari mostra subito i denti e nei successivi 4 Km e 700 metri la pendenza media schizza al 15.3%, con la prima delle due rampe al 22% che s’incontra subito dopo il primo chilometro d’ascesa. Superato il penultimo degli undici tornanti previsti la salita improvvisamente si acquieta e per un chilometro l’inclinazione media scende drasticamente al 3.2%, salvo una piccola fiammata di 300 metri al 9.6%. Passata questa tregua riprende la tempesta di pendenze e con 900 metri al 10.2% e la seconda rasoiata al 22% ci si porta alla Sella Prasnig, situata in corrispondenza di un trivio di sentieri dove i corridori svolteranno a sinistra in direzione della vetta del Lussari. La strada ora spiana mentre si percorrerà l’ex sentiero che funge da circonvallazione del borgo, lungo il quale si procederà per un centinaio di metri in sensibile discesa, fino ad arrivare a imboccare il breve e nuovamente ripido rettilineo d’arrivo, anch’esso lungo solo 100 metri, per arrivare alle soglie del paradiso dopo una salitaccia di puro inferno.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Sella di Camporosso (811 metri). Valicata dal vecchio tracciato della Strada Statale 13 “Pontebbana” tra Ugovizza e Camporosso in Valcanale, è quotata 816 sull’atlante stradale del TCI. Mai affrontata come GPM, non sarà direttamente toccata dal tracciato della tappa, che percorrerà la poco distante Ciclovia Alpe Adria. Il Giro vi è transitato una sola volta, nei chilometri iniziali della tappa Cave del Predil – Vajont del Giro del 2013, vinta dal lituano Ramūnas Navardauskas. Il passaggio era previsto anche durante la tappa Kranj – Lienz del Giro del 1994, il cui percorso fu modificato all’ultimo momento a causa di una frana sul Passo del Pramollo facendo deviare la corsa da Tarvisio verso il valico doganale di Coccau.

Sella Prasnig (1715 metri). Separa il Monte Lussari dalla Cima del Cacciatore ed è valicata dalla strada forestale che sale al Lussari dalla Val Saisera, appositamente cementata per permettere l’agevole transito dei corridori. Vi giunge un sentiero che sale direttamente da Tarvisio.

Sella Monte Santo di Lussari (1735 metri). I corridori vi transiteranno 100 metri prima di giungere al traguardo.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Il borgo di Monte Lussari e l’altimetria della ventesima tappa del Giro 2023 (Google Street View)

Il borgo di Monte Lussari e l’altimetria della ventesima tappa del Giro 2023 (Google Street View)

CIAK SI GIRO

La “longa manu” delle case cinematografiche è arrivata fino all’estremità nordorientale della nostra nazione, scoperta in tempi recenti dal “grande schermo”. Risalgono al 2007 le riprese de “La ragazza del lago”, film ispirato al romanzo “Lo sguardo di uno sconosciuto”, opera della scrittrice norvegese Karin Fossum ripubblicata dopo l’uscita del film con lo stesso titolo della pellicola. La trama ruota attorno alle indagini sulla morte di una giovane ragazza, rinvenuta morta sulle sponde di un lago: le riprese si svolsero prevalentemente a Moggio Udinese mentre per la scena del ritrovamento della ragazza priva di vita si scelsero le sponde del lago di Fusine Superiore, situato nel territorio municipale di Tarvisio. Nel medesimo comune si sono svolte in piccola parte le riprese di Scappo a casa, film del 2019 interpretato da Aldo Baglio, stavolta senza la compagnia dei colleghi del trio “Aldo, Giovanni e Giacomo”. Qui si ripercorrono le vicende di Michele, “viveur” che si ritrova derubato dei documenti durante una vacanza a Budapest e arrestato dalla polizia magiara dopo esser stato scambiato per un tunisino clandestino. Destinato a un campo di detenzione, con la complicità di altri detenuti si darà all’evasione e riuscirà a giungere in Slovenia, dove incapperà nella poliziotta Ursula, che lo arresterà nuovamente. Ma quale Slovenia? La stazione di polizia dove Michele viene condotto si trova in realtà in Italia, a un chilometro dal valico doganale di Fusine verso lo stato balcanico, mentre per frontiera italo-slovena è stata spacciata quella di Coccau, che si trova tra Tarvisio e l’Austria.

In collaborazione con www.davinotti.com

La scena del rinvenimento della ragazza deceduta sulle sponde del lago di Fusine Superiore nel film “La ragazza del lago (www.davinotti.com)

La scena del rinvenimento della ragazza deceduta sulle sponde del lago di Fusine Superiore nel film “La ragazza del lago (www.davinotti.com)

Il valico doganale italo-austriaco di Coccau spacciato per frontiera con la Slovenia in “Scappo a casa” (www.davinotti.com)

Il valico doganale italo-austriaco di Coccau spacciato per frontiera con la Slovenia in “Scappo a casa” (www.davinotti.com)

Le altre location dei due film citati (quelle del primo film sono su due pagine)


https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/la-ragazza-del-lago/50008222/pagina/1


https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/scappo-a-casa/50045676

FOTOGALLERY

Tarvisio, Piazza Unità

Camporosso in Valcanale, Ciclovia Alpe Adria

La dismessa stazione di Valbruna-Lussari

Val Saisera, i parcheggi del “pit stop” per il cambio di bicicletta

L’imbocco della strada forestale diretta al Monte Lussari

La strada forestale del Monte Lussari dopo i lavori di cementificazione (Youtube)

La strada forestale del Monte Lussari dopo i lavori di cementificazione (Youtube)

La cappelletta situata presso la Sella Prasnig

Il tratto (oggi cementato) che si percorrerà in leggera discesa per giungere a 100 meri dal traguardo

Il santuario di Monte Lussari

BUITRAGO VINCE SULLE TRE CIME. THOMAS RESTA IN MAGLIA ROSA

maggio 26, 2023 by Redazione  
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Anche sulle Tre Cime di Lavaredo ad avere la meglio è la fuga della prima ora con Santiago Buitrago (Team Bahrain Victorious) che dopo essersi staccato da Derek Gee (Team Israel Premier Tech), lo raggiunge e lo supera a 1 km e mezzo dall’arrivo, andando a trionfare in solitaria. Lotta serrata tra i big di classifica che avrà il suo culmine domani nella temutissima cronoscalata del Monte Lussari

Nel disegno generale del Giro 2023 non ci sono dubbi: il tappone alpino cade alla diciannovesima tappa, la Longarone – Tre Cime di Lavaredo di 183 km. Una distanza poi nemmeno troppo elevata, ma dal km 70 fino al termine sarà un su e giù continuo tra alcuni dei passi che hanno fatto la storia del ciclismo: Campolongo, Valparola, Giau, Tre Croci e infine le Tre Cime di Lavaredo, lì dove hanno brillato alcuni tra i più grandi campioni di questo sport. Oggi a giocarsi la maglia rosa saranno Geraint Thomas (Team INEOS), Primoz Rogloc (Team Jumbo Visma) e Joao Almeida (UAE Team Emirates), tutti e tre racchiusi in secondi, anche se la durissima cronoscalata do domanti del Monte Lussari potrebbe ancora lasciare spazio a qualche sorpresa. Anche la lotta per la maglia azzurra oggi sarà molto interessante visto che sono in palio moltissimi punti e Thibaut Pinot (Team Groupama FDJ) può chiudere il discorso. Da Longarone non partiva Hugh Carthy (Team EF Education EasyPost), a inizio Giro da molti pronosticato come uomo da top five. La fuga di giornata si formava prima dell’ascesa verso il primo gpm del Passo Campolongo grazie all’azione di 15 uomini: Alex Baudin, Larry Warbasse e Nicolas Prodhomme (Team AG2R Citroen), Stefano Oldani (Team Alpecin Deceuninck), Vadim Pronskiy (Team Astana Qazaqstan), Santiago Buitrago (Team Bahrain Victorious), Patrick Konrad (Team BORA Hansgrohe), Magnus Cort Nielsen (Team EF Education EasyPost), Mattia Bais (Team EOLO Kometa), Davide Gabburo (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), Derek Gee (Team Israel Premier Tech), José Joaquin Rojas e Carlos Verona (Team Movistar), Michael Hepburn (Team Jayco AlUla) e Veljko Stojnic (Team Corratec). Era Gabburo a scollinare in prima posizione sul Passo Campolongo. Nella successiva ascesa verso il Passo Valparola si staccava Stojnic e davanti restavano in 14. Gee scollinava in prima posizone sul Passo Valparola mentre il gruppo inseguiva a oltre 8 minuti di ritardo. All’inizio della scalata verso il Passo Giau il gruppo maglia rosa aveva rosicchiato qualcosa ma non sembrava voler accelerare più di tanto. La tappa dava perciò l’impressione di essere un doppione di quella di ieri, con i ciclisti in fuga in grado di giocarsi la vittoria di tappa. Sul Passo Giau Gee scollinava in prima posizione. All’inizio della scalata verso il passo Tre Croci restavano in testa alla corsa Gee, Buitrago, Cort Nielsen, Hepburn, Verona, Pronskiy e Prodhomme. Nel gruppo maglia rosa l’unico sussulto per adesso era dato dal cambio bici da parte di Roglic, a 20 km dalla conclusione. Sotto il forcing dell’INEOS Grenadiers il vantaggio della fuga diminuiva vistosamente ma i battistrada a meno di clamorosi crolli sembravano capaci di poter resistere fino alla fine. Gee scollinava in prima posizione e dopo una breve discesa il drappello dei fuggitivi iniziava l’ultima salita delle Tre Cime di Lavaredo, sette km di ascesa con pendenze quasi costantemente in doppia cifra. Sulle prime rampe della salita finale i fuggitivi iniziavano a scattarsi in faccia e Gee si avvantaggiava di qualche decina di metri. Ai meno 6 iniziava la bagarre anche tra gli uomini di classifica con Arensman e Dennis che sparavano le ultime cartucce per Thomas e Roglic. In testa Buitrago restava da solo all’inseguimento di Gee, che continuava a mantenere una cinquantina di metri di vantaggio sul colombiano della Bahrain Victorious. Buitrago raggiungeva Gee a 1 km e mezzo dall’arrivo e accelerava, distanziandolo sensibilmente in pochissimo tempo. Nel gruppo maglia rosa, Roglic rispondeva ad un attacco di Almeida e si muoveva anche Thomas. I primi tre della classifica generale restavano praticamente soli all’inseguimento di Gee, mentre Buitrago andava a trionfare a braccia alzate in cima alle Tre Cime. Gee si piazzava in seconda posizione a 51 secondi di ritardo dal colombiano mentre Cort Nielsen era terzo a 1 minuto e 46 secondi di ritardo e impediva a Roglic di conquistare i 4 secondi di abbuono, visto che lo sloveno tagliava il traguardo con lo stesso tempo del danese. Thomas chiudeva la top five a 1 minuto e 49 secondi di ritardo da Buitrago, che ottiene il primo successo stagionale ed anche la seconda vittoria al Giro, dopo quella dello scorso anno nella diciassettesima tappa da Ponte di Legno a Lavarone, anche allora al termine di una fuga. Thomas conserva la maglia rosa con 26 secondi di vantaggio su Roglic e 59 secondi di vantaggio su Almeida, mentre Damiano Caruso (Team Bahrain Victorious) sale al quarto posto ai danni di Eddie Dunbar (Team Jayco AlUla). Domani l’attesa cronometro individuale da Tarvisio al Monte Lussari metterà la parola fine al Giro 2023 per quanto riguarda la lotta per la maglia rosa. Sarà una cronometro divisa nettamente in due parti. I primi 10 km sono completamente pianeggianti e si potranno spingere alti rapporti. Gli ultimi 8 sono tutti in salita, e che salita! La pendenza media supera l’11%, con i primi 4 km e 700 addirittura al 15%. Thomas e Roglic sono attesi alla prova del nove e tra questi due nomi uscirà il vincitore del Giro 2023.

Antonio Scarfone

Santiago Buitrago vince sulle Tre Cime di Lavaredo (foto: Getty Images Sport)

Santiago Buitrago vince sulle Tre Cime di Lavaredo (foto: Getty Images Sport)

TRE CIME PER SOGNAR, FANTASTICAR…

maggio 26, 2023 by Redazione  
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Fa a spallate con il tappone del Bondone in quanto a durezza la frazione delle Tre Cime. Se la tappa trentina propone un dislivello maggiore, quella dolomitica controbatte con una lunga successione di salite, inizialmente pedalabili – Campolongo e Valparola – e via via più dotate in pendenze. I 10 Km al 9.3% del Giau e soprattutto la verticale finale delle Tre Cime (3.2 Km all’11.7%) faranno soffrire terribilmente tutti, dalla maglia rosa giù giù fino all’ultimo elemento della classifica generale. E se il capo del Giro fosse in fase calante, come capitò a Merckx nel 1974, potrebbe inscenarsi un clamoroso ribaltone.

