LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO V: TOUR OF CALIFORNIA 2011
Dopo la doppietta all’edizione precedente Peter Sagan torna a volare oltreoceano per schierarsi al via del Tour of California, dove ora dovrà accontentarsi di una sola vittoria parziale.
SAGAN UN ANNO DOPO
La quinta tappa del Giro di California porta bene all’astro nascente della Liquigas che, dopo essersi imposto nel 2010 a Bakersfield e aver fatto il bis il giorno successivo a Big Bear Lake, trionfa a Paso Robles davanti ad Howard e Swift e balza all’11° posto in una classifica generale sempre guidata da Horner in attesa della crono di Solvang.
La frazione che da Seaside portava a Paso Robles dopo 217,4 km infarciti di saliscendi anche se non particolarmente impegnativi si è rivelata estremamente combattuta fin dalle sue prime fasi. Lungo la prima ascesa di giornata a Laureles Grade dopo soli 14 km si è infatti avvantaggiato un uomo importante come Daniel Martin (Garmin) che in classifica era 11° a soli 2′03” dalla maglia gialla Horner, e con lui altri corridori come Oscar Freire (Rabobank); l’irlandese e l’ex campione del mondo sono stati sempre attivissimi nel tentare di inserirsi nei vari tentativi di fuga finchè non sono riusciti a prendere il largo in compagnia di Martin Velits (HTC), Louder (BMC), Denifl (Leopard), Tjallingii (Rabobank), White (UnitedHealthCare), McCarty (Spidertech), Baldwin (Bissell Cycling), Anthony (Kelly Benefit) e Froome (Sky), a sua volta ben messo in classifica generale con un ritardo di 2′50” da Horner.
Il gruppo guidato dalla Radioshack non ha dunque concesso più di 4′ agli attaccanti e l’andatura sostenuta costringeva al ritiro diversi corridori tra cui il campione del mondo Hushovd (Garmin), mentre più avanti una caduta costringeva all’abbandono lo svedese Larsson (Saxo Bank) e lo statunitense Jacques-Meynes (Bissell Cycling), molto attivo nelle tappe precedenti. Lungo l’ultima salita di giornata a Interlake a 33 km dall’arrivo Freire e Denifl sono rimasti da soli al comando mentre dietro la Radioshack, dopo aver ridotto lo svantaggio a 2′, si è fatta da parte lasciando spazio alla Liquigas di Sagan che ha imposto un ritmo fortissimo riducendo il gruppo a una cinquantina di unità facendo perdere contatto tra gli altri a Goss (HTC), a Henderson (Sky) e ai fratelli Haedo (Saxo Bank); ciò nonostante i due fuggitivi sarebbero probabilmente arrivati al traguardo se Denifl non avesse forato a 15 km dal traguardo costringendo Freire a proseguire da solo.
Lo spagnolo ha tirato dritto e a 7 km dal traguardo aveva ancora 1′ di margine ma quando ne mancavano 2 ha dovuto arrendersi al ritorno del gruppo che aveva nel frattempo ripreso tutti gli altri attaccanti. Anche un tentativo di Vennell (Bissell Cycling) non ha avuto esito e tutto si è deciso allo sprint con Howard (HTC) che è partito ai 300 metri ma è stato rapidamente rimontato da Sagan che si è imposto davanti all’australiano e al vincitore della prima tappa Swift (Sky). 4° è giunto Martens (Rabobank) davanti a Candelario (Kelly Benefit), Joergensen (Saxo Bank), Vermeltfoort (Rabobank) e Phinney (BMC)
La classifica generale resta invariata se si eccettuano i 47” persi da Talansky e Daniel Martin (Garmin), che scendono al 12° e 14° posto con 2′37” e 2′50” di distacco da Horner, mentre Sagan grazie agli abbuoni risale all’11° a 2′34”. La maglia gialla conduce con 1′15” su Leipheimer, 1′22” su Danielson, 1′29” su Vandevelde e 1′30” su Sutherland e Andy Schleck e dovrà difendere il primato nella cronometro di Solvang, 24 km in leggera ascesa nella prima metà percorso e in leggera discesa verso il traguardo lungo i quali Leipheimer si è imposto dal 2007 al 2009 costruendo così i suoi tre successi nella classifica finale del Giro di California.
Marco Salonna

La vittoria di Sagan al California 2011 (foto Reuters)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO IV: GIRO DI SARDEGNA 2011
Non era un uomo da corse a tappe Sagan, ma grazie alla sua costanza è riuscito a vincerne qualcuna, anche se non avrebbe mai avuto le doti per primeggiare nelle classifiche finale dei grandi giri. Quattro piccole soddisfazione in tal senso è riuscito a prendersele e la prima proprio sulle strade italiane: nella primavera del 2011, infatti, riuscì a portare a casa il Giro di Sardegna in quella che sarà l’ultima edizione disputata della corsa sarda. Su cinque tappe previste ne porterà a casa 3, salvandosi per pochissimi secondi nella conclusiva frazione terminata presso alle soglie della spettacolare Giara di Gesturi, dove si impose l’indimenticato Michele Scarponi.
1a TAPPA: OLBIA – PORTO CERVO
SAGAN “STINGE” IL SARDEGNA D’AZZURRO
In una Sardegna atipica, con i classici colori azzurri smorzati dal tempo uggioso, ci ha pensato il giovane corridore della Liquigas a completare l’opera. Nulla da togliere al bellissimo sprint del ragazzo d’oro Sagan, ma avremmo sicuramente gioito di più se davanti gli fossero finiti gli “azzurri”, invece relagati ai gradini più bassi del podio. Il secondo e il terzo posto dell’ex campione del mondo Ballan e di un altro promettente giovane del calibro di Oss, unitamente ad un Di Luca ancora pimpante dopo le prime avvisaglie maiorchine, fanno però ben sperare per il proseguimento della stagione.
Dopo la Calabria, la Toscana e la Liguria, ecco l’approdo in Sardegna dove il movimento ciclistico italiano continua il suo personale Giro d’Italia in luoghi turistici e climaticamente appetibili per riprendere confidenza con la competizione.
E proprio sul lungomare di Laigueglia, dove è arrivato “solo” 11°, era atteso e pronosticato lo slovacco Peter Sagan che è arrivato puntuale invece sul traguardo odierno a Porto Cervo, aggiudicandosi la prima tappa del Giro di Sardegna, la corsa a tappe che grazie al GS Emilia cerca di rivivere i fasti del passato, quando si è disputata quasi ininterrottamente dal 1958 al 1983, per poi ritornare a disputarsi nel ’96,’97, ’09 e ‘10. La corsa a tappe sarda ha rischiato di saltare anche quest’anno, ma il lavoro dietro le quinte degli organizzatori ha permesso che si riuscisse comunque a organizzare le 5 tappe previste.
La prima tappa da Olbia a Porto Cervo, svoltasi in condizioni climatiche non proprio tipicamente “sarde”, si concludeva in leggera salita e su quello strappo finale slovacco della Liquigas ha trovato terreno fertile per le sue ambizioni, riuscendo ad avere la meglio su un ritrovato Alessandro Ballan (BMC) e il compagno Daniel Oss.
La giornata odierna è stata caratterizzata dalla lunga fuga del campione nazionale canadese Will Routley (Team Spidertech Powered by C10) e del russo Arkimedes Arguelyes (Katusha Team), con quest’ultimo rimasto solo al comando dopo lo scollinamento del GPM di San Pantaleo. I due battistrada erano evasi dal gruppo dopo soli 7 chilometri di corsa, raggiungendo un vantaggio massimo di 7′40” al chilometro 57.
Il lavoro in testa al gruppo di Lampre – Isd, Bmc Racing Team, Farnese – Neri e Acqua & Sapone hanno concretizzato il ricongiungimento con Arguelyes, ripreso a soli 9 chilometri dal termine.
Terminato l’inseguimento la vicinanza del traguardo ha scatenato le ambizioni dei molti che hanno provato l’attacco solitario, compreso Stefano Pirazzi, imitato poco dopo da un Danilo Di Luca desideroso di ritrovare il cosiddetto ritmo gara.
Tutta questa frenesia faceva sì che questi attacchi non avessero frutto, selezionando però la testa della corsa e portando un gruppo forte di 25 unità a giocarsi la tappa. Tappa conclusasi con la vittoria di Sagan che prenderà il via oggi, nella seconda frazione, con la maglia di leader della classifica sulle spalle e anche quella della classifica a punti in cascina.
«Dovevamo lavorare per favorire un arrivo in volata e dunque per Guarnieri» afferma Sagan «ma sull’ultima salita il gruppo si è frazionato, complici i continui attacchi, e i velocisti sono rimasti fuori dai giochi. Come Liquigas-Cannondale abbiamo tenuto la testa della corsa prima con Nibali e Capecchi, poi con Oss e il sottoscritto. Avevo studiato l’arrivo al primo passaggio: l’ultima curva, a 150 metri dal traguardo, sarebbe stata decisiva. Volevo prenderla davanti per poi aprire il gas: così è stato ed è arrivata questa bella vittoria».
Per Sagan il successo di oggi è il primo stagionale (oltre che il primo assoluto conseguito in Italia), mentre il bottino in carriera sale a quota sei. «In sella alla bicicletta riesco ad esprimermi al meglio, mi muovo come se fosse parte di me. La vittoria di oggi è il primo passo verso gli appuntamenti più importanti, come la Paris-Nice e le Classiche. Dalla prima gara a Donoratico la condizione sta crescendo e oggi ne ho avuto conferma. Le prossime tappe le vivrò alla giornata, senza stress: l’importante, oltre che la soddisfazione personale, è il bene della squadra».
Ma che tipo di corridore Peter? «Non lo so ancora. Mi trovo a mio agio nelle corse miste, come quella di oggi, e sulle salite brevi. Non ho ancora abbastanza tenuta sulle lunghe salite: sarà un punto sul quale lavorare in futuro, ho tempo per crescere ancora. Non ho ancora disputato un grande giro, dunque non conosco ancora i miei limiti. Rendo bene nelle brevi corse a tappe, ma anche nelle corse in linea: perché non provare a vincere entrambe?».
Oggi, il Giro di Sardegna affronterà la seconda tappa, la più lunga dell’edizione 2011. Saranno 197,5 i chilometri che i corridori dovranno percorrere tra Olbia e l’arrivo in salita al Monte Ortobene (923 metri di altitudine), sopra Nuoro. Si tratterò, dunque, di un appuntamento appetitoso per gli scalatori, anche se l’ascesa finale – che l’anno scorso vide svettare per primo un altro corridore d’origine slava, il ceco Kreuziger – non presente grandissime pendenze. Dopo il via ufficiale il gruppo toccherà Monti, Berchidda e Ozieri dove inizierà una serie di saliscendi che porterà al GPM di Pattada e quindi, dopo pochi chilometri, a quello di Nule. Nel finale si toccherà l’abitato di Bitti e da Orune si entrerà a Nuoro dove inizierà l’ultima ascesa.
Mario Prato
2a TAPPA: PORTO ROTONDO – NUORO
SPUNTA CUNEGO DAL MONTE
I suo tifosi lo attendevano da 17 mesi…. il ritorno del successo di Damiano Cunego è arrivato alla sua prima occasione di riscatto, dopo un 2010 nel quale è rimasto totalmente a secco. La sua non è stata una vittoria netta, troppo facile l’ascesa finale per permetterlo, i suoi avversari erano lì a pochi secondi, ma se è vero che l’appetito vien mangiando…. Il successo sull’Ortobene, infatti, potrebbe rimotivare il campione veronese e lanciarlo verso una nuova serie di vittorie. Magari già oggi stesso a Lanusei.
Gioia, stupore, euforia… chissà cosa è passato nella testa di Damiano Cunego quando si è reso conto che Serpa Perez non poteva più rimontarlo.
E chissà cosa è passato nella testa dei presenti quando hanno rivisto, dopo un digiuno troppo, lungo il veronese davanti a tutti.