Eccoci di fronte alla seconda giornata dolomitica, il tappone. E trattasi di un tappone con i fiocchi (si spera solo virtuali), forte di quasi 5400 metri di dislivello e di sette salite, tre delle quali porteranno ben oltre i 2000 metri di quota. C’è di che farsi venire l’acquolina alla bocca, ricordando le due imprese che più si rammentano sulle due principali ascese di giornata, l’affondo di Egan Bernal sul Giau al Giro del 2021 e soprattutto il ribaltone all’ultimo chilometro delle Tre Cime nel 1974, quando Eddy Merckx mise sul piatto tutto l’orgoglio che aveva in corpo in un momento nel quale le energie stavano declinando e riuscì a salvare per soli 12 secondi una maglia rosa che sotto la “flamme rouge” era ufficiosamente vestita dal giovane Gianbattista Baronchelli. Sarà grande impresa anche quest’anno? Lo scopriremo sul far della sera del 26 maggio, quando sotto lo striscione d’arrivo innalzato presso il Rifugio Auronzo sarà transitato l’ultimo dei “big” partiti 183 Km prima da Longarone. Non sarà subito salita, anzi non se ne troverà proprio nei primi 50 Km, che vedranno il gruppo salpare dalle soglie del Cadore in direzione di Belluno, dove si transiterà a 13 Km dal via sfiorandone il centro storico, dove è possibile ammirare monumenti come il duomo intitolato a San Martino e le vetuste porte Rugo e Dojona. Subito si tornerà a puntare in direzione delle montagne portandosi nella valle del torrente Cordevole, il corso d’acqua più lungo tra quelli presenti nel bellunese. Prendendo dolcemente quota il gruppo s’infilerà nella gola della Tagliata di San Martino, dove durante la Grande Guerra fu distrutto dall’esercito del Regno d’Italia un preesistente complesso di fortificazioni – si voleva impedire l’avanzata austriaca – che poi sarà ristrutturato da militari tedeschi in occasione del secondo conflitto mondiale. All’uscita dalla forra i corridori saranno sulle strade di Agordo, il principale centro della valle, dove presso i rustici di Villa Crotta – De Manzoni è possibile visitare un museo dedicato agli occhiali, voluto dall’imprenditore Leonardo Del Vecchio, fondatore della principale azienda mondiale del settore, Luxottica, che ha uno dei suoi quattro stabilimenti proprio ad Agordo. Una piccola balza altimetrica anticiperà il passaggio sulle rive del lago d’Alleghe, specchio lacustre che non avremmo incontrato se ci fossimo trovati da queste parti prima dell’11 gennaio del 1771, giorno della caduta di una grossa frana dal Monte Piz che causò una cinquantina di vittime e lo sbarramento del corso del Cordevole con la conseguente formazione di un invaso. Poco più avanti si giungerà a Caprile, piccola località che rappresenta un irresistibile richiamo per i “salitomani” perché da essa si dipartono, come le cinque dita di una mano, un ventaglio di salite più o meno celebri: da una parte si va verso la Marmolada, dall’altra verso i passi Falzarego e Giau mentre le due dita minori sono quelle delle ascese di Colle Santa Lucia e della cosiddetta “Digonera”. È quest’ultima che andranno ora ad affrontare i “girini”, composta da un primo tratto di 2 Km al 7.5% e da uno successivo di 3.6 Km al 7.2% con i quali si risaliranno le prime pendici del Col di Lana, montagna dolomitica il cui nome è rimasto scritto nei libri di storia per le vicissitudini della Prima Guerra Mondiale, quando gli alpini ne minarono la vetta per poi farla saltare, provocando la morte di 150 militari austroungarici, in parte sepolti nel Sacrario Militare di Pian di Salesei, sfiorato da uno dei tornanti della “Digonera”. Sarà il biglietto da visita della prima salita ufficiale, il vicino Passo di Campolongo (4 Km al 7%), il più basso e meno impegnativo dei quattro valichi (gli altri sono Pordoi, Sella e Gardena) che costituiscono il “Sellaronda”, il circuito del gruppo dolomitico del Sella, conosciuto non solo dagli appassionati di ciclismo, ma anche dagli amati dello scialpinismo. Il “circo bianco” da queste parti è di casa e a breve, dopo il passaggio da Corvara, si transiterà ai piedi della “Gran Risa”, una delle più celebri piste dell’Alto Adige, tenuta a battesimo dallo svedese Ingemar Stenmark il 15 dicembre del 1985, giorno nel quale vi si svolse per la prima volta una gara di slalom gigante inserita nel calendario della Coppa del Mondo di sci alpino. Il gruppo, nel frattempo, si preparerà a salire per la prima volta in alta quota perché è arrivato il momento del primo “over 2000” di giornata, il Passo di Valparola, che si raggiungerà risalendo la valle di San Cassiano affrontando pendenze non particolarmente indigeste: per arrivare sino ai circa 2200 metri del valico si deve, infatti, salire per 14 Km incontrando sotto le ruote una pendenza media del 5.7%. Subito sotto lo scollinamento si raggiungerà il più celebre Passo Falzarego, dove il tracciato della tappa confluirà su quello della “Grande strada delle Dolomiti”, uno dei più spettacolari itinerari stradali delle alpi, realizzato a tappe tra il 1895 e il 1909 per collegare Bolzano e Cortina, inizialmente concepito per scopi bellici. Sfiorando in discesa gli svettanti resti del castello di Andraz, citato per la prima volta dopo l’anno 1000 e originariamente proprietà dei vescovi di Bressanone, i “girini” torneranno a pedalare in direzione della valle del Cordevole fino a giungere a circa 5 Km dalla già visitata Caprile, dove cambieranno strada per andare a intraprendere l’ultima delle salite “secondarie” della tappa, quella del Belvedere di Colle Santa Lucia, 1900 metri al 7.3% che precedono di poco il primo “babau” di giornata. È il Passo Giau, valico che ha il solo difetto di non arrivare ai 10 Km di lunghezza per l’inezia di poche centinaia di metri, ma che ha il fuoco nelle pendenze, 9.3% la media, 14% la massima. Scollinato il valico, uno dei più panoramici dell’area dolomitica, ci si lancerà verso Cortina d’Ampezzo incrociando lunga la discesa il tracciato della Muraglia di Giau, costruita tra il primo luglio e il 30 settembre del 1753 dagli abitanti di San Vito di Cadore per segnare il confine con l’Ampezzano. Attraversata la celeberrima stazione di sport invernali, che fra tre anni accoglierà alcune delle gare dell’olimpiade invernale organizzata con Milano e altre località dell’Italia settentrionale, immediatamente si riprenderà a salire, stavolta avendo come meta il Passo Tre Croci, così chiamato in ricordo di una tragedia avvenuta lassù nell’inverno del 1789, quando una madre e i suoi figli morirono assiderati durante il viaggio da Auronzo verso Cortina, dove la donna sperava di trovare un’occupazione. Pur trattandosi di un’ascesa a sé stante, i suoi 8 Km al 7.2% possono essere considerati come la prima parte della salita finale verso le Tre Cime, a sua volta anticipata dall’ascesa di 1700 metri al 6% che termina presso le sponde del Lago di Misurina. Ufficialmente l’ascesa finale misura 7.2 Km, spezzati in due ripidi tratti da una breve discesa, lungo la quale si transita dalla barriera del pedaggio (la strada è di proprietà del comune di Auronzo di Cadore). Già il primo strappo è duro (1400 metri al 10.6%), ma è nella seconda parte che la salita mostra i denti con un’inclinazione media dell’11.7% negli ultimi 3200: la “fantastica trinità” ha pendenze aguzze così come le sue spettacolari cime!

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo di Campolongo (1875 metri). Insellatura di pascoli aperta tra il gruppo del Sella e la catena Pralongià – Monte Cherz, è toccato dalla Strada Statale 244 “di Val Badia” tra Arabba e Corvara e costituisce il confine tra le Dolomiti occidentali e quelle orientali, mentre quello regionale non coincide con il valico, ma si trova circa un chilometro più a valle, sul versante altoatesino. È stato GPM al Giro d’Italia in 15 occasioni, la prima nel 1958 durante la tappa Levico Terme – Bolzano, vinta dall’indimenticato Ercole Baldini, quando transitò per primo il belga Jean Brankart. Lo spagnolo Rubén Plaza è stato, invece, l’ultimo ad aver iscritto il proprio nome nell’albo d’oro del Campolongo al Giro, transitandovi in testa durante la tappa Alpago – Corvara del 2007, vinta da Esteban Chaves.

Passo di Valparola (2192 metri). Aperto tra il Sasso di Stria e il Piccolo Lagazuoi e quotato 2196 sulle cartine del Giro 2023, è attraversato dalla Strada Provinciale 24 “del Passo di Valparola” tra San Cassiano e Cortina d’Ampezzo. È stato inserito sette volte nel percorso del Giro ma nello speciale albo d’oro del Valparola si contano solo 4 passaggi perché la prima volta, nel 1976, lo striscione del GPM fu anticipato al sottostante Falzarego mentre nel 1992 fu tolto all’ultimo momento dal tracciato a causa di una frana. A legare i loro nomi a questo valico sono così stati lo spagnolo Fernández Ovies nel 1977 (tappa Cortina d’Ampezzo – Pinzolo, vinta da Gianbattista Baronchelli), il francese Charly Mottet nel 1990 (tappa Dobbiaco – Passo Pordoi, vinta dal medesimo corridore), l’elvetico Fabian Wegmann nel 2004 (San Vendemiano – Falzes, vinta da Damiano Cunego), il pescarese Matteo Rabottini nel 2012 (Falzes – Cortina d’Ampezzo, vinta da Joaquim Rodríguez) e lo spagnolo Omar Fraile nel 2017 (tappa Moena – Ortisei, vinta da Tejay van Garderen).

Passo di Falzarego (2105 metri). Aperto tra il Piccolo Lagazuoi e il Nuvolau, è attraversato dall’ex Strada Statale 48 “delle Dolomiti” tra Cortina d’Ampezzo e Livinallongo del Col di Lana. È il terzo valico dolomitico per numero di passaggi del Giro (senza contare le quattro volte nel quale fu “prolungato” verso il Valparola), con 18 traguardi GPM effettuati tra il 1940, quando fu conquistato da Bartali durante la storica Pieve di Cadore – Ortisei, vinta proprio dal corridore toscano, e il 2008 dell’affermazione di Emanuele Sella nella tappa vinta dallo scalatore veneto sul vicino Passo Fedaia. Si ricordano inoltre i tre passaggi in testa di Fausto Coppi nel triennio 1946-47-48 e quello di Merckx durante la Misurina – Bassano del Grappa del 1974.

Valico di Colle Santa Lucia (1435 metri). Coincide con l’abitato di Villagrande, sede del comune sparso di Colle Santa Lucia. Vi transita l’ex Strada Statale 638 “del Passo di Giau” tra località Rucavà e Selva di Cadore. È stato 4 volte sede di GPM, rispettivamente conquistati dallo spagnolo José Manuel Fuente nel 1973 (Andalo – Auronzo di Cadore, vinta da medesimo corridore), dall’ascolano Alberto Caiumi nel 1975 (Pordenone – Alleghe, vinta da Roger De Vlaeminck), dallo spagnolo Andrés Oliva nel 1976 (Longarone – Torri del Vaiolet, vinta da Andrés Gandarias) e dallo sloveno Jure Pavlič nel 1989 (Misurina – Corvara, vinta da Flavio Giupponi). Era previsto anche nel tracciato della tappa Trento – Marmolada del 1969, annullata per maltempo. In altre occasioni, come quest’anno, era previsto il semplice passaggio senza GPM.

Passo di Giau (2233 metri). Situato ai piedi dei monti Nuvolau e Averau, è valicato dall’ex Strada Statale 638 “del Passo di Giau” tra Selva di Cadore e Cortina d’Ampezzo. Quotato 2236 sulle cartine del Giro, è già stato affrontato nove volte, a partire dall’edizione del 1973, quando fu proposto nel tracciato della citata tappa Andalo – Auronzo di Cadore, vinta dallo spagnolo Fuente, primo anche al GPM. Gli italiani a transitar per primi sul Giau sono stati il pugliese Leonardo Piepoli nel 2007 (Trento – Tre Cime di Lavaredo, vinta dallo stesso corridore), Emanuele Sella nella tappa che vinse nel 2008 sulla Marmolada, Stefano Garzelli nel 2011 (Conegliano – Gardeccia / Val di Fassa, vittoria di Mikel Nieve) e il lucano Domenico Pozzovivo nel 2012, nel finale della tappa Falzes – Cortina d’Ampezzo, vinta da Joaquim Rodríguez. L’ultimo a conquistare questa cima, infine, è stato il colombiano Egan Bernal, che al Giro 2021 sul Giau ha staccato gli avversari per poi presentarsi in solitaria sul traguardo della tappa Sacile – Cortine d’Ampezzo. Il Giau era stato inserito anche nel percorso della Silandro – Tre Cime di Lavaredo del Giro 2013, ma la salita fu tagliata a causa della neve.

Passo Tre Croci (1805 metri). Magnifico punto panoramico frequentato per gli sport invernali, vi transita l’ex Strada Statale 48 “delle Dolomiti”, tra Cortina d’Ampezzo e il bivio per Misurina. Verrà affrontato quest’anno per la decima volta dal 1966, anno nel quale il Giro lo inserì nel tracciato della Moena – Belluno, vinta da Felice Gimondi dopo che il primo corridore a transitare in testa al Tre Croci era stato il pavese Ambrogio Portalupi. Altri italiani primi in vetta a questa salita sono stati il bresciano Michele Dancelli nel 1970 (Rocca Pietore – Dobbiaco, vinta da Franco Bitossi), il trevigiano Selvino Poloni nel 1971 (Lienz – Falcade, vinta da Gimondi), il suo conterraneo Claudio Bortolotto nel 1980 (Longarone – Cles, vinta da Giuseppe Saronni), Piepoli nella pocanzi citata tappa della Tre Cime del 2007 (vinta dal medesimo corridore) e l’abruzzese Giulio Ciccone, vincitore del GPM del Tre Croci in occasione del finora ultimo passaggio del Giro, durante la tappa Tolmezzo – Sappada disputata nell’edizione 2018, conquistata dal britannico Simon Yates.

Valico di Col Sant’Angelo (1757 metri). Detto anche “Passo di Misurina”, vi transita la Strada Provinciale 49 “di Misurina” tra Misurina e Carbonin. Quotato 1756 m sull’atlante stradale TCI, si trova nei pressi del bivio per la strada a pedaggio diretta alle Tre Cime. È stato affrontato come GPM una sola volta, durante la tappa Selva di Val Gardena – Vittorio Veneto del Giro del 1985: primo in vetta fu il portoghese Rafael Acevedo, mentre a tagliare per primo il traguardo fu in una volata a due fu Roberto Pagnin, successivamente retrocesso in seconda posizione per una scorrettezza ai danni di Emanuele Bombini, decretato vincitore dalla giuria.

Sella delle Croci (1866 metri). Chiamata anche “Sella d’Antorno” e “Sella di Rinbianco”, vi transita la strada diretta alle Tre Cime nel suo tratto iniziale, quello che precede il passaggio dal casello del pedaggio.

Forcella Longéres (2320 metri). Punto terminale della strada asfaltata delle Tre Cime, vi si trova il Rifugio Auronzo. La tappa terminerà al bivio sottostante il rifugio, a quota 2304 metri.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Le Tre Cime e l’altimetria della diciannovesima tappa del Giro 2023 (www.veneto.info)

Le Tre Cime e l’altimetria della diciannovesima tappa del Giro 2023 (www.veneto.info)

CIAK SI GIRO

Due dei valichi di questa tappa sono in passato stati “immortalati” dalle macchine da presa impegnate in riprese cinematografiche e, in ordine di apparizione lungo il percorso, cominciamo dal Passo di Valparola, dove nell’inverno tra il 2002 e il 2003 fu girata una spassosa scena dalla commedia “Oggi sposi… niente sesso!”, coproduzione tra Stati Uniti e Germania che ha avuto come set anche l’incantevole Venezia (anche se non lo sarà proprio la cadente pensione nella quale alloggeranno i due neosposini protagonisti della pellicola in occasione del viaggio di nozze). La piramide del Monte Nuvolau, che domina il Passo Giau, ha invece fatto da spettacolare quinta a una delle scene dell’inseguimento al furgone postale in “Fantozzi in Paradiso”, ottavo capitolo della saga ideata da Paolo Villaggio che, fatto poco noto, in gioventù si era appassionato all’alpinismo con il fratello gemello Piero e aveva scalato più volte le pareti dolomitiche dei dintorni di Cortina, luoghi che molti anni dopo sceglierà per le riprese delle scene della vacanza “romantica” progettata dalla moglie del celebre ragioniere, che aveva scoperto che il marito aveva una sola settimana di vita, da trascorrere con l’amata signorina Silvani.

In collaborazione con www.davinotti.com

I pendii innevati del Passo di Valparola visti nel film “Oggi sposi... niente sesso!” (www.davinotti.com)

I pendii innevati del Passo di Valparola visti nel film “Oggi sposi... niente sesso!” (www.davinotti.com)

Sul Passo di Giau si gira una divertente scena di “Fantozzi in paradiso”, nella quale lo sfortunato ragioniere si “imbotta” per lanciarsi all’inseguimento della lettera scritta alla moglie Pina (www.davinotti.com)

Sul Passo di Giau si gira una divertente scena di “Fantozzi in paradiso”, nella quale lo sfortunato ragioniere si “imbotta” per lanciarsi all’inseguimento della lettera scritta alla moglie Pina (www.davinotti.com)

Le altre location dei due film citati


https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/oggi-sposi-niente-sesso/50007345


https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/fantozzi-in-paradiso/50003248

FOTOGALLERY

Belluno, duomo di San Martino

Agordo, Villa Crotta – De Manzoni

Lago di Alleghe

Sacrario militare di Pian di Salesei

La Villa, La celebre pista da sci della Gran Risa in veste estiva

Castello di Andraz

https://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/11/2a/42/ba/vista-prospettica-sulla.jpg

Muraglia di Giau (Tripadvisor)

Cortina d’Ampezzo, basilica dei Santi Filippo e Giacomo

Lago di Misurina

IL TRICOLORE SVENTOLA SOTTO IL PELMO: IL “BOCIA” BRUCIA IN VOLATA IL “VECIO”, SORPASSO ROGLIC-ALMEIDA

maggio 25, 2023 by Redazione  
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Acuto di Filippo Zana. Il 24enne veneto del Team Jayco AlUla, campione d’Italia in carica, si aggiudica la diciottesima tappa del Giro d’Italia 2013, 161 km da Oderzo alla Val di Zoldo superando allo sprint Thibaut Pinot (Groupama-FDJ). In terza posizione il francese Warren Barguil (Arkea). Primoz Roglic (Jumbo Visma) arriva assieme a Geraint Thomas (Ineos Grenadiers). Poco più indietro Joao Almeida (UAE Team Emirates) a 2’16”. Damiano Caruso (Bahrain Victorius) chiude a 2’56”. In classifica generale Thomas resta in vetta, mentre Roglic supera Almeida e si riprende la seconda posizione.

Tappa, quella odierna, caratterizzata da tante salite con caratteristiche simili, non troppo lunghe ma con pendenze molto dure. Si parte col Passo della Crosetta, ma è nel finale che i giochi si faranno più duri: prima la Forcella Cibiana (9,7 km al 7,6% con ampi tratti in doppia cifra) e poi la temibile salita verso Coi (5 km al 9,7% con la tremenda seconda metà nella quale la pendenza sfiora il 20%). Il traguardo, infine, arriverà doo un’ultima ascesa di 2,3 km al 7%.
Dopo piccoli tentativi iniziali, sono sette quelli che provano una fuga concreta: si tratta di Aurelien Paret-Peintre (AG2R), Vadim Pronskiy (Astana), Marco Frigo e Derek Gee (Israel – Premier Tech), Warren Barguil (Arkea), il campione italiano Filippo Zana (Team Jayco AlUla), Thibaut Pinot (Groupama-FDJ). Quest’ultimo, che in classifica generale è 13° a 6’48” di distacco da Thomas (oggi 37 candeline spente), transita per primo sui GPM della Crosetta e di Pieve d’Alpago. Dopo la discesa, falsopiano e nuova ascesa verso Pieve di Cadore. Con cambi regolari il gruppetto aumenta il margine nei confronti del plotone, trascinato dalla Ineos Grenadiers, arrivando ai 5’ a cinquanta km dal traguardo per poi superare i 6’ a Venas di Cadore.
Dietro non sembra ci sia molta voglia di riprendere i fuggitivi. Ai -29 Pronskiy è in difficoltà, stringe i denti e prova a resistere. Nel gruppo Primoz Roglic (Jumbo Visma) continua a mantenersi nelle retrovie: pretattica? Intanto la strada riprende a salire verso Forcella Cibiana. Pronskiy si stacca definitivamente dalla testa della corsa. Intanto il gran ritmo portato avanti da Laurens De Plus (Ineos Grenadiers) frantuma il gruppo Maglia Rosa. Pinot si porta in testa alla classifica dei migliori scalatori di questo Giro in vetta al Cibiana, dove lo svantaggio del gruppo Maglia Rosa (ora composto da 18 corridori ma che inevitabilmente si scremerà) è di circa 4’30”. Roglic pare non abbia la faccia dei giorni migliori, ma mai fidarsi: non è chiaro se ne abbia davvero per poter attaccare Thomas sull’ultima salita per rovinargli la festa di compleanno. Salendo verso Coi Pinot aumenta il forcing. A tenergli testa sono solo Zana e Gee. Si staccano prima Barguil, Paret-Peintre e Frigo e poi anche Gee. Restano in due lì davanti, Pinot ed un eroico Zana.
Dietro parte Sepp Kuss (Jumbo Visma) con Roglic e Thomas a ruota, mentre Joao Almeida (UAE Emirates) è in difficoltà senza tuttavia mollare.
Alla progressione di Roglic risponde subito un Thomas con le gambe che girano a mille. Poco dopo Kuss raggiunge i due, con Almeida che si mantiene a breve distanza.
Nel frattempo i due battistranda giungono sotto lo striscione dell’ultimo chilometro e si viaggia verso uno sprint in salita, dove il 24enne Zana si impone sul quasi 33enne Pinot, che festeggerà il compleanno il giorno dopo la tappa conclusiva del Giro.
Domani l’attesissimo tappone dolomitico: da Longarone alle Tre Cime di Lavaredo con Campolongo, Valparola, Falzarego, Giau e Tre Croci prima della mitica ascesa finale.

Vito Sansone

Sembra quasi spiccare il volo Filippo Zana sul traguardo di Palafavera (Getty Images)

Sembra quasi spiccare il volo Filippo Zana sul traguardo di Palafavera (Getty Images)

DOLOMITI, ATTO PRIMO ALL’OMBRA DEL “CAREGÓN”

maggio 25, 2023 by Redazione  
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Non è il tappone dolomitico, in programma ventiquattrore più tardi, ma anche la frazione che terminerà in Val di Zoldo potrebbe lasciare un segno indelebile in classifica. Le energie si stanno pian piano esaurendo, siamo nel cuore della terza settimana di gara, che spesso ha messo in crisi fior di campioni, e oggi le possibilità di creare scompiglio non mancheranno. La Forcella Cibiana e l’inedita salita verso Coi potrebbero rappresentare una succulenta tentazione per quegli scalatori che devono recuperare terreno e non vogliono aspettare le Tre Cime.