La cosa importante per tutti, però, è stato che l’ex enfant prodige del ciclismo italiano è ritornato alla vittoria dopo 17 mesi, passando per primo sul traguardo della seconda tappa del Giro di Sardegna, primo di un gruppetto di 11 fuggitivi. La vittoria che lo ha anche in testa alla classifica generale con 2” su Peter Sagan e 4” su Josè Serpa Perez.
La seconda tappa, quasi 200 Km tracciati tra Porto Rotondo e il Monte Ortobene, sopra Nuoro, ha messo in luce quelli che hanno confidenza con la salita.
Nele fasi iniziali la corsa è vissuto sulla classica fuga in avvio di tappa, protagonisti Mikhail Ignatiev (Team Katusha), David Boily (Team Spidertech), Alessandro De Marchi (Androni Giocattoli), Elia Favilli (Farnese Vini – Neri Sottoli) e Alessandro Malaguti (Ora Hotels – Carrera). Partito al km 8, questo drappello ha raggiunto un vantaggio massimo di 7’ dopo 83km di gara ma, con il passare dei chilometri, i fuggitivi hanno cominciato ad accusare la fatica. Per primo si è staccato Boily, al chilometro 160, mentre gli altri hanno proseguito fino alle porte di Nuoro (chilometro 184) quando è rimasto in testa solo Alessandro De Marchi.
Ma il primo arrivo in salita era ambito da molti e a 4 km dal traguardo si è scatenata la bagarre con una Liquigas bellicosa ma destinata a raccogliere meno di quanto abbia seminato.
L’azione degli uomini in verde è comunque riuscita a sgranare il gruppo a 11 unità.
L’epilogo di giornata ha visto Damiano Cunego tornare alla vittoria davanti al duo Androni Serpa – Sella e al vincitore della prima tappa Sagan. Nel gruppo degli 11 va segnalata anche la presenza di Michele Scarponi, classificatosi 7°.
Con la vittoria odierna il veronese raggiunge quota 44 in carriera, dopo un’astinenza che durava dal settembre 2009, quando si era involata verso il successo sulla Sierra della Pandera, alla Vuelta di Spagna.
“Con un urlo ho espresso al traguardo tutta la mia soddisfazione per questa vittoria. E’ fantastico imporsi in una corsa quando sai di essere in condizione, logicamente è ancora più bello vincere se si è in astinenza da un po’ di tempo. Oggi ho avuto la sensazione di riuscire a controllare bene la corsa, accesasi negli ultimi chilometri dell’ascesa finale. Nella parte iniziale della salita i migliori scalatori si sono studiati, non c’è stata grande battaglia, poi però negli ultimi due chilometri sono iniziati gli scatti: in quel frangente Scarponi è stato bravo a inserirsi nel gruppetto di testa, così io ho potuto rientrare sugli attaccanti senza dover lavorare in prima persona. Sono riuscito poi a rimanere lucido per disputare un grande sprint.
E’ doveroso sottolineare il grande lavoro di tutta la squadra, con tutti i miei compagni perfetti nel loro operato sin dai primi chilometri di gara“.
Oggi si correrà la terza tappa con partenza da Orani e conclusione a Lanusei dopo 173 chilometri, caratterizzati da un percoso di media montagna. Si dovrà salire fino ai 1017 metri della Genna Silana, ascesa interminabile ma molto pedalabile. In dolce salita si svolgerà anche il tratto terminale di questa frazione, meno adatta agli scalatori rispetto a quella vinta da Cunego
Ma non è detto che il “Piccolo Principe” non ci regali ancora una perla delle sue.
Mario Prato
3a TAPPA: ORANI – LANUSEI
LA VENDETTA DI SAGAN NEL GIORNO DEI “SOLITI NOTI”
Lo slovacco Sagan si è “vendicato” della perdita della maglia di leader sull’Ortobene, conquistando con gli interessi il suo secondo successo sulle strade del Sardegna 2011. Gli abbuoni gli hanno consentito di ritornare in testa, ma la situazione rimane comunque traballante perchè tra i primi della classifica le distanze sono ridotte, al termine di una frazione interpretata nei ruoli principali dai medesimi attori visti sulla scena ventiquattore prima. Cunego e Sagan, in particolare: dovrebbe essere loro i principali partecipanti al “duello” per la vittoria, che oggi si prenderà un turno di sosta lasciando il palcoscenico ai velocisti.
La terza tappa del giro di Sardegna si è risolta con la seconda vittoria dello slovacco Peter Sagan e con la conseguente riconquista della leadership.
La cosa che più salta agli occhi è che anche oggi i primi di giornata sono “i soliti noti”, poichè alle spalle dello slovacco della Liquigas si sono, infatti, piazzati Josè Serpa Perez e Damiano Cunego, seguiti da Emanuele Sella quarto, Ben Hermans quinto e Michele Scarponi sesto: con l’esclusione di Capelli, si tratta dei medesimi nomi che occupavano le piazze alte dell’ordine d’arrivo dell’Ortobene.
Anche in classifica generale le cose si sono rimescolate ma mantenendo gli stessi ingredienti con i primi sei di giornata ad occupare le prime sei posizioni e con l’uomo della Liquigas, come era già accaduto martedì scorso, ad indossare le insegne del primato.
La tappa di Lanusei ha messo in luce non solo la caparbietà di Sagan, ma anche la buona condizione di Alessandro Ballan (Bmc Racing Team), già dimostrata sul traguardo di Porto Cervo.
Il veneto campione del mondo a Varese nel 2008 , è uscito dal gruppo dopo soli 13 chilometri. Ben presto su Ballan si sono portati Maxim Iglinski (Astana), Marco Frapporti (Colnago Csf Inox), Alexander Porsev (Katusha Team), Lucas Euser (Team Spidertech Powered by C10) e Antonio Santoro (Androni Giocattoli).
I fuggitivi di comune accordo dopo una ottantina di km di fuga hanno raggiunto il loro vantaggio massimo, quantificato in 5’. La parte più interessante però doveva ancora venire e si è verificata ad una quindicina di chilometri dal termine, quando Ballan e Santoro hanno forzato il ritmo rimanendo da soli in testa alla corsa. Poco più avanti, il veneto si è sbarazzato anche dell’ultimo compagno, ma è stato raggiunto dal gruppo ai – 6.
Tentativo fallito, dunque, ma per il portacolori della BMC si è trattato di un’altra giornata di prove, in vista dei palcoscenici degli appuntamenti a lui più congeniali.
Nel frattempo in testa alla gara, dopo due tentativi di Paolo Tiralongo e Stefano Piazzi, il gruppo dei favoriti si è presentato compatto sul rettilineo d’arrivo e là Peter Sagan ha dato la zampata decisiva.
«Già nella riunione del mattino avevamo pianificato una strategia che potesse portare al traguardo un gruppo ristretto di corridori. In questo i compagni sono stati splendidi. Hanno lavorato duro per me e il minimo che potessi fare era vincere. La strada per l’arrivo saliva e il loro ritmo ha impedito gli attacchi. A 200 metri dal traguardo Eros si è spostato e mi sono alzato sui pedali. Tutto ha funzionato alla perfezione. Ci aspettiamo battaglia ma abbiamo tutto per difendere questa maglia. La fiducia che mi trasmettono i diesse e i compagni è importante: sono determinato a chiudere questa corsa sul primo gradino del podio».
Questo, invece, è il commento di Mario Scirea, direttore sportivo della Liquigas «C’è molta armonia tra i ragazzi e questo sarà il nostro punto di forze, oltre ovviamente al valore tecnico. Dovremo sudare ma, soprattutto, raddoppiare le attenzioni perché gli abbuoni saranno decisivi». In quanto a Sagan, il suo ds lo definisce «un talento che sta confermando il suo enorme potenziale. L’anno scorso era una sorpresa, ora non più. In lui rivedo Argentin: una classe immensa e una cattiveria agonistica fuori dal comune».
Oggi il programma prevede la quarta tappa, l’unica destinata ai velocisti. Si pedalerà per 174,2 Km tra Lanusei e Oristano, affrontando strada facendo alcuni dislivelli e due GPM, uno dei quali di 1a categoria (Valico di Monte Arcueri, 981 metri). La totale mancanza di difficoltà negli ultimi 40 Km consegnerà, però, questo traguardo alle ruote veloci del gruppo e le sfide per la classifica saranno rimandate alla conclusiva frazione di Gesturi.
Mario Prato
4a TAPPA: LANUSEI – ORISTANO
E ADESSO CHI LO FERMA PIU’?
Un Sagan così “cannibale” non ce lo aspettavamo. E di certo non se lo aspettavano nemmeno i diretti avversari di classifica che ora, se vorranno spodestarlo dal vertice, dovranno inventarsi qualcosa. E’ rimasta una sola occasione, l’arrivo in salita odierno alla Giara di Gesturi, ma lo strappo al 20% nel finale basterà a mettere fuori combattimento un corridore che ieri è stato in grado di mettere in riga anche i più quotati velocisti?
Ieri, nel nostro spazio quotidiano dedicato al Giro di Sardegna, si era messo in evidenza che la corsa a tappe isolana era una questione tra una manciata di ciclisti.
Oggi, però, quanto affermato ieri è già scaduto. Il cerchio di chi ha ancora qualche ambizione in chiave classifica si è ulteriormente ristretto, anche grazie alla prova di forza odierna dello slovacco della Liquigas Peter Sagan.
Il titolare della maglia con i colori della Sardegna e l’effige dei Mamuthones si è preso il lusso, dopo aver vinto due tappe con l’arrivo in leggera ascesa, di sgomitare in una volata a ranghi compatti avendo la meglio su velocisti blasonati e giovani rampanti, su ciclisti molto più avvezzi di lui in quella roulette russa che è lo sprint.
In una giornata di calma apparente le squadre dei velocisti hanno avuto gioco facile a controllare la fuga del russo Arkimedes Arguelyes (Team Katusha) e dello statunitense Jonathan Mc Carty (Team Spidertech), evasi a soli 8 chilometri dal via da un gruppo che ha concesso loro un vantaggio massimo di 7 minuti. Il ricongiumento è avvenuto a 10 Km da Oristano, dopo che si erano avvicendante a condurre l’inseguimento l’Acqua & Sapone, la Farnese Vini Neri Sottoli e la stessa Liquigas-Cannondale.
Tutti si aspettavano il successo di uno sprinter puro, sull’unico traguardo che gli organizzatori avevano riservato alla categoria. Invece, la volata conclusiva ha visto le ruote veloci inchinarsi allo sloveno baciato da un momento di forma invidiabile, con Manuel Belletti (Colnago – Csf Inox ) e Roberto Ferrari (Androni Giocattoli) a fare da corona allo sloveno, mettendosi a loro volte alle spalle velocisti del calibro di Alessandro Petacchi (Lampre-ISD) giunto quinto e Danilo Napolitano (Acqua & Sapone) nono.
«L’aspetto più positivo di questa vittoria è proprio l’aver guadagnato sui diretti avversari» dichiara il vincitore, «La tappa di domani è insidiosa, con l’arrivo di Gesturi che sembra adatto agli attacchi degli scalatori. Quando si parla di pochi secondi di distacco non si può mai stare tranquilli. A mio favore c’è il fatto di avere una squadra fortissima che mi scorta e mi supporta sempre: senza di loro non avrei sicuramente ottenuto questi risultati».
Riguardo ai compagni di squadra, oggi preziosissimi alleati nelle operazioni di ricucitura e volata, Sagan li ha così elogiati: «Se non mi avessero guidato nel finale sarebbe stata dura trovare spazio. La confusione era tanta e tutti cercavano la ruota migliore, ovvero quella di Guarnieri che a sua volta seguiva Oss. Petacchi si è inserito, poi lui è andato a sinistra e io a destra. Ho dato tutto per non farmi rimontare e così è arrivata anche questa vittoria».
Ora in classifica generale lo sloveno ha incrementato il vantaggio sui diretti inseguitori grazie ai 10” di abbuono conquistati. Oggi partirà per la tappa decisiva con 14” di vantaggio su Damiano Cunego (Lampre – Isd), 16” su Josè Serpa Perez, 28” su Emanuele Sella (entrambi Androni Giocattoli), 32” su Ben Hermans (Radiosghack), e 38” su Michele Scarponi (Lampre-ISD) e Eros Capecchi (Liquigas – Cannondale).