Le genti locali lo chiamano il “Caregón de ‘l Pareterno”, il trono (cadregone) di Dio. È il Monte Pelmo, la spettacolare vetta che domina la Val di Zoldo, sede d’arrivo della prima frazione dolomitica, la meno impegnativa delle due previste quest’anno. Ma, nonostante non sia paragonabile a livello durezza ai tapponi del Bondone, affrontato 48 ore fa, e delle Tre Cime di Lavaredo, quella che terminerà a Palafavera sarà una tappa in grado di far traballare il “cadreghino” della maglia rosa di turno, se il suo vantaggio non sarà di quelli granitici. Siamo alla terza settimana di gara, le energie sono oramai al lumicino e, se si avranno forze e voglia di mettere in crisi gli avversari, le due salite che si dovranno affrontare a ridosso del traguardo potrebbero provocare un neanche tanto piccolo terremoto in classifica. Si tratta non solo di ascese dotate in pendenze, ma anche di salite piuttosto desuete, se non del tutto inedite, com’è il caso di quella che condurrà fino alla minuscola frazione di Coi e che presenta inclinazioni particolarmente forti nel tratto conclusivo.
Prima di arrivare a misurarsi con le impegnative salite del finale – che non saranno le uniche inserite nel tracciato – bisognerà anche oggi “mangiarsi” una consistente fetta di pianura nella parte iniziale, totalmente priva di ostacoli naturali nei primi 25 Km. Lasciata Oderzo – il remoto “municipium” di Opitergium, del quale sono giunti ai nostri giorni diversi resti – si pedalerà in direzione di Codognè, presso la cui chiesa parrocchiale gli amanti della natura potranno ammirare naso all’insù un platano orientale alto ben 26 metri, inserito nella lista dei ventiduemila alberi monumentali italiani, beni tutelati dalla guardia forestale. Puntando verso le prealpi bellunesi si toccherà Orsago andando poi a incrociare la “Pontebbana”, la statale che collega il Veneto con il Friuli. Ancora qualche scampolo di pianura e si giungerà a Cappella Maggiore, lasciata la quale la strada inizierà a prendere quota, inizialmente con dolcezza e poi con più decisione una volta attraversato il centro di Fregona, situato non distante dalle impressionanti grotte del Caglieron, in passato modificate dall’intervento dell’uomo per scavarvi l’arenaria e oggi visitabili grazie ad una serie di passerelle lignee. Una meraviglia della natura che i “girini” non avranno il tempo d’ammirare, impegnati come saranno nell’affrontare le prime rampe della salita della Crosetta, 13 Km e mezzo al 7% che sono stati inseriti l’ultima volta nel percorso del Giro nel 2021. Anche in questo caso si trattava delle fasi iniziali del tappone dolomitico – l’arrivo era previsto a Cortina d’Ampezzo, dove s’impose Egan Bernal incrementando il proprio vantaggio in classifica generale – e, come quel giorno, subito dopo lo scollinamento si dovrà attraversare il Cansiglio, spettacolare altopiano famoso per la sua foresta di faggi, utilizzati all’epoca della Serenissima per la fabbricazione di remi, e divenuto negli anni 90 “buen retiro” estivo dei presidenti della Repubblica Giuseppe Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro. Dal Cansiglio il gruppo si trasferirà nel vicino Alpago, piccola regione storico-geografica dove si andrà ad affrontare la seconda difficoltà altimetrica di giornata, la salita di 3.6 Km al 5.4% che terminerà nel cuore del piccolo borgo di Pieve d’Alpago. Superate le prime due ascese di giornata si tornerà a pedalare in pianura per un’altra abbondante dose di chilometri, risalendo la valle del Piave in direzione del Cadore. Non si percorrerà in questo tratto la strada principale, che si snoda sulla sinistra del fiume, ma quella che ne costeggia la sponda opposta incontrando all’inizio di questo tratto la centrale idroelettrica di Soverzene, che all’epoca dell’inaugurazione (1951) era la più grande d’Europa. A progettarla fu la SADE, la Società Adriatica di Elettricità che qualche anno più tardi innalzò da queste parti la tragicamente famosa diga del Vajont: anche i “girini” ne sentiranno il respiro quando, qualche chilometro più avanti, transiteranno sul ponte che scavalca l’omonimo torrente proprio all’uscita dalla strapiombante gola dominata dallo “scheletro” della diga, che l’ENEL ha reso accessibile alle visite dal 2002. Bypassata la cittadina di Longarone, che tra poche ore ospiterà la partenza del tappone delle Tre Cime, si confluirà sulla strada “maestra” all’altezza di Castellavazzo, borgo il cui nome ricorda i suoi trascorsi di “castrum” difensivo in epoca romana, quando fu eretta una fortificazione trasformata nel XII secolo nel Castello della Gardona, del quale oggi rimane solo una torre dalla curiosa forma triangolare. L’ambiente torna a farsi montano, la valle prende quasi l’aspetto di una gola mentre il gruppo farà ufficialmente l’ingresso nel Cadore, la regione che deriva il nome dall’unione dei termini celtici catu e brigum, che significano rispettivamente battaglia e roccaforte. Non è, però, ancora arrivato il momento di vedere i big della classifica sfidarsi perché la strada rimarrà pianeggiante ancora per un tratto, nel quale si toccherà il centro di Ospitale, il cui toponimo ricorda la presenza in tempi andati di un ospizio, costruito nel X secolo per dare alloggio ai viandanti. Raggiunta la vicina Perarolo, luogo dal quale all’epoca della Serenissima iniziava il viaggio fluviale del legname destinato alla città di Venezia, i corridori attaccheranno la cosiddetta “salita della Cavallera”, 7.3 Km al 4.8% che si concludono nel centro di Pieve di Cadore, a due passi dalla casa natale del celebre pittore Tiziano e dopo aver affrontato un muretto finale di 600 metri all’11%. Seguirà un tratto in quota di circa 9 Km percorrendo la strada che conduce alla celebre Cortina d’Ampezzo, strada che si abbandonerà dopo il passaggio dal centro di Venas di Cadore, nella cui parrocchiale è visibile un’opera realizzata da Francesco Vecellio, fratello maggiore del pocanzi citato Tiziano. È qui che ha inizio l’ascesa verso la Forcella Cibiana, una sorta di “salita cenerentola” delle Dolomiti per il Giro d’Italia perché, a differenza di valichi più blasonati, è stata finora inserita solo tre volte nel programma della Corsa Rosa ed è un peccato perché ha numeri interessanti, soprattutto dal versante che si affronterà quest’anno, 9.6 Km al 7.6% con gli ultimi 4 Km al 10% per arrivare sino ai 1528 metri dello scollinamento, situato nel luogo dal quale partono i bus navetta che conducono i turisti al forte costruito all’epoca della Prima Guerra Mondiale sul Monte Rite, dal 2015 spettacolare sede del Messner Mountain Museum Dolomites, la più meridionale tra le “location” del museo voluto dal celebre alpinista altoatesino, nel quale ammirare opere d’arte realizzate a partire dall’epoca del romanticismo ai giorni nostri, tutte dedicate ai “Monti Pallidi”.
La successiva discesa introdurrà la corsa in Val di Zoldo, che accoglierà il gruppo all’altezza di Forno, dove è possibile visitare un’altra interessante esposizione, quel Museo del Ferro e del Chiodo che dal 2004 ricorda la tramontata attività mineraria che un tempo costituì la fortuna economica della valle. Un breve tratto in falsopiano porterà ai piedi dell’ascesa diretta a Palafavera, la località che tornerà ad accogliere un arrivo di tappa del Giro dopo la frazione vinta da Paolo Savoldelli nel 2005. Rispetto a quel finale, però, si seguirà un itinerario differente e molto più impegnativo perché dopo i primi 2.5 Km si lascerà la strada principale per deviare in direzione di Coi, piccolo villaggio presso il quale si trova l’imponente Casa Rizzardini, i cui affreschi esterni risalgono al 1713: per arrivare ad ammirarli bisogna percorrere una salita di 6.3 Km all’8.8% che nel tratto conclusivo s’inerpica per 3 Km all’11% medio, rasentando il 20% di pendenza massima lungo una strada che metterà in fila i “girini” anche a causa della carreggiata ristretta. Un tuffo di 2 Km al 7.6% riporterà infine i corridori sulla strada principale esattamente a 2700 metri dal traguardo, per raggiungere il quale bisognerà affrontare un ultimo tratto in salita. Non è duro come il precedente, ma la sua pendenza del 6.4% potrebbe farsi sentire più del previsto con le energie oramai agli sgoccioli… e il cadreghino rosa potrebbe tremare come non mai.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Sella 1063 metri. Valicata lungo la salita da Fregona alla Sella della Crosetta.

Sella della Crosetta (1168 metri). Quotata 1118 metri sulle cartine del Giro 2023, è valicata dall’ex strada statale 422 “dell’Alpago e del Cansiglio” tra Fregona e il Pian del Cansiglio. Vi passa il confine tra Veneto e Friuli. Il Giro vi è transitato 7 volte, la prima durante la tappa Trieste – Bassano del Grappa del Giro del 1934, vinta d Giuseppe Olmo dopo che in testa alla Crosetta era transitato per primo Remo Bertoni. Al varesino sono succeduti il torinese Nino Defilippis nel 1962 (Lignano Sabbiadoro – Nevegal, vinta da Guido Carlesi, il cremasco Pietro Scandelli nel 1966 (Belluno – Vittorio Veneto, vinta dal medesimo corridore), il vicentino Lino Farisato nel 1968 (Cortina d’Ampezzo – Vittorio Veneto, stesso vincitore), l’elvetico Ueli Sutter nel 1978 (Treviso – Canazei, vinta da Gianbattista Baronchelli) e il francese Geoffrey Bouchard nel 2021, durante la Sacile – Cortina d’Ampezzo vinta dal colombiano Egan Bernal.

Sella 1041 metri. Coincide con la località Campon, valicata dall’ex strada statale 422 “dell’Alpago e del Cansiglio” nel corso della discesa dalla Crosetta verso Tambre.

Sella Pieve di Cadore (878 metri). Coincide con l’omonima località, situata nell’insellatura che separa il Montericco dal Col di Contras. Mai affrontata come GPM, a Pieve si sono concluse tre tappe del Giro, vinte dal cesenate Mario Vicini nel 1940, dal mitico Gino Bartali nel 1947 e dal cremonese Roberto Ceruti nel 1979.

Forcella Cibiana (1536 metri). Quotata 1530 sulle cartine del Giro 2023 e chiamata anche Passo Cibiana, è valicata dalla Strada Provinciale 347 “del Passo Cereda e del Passo Duran” tra Cibiana di Cadore e Forno di Zoldo. Come ricordato nell’articolo il Giro vi è salito solo tre volte, la prima nel 1966 quando costituì la penultima difficoltà del tappone dolomitico Moena – Belluno, vinto da Felice Gimondi. A metter per primo i pedali sulla vetta della Cibiana fu il toscano Franco Bitossi, imitato nel 1970 dal piemontese Italo Zilioli durante il tappone della Marmolada, vinto dal bresciano Michele Dancelli e scattato da Arta Terme, la località friulana che nel 1988 accolse l’arrivo della terza e finora ultima tappa ad aver presentato l’ascesa al Cibiana: nell’occasione si partì da Borgo Valsugana e far sue salita e tappa fu l’abruzzese Stefano Giuliani.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Il monte Pelmo e l’altimetria della diciottesima tappa del Giro 2023 (wikipedia)

Il monte Pelmo e l’altimetria della diciottesima tappa del Giro 2023 (wikipedia)

CIAK SI GIRO

Se vi piacciono di film di guerra e avete qualche primavera sulle spalle sicuramente avrete visto almeno una volta “Il colonnello Von Ryan”, pellicola statunitense del 1965 ambientata in Italia durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale e liberamente tratta dal romanzo “Von Ryan’s Express” dello scrittore americano David Westheimer. A interpretare il ruolo del colonnello protagonista fu – perdonateci il gioco di parole – una delle più celebri celebrità di Hollywood, Frank Sinatra, che si ritrovò a recitare, tra gli altri, accanto ad Adolfo Celi, l’attore toscano che in Italia è più conosciuto per il ruolo del professor Alfeo Sassaroli nella trilogia di “Amici miei” e che nello stesso anno aveva lavorato sul set di un altro film internazionale, Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono), il quarto film della serie di James Bond, dove aveva vestito i panni del numero due dell’organizzazione criminale SPECTRE. Tornando al “Colonnello Von Ryan”, che nel cast aveva anche una giovanissima Raffaella Carrà, le riprese per ovvie ragioni si svolsero quasi interamente in Italia, a parte un paio di capatine all’estero per girare la scena della sparatoria finale nei dintorni di Málaga e quelle ambientate nel campo di concentramento in un set appositamente costruito presso gli studi cinematografici della 20th Century Fox, la celebre casa di produzione situata nelle vicinanze di Los Angeles. In Italia si girò prevalentemente in Lazio ma per le spettacolari scene di battaglia sulla linea ferroviaria diretta verso il nord si preferì la ferrovia Calalzo di Cadore – Padova, della quale furono utilizzati sia il tratto effettivamente in esercizio quando in scena si vedeva il treno, sia uno dismesso da molti anni situato presso Perarolo di Cadore.

In collaborazione con www.davinotti.com

Scena di un combattimento de “Il colonnello Von Ryan” girata a Perarolo di Cadore (www.davinotti.com)

Scena di un combattimento de “Il colonnello Von Ryan” girata a Perarolo di Cadore (www.davinotti.com)

Scena di un combattimento de “Il colonnello Von Ryan” girata a Perarolo di Cadore (www.davinotti.com)

Le altre location del film


https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-colonnello-von-ryan/50013514

FOTOGALLERY

Codognè, il monumentale platano antistante la chiesa parrocchiale

Fregona, Grotte del Caglieron

Altopiano del Cansiglio

Centrale idroelettrica di Soverzene

Valle del Vajont

Castellavazzo, Castello della Gardona (Facebook)

Ospitale di Cadore, l’antico ospizio

Pieve di Cadore, casa natale di Tiziano

Il forte sul Monte Rite sede del Messner Mountain Museum Dolomites

Forno di Zoldo, la sede del Museo del Ferro e del Chiodo

Coi, Casa Rizzardini

DAINESE, PIOMBA UN FULMINE A CIEL SERENO SULLA SPIAGGIA DI CAORLE

maggio 24, 2023 by Redazione  
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Volata era stata pronosticata e volata è stata. A Caorle Alberto Dainese (Team DSM) vince la penultima tappa per velocisti del Giro 2023 prima della passerella finale di Roma. Al secondo posto il leader della classifica a punti Jonathan Milan (Bahrain Victorius) e Michael Matthews (Team Jayco AlUla). Quindi Niccolò Bonifazio (Intermarché – Circus – Wanty) e Simone Consonni (Cofidis). In testa alla generale nulla cambia con Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) maglia rosa davanti a Joao Almeida (UAE Team Emirates), Primoz Roglic (Jumbo-Visma) e l’immarcescibile Damiano Caruso (Bahrain – Victorius)

La frazione odierna, di 197 km, va da Pergine Valsugana a Caorle e non presenta particolari difficoltà. Primi 130 chilometri in leggera discesa, partendo da 530 metri di altitudine, e arrivo al livello del mare. Quindi si va spediti verso il traguardo di Caorle, posto dopo un rettilineo finale di 600 metri su asfalto largo 8 metri.
Superfavorita è la maglia ciclamino Jonathan Milan (Bahrain-Victorious), visti i forfait di Mads Pedersen (Trek-Segafredo) e Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck). Dovrà vedersela, invece, con Mark Cavendish (Astana Qazaqstan) e Fernando Gaviria (Movistar).
Si parte e vanno Senne Leysen (Alpecin-Deceuninck), il “campione delle fughe” Thomas Champion (Cofidis), Diego Pablo Sevilla (EOLO-Kometa) e Charlie Quarterman (Team Corratec – Selle Italia). Arriveranno ad un vantaggio massimo di 2′40” sul gruppo della Maglia Rosa, da ieri tornata spalle di Geraint Thomas. Il gruppo dapprima lascia fare in una tappa quasi da considerare “di trasferimento”. Poi pian piano il vantaggio si riduce e la fuga viene, come si dice, “cucinata a fuoco lento” in attesa della prevedibile volata finale.
Nel plotone si mette davanti anche qualche uomo della Bahrain-Victorious per Milan. Quindi si aggiungono corridori del Team DSM ad accelerare l’andatura.
Negli ultimi 40 chilometri il gruppo recupera una ventina di secondi sulla testa della corsa. Siamo vicino al mare e al traguardo volante di Lido di Jesolo passa per primo Quarterman.
Ormai non ci sono più speranze per i 4 in fuga, anche perchè anche gli uomini dell’Astana si sono portati in testa a lavorare alacremente per Cavendish.
A questo punto ci prova Leysen ad attaccare, mentre Champion è il primo ad essere risucchiato dal gruppo. Il battistrada guadagna fino ad un minuto sul gruppo che, dopo aver lasciato fare, riprende vigore con gli uomini della Movistar a tirare.
Leysen viene ripreso ai – 5 dall’arrivo. Il gruppo è compatto con Ineos e Cofidis a tirare. All’ultimo chilometro Michael Matthews (Team Jayco AlUla) prova a sorprendere tutti. Al termine di un volatone palpitante è, però, Alberto Dainese (Team DSM) a trionfare con un bruciante colpo di reni su Milan. Il velocista di Abano Terme rivince al Giro dopo esattamente un anno (nel 2022 si impose a Reggio Emilia). La maglia ciclamino rimane sulla spalle di Jonathan Milan mentre quella azzurra di miglior scalatore, complice la totale assenza di salite, è ancora indossata da Ben Healy (EF Education – Esay Post). Il secondo della classifica generale Joao Almeida (UAE – Team Emirates) conserva, infine, la maglia bianca di miglior giovane.
Domani la 18a frazione, 161 km, porterà da da Oderzo all’arrivo in quota di Palafavera, in Val di Zoldo. Si tornerà, dunque, a salire con 5 GPM da affrontare e in particolare poco prima di giungere al traguardo si dovrà superare quella durissima di Coi, 5,8 km al 9,7% di pendenza media con una punta al 19%.

Vito Sansone

La volata di Caorle ha visto imporsi Alberto Dainese (Getty Images Sport)

La volata di Caorle ha visto imporsi Alberto Dainese (Getty Images Sport)

SCIOGLIEVOLEZZA DI PIANURA

maggio 24, 2023 by Redazione  
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Assieme alla cronometro di Cesena è la tappa più piatta del Giro 2023. Giusto un paio di sparuti strappetti s’incontreranno in partenza, poi la pianura regnerà sovrana fin sul traguardo di Caorle. Per i corridori sarà un momento per rilassarsi tra il tappone del Bondone e le due frazioni dolomitiche.

Se chiedessimo ai corridori impegnati in un Grande Giro qual è la cosa che più desiderassero ci risponderebbero sicuramente “una bella tappa di pianura”. Nel ciclismo moderno, che vuole percorsi scattanti che non annoino il pubblico, frazioni prive di qualsivoglia difficoltà sono diventate più rare dell’oro e per rendersene conto basta andare a spulciare i percorsi delle edizioni più recenti di Giro, Tour e Vuelta. Limitandoci alla stagione 2023 al Tour non ce ne saranno, alla Vuelta ne saranno previste due e lo stesso numero di tappe lisce s’incontra alla Corsa Rosa, la cronometro disputata al termine della prima settimana di gara in quel di Cesena e la frazione odierna diretta a Caorle, mentre anche la passerella conclusiva di Roma non sarà del tutto piatta. A dire il vero, se prendessimo la lente d’ingrandimento e la puntassimo sui chilometri iniziali della tappa di Caorle, microscopici zampellotti si paleserebbero ma sarebbe ridicolo definirli salite e di certo non lasceranno il segno, mentre un certo peso potrebbe averlo il chilometraggio di quasi 200 Km, non certo una passeggiata se si pensa che siamo alla terza settimana di gara e che questa frazione è stretta tra l’incudine della durissima tappa del Bondone e il martello della due giorni dolomitica. Il primo strappo, la Sella di Vignola (700 metri all’8.6%), sarà affrontato in gran parte fuori gara, a cavallo tra il tratto iniziale che si percorre tra il raduno di partenza e il “chilometro 0”, oggi previsto lungo la strada che costeggia il Lago di Levico in direzione dell’omonima e rinomata stazione di cure termali, frequentata sin dall’epoca della dominazione asburgica quando vi veniva in vacanza la celebre principessa Sissi, ospite nella villa oggi divenuta un lussuoso albergo. Poco più avanti si affronterà uno strappo di 800 metri al 5.7% che si conclude alle porte di Roncegno, altra piccola località termale dalla quale si transiterà subito prima di giungere sulle strade di Borgo Valsugana, uno dei principali centro della valle del Brenta, dominato dal colle sul quale si staglia Castel Telvana, maniero innalzato in epoca altomedievale per controllare i transiti sulla Via Claudia Augusta Altinate, la strada romana che collegava la pianura veneta con Tridentum (l’odierna Trento) per poi superare le Alpi al Passo di Resia e dirigersi verso l’accampamento di Submuntorium (oggi Mertingen, in Germania). Per ultima si affronterà, a circa 27 Km dalla partenza, la salita più lunga di giornata, 900 metri al 5.2% che terminano a Villa Agnedo, piccolo ex municipio che nel 2016, fondendosi con altre tre entità amministrative della zona è andata a costituire il comune di Castel Ivano, prendendo il nome dall’omonimo maniero, presso il quale in occasione del mercoledì delle ceneri viene bruciato un fantoccio con le sembianze dell’inviso signorotto locale Biagio delle Castellare, che vi si rifugiò nel 1365 e che si salvò dalle sgrinfie dei popolani inferociti grazie all’intercessione del condottiero padovano Francesco I da Carrara, che concesse loro di sfogarsi dando alle fiamme un “pupazzo” che ritraeva le fattezze di Biagio.
Superata quest’ultima difficoltà altimetrica, i “girini” sotto le ruote troveranno unicamente pianura da qui al traguardo, tornando a pedalare lungo le sponde del Brenta in direzione di Primolano, località conosciuta sia agli appassionati di storia, sia a quelli di ciclismo: qui si trovano, infatti, le cosiddette “Scale”, toponimo con il quale i primi si riferiscono alle fortificazioni erette a difesa del confine tra il Regno d’Italia e l’impero austro-ungarico, precipitosamente abbandonate dopo la disfatta di Caporetto, i secondi alla salita a tornanti che si snoda attraverso le sopracitate fortificazioni. Percorrendo il corridoio naturale che separa il massiccio del Monte Grappa dalle prime pendici dell’Altopiano d’Asiago, si tirerà dritto in direzione della Pianura Veneta, l’estrema propaggine orientale della Padana, raggiungendola all’altezza di Bassano del Grappa, centro celebre per il “Ponte degli Alpini”, realizzato in legno su progetto di Andrea Palladio – architetto più conosciuto per le sue ville – tra il 1567 e 1569 e nel corso della storia ricostruito tre volte, la prima in seguito ad una disastrosa piena del Brenta nel 1748, la seconda dopo un incendio appiccato nel 1813 su ordine del vicerè Eugenio di Beauharnais e l’ultima nel 1947, dopo che due anni prima era stato fatto saltare dai partigiani.
Ci si dirigerà verso il mare, seguendo inizialmente la direttrice per Padova fino a Rosà, per poi cambiare direzione e puntare su Rossano Veneto, dove nel 2005 una frazione della Corsa Rosa si concluse con il successo allo sprint dell’australiano Robbie McEwen. Altre due conclusioni in volata – vittoria di Silvio Martinello nel 1991 e di Mario Cipollini nel 1999 – si ebbero nella vicina Castelfranco Veneto, dove l’arrivo fu giudicato sui sampietrini della centralissima Piazza Giorgione, all’ombra delle mura che ancora oggi ne cingono il centro storico, nel quale visitare il duomo intitolato a Santa Maria Assunta e a San Liberale e la casa natale di Giorgio da Castelfranco, il pittore noto per l’appunto con il soprannome di Giorgione.
La prossima meta del gruppo sarà la città di Treviso, che si raggiungerà passando per Vedelago, un altro centro il cui nome è scritto nella storia della Corsa Rosa per aver ospitato un arrivo di tappa nel 2012, conquistata, sempre in volata, dal veronese Andrea Guardini. Al ferreo controllo del gruppo, invece, è sfuggita lo scorso anno la tappa terminata a Treviso (vittoria in fuga del belga Dries De Bondt), cittadina che nel 2023 sarà evitata dal gruppo percorrendo la tangenziale che taglia le campagne a sud della città per poi seguitare sulla cosiddetta “Treviso Mare”, la strada che convogli velocemente verso il litorale le frotte dei turisti diretti alle rinomate stazioni balneari venete. Costeggiata nell’ultimo tratto l’estremità nordorientale della Laguna di Venezia anche i “girini” arriveranno ad annusare l’aroma della salsedine quando sbarcheranno sui viali di Lido di Jesolo, la cui spiaggia è una delle più rinomate d’Italia, fino al 1930 nota con il nome di Cavazuccherina e ribattezzata in epoca fascista riagganciandosi all’antico toponimo di Jesolum, nella convinzione che derivasse da quello latino di Gesù e che invece era frutto di errate trascrizioni dell’ancor più vetusto toponimo di Equilium, significante “città dei cavalli” forse in relazione all’allevamento degli equini, per il quale all’epoca dell’antica Roma erano note le genti venete. Seguendo le coste dell’Adriatico in direzione nord si giungerà quindi alla località balneare di Eraclea Mare, il cui nome richiama quello di Heraclia, antica città i cui resti furono riscoperti nel 1984 e che molti archeologici indicarono come come la “madre” della futura Venezia. Ancora pochi chilometri e la corsa approderà sulle strade di Caorle, pluripremiata località di villeggiatura estiva che oltre ad aver ricevuto per anni l’ambita “bandiera blu” che identifica le migliori stazioni balneari europee si è anche meritata la “Spiga Verde” assegnata ai comuni che valorizzano al meglio lo sviluppo sostenibile del territorio. E tra il blu e il verde per un pomeriggio s’inserirà anche uno sprazzo rosa.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Sella di Vignola (Masetti) (557 metri). Valicata dalla Strada Provinciale 228 “di Levico – Novaledo” tra Pergine Valsugana e Levico Terme, poco prima di giungere al bivio per Vetriolo Terme. Viene toccata subito dopo il “chilometro 0” della diciassettesima tappa.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Uno scorcio della pianura padana e l’altimetria della diciassettesima tappa del Giro 2023 (www.elementari.net)

Uno scorcio della pianura padana e l’altimetria della diciassettesima tappa del Giro 2023 (www.elementari.net)

CIAK SI GIRO

Due star a passeggio sul lungomare di Caorle e un amore di finzione sbocciò anche nella realtà. Accadde nel 1968 durante le riprese di “Amanti”, film diretto da Vittorio De Sica che narra la storia d’amore tra un giovane italiano – Valerio, interpretato da uno dei più immensi attori italiani, Marcello Mastroianni – e la nobildonna straniera Julia, alla quale prestò il volto una diva di Hollywood, la statunitense Faye Dunaway, attrice che nove anni più tardi riceverà l’oscar quale miglior attrice protagonista per l’interpretazione nel film di Sidney Lumet “Quinto potere”. Julia è gravemente malata e, sentendo prossima la fine, decide di trascorrere gli ultimi giorni di vita in Italia dove, ospite nella villa di una marchesa sua amica, riconosce alla televisione Valerio, un giovane che anni prima l’aveva abbordata in aeroporto e le aveva lasciato il suo recapito telefonico. I due così si ricongiungono e, nonostante lui sia sposato, si amano e rimangono insieme fino al momento della dipartita di lei. A finire, però, non fu l’amore perché dopo le riprese Mastroianni e la Dunaway si fidanzarono per davvero, facendo coppia per un paio d’anni.
Galeotto fu il film e chi lo scrisse, con la benedizione della Madonna dell’Angelo, la titolare del santuario che spicca sulla spiaggia di Caorle e che fece da sfondo alle scene delle romantiche passeggiate dei due “amanti”. Nella finzione e nella realtà

In collaborazione con www.davinotti.com

Marcello Mastroianni e Faye Dunaway passeggiano romanticamente sulla spiaggia di Caorle nel film “Amanti” (www.davinotti.com)

Marcello Mastroianni e Faye Dunaway passeggiano romanticamente sulla spiaggia di Caorle nel film “Amanti” (www.davinotti.com)

Le altre location del film


https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/amanti/50014596

FOTOGALLERY

Lago di Levico

Borgo Valsugana, Castel Telvana

Castel Ivano visto da Villa Agnedo

Scale di Primolano

Bassano del Grappa, Ponte degli Alpini

Le mura di Castelfranco Veneto

Sulla Treviso-Mare in direzione dell’Adriatico

L’estremità nordorientale della Laguna di Venezia

La spiaggia di Lido di Jesolo

Caorle, Santuario della Madonna dell’Angelo

JOAO MERAVIGLIAO TRIONFO SUL BONDONE, THOMAS TORNA IN ROSA ROGLIC IN DIFFICOLTA’

maggio 23, 2023 by Redazione  
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La terza settimana del Giro d’Italia si apre con il primo vero confronto tra i big in salita. Almeida vince la tappa, dimostrando ottimi progressi in salita; Thomas, solido come sempre, riprende la maglia rosa ceduta in prestito ad Armirail mentre Roglic, nei chilometri finali, accusa qualche difficoltà ma riesce a limitare i danni. Il Giro è ancora aperto ma, salvo crisi gravi, si tratta di un affare a tre.