L’ultima frazione si disputerà ta Oristano e Gesturi, concludendosi con l’arrivo in salita alle porte dell’altopiano della Giara,. dopo un tracciato di 174 chilometri.
Il percorso proporrà un GPM di seconda categoria a 56 Km dalla partenza e poi un tratto a saliscendi, ma a decidere tappa e maglia dovrebbe unicamente essere l’ascesa finale di 6,2 Km. Caratterizzata da una pendenza media del 5,5%, presenterà uno strappo al 20% a 700 metri dall’arrivo e fondo sterrato sul breve rettilineo d’arrivo.
Mario Prato
5a TAPPA: ORISTANO – GIARA DI GESTURI
SAGAN BRINDA NELLA GIARA
Alla fine ce l’ha fatta, nonostante i più diretti avversari siano riusciti a staccarlo nello spettacolare finale della Giara di Gesturi. Mentre davanti Scarponi trionfava sullo sterrato, lo slovacco Sagan perdeva leggermente terreno, ma ciò non è bastato ad impedire il trionfo del corridore in maglia Liquigas nella seconda edizione della nuovo corso del Giro di Sardegna. Ora lo aspetta la Parigi – Nizza, la gara che l’anno scorso lo fece conoscere al pubblico degli appassionati.
Anche se con un giorno di ritardo, eccoci a commentare l’ultima tappa del Giro di Sardegna, disputatosi anche per il 2011 grazie alle varie amministrazioni pubbliche isolane, alla Leisure & Sport, titolare dei diritti sportivi, e al “know how” del GS Emilia.
Nell’ultimo atto del “Sardegna” il programma comprendeva nel finale di tappa una salita, di poco più di cinque chilometri, che portava al traguardo della Giara di Gesturi, una salita dal finale sterrato che sapeva di Giro d’Italia e di ciclismo epico. Chi meglio di un certo Michele Scarponi, con quella faccia e quella guasconeria che ricorda gli albori del ciclismo poteva essere protagonista di giornata?
“Il ringraziamento va a tutta la squadra, fondamentale per ottenere questa vittoria. Grandissimo anche Petacchi, che mi ha scortato per tutta la tappa e mi ha aiutato a prendere la posizione migliore per puntare l’ascesa finale. L’intento era quello di rendere duro il ritmo in salita, così da provare a mettere in difficoltà Sagan e favorire Damiano per la classifica finale. E’ venuta la mia vittoria, peccato che Sagan sia riuscito a difendersi, perché anche Damiano avrebbe meritato di vincere la classifica per come sta pedalando in questi giorni. Non mi aspettavo di giungere al successo così presto, ma ovviamente sono molto felice“.
Così ha commentato la gara l”Aquila di Filottrano”, il cui giorno di gloria si è concretizzato, come fatto notare anche dallo stesso vincitore, grazie al lavoro dei compagni di squadra e anche a quello dei Liquigas che hanno tenuto sotto controllo la fuga giornaliera di Evgeny Petrov (Astana), Yaroslav Popovych (Team Radioshack), Mikhail Ignatiev (Katusha Team), Pasquale Muto (Miche Guerciotti), Ben Swift (Great Britain) e Pier Paolo De Negri (Farnese Vini Neri Sottoli). I sei attaccanti hanno allungato a 22 Km dalla partenza e, dopo aver accumulato un vantaggio massimo di 5′20” al chilometro 85, sono stati ripresi a 16 chilometri dall’arrivo.
Nel finale, con uno Scarponi oramai lanciato alla conquista della tappa, si è anche compiuto il più classico dei duelli ciclistici, quello per la conquista della testa della classifica generale, senza più possibilità d’appello essendo questa la frazione conclusiva.
Il solito manipolo di ambiziosi che ha monopolizzato le cronache del Sardegna 2011 – in doveroso ordine alfabetico Cunego, Sagan, Sella e Serpa – si sono dannati l’anima uno contro l’altro per rosicchiare più secondi possibile.
Il duello ha avuto conseguenze e ha fatto si che i contendenti passassero nel seguente ordine sotto lo striscione: Serpa a 3” dal marchigiano, Cunego a 8”, Sagan a 11” e Sella a 14″, in coppia con Kiserlovski.
Dopo l’arrivo dei primi di giornata – che, come già detto, erano anche gli stessi che occupavano alla partenza i primi posti in classifica – è stato fatto il computo dei vari distacchi subiti e dei vari abbuoni conquistati, decretando la vittoria di Peter Sagan. La maglia di leader è rimasta sulle spalle del corridore slovacco per soli 3”, il gap che lo separa dal secondo classificato, il colombiano Serpa Perez, riuscito comunque a guadagnare una posizione scavalcando Damiano Cunego, finito terzo a 7″.
«Quando nel finale hanno allungato» ha raccontato Sagan «ho mantenuto sangue freddo, convinto di riuscire a controllare il distacco. Avevo nelle gambe le fatiche delle tappe precedenti e aumentare il ritmo sarebbe stato rischioso. Ancora una volta la squadra è stata fantastica: Nibali e Capecchi mi hanno scortato fino al traguardo, impedendo a Serpa di guadagnare quei secondi necessari per passarmi……La vittoria di ieri si è rivelata fondamentale. Portare a casa questa corsa è stata una fatica, anche perché non c’è stato mai un giorno tranquillo. Il Giro di Sardegna, oltre che regalarmi una bellissima gioia, si è rivelato un ottimo allenamento in vista del mio primo, grande obiettivo stagionale: realizzare una prestazione maiuscola alla Paris-Nice. Sento di avere una buona condizione e spero che questi successi siano solo l’inizio».
Mario Prato

Il podio del Giro di Sardegna 2011 (foto Bettini)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO III: TOUR OF CALIFORNIA 2010
Dopo essersi fatto notare in Europa Peter Sagan va a farsi notare anche oltreoceano, dove partecipa alla quinta edizione del Giro della California. E anche qui impressione favorevolmente tutti vincendo due frazioni, tra le quali della “regina” di Big Bear Lake.
LA LIQUIGAS IMPERATRICE DI CALIFORNIA
Continua il dominio della Liquigas sulle strade della California, almeno per quanto riguarda i successi di tappa, che raddoppia la gioia per la vittoria di Chicchi ed ora festeggia l’affermazione del “bambino d’oro” Sagan, a segno a Bakersfield. Un traguardo che non ha raggiunto l’atteso Lance Armstrong, ritiratosi a seguito di una brutta caduta. La classifica generale, infine, vede in testa l’australiano Rogers, pari tempo con lo statunitense Zabriskie: tra domani e dopo decideranno le sorti dell’Amgen Tour of California il tappone di Big Bear Lake e la crono di San Francisco
Nell’arrivo della quinta tappa del Tour of California, Visalia – Bakersfield di 195 chilometri, è stata ancora una maglia della Liquigas-Doimo a transitare per prima sulla linea del traguardo. Dopo la vittoria di Chicchi, stanotte è toccato a Peter Sagan tagliare il traguardo davanti a tutti. Il giovane slovacco, al quarto centro stagionale nell’anno del debutto tra i professionisti, ha impressionato tutti sulla salita finale con un allungo di pura potenza che non ha lasciato scampo alle velleità di Rogers e Zabriskie e al resto dei 27 componenti il plotone che conduceva la tappa.
«Per un corridore la vittoria è la massima gioia – afferma Sagan – e riuscire a farlo in una tappa così impegnativa, davanti a corridori forti, è ancora più bello. Ora ci aspettano tappe difficili, con salite dure. Il mio obiettivo è quello di resistere il più possibile ma sono conscio che mi manca ancora qualcosa per competere con i migliori quando la strada sale. Cercherò ovviamente di difendere la mia maglia bianca: chiudere la corsa con questo riconoscimento sarebbe una grande soddisfazione».
Insieme alla maglia di miglior giovane Sagan è titolare anche della maglia a punti con un bottino di 34 punti, due in più del britannico Cavendish.
La volata che ha visto primeggiare il giovano slovacco ha avuto ben altro valore per quanto riguarda la classifica generale: il secondo e terzo di giornata, infatti, si trovano ora al comando col medesimo tempo.
Alle spalle della coppia australiano-statunitense il gruppo dei pretendenti si è ulteriormente ristretto ed ora sono solo 15 i ciclisti compresi in 31”. Seguono 4 uomini entro i 2’, mentre il resto viaggia a oltre i 3’10”. Il migliore dei nostri, Francesco Bellotti, pure in forze alla Liquigas, è ora 22° a 3’15”, 3″ in più dello statunitense Hincapie, che lo precede in classifica.
Una caduta in avvio di tappa ha coinvolto anche Lance Armstrong, che è stato costretto al ritiro.
La corsa californiana perde così uno dei protagonisti, punto di riferimento del plotone. Cosa succederà adesso? Chi avrà la forza e il carattere di sostituirlo in gara? Nel frattempo Rogers e Zabriskie fanno a sportellate per portare a casa il risultato.
Mario Prato
SUPERSAGAN
Pare proprio un supereroe il ventenne slovacco della Liquigas-Doimo. Dopo aver furoreggiato nelle frazioni più semplici, infatti, Peter Sagan è andato a segno nella frazione più impervia del Tour di California, aprendo una giornata particolarmente fortunata per la formazione italiana, che nel pomeriggio ha esultato anche per il successo di Nibali ad Asolo. E proprio ad una recente frazione della corsa rosa, quella dell’Aquila, è paragonabile la tappa terminata al Big Bear Lake, dove un gruppetto di venticinque corridori è arrivata al traguardo con distacchi pesantissimi su tutti gli altri. Nel plotoncino di testa, però, c’erano tutti i primi, con l’australiano Rogers che ha conservato la leadership davanti a Zabriskie e lo stesso Sagan.
Secondo successo consecutivo per Sagan sulle strade del Giro di California.
Dopo la vittoria dell’altro ieri nella quinta tappa, sabato il giovane slovacco regala altro spettacolo e si impone anche sul traguardo di Big Bear Lake, località d’arrivo della frazione altimetricamente più impegnativa. Dopo 213 chilometri di corsa, caratterizzati da sette gran premi della montagna, Sagan ha regolato un gruppo di 25 corridori, tra i quali Rogers (Htc-Columbia), Zabriskie (Garmin-Transitions), Voigt (Saxo Bank) e Leipheimer (RadioShack).
“Sono molto soddisfatto – ammette Sagan – perché la tappa di oggi era dura e non sapevo come le mie gambe avrebbero reagito. Nel gruppo c’erano corridori con maggiore attitudine di me in salita e temevo potessero staccarmi. Sono riuscito a resistere e poi, sul rettilineo finale, ho impostato una volata di potenza. La posizione in classifica generale mi permette di sognare ma, realisticamente, bisognerà vedere il rendimento nella prova a cronometro. E’ lunga e impegnativa, forse troppo per le mie caratteristiche attuali“.
La corsa a tappe si avvia verso la conclusione di domenica 23 e il numero di pretendenti si restringe sempre di più. Ora sono solo in 14 collocati entro un ritardo di 35”, il 15° viaggia oramai a 1’52”, mentre buona parte del gruppo ha un passivo superiore ai 30 minuti, frutto di una frazione che ha proposti distacchi similari a quelli della tappa dell’Aquila vista al Giro d’Italia.
Grazie al successo di oggi Sagan è balzato al terzo posto nella classifica generale con un ritardo di 9’’ dal leader Rogers e di 5’’ dal secondo, Zabriskie. Nella classifica a punti ha rafforzato la propria leadership portando a 49 il punteggio totale, così come nella classifica di miglior giovane, guidata con 26’’ di vantaggio su Stetina.
Dopo la tappa odierna Bellotti è sceso dalle zone nobili della classifica ed ora, pur essendo sempre il primo degli italiani, si trova in 27a posizione a 31’20”.
A decidere le sorti della 5a edizione della corsa a tappe americana saranno i 33,6 Km della cronometro di Los Angeles.