Primi attacchi tra i big, prime sentenze di questo Giro d’Italia. La tappa di oggi ha dato molte risposte agli interrogativi sullo stato di salute dei corridori che si battono per la vittoria finale nella Corsa Rosa.
La giornata di oggi ha poi dimostrato la fondatezza di alcune critiche rivolte ai corridori alle quali alcuni, tra i quali la nuova maglia rosa, hanno risposto con un certo disappunto. E’ stato detto che in queste due settimane si è andati forte, che non è vero che le tappe sono state percorse ad andature turistiche; tuttavia rimane il fatto che sono andate all’arrivo fughe arrivate anche con venti minuti sul gruppo e che, fino a Bergamo, tutte le tappe non terminate con uno sprint di gruppo avevano visto le fughe non solo andare all’arrivo, ma arrivarci senza difficoltà e con distacchi piuttosto netti, tappe con arrivo in salita che hanno visto il gruppo dei migliori molto, troppo popoloso.
Oggi, invece, prima ancora che partissero gli attacchi, la Jumbo ha preso in mano le operazioni in testa al gruppo, riducendo impietosamente il vantaggio di una fuga nella quale erano presenti uomini che in salita possono certamente dire la loro e riducendo in breve anche la composizione del gruppo dei migliori sino a portarla a diciassette unità, prima che intervenissero gli UAE a scremare ancor di più il drappello.
Neppure è possibile difendere lo spettacolo indecoroso andato in scena a Lago Laceno, al Gran Sasso, a Crans Montana e a Bergamo con la paura di spendere energie o di non riuscire a fare la differenza. Sembra ovvio, ma è bene ribadirlo, la differenza si riesce a fare solo se ci si prova. Non si riesce a capire se l’avversario è in difficoltà se si tiene un ritmo da gita domenicale in Graziella, con i fuggitivi che prendono venti minuti su un percorso pianeggiante. Oggi, dopo il forcing Jumbo che sembrava preludere ad un grande attacco di Primoz Roglic, è partito il forcing UAE che Joao Almeida è riuscito a finalizzare, accelerando in prima persona e restando davanti a menare quando sembrava che gli altri rimanessero a ruota a sfruttare la sua ingenuità per sbranarlo in un boccone; successivamente si è avvantaggiato di pochi metri con Sepp Kuss (Jumbo-Visma), che sembrava tenerlo a bagnomaria come il gatto col topo, e invece… invece è stata questa insistenza che ha rivelato a Geraint Thomas (Ineos) la difficoltà nella quale versava Roglic. A quel punto il gallese ci ha provato e si è ritrovato davanti con il vero artefice della prima battaglia tra i big, Almeida, che è sicuramente migliorato in salita ma che forse stava cercando di tenere un ritmo alto per evitare la sparata di Roglic, che fa male alle gambe per uno come lui. Lago Laceno e il Gran Sasso non sono traguardi sui quali non si possa fare la differenza. A Lago Laceno pagò dazio addirittura Marco Pantani, raggiunto e staccato da Zulle in salita, al Gran Sasso lo stesso Pantani staccò tutti e si presentò sul traguardo da solo in mezzo alla neve, Froome passò un brutto quarto d’ora salendo verso Campo Imperatore.
Anche per quanto riguarda l’accorciamento del tappone vanno certamente ravvisate responsabilità di Vegni che deve assolutamente porre fine alla moda di chiedere modifiche alle tappe sgradite, imponendosi anche a costo di subire uno sciopero e lasciando così tutta la responsabilità di un’eventuale tappa percorsa a passo d’uomo sulle spalle dei corridori che non vogliono disputarla, invece che assecondare richieste irricevibili.
Tuttavia, anche in questo caso, la rappresentanza dei corridori che, a quanto emerso, chiedeva il taglio della Croix de Coeur per pericolosità della discesa ha poi accettato di fare ciò che riteneva pericoloso per l’incolumità dei corridori, barattando il taglio richiesto con l’eliminazione del Gran San Bernardo, per nulla pericoloso e già modificato per interessi economici delle autorità elvetiche. D’altro canto, va detto che l’organizzazione ce l’ha messa tutta per disegnare un bellissimo percorso, inserendo un bel po’ di chilometri contro il tempo prima delle montagne, chilometri che avevano permesso a Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step) di avvantaggiarsi e alla Ineos di piazzare due uomini nelle prime posizioni.
Senza il ritiro del belga e del vincitore dell’edizione 2020 Tao Geoghegan Hart (Ineos) probabilmente avremmo visto attacchi almeno nelle ultime tappe di montagna della seconda settimana per recuperare un gap ben più ampio dei pochi secondi che ci sono tra i tre big.
Se il ritiro di Geoghan Hart è stato purtroppo inevitabile, quello del belga è apparso invece molto strano, annunciato subito dopo aver vinto una cronometro a 51 di media e alla vigilia di un giorno di riposo.
Insomma la tappa di oggi, che non ha visto grandi attacchi da lontano, grosse crisi o imprese titaniche ma il minimo sindacale che si può aspettare in una tappa di montagna di un grande giro, ha dimostrato come tutto ciò che è successo in queste due settimane è certamente uno spettacolo non degno del ciclismo, non solo e non tanto per lo spettatore, ma anche per lo spirito di questo sport che la tradizione ci ha consegnato perché fosse non custodito come in uno scrigno, ma continuamente rinnovato come il lievito madre che può andare avanti anche centinaia di anni, a patto di essere continuamente alimentato.
Che la tappa di oggi non sarebbe stata una scampagnata è apparso subito ovvio dalla prime fasi di gara, perchè l’andatura è stata alta, gli attacchi si sono susseguiti e a centro gruppo si era verificata una caduta che aveva coinvolto alcuni big e spezzato il gruppo, tornato compatto nel giro di pochi chilometri.
Davanti si forma una fuga con ottimi elementi. I primi a partire sono Christian Scaroni (Astana Qazqstan), Jonathan Milan, Jack Haig (Bahrain Victorious), Jonathan Lastra (Cofidis), Ben Healy (EF Education-EasyPost), Martin Marcellusi, Alessandro Tonelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), Salvatore Puccio, Ben Swift (Ineos Grenadiers), Derek Gee (Israel-Premier Tech), Carlos Verona (Movistar), Michael Hepburn, Filippo Zana (Team Jayco AlUla), Toms Skujiņš (Trek-Segafredo), Diego Ulissi (UAE Team Emirates), (TBV), Aurélien Paret-Peintre e Valentin Paret-Peintre (Ag2r Citroen). Questi diciassette vengono poi raggiunti da Patrick Konrad, Cesare Benedetti (Bora-hansgrohe), Thomas Champion (Cofidis), Mattia Bais (Eolo-Kometa), Davide Gabburo, Filippo Magli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), Veljko Stojnić, Nicolas della Valle (Team Corratec-Selle Italia) e Vadim Pronskiy (Astana Qazaqstan), andando così a comporre un tentativo serio con 26 uomini in testa e tra questi ottimi scalatori su un percorso con cinque Gran Premi della Montagna e molti punti in palio per la maglia azzurra.
Dietro è compito della Jumbo controllare il distacco, visto che Ineos, Bahrain, UAE e Bora hanno tutte uomini in fuga.
Davanti, mentre ogni tanto qualcuno si stacca, Healy lotta per i traguardi in cima alla salite e riuscirà al termine della tappa a vestire la maglia azzurra che, in queste ultime tappe, ha cercato con impegno. La fase in avanscoperta di Milan termina dopo la conquista dei punti valevoli per la maglia ciclamino al traguardo volante di Rovereto.
Sulla salita di Matassone, mentre il gruppo mantiene il gap controllato, davanti attacca la coppia Astana formata da Pronskyi e Scaroni, i quali riescono a guadagnare addirittura due minuti sui più immediati inseguitori. Sulle rampe della salita verso Serrada scoppia la bagarre tra i contrattaccanti e si forma un gruppetto con i migliori in salita (Haig, Healy, Gee, i fratelli Paret-Peintre, Verona, Konrad, Skujins, Swift, Ulissi, Lastra e Zana). Il gruppetto riesce a raggiungere la testa della corsa prima del GPM, mentre dietro il gruppo condotto sempre più dalla Jumbo scollina con 4 minuti di ritardo.
Dopo la fine della discesa di Serrada ci sono dieci chilometri di pianura prima di iniziare la salita finale ed è proprio in questo tratto che il gruppo recupera tantissimo ed inizia l’ascesa verso Monte Bondone con meno di 3 minuti di passivo-
In testa iniziano gli attacchi e, dopo una fase concitata di scatti, si forma un gruppetto con Verona, Zana, Aurélien Paret-Peintre, Pronskiy, Haig e Konrad, Swift e Ulissi, ma il gruppo tirato da Jumbo si avvicina a grandi passi e si capisce che oggi la fuga non andrà all’arrivo.
Il ritmo degli uomini di Roglic fa male, tanto che ai -15 restano solo Rohan Dennis (Jumbo-Visma), che fa l’andatura, la maglia rosa Bruno Armirail (Groupama – FDJ), Thomas, Roglič, Almeida, Andreas Leknessund (Team DSM), Edward Dunbar (Team Jayco – AlUla), Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), Laurens De Plus (INEOS Grenadiers), Thibaut Pinot (Groupama – FDJ), Hugh Carthy (EF Education-Easypost), Einer Rubio (Movistar Team), Ilan Van Wilder (Soudal – QuickStep), Kuss, Davide Formolo (UAE Team Emirates), Brandon McNulty (UAE Team Emirates) e Jay Vine (UAE Team Emirates).
Terminato il lavoro di Dennis va in testa Formolo, che impone un ritmo ancor più intenso rispetto ai Jumbo. Dopo il veronese è il turno di Vine e anche Ulissi, raggiunto dal gruppo, offre il suo contributo finché ne ha.
Davanti restano solo Vine, Almeida, Roglic, Thomas, Dunbar e Zana, ripreso dalla fuga che ha terminato la propria avventura.
Terminato il lavoro di Vine, è Almeida in prima persona a fare un ritmo molto elevato, probabilmente con il fine di evitare uno scatto di Roglic, che sarebbe complicato da gestire per un regolarista come il portoghese. Tuttavia, dopo una fase in cui Zana fa un ritmo gradito a Dunbar, il gruppo dei migliori quasi si ferma e allora Almeida prova a dare di nuovo la sveglia e guadagna qualche metro. Dietro è Kuss, ultimo uomo di Roglic, che si mette in testa e sembra mantenere pochi metri da Almeida, che però ha il merito di non desistere e continua al massimo che può, pur senza riuscire a guadagnare. A quel punto è Thomas che si porta su Almeida e i due si accorgono che Roglic non ce la fa a seguirli; tentano allora di affondare, dandosi cambi regolari fino al traguardo. In realtà anche loro sono stanchi e dietro Roglic gode dell’aiuto di Kuss.
All’arrivo è volata sino a un certo punto, con Almeida che vince abbastanza agevolmente mentre Roglic riesce a limitare i danni a soli 25 secondi, prendendosi anche l’abbuono del terzo posto.
Adesso la classifica generale vede Thomas in maglia rosa con 18 secondi su Almeida e 29 su Roglic.
Salvo crisi verticali, saranno questi i tre atleti che conquisteranno il podio poichè il quarto, il siciliano Damiano Caruso (Bahrain), oggi non ha brillato ed è scivolato a quasi 3 minuti da Thomas.
Alle spalle dei primi tre c’è comunque un gruppo di otto atleti raccolti nello spazio di due minuti e quindi sarà interessante la lotta per i piazzamenti.
Roglic ovviamente non ha ancora perso, è riuscito molto bene a limitare i danni e si trova a soli 20 secondi quando mancano due tappe di montagna ed una durissima cronometro.
Domani si affronterà una tappa completamente pianeggiante che vedrà protagonisti i velocisti rimasti in gara, mentre giovedì si correrà una tappa caratterizzata da un finale molto duro, Forcella Cibiana con pendenze molto severe, Coi con un tratto di diversi chilometri sempre in doppia cifra e l’arrivo in Val di Zoldo.
In via teorica è possibile progettare un attacco da lontano ma i tre pretendenti al podio difficilmente potranno farlo, mentre gli altri non sono sinora sembrati in grado di mettere in scena un’azione simile.
Il Giro è finalmente entrato nel vivo e ora sarà davvero emozionante seguire la tre giorni di fuoco che inizierà giovedì e che ci accompagnerà sino alle soglie della passerella capitolina.

Benedetto Ciccarone

Almeida e Thomas allattacco sulla salita del Bondone  (AFP via Getty Images)

Almeida e Thomas all'attacco sulla salita del Bondone (AFP via Getty Images)

A DUNKERQUE SUCCESSO FINALE DI ROMAIN GRÉGOIRE

maggio 23, 2023 by Redazione  
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Il transalpino Romain Grégoire si è aggiudicato la 4 Giorni di Dunkerque terminata ieri nella cittadina francese diventata famosa per gli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale. La breve corsa a tappe a tappe articolata su sei frazioni era partita lo scorso 16 maggio sempre da Dunkerque.

In concomitanza della seconda settimana del Giro d’Italia, dal 16 al 21 maggio si è disputata nel nord della vicina Francia la 4 Jours de Dunkerque / Grand Prix des Hauts de France.
La prima tappa da Dunkerque a Abbeville di 196.6 km ha visto il successo in volata di Olav Kooij (Jumbo-Visma), poi il podio di giornata è stato completato da Max Walscheid (Cofidis) e Paul Penhoët (Groupama – FDJ). Sesta piazza per Matteo Malucelli (Bingoal WB), uno dei due italiani presenti (l’altro era Daniel Oss della TotalEnergies)
L’indomani al termine della Compiègne – Laon (162 km), un’altra volata – nonostante l’arrivo in salita e un precedente muro – ha visto il successo di Romain Grégoire (Groupama – FDJ) che ha così cominciato il suo cammino verso il successo finale. Piazze d’onore per Ethan Vernon (Soudal – Quick Step) e Benoît Cosnefroy (AG2R Citroën Team) mentre grazie agli abbuoni raccattati ai traguardi volanti di giornata al vertice della classifica si issava Samuel Leroux (Van Rysel – Roubaix Lille Métropole).
Il 18 maggio la breve cronometro di 16 km a Saint-Quentin è andata a una vecchia volpe dei velodromi, Benjamin Thomas (Cofidis). Il corridore frances ha rifilato 9″ al secondo classificato, Niklas Larsen (Uno-X Pro Cycling Team), e 14″ a Kasper Asgreen (Soudal – Quick Step). Grazie all’ottima prova disputata il transalpino della Cofidis si è anche posizionato in vetta alla classifica davanti alla coppia Soudal Asgreen – Vernon.
L’indomani si è tornati alla sfida tra ruote veloci con la Maubeuge – Achicourt. Alla fine dei 173.8km di gara il più lesto è stato ancora Kooij, che ha regolato il gruppo compatto precedendo Gerben Thijssen (Intermarché – Circus – Wanty), Milan Fretin (Team Flanders – Baloise) e tutti gli altri. In classifica generale è “sprofondato” il vincitore del giorno prima che ha ceduto lo scettro a Asgreen. Seguivano a 6″ il compagno di squadra Vernon e a 7″ Kooij.
La penultima tappa, la più impegnativa, disputatasi sabato tra la mitica Roubaix a Cassel, presentava per quasi i due terzi dei 187.7 Km di gara un susseguirsi di colline e tratti in pavè. Il successo è andato a Per Strand Hagenes (Jumbo-Visma Development Team) che ha avuto la meglio su Grégoire, presentatatosi in coppia con il norvegese sotto lo striscione d’arrivo. Terzo a 5″ si è piazzato Alexis Renard (Cofidis) davanti a Brent Van Moer (Lotto Dstny) e Greg Van Avermaet (AG2R Citroën Team), suoi compagni di viaggio. Grazie al secondo posto di giornata Grégoire si è così insediato in vetta alla classifica con un vantaggio di 13″ su Asgreen e 17″ su Kooij.
Domenica l’ultimo giorno di gara, che prevedeva una facile tappa di 174 Km disegnata tra Avion e Dunkerque ha visto il successo di Tim Merlier (Soudal – Quick Step) su Erlend Blikra (Uno-X Pro Cycling Team) e Cees Bol (Astana Qazaqstan Team), che grazie ai 4″ di abbuono ha scalzato Kooij dalla terza posizione in classifica. Al giovane velocista della Jumbo-Visma rimane comunque la soddisfazione di imporsi nella speciale classifica a punti. Alex Colman (Team Flanders – Baloise) si è, invece, aggiudicato la classifica degli scalatori, mentre Grégoire, con i suoi 20anni si è aggiudicato anche quella riservata ai Giovani. Il miglior team è stato la Jumbo-Visma, che ha avuto la meglio sulla Lotto Dstny grazie ai migliori tempi dei suoi atleti.

Mario Prato

La vittoria di Gregoire nella seconda tappa, sul traguardo di Laon (Getty Images Sport)

La vittoria di Gregoire nella seconda tappa, sul traguardo di Laon (Getty Images Sport)

SULLA MONTAGNA DELL’ANGELO DAGLI OCCHI DI GHIACCIO

maggio 23, 2023 by Redazione  
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Arriva il giorno del Bondone, un nome che mette i brividi al ricordo di quel che patirono i partecipanti al Giro del 1956. I timori non sono malriposti perché la tappa che si concluderà sulla “Montagna di Trento” sarà una delle più dure dell’edizione 2023, forte di 5700 metri di dislivello e delle sue sei salite, anche se quella finale non sarà intrapresa dal suo versante più impegnativo e celebre, quello della vittoria di Gaul nel drammatico tappone di 67 anni fa.

Sull’arco alpino e sul Piemonte si avrà nuvolosità intensa con precipitazioni anche a carattere temporalesco. Il tempo si mantiene abbastanza buono sulle altre regioni, salvo qualche isolata attività temporalesca nelle ore più calde. Nebbie nelle valli e foschie sui litorali. Temperatura in lieve aumento. Mari da leggermente mossi a mossi; localmente agitati mar Ligure e canale di Sicilia

Le previsioni che avete appena letto furono quelle che il quotidiano “La Stampa” pubblicò sull’edizione uscita l’8 giugno del 1956, il giorno nel quale era previsto il tappone dolomitico del Giro d’Italia, 242 Km da percorrere tra il raduno di partenza di Merano e il traguardo di “Trento Alta” superando strada i passi Costalunga, Rolle, Gobbera e Brocon prima dell’ascesa finale verso il Monte Bondone. Ventiquattrore prima a Trento erano state registrate una temperatura massima di 31 gradi e una minima di 14 che facevano presagire una giornata sì di maltempo, ma non eccezionale, anche perché nella frazione precedente si era saliti senza troppi problemi sullo Stelvio, dove i corridori avevano incontrato solo un po’ di nevischio sballottato dal vento. I meteorologi avevano fatto, però, cilecca perché quell’otto giugno passerà alla storia per un inatteso colpo di coda della stagione invernale che rese quella di Trento una delle più drammatiche tappe dalla storia della Corsa Rosa. Le precipitazioni a carattere temporalesco che erano state annunciate dal quotidiano torinese si verificarono puntualmente sin dal via da Merano e non furono mai smentite, ma il fatto che ai quasi 2000 metri del Passo Rolle diluviasse ma non nevicasse era motivo per un piccolo sospiro di sollievo, anche perché le successive salite erano tutte a quote nettamente inferiori. La pioggia, però, non smetteva mai, a fioccare erano i ritiri e ai disagi dell’acqua si aggiunsero quelli di un forte e gelido vento che, spazzando in senso contrario il lungo tratto pianeggiante che precedeva la salita finale, finì per congelare i già intirizziti corridori. Il diavolo non è così brutto come lo si dipinge…. A volte è ancora peggiore e nessuno poteva immaginare che quella pioggia sull’ultima ascesa si trasformerà in una nevicata che decimerà ancora di più il gruppo, mentre le temperature precipitano fino a quattro gradi sotto lo zero a un traguardo dove giunsero solo 41 degli 86 “girini” che erano partiti da Merano. E negli occhi di tutti, anche a chi doveva ancora nascere grazie alle drammatiche foto d’epoca, è indelebile l’immagine di Charly Gaul che taglia vittorioso il traguardo con un’espressione quasi inebetita e con i suoi glaciali occhi azzurri diventati quasi un tutt’uno con il “ghiaccio” che provava addosso il lussemburghese, la cui impresa gli fu comunicata solo dopo averlo tirato su di peso dalla sella e trasportato in albergo, dove fu immerso prontamente in una vasca ricolma d’acqua bollente.
Per questo motivo è con un certo “brivido” che tutte le volte si accoglie la notizia che il Giro tornerà ad affrontare il Bondone, anche se giornate come quella di 67 anni fa oggi sono irripetibili grazie allo speciale “protocollo” voluto dai corridori e che prevede che, in caso di maltempo eccezionale, la tappa sia accorciata o del tutto annullata. Da quel giorno altre 13 volte la Corsa Rosa ha inserito la salita trentina nel tracciato e tutte le volte il pensiero è andato a quella tappa che “terremotò” il Giro, un sisma che potrebbe replicarsi anche quest’anno perché la frazione che terminerà sul Bondone sarà – tra le quattro alpine di questa edizione – quella dotata del maggior numero di metri di dislivello da superare, anche se forse ancor più impegnativa sarà quella in programma tra qualche giorno sulle Dolomiti tra Longarone e le Tre Cime di Lavaredo. Andando nello specifico oggi si dovranno superare quasi 5700 metri di dislivello “spalmati” su ben sei salite, con il Bondone che non sarà affrontato dal versante di Trento – quello più impegnativo, oltre che quello della storica tappa del 1956 – ma da quello meno tradizionale di Aldeno. Sono numeri che potrebbero per davvero buttare all’aria la classifica, anche se c’è il rischio che, considerato l’andazzo degli ultimi anni e la mole di difficoltà prevista tra oggi e i prossimi giorni, i corridori di classifica decidano di muoversi solo nel finale dell’ascesa conclusiva o al massimo anticipare qualche azione sulla precedente salita di Serrada.
In attesa delle difficoltà odierne nei primi 60 Km si pedalerà in pianura e, una volta lasciata la Val Sabbia, si percorrerà la strada che costeggia il Lago di Garda sul lato lombardo, incontrando a una dozzina di chilometri dal via la nota località di Gardone Riviera, visitata dai turisti diretti al Vittoriale degli Italiani, monumentale dimora di Gabriele d’Annunzio dal 1921 alla morte, che lo colse il primo marzo del 1938. Questo tratto iniziale privo di difficoltà altimetriche non sarà, però, privo d’insidie perché occorrerà attenzione nel percorrere le gallerie scavate nella roccia che caratterizzano la statale gardesana. Ne sono previste ben 25, alcune delle quali molto lunghe, come quella di quasi 3 Km nel mezzo della quale si trova lo svincolo per il borgo di Campione del Garda, interessante esempio di archeologica industriale per il suo villaggio operaio, sorto attorno ad una filanda impiantata nel XVIII secolo e che richiama quello più celebre di Crespi d’Adda. In uno dei tratti alla luce del sole si toccherà il centro di Limone del Garda, il cui nome deriva da quello celtico degli olmi (limo o lemos) e dunque non ha nulla a che vedere con gli agrumi che, per un curioso scherzo del destino, sono uno dei vanti di questa località, coltivati nelle numerose limonaie che la punteggiano, la più celebre dei quali è il “Tesöl”, in quanto vi si trova anche la casa natale di San Daniele Comboni, il missionario fondatore degli ordini dei Comboniani e delle Pie Madri della Nigrizia.
Entrati in Trentino lo scenario non cambierà e, sfiorato l’orrido del Ponale (percorso da uno spettacolare sentiero che un tempo era una strada carrozzabile, inserita in diverse occasioni nel tracciato del Giro), ci s’infilerà in un’ultima lunga galleria – 2 Km quasi perfettamente rettilinei – usciti dalla quale ci si dirigerà verso Riva del Garda, località di villeggiatura situata all’estremità settentrionale del lago e frequentata meta degli appassionati di vela e windsurf per la presenza della cosiddetta “Ora del Garda”, forte vento che rappresenta un irresistibile richiama per gli amanti di questi sport. Molte sono le gare, di caratura anche internazionale, che hanno colme palcoscenico il vicino centro di Torbole, nel quale i “girini” saluteranno la pianura per affrontare la prima delle sei ascese di giornata, l’unica a non presentare in vetta lo striscione del Gran Premio della Montagna. Percorsi i 1600 metri all’8.4% che terminano alle soglie del centro di Nago, presso il quale si possono ammirare le cavità d’origine glaciale note con il soprannome di “Marmitte dei Giganti, si affronterà la discesa che terminerà alle porte di Arco dove si andrà immediatamente all’attacco della salita successiva, quella che i cicloamatori conosco con il nome di Monte Velo e che sulle cartine del Giro è segnalata con il toponimo ufficiale di Passo di Santa Barbara. Tra quelle odierne è quella dotata della pendenza media più elevata, 12.3 Km all’8.4% che sono entrati nella storia del Giro per l’episodio che costò l’espulsione dalla corsa a Wladimir Belli nell’edizione 2001, quando lo scalatore bergamasco fu ripreso dall’elicottero mentre sferrava un punto a un tifoso di Gilberto Simoni (Belli stava tirando per il suo capitano Dario Frigo, diretto rivale in classifica del trentino) che lo aveva appena insultato. Della successiva discesa se ne percorrerà la prima parte, nel corso della quale si toccherà un tratto al 23% di pendenza, per poi svoltare in direzione del Passo Bordala, 3700 metri al 7.1%. Nel corso della discesa si abbandonerà la strada diretta al Lago di Cei, alimentato da sorgenti sotterranee, per planare su Villa Lagarina e da lì varcare l’Adige alle porte di Rovereto, centro che dal 2002 ospita la principale tra le due sedi del Mart, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, progettato dall’architetto ticinese Mario Botta. Risalendo inizialmente le pendici del colle di Miravalle, sul quale si trova la celebre Campana dei Caduti che ha fatto meritare a Rovereto il soprannome di “Città della Pace”, si andrà a intraprendere la quarta salita di giornata, diretta alla località Matassone. Sono 11.4 Km al 5.6% solo all’apparenza facili (la pendenza media nei primi 6 Km è dell’8.4%) che costituiscono una variante inedita al tratto iniziale del Pian delle Fugazze, altra salita rimasta nella storia del Giro per un episodio non certo di “fair play” accaduta ben 101 anni fa. Si correva la prima tappa dell’edizione 1922, 326 Km per andare da Milano a Padova passando per l’appunto dalle Fugazze, nella cui discesa Giovanni Brunero – vincitore uscente della Corsa Rosa essendo imposto in classifica l’anno precedente – cade e rompe la ruota. Il regolamento dell’epoca prevede che i componenti della bici dovessero essere riparati ma non sostituiti ed è proprio quello che non fa il corridore piemontese, che ne chiede una in prestito a un compagno di squadra per poi involarsi verso il traguardo, dove s’impone con più di un quarto d’ora sul cremonese Gaetano Belloni. Qualcuno ha, però, notato il fattaccio e lo segnala alla giuria, che toglie la vittoria a Brunero, squalificandolo ma consentendogli “sub iudice” di continuare la corsa, pur se con una penalizzazione di ben 25 minuti. Le proteste montano, le formazioni dello stesso Belloni e di Girardengo si ritirarano, ma giuria e UCI decidono di non tornare sui loro passi confermando la decisione di far proseguire il Giro a Brunero, che l’11 giugno successivo s’imporrà nel suo secondo Giro d’Italia con più di dodici minuti di vantaggio su Bartolomeo Aymo e oltre un’ora e mezza su Giuseppe Enrici.
Tornando al Giro del 2023, dopo lo scollinamento di Matassone si percorrerà in discesa il tratto iniziale del versante classico del Pian delle Fugazze nuovamente in direzione di Rovereto, abbandonandolo all’altezza dell’impressionante gola alle cui pareti è letteralmente aggrappato da più di mille anni l’Eremo di San Colombano, costruito presso la grotta dove, secondo la tradizione, abitò il monaco irlandese. Non ci sarà il tempo per una riflessione perché subito si riprenderà a salire per affrontare i 17 Km al 5.5% (ultimi 10 Km al 6.6%) che conducono a Serrada, località di villeggiatura che rappresenta una delle porte d’accesso all’altopiano di Folgaria, scenario di una delle più celebri gran fondo di mountain-bike, la “100 Km dei Forti”, il cui nome fa riferimento alle fortificazioni che furono costruite in epoca austro-ungarica sulle montagne circostanti. Si farà quindi velocemente ritorno nella valle dell’Adige, superandone il corso dopo aver toccato il centro di Calliano e sfiorato nel tratto conclusivo della discesa la mole di Castel Beseno, il più grande del Trentino, costruito a partire dal XII secolo e oggi sede di parte delle collezioni del museo del Castello del Buonconsiglio di Trento. Sarà concessa a questo punto una decina scarsa di chilometri di pianura per tirare il fiato prima che le ostilità riprendano con l’ascesa finale al Bondone che, come anticipato in apertura, sarà affrontato da un versante poco battuto dalle corse ciclistiche. Dieci volte (con un doppio passaggio nel 1992) si è saliti dal versante storico di Trento, che è anche il più difficile, due da quello opposto di Lasino, mentre quest’anno si salirà, come nel 1973 e nel 2020, da quello più defilato di Aldeno, che ricalca una vecchia rotabile di guerra che era ancora sterrata quando Torriani la propose per la prima volta nel percorso del Giro e nell’occasione fu necessario spargere del sale sulla carreggiata per impedire che si alzasse un bianco polverone che avrebbe potuto creare non pochi problemi ai corridori e, soprattutto, ai loro occhi. Da questo lato la salita è lunga poco più di 21 Km ed ha un andamento discontinuo, alternandosi tratti impegnativi ad altri più pedalabili. Così i primi 3 Km, tra i più difficili, salgono al 10.7% medio poi la strada spiana per quasi 1000 metri per riprendere a “mordere” nei successivi 1.2 Km al 9.7%. La salita si ammoscia di botto e per un paio di chilometri si pedala con un’inclinazione media del 6% prima di un tratto intermedio di quasi 3 Km, in corrispondenza della località di Garniga Terme, nel quale la salita diventa un ricordo. Poi le pendenze di risvegliano e si attestano all’8,8% medio nei successivi 7 Km che, toccato un picco massimo del 15%, si concludono alle soglie dell’altopiano delle Viote, meta prediletta dagli amanti della natura per la presenza di un giardino botanico aperto nel 1938 su iniziativa del biologo Vittorio Marchesoni. In questo contesto naturale si percorreranno gli ultimi chilometri, nei quali non s’incontreranno più pendenze particolarmente difficili, anche se pure in quest’ultima fase le inclinazioni continueranno a cambiare pedalata dopo pedalata, variazioni di ritmo che potrebbero anche causare la dilatazione dei distacchi accusati nei più ripidi tratti precedenti.
E così il Bondone potrebbe tornare a far parlare di sé, come in quella drammatica tappa di quasi 70 anni fa.