Mario Prato

Sagan vince la tappa regina del Giro di California 2010 (Photosport International)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO II: TOUR DE ROMANDIE 2010
Dopo aver ottenuto le prime vittorie da professionista alla Parigi-Nizza Peter Sagan si mette in luce anche al Tour de Romandie. Nella corsa elvetica si impone nella prima tappa in linea, togliendo la maglia di leader della spalle del nostro Marco Pinotti e vincendo una frazione nella quale erano stati protagonisti alcuni tra i più promettenti giovani del momento. Tra di loro c’era anche il francese Thibaut Pinot, del quale ne abbiamo recentemente rivissuto le gesta
SAGAN VINCE LA TAPPA DEI GIOVANI
La tappa odierna ha messo in luce diversi giovani, prima lungo un percorso dove il più combattivo è stato Pinot, in fuga per più di cento chilometri, poi sulla linea d’arrivo, dove il giovane fenomeno Sagan ha vinto e strappato la maglia di leader a Pinotti, anticipando un altro esponente della “linea verde”, l’italiano Francesco Gavazzi.
Era difficile prevedere quello che sarebbe successo oggi, in una tappa mossa, non così ardua da pronosticare l’arrivo solitario dei big, ma nemmeno semplice e dall’esito scontato in volata. Complice, forse, anche la forma non ancora ottimale dei velocisti, in primis del migliore al mondo Mark Cavendish che, nonostanta abbia stretto i denti e lottato fino alla fine, sull’ultimo dei tre gpm segnalati ha dovuto alzare bandiera bianca. La gara si è quindi resa ancora più incerta, col giovanissimo Pinot – in fuga dal mattino, rimasto solo dopo aver lasciato la compagnia di Zeits e Beyer – solitario al comando inseguito dal bretone Wegelius a circa 1’ e da tutto il plotone 30” più indietro al momento dell’ultimo scollinamento.
Lungo la discesa, a circa 30km dal traguardo, è stata poi Bakelandts, compagno di Wegelius, a cercare di riprendere Pinot ed involarsi tutto solo verso il traguardo ma, riuscito nel primo obiettivo, il belga ha invece fallito nell’impresa e si è visto passare dal gruppo dopo pochi chilometri. A questo punto tutte le squadre si preparavano ad un arrivo in volata con la maglia gialla Pinotti, senza più molte carte da giocare dopo il “forfait” di Cavendish che poteva rubare gli abbuoni agli avversari diretti del compagno di squadra.
Alla fine così non è andata e, anche se davanti a tutti si fosse imposto il velocista bretone, non sarebbe bastato all’ingegner Pinotti poiché ad anticipare il resto del gruppo e ad aggiudicarsi la tappa odierna è stato il baby-fenomeno Sagan, secondo nel prologo a meno di un secondo e che quindi uno qualsiasi degli abbuoni in palio lo avrebbe proiettato verso la maglia gialla. Dietro al campioncino di casa Liquigas si è piazzato l’italiano Gavazzi della Lampre. Un duo giovanissimo si è quindi imposto nella seconda tappa che era stata caratterizzata per gran parte della sua durata dalla fuga, in parte solitaria, del più giovane del gruppo, il francese Pinot. Il terzo gradino del podio lo ha occupato Roche (figlio d’arte, suo padre è il grande Stephen, vincitore di Giro, Tour e mondiale nella stagione 1987) davanti a Iglinskiy e Felline.
La maglia di leader è quindi passata sulle spalle dello slovacco che ora difficilmente la lascerà senza combattere e, vista la sua condizione in questo periodo, per gli avversari sarà parecchio dura. Non è certo il favorito in quanto le sue doti sono più evidenti su percorsi pianeggianti o vallonati rispetto a quelli di montagna, ma ora il suo vantaggio sui big è superiore ai 10” e dalla sua parte ha una cronometro non particolarmente lunga (20 Km), senza considerare che di montagne impossibili non se ne vedono all’orizzonte e che la condizione degli avversari non è al top come invece sembra la sua. Sperando di non aver parlato troppo presto, potremmo aver trovato la coppia d’oro dei prossimi anni per la Liquigas che, proseguendo nella linea verde dopo Kreuziger (anche lui in corsa oggi e molto vicino ai primi, quindi eventualmente pronto a raccogliere il testimone del compagno), ora sta proiettando nell’olimpo dei grandi questo Sagan, un ragazzo che promette davvero bene.
Andrea Mastangelo

Sagan vince la prima tappa del Giro di Romandia 2010 (foto Graham Watson)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO I: PARIGI-NIZZA 2010
“Segnatevi questo nome” avevamo titolato annunciando la prima vittoria da professionista di un corridore che nel 2008, da juniores, aveva vinto nella medesima stagione tutti i principati campionati della mountain-bike a disposizione, quello nazionale, quelle europeo e, soprattutto, quello mondiale. Passato nella massima categoria e scelta la strada subito mise in evidenza tutto il suo talento anche in questo campo e lo dimostrò alla terza tappa della Parigi-Nizza, che poi bisserà conquistando anche la quinta frazione: stiamo parlando del futuro tre volte campione del mondo (e non solo) Peter Sagan
SAGAN: SEGNATEVI QUESTO NOME
Alla Parigi – Nizza è stato il giorno della vittoria di Peter Sagan, promettentissimo ventenne slovacco che sul traguardo di Aurillac ha messo in fila il gruppo, battendo anche dei “mammasantissima” del calibro di Contador e Voigt, che festeggia con la conquista della maglia gialla. La tappa è stata caratterizzata dalla lunga fuga di Huguet, Maes e Roelandts e dalla decisione della giuria di posticipare la partenza di 50 Km, a causa della presenza di neve e ghiaccio nei chilometri iniziali.
Che oggi fosse il primo giorno ”importante” alla corsa a tappe francese era risaputo, ma che anche il maltempo ci mettesse lo zampino non lo si poteva prevedere.
Così, a causa della presenza di neve e ghiaccio sulla sede stradale, la partenza è stata portata da Saint-Junien a San Yrieix-la-Perche, accorciando il percorso di 53 km e cancellando il traguardo volante di Coussac-Bonneval e i primi due gran premi della montagna.
Comunque, maltempo o non maltempo, la tappa è stata onorata dai 170 partenti con un avvio frizzante e con il gruppo che rintuzzava la frenesia di chi cercava la fortuna di un attacco. Più fortunati sono stati Huguet (Skil-Shimano), Maes (Quick Step Cycling Team) e Roelandts (Omega Pharma – Lotto) che, dopo 33 km di gara e di bagarre, riescono ad avvantaggiarsi fino a raggiungere il massimo vantaggio di 7’ ai piedi della cote de Sainte Fortunade. I tre in fuga fanno incetta di punti, conquistando anche il GPM di Sexcles e il traguardo volante di Montvert. Nel frattempo, la Caisse d’Epargne si accollava l’onere di ricucire il gap, che dava i suoi frutti con l’avvicinarsi al traguardo finale.
Infatti, con il diminuire dei km all’arrivo e con l’avvicinarsi del gruppo, i tre battistrada perdono la compattezza e cominciano a esibirsi in una serie di scatti e controscatti, che favoriscono il lavoro di chi insegue. Sull’ultima salita di giornata avvenivano il ricongiungimento e l’attacco definitivo, animato da Contador che permetteva l’avvantaggiarsi di sei ciclisti che transitavano compatti sotto l’ultimo striscione GPM e andavano a giocarsi l’arrivo di tappa, distante appena 3 Km. Il portacolori Liquigas Peter Sagan si aggiudicava il traguardo di Aurillac davanti a Rodriguez (Katusha) e Roche (AG2R – La Mondiale). Seguivano a 2” gli altri componenti del sestetto, Jens Voigt (Saxo Bank), Tony Martin (HTC Columbia) e Contador (Astana). Il gruppo, regolato dall’italiano Mirco Lorenzetto (Lampre – Farnese Vini), arrivava con 6” di ritardo.
Grazie alla vittoria Sagan è balzato in testa sia alla classifica a punti (maglia verde), sia a quella dei giovani (maglia bianca), mentre in classifica generale occupa la seconda posizione a 6’’ dal leader Voigt (Saxo Bank). La maglia a pois di leader dei GPM è indossata da Mangel Laurent (Saur-Sojasun).
Sagan ha commentato così la sua prima vittoria grande da professionista: «E’ una grande gioia che speravo di conquistare già ieri. Sapevo di stare bene e nel finale della tappa odierna si è presentata l’occasione giusta per cercare il successo. Il rettilineo d’arrivo era adatto ad una progressione di forza e, trovato il momento giusto, sono riuscito a vincere con un buon margine. Ora ci aspettano altre quattro tappe: vedremo se la corsa mi offrirà altre opportunità come questa».
Mario Prato
LA SAGA(N) CONTINUA
Peter Sagan bissa il successo di Aurillac, vincendo anche la 5a tappa della Parigi – Nizza, 157 km da Pernes-les-Fontaines a Aix-en-Provence, grazie ad una bellissima azione solitaria, iniziata a 2 km dal traguardo. Alle sue spalle un gruppo falcidiato dal forcing della AG2R negli ultimi 25 km, regolato da Lorenzetto. 3° Valverde, che grazie all’abbuono si porta a 20’’ da Contador, sempre leader.
Gridare al fenomeno è sempre pericoloso nello sport, e ancora di più lo è nel ciclismo, dove l’immagine di ogni campione è pronta a sgretolarsi dall’oggi al domani sotto i colpi dell’ennesimo scandalo doping. Se per un istante mettiamo però da parte il disincanto prodotto in ogni appassionato dalle peripezie degli ultimi anni, e ci limitiamo a giudicare sulla base di ciò che vediamo sulla strada, è impossibile non esaltarsi di fronte alle gesta di Peter Sagan, 20 anni da neanche 2 mesi, che ha bissato la vittoria di due giorni fa ad Aurillac, questa volta però lasciando sul posto tutti gli avversari, involandosi tutto solo verso l’arrivo di Aix-en-Provence.
Già prima della prodezza dell’alfiere Liquigas, la tappa si stava rilevando molto meno scontata del previsto, senza fughe capaci di caratterizzare realmente la frazione, ma con tanti tentativi, promossi soprattutto da una attivissima Bouygues Telecom, prontamente neutralizzati dal plotone. Ad accendere davvero la tappa è stato però un tanto improvviso quanto inspiegabile attacco di squadra della AG2R La Mondiale, intrapreso apparentemente senza un perché quando mancavano 25 km al traguardo, in corrispondenza della foratura di Thomas Voeckler (vogliamo sperare non sia stato un attacco punitivo nei confronti dell’aggressività della Bouygues nell’arco della tappa, specie con Fédrigo e lo stesso T-Blanc). Il vento non sembrava tale da poter generare una feroce selezione, complici le molte curve, e dunque l’assenza di lunghi tratti esposti all’azione delle correnti. Malgrado ciò, il plotone ha effettivamente iniziato a sgretolarsi quasi immediatamente, anche se l’unico big a farne le spese è stato Levi Leipheimer, rimasto attardato ad una ventina di chilometri dal termine.
Anche alla luce delle conseguenze non trascurabili dell’azione della AG2R, resta difficile comprendere i motivi che hanno spinto ad agire gli uomini di Vincent Lavenu, e, soprattutto, quelli che li hanno portati ad insistere fino alle battute conclusive, quando era ormai più che evidente che nessun pesce grosso, all’infuori del già attardato americano, sarebbe più caduto nella trappola: Dessel è atleta discretamente veloce, ma che mai poteva pensare di sconfiggere Sagan, Lorenzetto, Valverde o Sanchez in uno sprint ristretto. Quanto alla classifica generale, il corridore meglio piazzato era Nicolas Roche, 15° a 1’22’’ da Alberto Contador; troppo poco, a nostro giudizio, per giustificare un attacco così spettacolare ma al contempo dispendioso, che, per di più, già dopo pochi minuti è parso non in grado di ribaltare le sorti della corsa.
Se l’azione non ha giovato più di tanto agli AG2R, di sicuro è stata comunque una manna per gli spettatori, che hanno visto il gruppo ridursi ad una quarantina di unità, con la prospettiva di assistere, nei 2 km conclusivi in lieve ma costante ascesa, ad una battaglia ben più accesa di quella che avrebbe dovuto avere luogo secondo il canovaccio previsto alla vigilia. E infatti, è bastata la sensazione della strada che sale sotto le ruote per accendere la fantasia di Christophe Le Mevel, autore di una violenta accelerazione all’imbocco dell’era conclusiva, che presentava peraltro le pendenze più aspre proprio in avvio. Solo Peter Sagan è stato abbastanza reattivo di testa e di gambe da accodarsi al francese, che ha finito però la benzina dopo poche centinaia di metri. La stessa cosa non è però accaduta allo slovacco, che al primo accenno di rallentamento si è alzato sui pedali e ha sprigionato tutti i cavalli del suo tremendo motore, producendo una velocità che è andata sì scemando, ma non abbastanza da consentire il completamento della rimonta dei resti del gruppo, trainato dai Caisse d’Epargne. Mirco Lorenzetto, capace di regolare allo sprint il plotoncino dei battuti, è stato dunque nuovamente beffato, dopo che già ad Aurillac, in occasione della prima vittoria di Sagan, aveva vanamente preceduto tutti nello sprint di gruppo. 3°, ma ben più soddisfatto del 2°, è stato invece Alejandro Valverde, che ha così rosicchiato qualche secondo al sempre leader Alberto Contador, portando a 20’’ dal connazionale, giunto comunque con lo stesso tempo, in compagnia degli altri favoriti.
Domani, la Parigi – Nizza 2010 si tufferà nel week-end decisivo, cominciando con la Peynie – Tourrettes-sur-Loup, 220 km inaspriti della salita di 1a categoria del Col de Vence, posto a 32 km dall’arrivo. Dopo Mende è molto difficile ipotizzare un vincitore finale diverso da Alberto Contador, ma l’edizione 2009 è lì a dimostrarci che, come direbbe Yogi Berra, non è finita finché non è finita. Valverde e compagni sono in agguato, in attesa di un difficile ma mai impossibile remake della tappa di Fayence della passata edizione.
Matteo Novarini

Peter Sagan ottiene la prima vittoria da professionista ad Aurillac, al termine della terza tappa della Parigi-Nizza 2010 (foto Bettini)
GOCCE DI PINOT: UN PRINCIPESCO CANTO DEL CIGNO
Il 18 giugno del 2022 è la data dell’ultima vittoria in carriera di Thibaut Pinot, che ha appeso ufficialmente la bici al chiodo il mese scorso, dopo la partecipazione al Giro di Lombardia. L’ultima esibizione di Pinot ha come teatro le strade del Liechtenstein, il piccolo principato incastonato nella catena alpina dove lo scalatore francese si impone in una delle più impegnative frazioni del Giro di Svizzera, quella che prevede il difficile arrivo in salita a Malbun
PINOT TRIONFA NELL’AFA DI MALBUN. HIGUITA NUOVO LEADER
Era già tornato alla vittoria, dopo quasi tre anni, all’ultimo Tour of the Alps mettendosi alle spalle un lungo e buio periodo fatto di infortuni e cattivi pensieri. Oggi, in cima alla dura salita che ha portato la carovana a Malbun, Thibault Pinot ha confermato di essere tornato competitivo, anche se forse non lo vedremo più lottare per il podio di un Tour de France. Il francese della Groupama-FDJ ha vinto in solitaria al termine delle frazione ‘regina’ resa ancora più dura da un clima ancora una volta caldissimo precedendo lo spagnolo Oscar Rodriguez (Movistar Team), staccato di 25″, e il kazako Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan Team), arrivato a 38″. La maglia gialla passa sulle spalle di Sergio Higuita (Bora-Hansgrohe), 4° a 1′19″ e capace di staccare tutti gli altri big negli ultimi due chilometri della dura ascesa finale. Alle sue spalle (a 1′30″) un Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) che adesso insegue il colombiano con appena 2 secondi di ritardo alla vigilia della crono di Vaduz che potrebbe consegnargli la vittoria finale.
La 7a tappa, 195 km da Ambri a Malbun, prevedeva il secondo ed ultimo arrivo in salita della corsa elevetica. Dopo un avvio decisamente semplice, il percorso proponeva la lunghissima salita del Lukmanierpass (29.2 km al 5%), la cui cima era posta al km 72. Terminata la successiva discesa, i corridori dovevano affrontare altri due gpm (entrambi di 3a categoria), il secondo dei quali conduceva la carovana in Liechtenstein. Proprio nel piccolo principato iniziava la salita finale che portava a Malbun (12.6 km al 8.7%).
Dopo due giorni funestati dai numerosissimi ritiri dovuti al covid, la penultima tappa del Tour de Suisse 2022 è partita in un clima decisamente più tranquillo visto che stavolta ad abbandonare la corsa sono stati ’soltanto’ in 3: Quentin Pacher (Groupama-FDJ), Sander Armee (Cofidis) e Marco Haller (Bora-Hansgrohe).
La fuga di giornata si è formata soltanto al km 35 ed è stata propiziata dal ’solito’ Clement Champoussin (Ag2r Citroen Team) e da Nelson Oliveira (Movistar Team). Alla coppia di testa si son man mano aggiunti Clément Berthet e Nicolas Prodhomme (Ag2r Citroen Team), Alexey Lutsenko e Gianni Moscon (Astana Qazaqstan Team), Ion Izagirre (Cofidis), Thibaut Pinot e Askey Lewis (Groupama), Baptiste Planckaert (Intermarché-Wanty), Sylvain Moniquet (Lotto Soudal), Óscar Rodríguez (Movistar), Fausto Masnada e Ilan Van Wilder (Quick-Step Alpha Vinyl), Michael Matthews e Jack Bauer ( Team BikeExchange-Jayco), Gavin Mannion (Human Powered Health), Mathieu Burgaudeau e Paul Ourselin (TotalEnergies) e Yannis Voisard (Nazionale Svizzera). I 20 fuggitivi si sono però ridotti a 14 lungo il Lukmanierpass visto che, uno alla volta, si sono staccati Planckaert, Moscon, Ourselin, Bauer, Lewis e Voisard, I superstiti hanno procedudo di buona lena, raggiungendo il massimo vantaggio (7′30″) proprio in cima alla lunghissima ascesa. Dopodichè il gruppo ha iniziato ad accelerare facendo scendere un pò per volta il gap.
La corsa ha proceduto lungo questo canovaccio praticamente fino ai piedi della salita finale, approcciata dai battistrada con 3 minuti e mezzo sul gruppo controllato dalla Ineos. Non appena la strada ha iniziato a salire, dal gruppo di testa han perso contatto Champoussin (già protagonista ieri) e un Michael Matthews ormai ’sazio’ dopo le due vittorie nei traguardi volanti che gli hanno consegnato la classifica a punti. Ai -11 è invece arrivato il primo attacco, grazie all’azione di Lutsenko a cui si sono subito accodati Izagirre e Van Wilder. Il belga ha però resisto per poco venendo raggiunto rapidamente da Thibaut Pinot. Un chilometro dopo Izagirre è riuscito a sbarazzarsi della compagnia di Lutsenko, mentre Pinot continuava a risalire da dietro dopo aver staccato Van Wilder.
Nel gruppo degli uomini di classifica erano i corridori della Bora, segnatamente con Maximilian Schachmann, a fare il ritmo con l’intenzione di propiziare un attacco del loro nuovo capitano, Sergio Higuita. Il primo a partire è stato però Remco Evenepoel (Quick Step Alpha Vinyl), che ha accelerato ai -8 ed è subito ripreso dal leader Jakob Fuglsang (Israel-PremierTech).
Davanti invece Pinot era riuscito riprendere Lutsenko (ai -7), ma non lo scatenato Ion Izagirre che a quel punto poteva vantare mezzo minuto di vantaggio sul francese e sembrava ormai imprendibile. Pinot però non s’è perso d’animo e ha continuato imperterrito la sua scalata staccando (ai -5) Lutsenko e recuperando qualche secondo al basco. Nel gruppo di testa, sempre tirato da un Daniel Martinez (Ineos Grenadiers) tornato brillante dopo un avvio di Tour de Suisse in sordina, continuava la selezione da dietro: ai -4 si staccava il 5° in classifica, Felix Grossschartner (Bora-Hansgrohe).
Le emozioni più forti sono arrivate nel tratto finale, caratterizzato da pendenze costantemente superiori al 9%. Ion Izagirre è scoppiato ai -3, venendo ripreso e immediatamente staccato da un Thibault Pinot ringalluzzito e lanciato verso un meritatissimo trionfo. Izagirre è andato letteralmente in crisi ed è stato rimontato prima da Lutsenko, quindi da Rodriguez terminando poi fuori dai 10 ad oltre 2 minuti e mezzo dal vincitore.
Nel gruppo dei big, una volta esaurito il prezioso lavoro di Martinez, è arrivato lo scatto di Sergio Higuita (ai -2) a cui non hanno risposto ne Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) ne il capoclassifica Jakob Fuglsang (Israel-PremierTech). Il gallese è però riuscito a staccare Fuglsang negli ultimi 500 metri, avvicinandosi anche allo scatenato colombiano della Bora.
Pinot ha tagliato il traguardo con 25″ di vantaggio su Oscar Rodriguez che nel finale ha superato Lutsenko (3° a 38″). Alle spalle dei tre fuggitivi superstiti un ottimo Sergio Higuita, giunto a 1′19″ davanti a Thomas (a 1′30) e Nicolas Prodhomme (a 1′40″). Più staccato Jakob Fuglsang (a 1′48″) e il sempre verde Domenico Pozzovivo (Intermarchè-Wanty-Gobert Materiaux), che ha chiuso ad 1′59″. Chiudono la top ten di giornata Sebastien Reichenbach (Groupama-FDJ) a 2′09″ e Neilson Powless (EF Education-EasyPost) a 2′19″.
La maglia gialla passa sulle spalle di Sergio Higuita che ora guida con 2″ su Geraint Thomas. Fuglsang scivola in 3a posizione (a 19″) davanti a Powless (a 1′16″), Pozzovivo (a 1′37″) e Reichenbach (2′09″). 7a posizione per un sorprendente Stefan Kung (Groupama-FDJ) a 2′19″ da Higuita. Seguono Bob Jungels (Ag2r Citroen Team) a 2′31″, Felix Grossschartner a 2′47″ e Andreas Leknessund (Team DSM) a 2′59.
Domani è in programma la crono finale con arrivo e partenza nella capitale del Liechtenstein, Vaduz. Saranno 25 km leggermente vallonati che sorridono moltissimo a Geraint Thomas, ormai il grande favorito per la vittoria finale.
Pierpaolo Gnisci
GOCCE DI PINOT: RESURREZIONE SULLE ALPI
Dopo la vittoria sul Tourmalet al Tour del 2019 i tifosi di Pinot dovranno attendere quasi tre anni per rivedere il loro beniamino alzare le braccia al cielo, complice anche una seconda caduta alla Grande Boucle del 2020 che gli provocherà fastidiosi dolori alla schiena, malanno che si trascinerà dietro per parecchio tempo. Sarà il 22 aprile del 2022 il giorno della sua resurrezione agonistica, data nella quale tornerà a tagliare per primo la linea di un traguardo, quello della tappa di Lienz del Tour of The Alps
A LIENZ PINOT BRINDA ALLA VITTORIA DOPO UN LUNGO DIGIUNO. BARDET VINCE IL TOTA 2022
Sotto una pioggia battente che ha condizionato gran parte della quinta e ultima tappa di Lienz, Thibaut Pinot (Team Groupama FDJ) va nuovamente in fuga e questa volta riesce a vincere dopo tre anni di digiuno, cancellando la delusione di ieri. Nella volata a due con la strada che si impenna al 6%, il francese stacca David De La Cruz (Team Qazakstan) mentre nella lotta per la maglia verde Romain Bardet (Team DSM) stacca a sua volta Pello Bilbao (Team Bahrain Victorious) e vince il suo primo Tour of the Alps.