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo di Santa Barbara (1169 metri). Sella costituita dai monti Creino e Stivo, è noto anche come “Passo di Creino” e “Monte Velo”. È valicato dalla Strada Provinciale 48 “Monte Velo” tra Bolognano (Arco) e Ronzo-Chienis. Due volte è stato inserito nel percorso del Giro, sempre dal versante di Bolognano, la prima nel corso della Cavalese – Arco del Giro del 2001, la tappa citata nell’articolo a proposito dell’episodio che costò l’espulsione a Wladimir Belli e che vide lo spagnolo Unai Osa (terzo in classifica al termine di quel Giro) conquistare la cima del Santa Barbara e il colombiano Carlos Alberto Contreras imporsi sul traguardo di Arco. Ci si tornerà l’anno successivo in occasione del tappone Corvara in Badia – Folgaria, vinto dal russo Pavel Tonkov dopo che al GPM del Santa Barbara era transitato per primo il messicano Julio Alberto Pérez Cuapio.

Passo Bordala (1253 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 88 “della Val di Gresta”, mette in comunicazione Ronzo-Chienis con Aldeno e Villa Lagarina. L’unico precedente passaggio della Corsa Rosa risale alla pocanzi citata tappa di Folgaria del Giro del 2002, quando Julio Alberto Pérez Cuapio conquistò anche il GPM collocato in cima al Bordala dopo aver fatto suo pochi chilometri prima quello del Santa Barbara. Lo scorso anno la salita al Bordala è stata inserita nel percorso del Giro d’Italia femminile: la tappa era quella di Aldeno, vinta dalla maglia rosa Annemiek van Vleuten mentre era stata la statunitense Kristen Faulkner a transitare per prima sotto lo striscione del GPM.

Sella Serrada (1250 metri). Vi sorge l’omonima frazione di Folgaria, attraversata dalla Strada Provinciale 2 “Rovereto – Folgaria” tra Rovereto e Folgaria. Il Giro d’Italia non è mai transitato da questa località, che nel 1987 fu sede di partenza del prologo del Giro del Trentino, una cronometro di quasi 6 Km che si concluse nella vicina Folgaria, dove s’impose l’idolo di casa (e non solo) Francesco Moser: fu l’ultimo successo in carriera del campione trentino, che si ritirerà l’anno successivo.

Sella del Bondone (1560 metri). Si trova in corrispondenza del trivio nel quale confluiscono i tre versanti del Bondone, alla congiunzione tra la Strada Provinciale 85 “del Monte Bondone” e la Strada Provinciale 25 “Garniga”.

Valico di Monte Bondone (1654 metri). È il punto più elevato della Strada Provinciale 85 “del Monte Bondone”, che mette in comunicazione Trento con Lasino. Coincide con la località Vason e non sarà toccato dai corridori perché la tappa si concluderà in località Rocce Rosse, circa un chilometro e mezzo prima di giungere a Vason dal trivio fra i tre versanti del Bondone. Dopo la tremenda tappa del Giro del 1956, Torriani riproporrà il Monte Bondone l’anno successivo, quando questo traguardo finirà a sorpresa nel carniere di un velocista, lo spagnolo Miguel Poblet, al termine di una tappa pure rimasta nella storia, stavolta per la crisi che colse proprio Gaul, attaccato dai diretti rivali di classifica dopo che si era fermato a bordo strada per un’esigenza fisiologica. Dovranno trascorrere 11 anni prima di rivedere i corridori affrontare la “Montagna di Trento”, inserita nel 1968 nel percorso della Brescia – Lago di Caldonazzo, vinta dallo stesso corridore che diversi chilometri prima aveva conquistato la cima del Bondone, lo spagnolo José Maria Jiménez. Nel 1972 ci fu una scalata parziale, interrompendo l’ascesa all’altezza di Candriai, durante la semitappa Asiago – Arco, vinta dal belga Roger De Vlaeminck dopo che il Bondone era finito nel palmares del varesino Wladimiro Panizza. Il 1973 fu l’anno della prima scalata dal versante di Aldeno, affrontata durante la tappa Vicenza – Andalo, vinta dal cannibale Eddy Merckx dopo che il Bondone se l’era “pappato” un altro corridore iberico, José Manuel Fuente. Nel 1975 ci fu nuovamente il binomio Bondone – De Vlaeminck quando il belga s’impose nella Brescia – Baselga di Pinè, con la cima del monte stavolta conquistata dal brianzolo Giacinto Santambrogio. L’anno successivo la tappa del Bondone fu la Vigo di Fassa – Terme di Comano, vinta dal veronese Luciano Conati dopo lo scollinamento in testa del cremonese Enrico Guadrini. Dopo i precedenti del 1956 e del 1957, il Bondone tornerà a essere sede d’arrivo nel 1978, al termine di una frazione scattata da Cavalese che terminerà con il successo di un corridore che già aveva messo la sua firma lassù, l’indimenticato Panizza. Dovrà poi trascorrere quasi un decennio – periodo nel quale i percorsi del Giro saranno disegnati con mano leggera per invogliare la presenza di Moser e Saronni e aumentare la tiratura della Gazzetta – prima che il Bondone torni a svettare sull’altimetria di una tappa della Corsa Rosa, inserito nel 1987 nel finale della Canazei – Riva del Garda, con il bergamasco Alessandro Paganessi primo in vetta e il marchigiano Marco Vitali vincitore in riva al lago. Nel 1992 ci furono addirittura ben due scalate, inserite nel finale di una frazione che scattò da Corvara per concludersi in vetta al monte, dove grande protagonista fu il trevigiano Giorgio Furlan, autore di una lunga fuga da lontano che lo porterà a “intascarsi” entrambi i GPM posti al termine dell’ascesa. Nel 2001 la salita inserita nel tracciato della già citata tappa Cavalese – Arco, con il GPM vinto dall’umbro Fortunato Baliani, mentre nel 2006 – partendo da Rovato – si disputerà quello che al momento è l’ultimo arrivo sulla “Montagna di Trento”, al cui traguardo s’imporrà a maglia rosa Ivan Basso. L’ultima scalata porta la data del 21 ottobre del 2020, quando la Corsa Rosa fu costretta dalla pandemia a traslocare in autunno e fu il portoghese Ruben Guerreiro a far sua la cima della grande montagna durante la Marostica – Madonna di Campiglio, vinta dall’australiano Ben O’Connor. In realtà anche nel 1999 era previsto il Bondone (fino a Candriai) durante la tappa Predazzo – Madonna di Campiglio, ma dopo la presentazione della corsa fu fatto notare al direttore del Giro Carmine Castellano di aver esagerato quell’anno con le difficoltà e qualche mese più tardi si optò per togliere la salita dal tracciato della tappa.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

Charly Gaul affronta il Bondone durante la drammatica tappa del Giro del 1956 e l’altimetria della sedicesima tappa del Giro 2023

Charly Gaul affronta il Bondone durante la drammatica tappa del Giro del 1956 e l’altimetria della sedicesima tappa del Giro 2023

CIAK SI GIRO

280mila visitatori. È la cifra record che nel 2019 è stata registrata dalle casse del Vittoriale degli Italiani, l’ultima residenza di Gabriele d’Annunzio. Tra questi turisti ce n’è uno che la casa del “Vate” non la visitò per piacere ma per dovere, fermandosi per ben due settimane a gennaio di 4 anni fa, periodo nel quale il Vittoriale fu totalmente chiuso al pubblico. Quel visitatore d’eccezione risponde al nome dell’attore romano Sergio Castellitto, venuto sullo sponde del lago di Garda per interpretare il poeta abruzzese nel film “Il cattivo poeta”, pellicola che parla degli due anni di vita del “Vate”, quando il regime fascista gli invierà una spia per sorvegliarlo e cercare d’impedire che si esprimesse pubblicamente contro l’alleanza tra Mussolini e Hitler. L’arrivo di Giovanni Comini (la spia, interpretata da Francesco Patanè), avviene in una data che nel film non viene precisata ma che è facilmente intuibile perché nel momento nel quale il Comini entra nel cortile del Vittoriale è in corso una conferenza stampa “condotta” dal direttore della Gazzetta dello Sport Emilio Colombo (Stefano Abbati): è il 5 giugno del 1936, data nella quale si svolse – ma questo nel film non si vede – una tappa del Giro con arrivo a Gardone, vinta da Gino Bartali che ricevette oltre al tradizionale mazzo di fiori anche due premi donati dallo stesso D’Annunzio, una placca d’ottone e una custodia con sopra raffigurato il labirinto simbolo del suo romanzo “Forse che sì forse che no»” Quel che si vede nel film è proprio il Vittoriale, ne viene mostrato il vialetto d’accesso, la cosiddetta “Prioria” (cuore del complesso, nei cui appartamenti abitava il poeta), la limonaia con vista sul lago e la Nave Puglia, torpediniere che fu dopo il disarmo fu smantellato, donato a D’Annunzio e in ricostruito in gran parte nel vasto parco della dimora.

In collaborazione con www.davinotti.com

Scena de “Il cattivo poeta” girata nel cortile della Prioria, la residenza di D’Annunzio al Vittoriale degli Italiani (www.davinotti.com)

Scena de “Il cattivo poeta” girata nel cortile della Prioria, la residenza di D’Annunzio al Vittoriale degli Italiani (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-cattivo-poeta/50054416

FOTOGALLERY

Sabbio Chiese, santuario della Madonna della Rocca

Gardone Riviera, Vittoriale degli Italiani

Uno scorcio del villaggio operaio di Campione del Garda

Limone sul Garda, casa natale di San Daniele Comboni


Ledro, la vecchia strada del Ponale

Torbole

Nago, Marmitte dei Giganti

Lago di Cei

Rovereto, MART*

Trambileno, eremo di San Colombano

Serrada, Forte Dosso delle Somme

Castel Beseno visto dalla discesa da Serrada

Monte Bondone, Altopiano delle Viote

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