L’ultima tappa del Tour of The Alps 2022 parte da Lienz e finisce a Lienz dopo 114.5 km. La classifica generale, ancora abbastanza corta, prenderà la sua fisionomia definitiva al termine di una tappa difficile ma non difficilissima e che avrà il suo momento clou sul GPM di Stronach, a 10 km dall’arrivo: sono 3 km davvero tosti con pendenze costantemente in doppia cifra. Il duello tra Pello Bilbao (Team Bahrain Victorious) e Romain Bardet (Team DSM), separati da 2 soli secondi in classifica, può riservate sorprese dovute anche alla presenza di terzi o più incomodi. Anche il primo GPM di Bannberg, posto al km 40, non scherza, visto che bisognerà scalare oltre 5 km al 10% di pendenza media. Proprio prima dell’inizio del Bannberg, verso il km 30, si formava in testa un gruppo di 15 ciclisti: David De La Cruz (Team Astana Qazaqstan), Andrey Amador (Team INEOS), Lennard Kamna (Team BORA Hansgrohe), Thibaut Pinot (Team Groupama FDJ), James Piccoli (Team Israel Premier Tech), Abner Gonzalez (Team Movistar), Marco Brenner (Team DSM), Johnatan Canaveral e Luca Covili (Team Bardiani CSF), Jefferson Cepeda (Team Caja Rural), Edoardo Zardini (Team Drone Hopper Androni Giocattoli), Davide Bais ed Igor Arrieta (Team Eolo Kometa), Mikel Iturria (Team Euskaltel Eyskadi) e Torstei Traeen (Uno X Pro Cycling Team). Il primo a scollinare sul Bannberg era Traeen. A 65 km dalla conclusione restavano in testa alla corsa De La Cruz, Amador, Kamna, Pinot, Arrieta e Traeen. Pinot e De La Cruz acceleravano sfruttando i numerosi saliscendi che precedevano il traguardo volante di Anras. Il francese e lo spagnolo si avvantaggiavano sugli ex compagni di fuga e così a 60 km dall’arrivo avevano 55 secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore. Il gruppo maglia verde aveva rallentato e per il momento era segnalato a oltre 7 minuti di ritardo dalla coppia di testa. De La Cruz si aggiudicava il traguardo volante di Anras posto al km 59.8. La coppia di testa aumentava il vantaggio sul primo gruppo inseguitore e soprattutto sul gruppo maglia verde. De La Cruz e Pinot affrontavano il durissimo GPM di Stronach con oltre 11 minuti di vantaggio sul gruppo maglia verde. Il francese attaccava con decisione staccando De La Cruz a circa 1 km dallo scollinamento e transitava per primo sul GPM. Nel tratto in discesa De La Cruz riusciva a rientrare sul francese a 4 km dall’arrivo. Nel frattempo la lotta era serrata alle loro spalle in ottica classifica generale. Thymen Arensman e Romain Bardet (Team DSM) acceleravano a circa 2 km dalla vetta del GPM di Stronach trainando con loro un ottimo Michael Storer (Team Groupama FDJ), mentre la maglia verde Bilbao si staccava. Il terzetto scollinava con circa 25 secondi di vantaggio su Bilbao e Bardet era virtualmente la nuova maglia verde. Intanto nello sprint ristretto per la vittoria di tappa, su una strada che si impennava al 5-6% negli ultimi 600 metri, Pinot aveva la forza di staccare De La Cruz ed andare a vincere a braccia alzate sul traguardo di Lienz, per una vittoria violuta fortemente dopo la grande delusione di ieri. Secondo era De La Cruz a 7 secondi di ritardo mentre terzo si classificava Kamna a 1 minuto e 46 secondi di ritardo da Pinot. A chiudere la top five, Arrieta era quarto a 2 minuti e 43 secondi di ritardo mentre Traeen era quinto a 3 minuti e 26 secondi di ritardo. Grazie al grande lavoro di Arensman che tirava il gruppetto con Storer e Bardet, quest’ultimo giungeva ottavo con oltre 30 secondi di vantaggio su Bilbao. Era il trionfo per Bardet che vinceva il suo primo Tour of The Alps senza aver vinto neanche una tappa. Il francese era la maglia verde definitiva mentre Bilbao scendeva addirittura al quarto posto a 37 secondi di Bardet. Nel mezzo, in seconda posizione si classificava Storer a 14 secondi di ritardo da Bardet mentre Arensman era terzo a 16 secondi di ritardo dal suo compagno di squadra. Per quanto riguarda le altre classifiche, Traeen vinceva quella dei GPM ed Arensman quella del miglior giovane. Anche se il TOTA non ha avuto ciclisti italiani protagonisti, è stata un’ottima corsa da seguire in preparazione del Giro d’Italia, ormai alle porte. E Bardet, considerando l’ottima forma, sarà un ciclista da tenere in grandissima considerazione dopodomani nella Liegi-Bastogne-Liegi, ultima classica delle Ardenne e della stagione al Nord.
Giuseppe Scarfone

Thibaut pinot vince a Lienz (foto: Tim de Waele/Getty Images)
GOCCE DI PINOT: GLORIA SUI PIRENEI PRIMA DI UN AMARO RITIRO
Alaphilippe in maglia gialla, Pinot vincitore del tappone del Tourmalet e protagonista anche il giorno dopo a Prat d’Albis, dove si piazza secondo. Nel 2019 i francesi gongolano e vedono all’orizzonte la possibilità di tornare a vincere il Tour dopo un digiuno che dura da 34 anni. Le tappa alpina di Tignes, però, sarà una doccia fredda per tutti: Alaphilippe perde le insegne del primato per 45 secondi, che diventeranno quasi 4 minuti il giorno successivo a Val Thorens; peggio va a Pinot, costretto al ritiro per un apparentemente banale colpo dato con il ginocchio contro il manubrio. Ancora non lo sa ma, complice una caduta al Tour dell’anno successivo che gli provocherà problemi alla schiena, quella del Tourmalet sarà l’ultima vittoria prima di un digiuno che terminerà solamente tre anni più tardi, nel 2022.
LA CARICA DEI FRANCESI SUL TOURMALET: TAPPA A PINOT, GUADAGNO PER ALAPHILIPPE
Pinot ha conquistato la tappa con arrivo sul mitico Tourmalet con una sorta di volata lunga partita a 250 metri dall’arrivo, dopo una scalata condotta a ritmo elevato, ma senza alcun attacco vero e proprio. Molti uomini di classifica in difficoltà come Quintana, che pure aveva messo alla frusta la squadra, Urán, Porte e, nel finale, anche Thomas. Naufragio di Bardet.
Si era detto ieri che la tappa di oggi era mal disegnata e ispirava a fare il ritmo sulla salita del Tourmalet e provare lo scattino ai 2 Km dall’arrivo. E’ andata ancora peggio, nel senso che lo scattino c’è stato a 250 metri dalla conclusione, con Thibaut Pinot (Groupama – FDJ) che ha fatto una volata lunga. Siamo ridotti a vedere i corridori che sprintano sul Tourmalet, souvenir Jacques Goddet di questa edizione 2019 della Grande Boucle.
Per fortuna il ritmo elevato ha fatto numerose vittime con la selezione da dietro ed ha quindi assestato la classifica generale con distacchi più netti e granitici.
Naturalmente, in una corsa di tre settimane, gli ultimi giorni potranno rimescolare tutto, ma alcune risposte si sono avute. Continua la straordinaria condizione di forma della maglia gialla Julian Alaphilippe (Deceuninck – Quick Step), che non solo ha superato l’esame del Tourmalet ma ha colto anche la seconda posizione e conquistato il relativo l’abbuono. Alaphilippe ha così distanziato maggiormente il secondo in classifica generale Geraint Thomas (Team INEOS), che di suo è andato in difficoltà nel finale e ha ceduto una trentina di secondi.
In effetti sulla salita gli uomini della Ineos non hanno mai fatto il ritmo e si sono visti spesso nella seconda parte del gruppo. In questo senso Pinot ed Emanule Buchmann (Bora – Hansgrohe) potevano tentare di accelerare anche prima del chilometro conclusivo.
In ogni caso, al di là della crisi di Thomas, non si capisce se Pinot pensa di recuperare gli oltre tre minuti che lo separano da Alaphilippe attaccando a 300 metri dell’arrivo.
Gli scatti sono iniziati subito dopo il via ufficiale, ritardato a causa di un cambio di percorso imposto da una protesta inscenata da alcuni cittadini che si sono seduti sulla sede stradale. Tra i più attivi nel portare via la fuga c’è stato il nostro Vincenzo Nibali (Bahrain Merida), che è apparso decisamente più in forma di quanto non avesse mostrato nei giorni scorsi. Il siciliano se n’è andato con Peter Sagan (Bora – Hansgrohe) e i due, dopo aver scollinato il primo GPM con Nibali che aveva leggermente distanziato lo slovacco, hanno rallentato per consentire il rientro di un gruppetto di contrattaccanti composto da Alexis Vuillermoz (Ag2r La Mondiale), Matej Mohorič (Bahrain-Merida), Matthieu Ladagnous (Groupama-FDJ), Carlos Verona (Movistar), Luis León Sánchez (Astana), Sergio Henao (UAE Emirates), Lennard Kämna (Sunweb), Tim Wellens (Lotto Soudal), Lilian Calmejane, Romain Sicard e Rein Taaramäe (Total Direct Énergie), Ilnur Zakarin e Marco Haller (Katusha-Alpecin), Guillaume Martin (Wanty-Gobert) ed Élie Gesbert (Arkéa-Samsic). Perdono, invece, il momento buono Simon Geschke (CCC Team) e Pierre-Luc Périchon (Cofidisc) che, dopo qualche chilometro a bagnomaria, capiscono la mala parata e si rialzano mestamente.
Il gruppo non lascia più di due minuti e mezzo a questo tentativo, che non riesce quindi a prendere il largo. Sulle rampe del Col de Soulor è la Movistar con Andrey Amador ad imporre un ritmo elevatissimo, che causa prima il distacco di Bardet e poi la difficoltà di Adam Yates (Mitchelton-Scott), che riuscirà a rientrare in discesa, mentre il francese naufragherà giungendo al traguardo con i velocisti.
Il vantaggio della fuga cala vertiginosamente, ma davanti si portano Wellens, Nibali e Gesbert, con la maglia a pois che va a prendersi anche il traguardo del Soulor battendo Nibali allo sprint.
I tre vengono ripresi da Sicard, Calmejane, Kämna, Verona e Zakarin, mentre il gruppo si avvicina sempre di più, tanto che l’effimero tentativo di Sicard non suscita interesse negli altri fuggitivi, che lo lasciano fare.
Sulle rampe del Tourmalet riprende il forcing di Amador che, oltre a causare la capitolazione definitiva di tutti i fuggitivi, comincia a causare vittime illustri. Si staccano Yates, Patrick Konrad (Bora-Hansgrohe) e Daniel Martin (UAE Team Emirates). Pochi chilometri più avanti anche Nairo Quintana (Movistar) deve mollare il colpo, cosa abbastanza singolare visto che a mandarlo in difficoltà è stato proprio il ritmo elevatissimo del suo compagno di squadra che, presumibilmente, stava tirando proprio su indicazione del colombiano, che sembrava quindi intenzionato a sferrare un grande attacco.
Si ferma quindi Marc Soler in aiuto a Quintana, mentre Mikel Landa resta nel gruppo dei migliori.
Dopo la débâcle di Quintana, è la Groupama-FDJ a portarsi in testa con David Gaudu; poco dopo si fa vedere anche la Jumbo Visma con George Bennet. In questa fase cedono Richie Porte (Trek – Segafredo), Enric Mas (Deceuninck – Quick Step), il campione del mondo Alejandro Valverde (Movistar) e Jakob Fuglsang (Astana).
L’unico a tentare una vera accelerata è Buchmann e, guardacaso, perdono terreno Thomas e Rigoberto Urán (EF Education First). Il gallese già da qualche chilometro viaggiava nelle ultime posizioni ed è stata sufficiente una forte accelerata per farlo staccare. Se Pinot e Buchmann si fossero decisi a scattare un po’ prima probabilmente si sarebbero avvicinati molto di più a Thomas in generale. Tra l’altro, in questa fase anche Alaphilippe non era sembrato proprio brillantissimo. Ovviamente per verificare questo gli avversari avrebbero dovuto provare un attacco vero almeno ai -4, perché uno scattista come Alaphilippe è in gradi di fare anche due chilometri in apnea.
Alla fine arrivano agli ultimi metri i primi 6 della generale, con la sola eccezione di Thomas che manca e di Landa, che invece è presente. Lo sfortunato basco, che è tra i migliori nonostante le cadute e nonostante il Giro d’Italia corso ad altissimi livelli, perde qualche secondo solo negli ultimi metri, quando Pinot prova la volata lunga ai 300 metri dalla conclusione. Il francese prende qualche metro e vince la tappa con il connazionale in maglia gialla che fa valere le doti di sprinter e va a precedere un ottimo Steven Kruijswijk (Jumbo-Visma) che, zitto zitto, si tiene la terza posizione e si avvicina a Thomas. Anche Egan Bernal (Team INEOS) e Buchmann arrivano con questo drappello mentre Landa paga 14 secondi (ma ora, con la cristi di Quintana che è scivolato dietro al proprio compagno in classifica generale e non sembra in forma, lo spagnolo può ambire ai gradi di capitano).
Come si diceva, Alaphilippe ha dimostrato di avere ancora una condizione invidiabile e di reggere anche su grandi salite. Manca solo l’incognita della terza settimana con i tapponi alpini. Kruijswijk, come al solito, è stato molto regolare, non è uscito allo scoperto, ma è un uomo pericoloso perché regge bene le tre settimane e difficilmente accusa dei cali. Non ha lo scatto da scalatore, ma viene fuori alla distanza. Thomas ha avuto una défaillance, ma è riuscito tutto sommato a limitare i danni; nulla è perduto, però Thomas è un corridore abituato a vincere a cronometro e a difendersi in salita. Non è un attaccante ed in questo momento, in cui c’è bisogno di attaccare per mettere in difficoltà Alaphilippe, Bernal sembra il più indicato per farlo, anche se il colombiano aveva impostato la stagione in modo da avere il picco di forma durante il Giro d’Italia.
Ancora in corsa Buchmann e Pinot, che comunque sono a poco più di un minuto da Thomas e Kruijswijk e, se Alaphilippe dovesse accusare un calo, sarebbero ottimi candidati alla vittoria.
Più lontani gli altri, anche se un uomo come Landa, se dovesse avere la brillantezza, non esiterà ad attaccare anche da lontano.
Domani, ad esempio, c’è un ottima occasione per tentare di far danno. Il Mur de Péguère presenta negli ultimi 3 Km tratti di strada con pendenze del 18%. Si scollina a 38 Km dal traguardo, con davanti la salita verso Prat d’Albis da affrontare. In un percorso di oltre 180 Km, con tre colli in fila, dopo gli sforzi della cronometro e del Tourmalet, si può tentare una azione di più ampio respiro rispetto a quelle andate in scena oggi
Benedetto Ciccarone

Thibaut Pinot trionfa ai 2115 metri del Col du Tourmalet (foto Bettini)
GOCCE DI PINOT: SUL MONT FARON PER RICOMINCIARE A PENSARE AL TOUR
Dopo due stagioni nelle quali aveva disdegnato il Tour per il Giro in casa Groupama fanno la voce grossa e prevale la “ragion di stato”: Pinot viene caldamente invitato a dirottare la sua stagione verso la corsa di casa e decide di evitare la Corsa Rosa. E il 2019 inizia bene per lo scalatore francese, proprio sulle strade di casa: a febbraio vince, infatti, la tappa regina del Tour du Haut-Var, quella dell’arrivo in salita sul Mont Faron, imponendosi anche nella classifica generale
TOUR DU HAUT VAR, IL MONT FARON INCORONA THIBAUT PINOT
Il corridore di casa Thibaut Pinot (Groupama – FDJ) ha conquistato la vittoria finale al Tour du Haut Var vincendo la frazione regina con arrivo sul mitico Mont Faron. Romain Bardet (AG2R La Mondiale) si è dovuto arrendere al connazionale portando a casa il secondo posto davanti a Hugh Carthy (EF Education First). Durante la tre giorni gli altri successi parziali sono andati a Sep Vanmarcke (EF Education First) e Giulio Ciccone (Trek – Segafredo), partito per la tappa conclusiva con la maglia di leader sulle spalle ma arresosi e a due chilometri dalla conclusione della corsa classificandosi all’ottavo posto finale.
La cinquantunesima edizione del Tour du Haut Var presentava un percorso rivoluzionato rispetto alle ultime edizioni per il passaggio da due a tre tappe. Tutti i giorni i corridori dovevano affrontare un dislivello notevole ed erano in programma ben due arrivi in salita, a Mons e sul Mont Faron, storica ascesa del Tour Méditerranéen e giudice finale di questa corsa a tappe. I francesi partivano come assoluti favoriti con la presenza di Thibaut Pinot (Groupama – FDJ), Romain Bardet e Alexis Vuillermoz (AG2R La Mondiale) e Lilian Calmejane (Direct Energie); Hugh Carthy (EF Education First) e il nostro Giulio Ciccone (Trek – Segafredo) erano i principali outsiders. La prima tappa prevedeva un percorso ricco di salite di 156 chilometri da Vence a Mandelieu-la-Napoule con il Col du Tanneron (4.9 km al 5.3%) distante appena dieci chilometri da un traguardo che prometteva un arrivo in sprint a ranghi ristretti. Dopo una lunga battaglia per centrare la prima fuga della corsa, erano Julien Bernard (Trek-Segafredo), Damien Touzé (Cofidis, Solutions Crédits) e Mathieu Burgaudeau (Direct – Énergie) a riuscire nel tentativo raggiungendo un vantaggio massimo di quattro minuti e trenta secondi e riuscendo a conservare un vantaggio di quasi tre minuti quando si approcciavano gli ultimi trenta chilometri di corsa. A quel punto una forte accelerazione del gruppo provocava il ricompattamento sui fuggitivi quando al traguardo mancavano 14 chilometri al traguardo. Sul Tanneron era Calmejane a scatenare i suoi cavalli con Rudy Molard (Groupama-FDJ) che si agganciava al connazionale; nell’ultima parte di salita anche Ciccone, Carthy e Bardet riuscivano a riportarsi sulla testa della corsa, mentre altri corridori rientreranno sulla testa della corsa nel tratto di discesa molto tecnica, nel quale diversi corridori rimanevano coinvolti in cadute (tra questi Calmejane). Si arrivava così in volata con quattordici atleti a contendersi la vittoria e Sep Vanmarcke (EF Education First) sfruttava l’occasione per centrare la prima vittoria a distanza di due anni e mezzo dall’ultimo successo (la classifica finale dello Ster ZLM Toer nel 2016). Julien El Fares (Delko Marseille Provence) stava per riuscire a prolungare il digiuno del corridore fiammingo, ma si doveva accontentare del secondo posto davanti a Ciccone.
La seconda frazione era la più insidiosa per via del lungo chilometraggio, 205 chilometri, abbinato ad un dislivello complessivo – ben 4200 metri – che nel mese di febbraio molti corridori non erano pronti ad affrontare. Dopo la partenza da Le Cannet-des-Maures un’infinita sequenza di salite conducevi i corridori verso gli ultimi venti chilometri, nei quali si dovevano affrontare due salite impegnative, il Col du Bourigaille (9.8 km al 4.8%) e quindi l’ascesa di 5.4 km che conduceva all’arrivo di Mons con una pendenza media del 5.8% e tratti oltre al 10%. Nelle prime fasi di corsa avvenivano diversi tentativi di fuga, finché non erano Vanmarcke, Alexis Gougeard (AG2R La Mondiale), Cyril Gautier, Arthur Vichot e Pierre Rolland (Vital Concept – B&B Hotels), ad avvantaggiarsi sul gruppo, controllati molto bene dagli inseguitori in quanto il leader della classifica generale era presente in fuga. A quel punto, però, Vanmarcke decideva di rialzarsi lasciando in avanscoperta gli altri quattro ex compagni di fuga. Durante la tappa diversi corridori annunciavano il ritiro e tra questi c’era Krists Neilands (Israel Cycling Academy) che era tra i pochi arrivati nel gruppetto di testa nella tappa precedente. Nel frattempo la fuga riusciva a guadagnare un vantaggio massimo di quattro minuti e trenta secondi e, quando mancavano circa 40 chilometri alla conclusione, Gougeard perdeva contatto lasciando il terzetto di corridori della Vital Concept a vedersela contro il resto del gruppo, distante ormai due minuti e mezzo. A venti chilometri dall’arrivo davanti rimanevano Gautier e il suo capitano Rolland con il gruppo – dal quale perdeva contatto Vanmarcke - attardato ancora di due minuti. La Vital Concept iniziava a credere di riuscire a completare una grande azione di squadra ma il gruppo, sotto la forte azione di Fabio Felline (Trek – Segafredo) permetteva di recuperare abbastanza velocemente su Rolland, ormai rimasto solo nella sua azione, e di chiudere definitivamente sul transalpino a cinque chilometri dalla conclusione, ai piedi della salita finale. Affrontata l’ultima ascesa senza attacchi, arrivavano undici atleti a giocarsi il successo parziale e grazie ad un grande sprint finale Ciccone riusciva a trionfare davantiagli idoli di casa Pinot e Bardet, rispettivamente secondo e terzo, coronando l’immenso lavoro del compagno di squadra Felline. Restavano quindi in corsa per il successo finale Ciccone, El Fares, Pinot, Bardet, Vuillermoz, Nicolas Edet (Cofidis, Solutions Crédits) e Carthy, tutti appaiati in classifica non essendo presenti abbuoni in questa corsa, mentre tutti gli altri sembravano tagliati fuori dal discorso per la vittoria conclusiva.
La tappa finale era la più breve, ma anche quella con il finale più impegnativo. Infatti, dopo 130 chilometri dalla partenza di La Londe-des-Maures e un percorso relativamente pianeggiante, rispetto alle giornate precedenti, si doveva affrontare la salita più impegnativa di questa tre giorni: il Mont Faron con i suoi 5.7 chilometri all’8.4% rappresentava un grande ostacolo e Ciccone doveva provare a difendersi con i denti dall’assalto dei tanti francesi in corsa. La fuga di giornata era composta da Burgaudeau e Paul Ourselin (Direct Énergie), Kevyn Ista (Wallonie-Bruxelles), Mauro Finetto (Delko Marseille Provence), Flavien Maurelet (St Michel-Auber93), Damien Touzé (Cofidis, Solutions Crédits) e Yoann Bagot (Vital Concept – B&B Hotels), sui quali riuscivano a rientrare qualche chilometro più tardi anche Romain Le Roux (Arkéa Samsic) e Julien Antomarchi (Natura4Ever -Roubaix Lille Métropole). Questi atleti riuscivano a guadagnare un vantaggio massimo di tre minuti e dieci secondi e a dieci chilometri dalla conclusione riuscivano a conservarli, anche se non appena iniziava la salita finale il loro gruzzoletto temporale crollava con Burgaudeau ultimo a resistere al ritorno del gruppo a due chilometri dalla vetta. Nello stesso momento sia Ciccone sia El Fares alzavano la bandiera bianca lasciando sette uomini al comando con Pinot, Bardet, Vuillermoz, Calmejane, Frankiny, Carthy ed Edet. Nell’ultimo chilometro Carthy attaccava portandosi dietro Pinot e Bardet, mentre Calmejane provava a rientrare di ritmo, ma a quel punto Pinot decideva di attaccare e andava a conquistare la vittoria sul Mont Faron anticipando di un paio di secondi Bardet e di quattro secondi Carthy. Ciccone perdeva un minuto e quattordici concludendo la corsa all’ottavo posto, mentre la classifica generale rispecchiava il risultato di tappa con Pinot che precedeva Bardet e Carthy rispettivamente di 3 e 5 secondi.
Carlo Toniatti

Thibaut Pinot vince la tappa regina del Tour du Haut Var assicurandosi il successo nella classifica finale della breve corsa francese (foto LNC - Activ Images)
GOCCE DI PINOT: THIBAUT SIGNORE DI LOMBARDIA
Dopo aver fallito per il secondo anno consecutivo l’assalto al Giro Thibaut Pinot risolleva le sorti della sua stagione conquistando una delle più prestigiose corse disputate nella sua amata Italia. Lo scalatore francese centra l’obiettivo del Giro di Lombardia, che vince in solitaria precedendo sul traguardo di Como di 32 secondi Vincenzo Nibali
21 anni dopo l’accoppiata Milano–Torino – Giro di Lombardia di Jalabert, un francese torna a vincere l’ultima classica monumento della stagione 2018 dopo aver tagliato braccia al cielo anche il traguardo di Superga, dominando il cosiddetto trittico d’Autunno. Grandissima prova di Vincenzo Nibali, vincitore morale della “Classica delle foglie morte” che, dopo le sofferenze patite in seguito alla frattura rimediata al Tour de France, risponde all’attacco sul Muro di Sormano e, raggiunto a tre chilometri dall’arrivo, riparte a tutta prendendosi la seconda posizione.
E’ sempre una grande emozione seguire una corsa come il Giro di Lombardia arrivata all’edizione numero 112, seconda solo alla Roubaix in questa speciale classifica. È anche una della più antiche classiche, seconda in Italia solo alla corsa più vetusta del mondo, quella Milano-Torino che, insieme alla Gran Piemonte ed al Lombardia, costituisce il cosiddetto trittico d’autunno. E’ proprio il trittico d’autunno che, dopo 21 anni, vede un transalpino vincere sia la più antica classica del mondo, sia l’ultima prova monumento della stagione. Ci era riuscito Laurent Jalabert nel 1997 e ci è riuscito quest’anno Thibaut Pinot (Groupama – FDJ), che ha individuato un finale di stagione straordinario con le vittorie ai Laghi di Covadonga e ad Andorra alla Vuelta, il secondo posto alla Tre Valli Varesine e infine la doppietta nel trittico d’Autunno. Il francese – che era uscito a pezzi dal Giro d’Italia, finendo addirittura ricoverato in ospedale dopo la paurosa crisi patita nella tappa di Cervinia, quando era in lotta per il podio della corsa rosa – è tornato lentamente alla corse per ritrovare la forma migliore, arrivata in questo finale di stagione. Con le dovute differenze, anche Vincenzo Nibali (Bahrain Merida), secondo al traguardo di Como e altro grande protagonista di questa meravigliosa corsa, ha vissuto una situazione simile. Dopo la caduta alll’Alpe d’Huez, la frattura della vertebra e l’operazione chirurgica Vincenzo ha fatto una grande fatica alla Vuelta per cercare di ritrovare la condizione per il campionato del mondo, condizione che non è purtroppo arrivata in quella occasione. Oggi, la situazione è apparsa in netto miglioramento, ma lo “Squalo” non ha ancora trovato il top della condizione e, dopo numerose accelerazioni di Pinot sul Civiglio, ha ceduto proprio nelle rampe finali dell’ascesa comasca. Nibali, però, ha mostrato il carattere e la classe che lo contraddistinguono proprio quando è stato raggiunto da un gruppo di contrattaccanti, nel quale era presente anche un elemento di primissimo piano come Daniel Martin (UAE-Team Emirates): esattamente nel momento in cui è stato raggiunto è ripartito subito a tutta, nonostante fosse stanchissimo e senz’acqua, riuscendo a staccare gli altri ed a prendersi il secondo posto. Al termine di una corsa di 241 chilometri sono le doti di fondo a fare la differenza nel finale e oggi lo ha dimostrato proprio Nibali, corridore che di queste doti ha sempre fatto il proprio punto di forza e che è riuscito a sfruttare proprio la stanchezza degli uomini che avevano dato fondo a tutte le loro energie nel tentativo di inseguirlo e raggiungerlo.
Negative, invece, sono state le prove di Alejandro Valverde (Movistar) e di Romain Bardet (AG2R La Mondiale). Quest’ultimo è naufragato inesorabilmente sul Muro di Sormano anche (ma non solo) a causa di un urto con uno spettatore, mentre il neocampione del mondo ha alzato bandiera bianca sul Civiglio. Il mondiale durissimo ha evidentemente lasciato il segno sui corridori giunti al primo ed al secondo posto. L’ultimo uomo a conquistare la Classica delle foglie morte in maglia iridata rimane quindi il nostro Paolo Bettini, che tagliò il traguardo in lacrime, indicando il cielo in ricordo del fratello scomparso pochi giorni prima.
La grandezza di una corsa come il Lombardia è stata evidente nella edizione di quest’anno, con l’attacco decisivo partito sul Muro di Sormano, quando mancavano ancora 50 chilometri alla conclusione, per iniziativa di Primož Roglič ( Team LottoNL-Jumbo) dopo il forcing dei suoi compagni di squadra per riprendere la fuga nata prima dell’inizio della salita verso Sormano. Lo sloveno ha accelerato riuscendo a guadagnare qualche metro sulle terribili pendenze ed il primo a riportarsi su di lui è stato proprio Nibali. Pinot ha capito a quel punto che anche a cinquanta chilometri dall’arrivo un’azione con Nibali non andava sottovalutata e si è inserito nel tentativo, che ha visto partecipare anche Egan Bernal (Sky), tornato alle corse dopo il grave incidente alla Clásica San Sebastián che lo aveva costretto a rinunciare alla Vuelta. Le corse di lusso come il Lombardia riservano anche queste cose, come un tentativo nato a cinquanta chilometri dall’arrivo composto da 4 “pezzi da novanta!. Gli altri big sono riusciti a riassorbire Bernal e Roglič, andati in crisi sul Civiglio e, nel finale, anche a riprendere Nibali, che però li ha ristaccati con grande classe. Buona parte del merito va anche a Domenico Pozzovivo ed Ion Izagirre (Bahrain Merida), perfetti nel ruolo di stopper, e di Franco Pellizzotti, alla sua ultima corsa in sella prima di salire in ammiraglia nella veste di direttore dportivo.
La corsa è partita da Bergamo a ritmi davvero elevati, tanto che si sono registrati sei ritiri nei primi venti chilometri ed i primi due tentativi di fuga – promossi da Florian Sénéchal (Quick-Step Floors) il primo e da Manuel Senni (Bardiani-CSF) e Johann Van Zyl (Dimension Data) il secondo – non hanno avuto vita lunga. Miglior fortuna hanno avuto Davide Ballerini (Androni Giocattoli Sidermec), Umberto Orsini e Alessandro Tonelli (Bardiani-CSF), di nuovo Sénéchal, Franck Bonnamour (Fortuneo Samsic), Jhonatan Restrepo (Katusha Alpecin), Michael Storer (Team Sunweb) e Marco Marcato (UAE Team Emirates), che sono invece riusciti ad evadere ed a guadagnare sino a 6 minuti sul gruppo nel tratto pianeggiante iniziale. Il gruppo, guidato da Movistar e Groupama – FDJ, ha tenuto la fuga sotto controllo assestando il vantaggio sui 4 minuti mezzo sino alla salita del Ghisallo, sulla quale il ritmo è salito in vista della aperture delle ostilità. Sulle rampe verso il santuario dei ciclisti il gruppo di testa si sfalda, mentre un gruppo di contrattaccanti con Matteo Montaguti (Ag2r La Mondiale), Carlos Verona (Mitchelton-Scott), Sergio Henao (Sky) e Matej Mohorič (Bahrain-Merida) viene stoppato dal gruppo principale. Jack Haig (Mitchelton-Scott) riesce, invece, a sfuggire al controllo del gruppo ed a riportarsi su Jan Hirt (Astana), che si era avvantaggiato in precedenza. Orsini passa primo sul Ghisallo allungando in vista del prestigioso scollinamento, ma viene subito ripreso. Nel corso dell’avvicinamento alla salita di Sormano la Lotto Nl-Jumbo forza il ritmo in testa al gruppo e riprende uno ad uno tutti gli attaccanti. Si tratta di un’azione nata per spianare la strada all’attacco di Roglič, che guadagna qualcosa sul gruppo, ma non riesce a prendere il largo. Ci riescono, invece, Nibali e Pinot che raggiungono e staccano Roglič, venendo poi ripresi da quest’ultimo e da Bernal lungo la discesa, mentre il gruppo di Valverde, orfano di Bardet, insegue ad oltre 40 secondi.
La situazione giù dalla Colma di Sormano vede quindi al comando Pinot, Nibali, Roglič e Bernal, inseguiti da Ion Izagirre, Pellizotti, Pozzovivo, Dario Cataldo e Sergey Chernetski (Astana), Dylan Teuns (BMC), Rafał Majka (Bora-Hansgrohe), Sébastien Reichenbach (Groupama-FDJ), Tim Wellens (Lotto Soudal), Adam Yates e Mikel Nieve (Mitchelton-Scott), Valverde, Enric Mas (Quick-Step Floors), Rigoberto Urán, Michael Woods e Daniel Felipe Martínez (EF-Drapac Cannondale), George Benett (LottoNL-Jumbo) e Daniel Martin (UAE Emirates Team).
I componenti dei gruppo di Valverdem, però, invece di organizzare un inseguimento strutturato si scattano in faccia senza riuscire a guadagnare sulla testa della corsa, mentre i Bahrain-Merida fanno buona guardia andando a stoppare ogni tentativo.
Sulla salita di Civiglio cede subito Roglič, mentre Bernal cerca stoicamente di non perdere troppo, ma il ritmo della coppia di testa, sollecitato soprattutto da Pinot, si rivela troppo elevato anche per lui. Nel gruppetto inseguitore proseguono gli scatti ed è Valverde a farne le spese, con l’Embatido che alza bandiera bianca ai -16. Pinot accelera spesso ed alla fine riesce a staccare Nibali, che inizialmente sembra piantarsi, mentre Martin da dietro si avvantaggia sugli altri e sembra avvicinarsi pericolosamente al siciliano. Nella discesa successivo Pinot, che negli ultimi anni è migliorato molto su questo terreno, in passato il suo punto debole, riesce a mantenere il vantaggio di circa 25 secondi su uno specialista delle picchiate come Nibali per poi incrementare il vantaggio sullo strappo di Monte Olimpino, che permette a Majka, Martin, Teuns, Urán, Pozzovivo, Izagirre e Wellens di riportarsi su Nibali. Anzichè scoraggiare il siciliano, il ricongiugimento moltiplica le sue energie e lo “Squalo” riparte a tutta, staccando il drappello dei contrattaccanti, sfiniti dall’inseguimento e andando a cogliere la seconda posizione con grande caparbietà.
La volata del gruppo vale per il gradino più basso del podio ed è Dylan Theuns a conquistarla.
Nibali, nonostante si sia trovato a competere con un corridore con una condizione nettamente migliore della sua, non si è dimostrato soddisfatto dopo il traguardo, pur nella consapevolezza di aver dato il massimo.
Questo è l’atteggiamento giusto, la mentalità vincente del campione che punta sempre al massimo risultato ed è anche grazie a quest’atteggiamento che si ottengono i migliori risultati e si riescono a valorizzare le qualità fisiche.
Questa edizione della classica delle foglie morte è stata, quindi, la degna conclusione di una meravigliosa stagione ciclistica ricca di emozioni, nella quale l’unica corsa eccessivamente chiusa è stata ancora una volta il Tour de France. L’auspicio di tutti gli appassionati è che la prossima edizione della Grande Boucle, che sarà presentata tra meno di due settimane, regali quelle emozioni che da troppi anni la principale corsa a tappe del mondo non riesce ad offrire.
Benedetto Ciccarone

Pinot riporta in terra di Francia il Giro di Lombardia dopo aver fatto il "pieno" alla Milano-Torino (foto Bettini)