DAI TRABOCCHI SPUNTA ANCORA MILAN. POGACAR SEMPRE IN ROSA
maggio 15, 2024 by Redazione
Filed under 15 MAGGIO 2024 - 11a tappa: FOIANO DI VALFORTORE - FRANCAVILLA AL MARE, News
Jonathan Milan (Team Lidl Trek) dimostra di essere uno dei ciclisti più forti in circolazione battendo con una volata autoritaria sul traguardo di Francavilla al Mare Tim Merlier (Team Soudal Quick Step), poi declassato, e Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck)
Risalendo lo Stivale il Giro affronta l’undicesima tappa da Foiano di Van Foltore a Francavilla al Mare di 207 km. Tornano di scena i velocisti che dovrebbero giocarsi la vittoria anche se la prima parte della tappa è piuttosto vallonata e presenta anche il gpm di Pietracatella posto al km 48.4. Il ritiro alla partenza di Cian Uijtdebroeks (Team Visma Lease a Bike) è tra le notizie più importanti della giornata con la maglia bianca che adesso passa sulle spalle di Antonio Tiberi (Team Bahrain Victorious). Oltre al ciclista belga non figuravano tra i partenti di oggi Stefano Oldani (Team Cofidis) e Louis Barrè (Team Arkea B&B Hotels). Dopo la partenza si formava la fuga di giornata grazie all’azione di Thomas Champion (Team Cofidis), Edoardo Affini e Tim van Dijke (Team Visma Lease a Bike). Van Dijke scollinava in prima posizione sul promo gpm di Pietracatella posto al km 48.4. Champion si aggiudicava il primo traguardo volante di Casacalenda posto al km 74.5. Le squadre dei velocisti si davano cambi regolari in testa al gruppo ed il ritardo nei confronti della fuga veniva contenuto all’interno dei 2 minuti. In vista della costa adriatica, considerate le condizioni di vento da moderato a forte, gli ultimi 100 km di corsa potevano essere considerati i più spettacolari in caso di ventagli. Champion si aggiudicava il traguardo intergiro di San Salvo Marina posto al km 137.9. I tre fuggitivi venivano ripresi poco prima del passaggio sul secondo traguardo volante di Fossacesia Marina, sul quale transitava per primo Ryan Mullen (Team BORA Hansgrohe). La tappa si animava improvvisamente a poco meno di 21 km dall’arrivo con un attacco di Andrea Piccolo (Team EF Education EasyPost) mentre quasi contemporaneamente una caduta coinvolgeva Felix Grossschartner (UAE Team Emirates) e Kevin Vermaerke (Team DSM Firmenich PostNL). Entrambi i ciclisti si rialzavano e ripartivano senza apparenti problemi. Una volta ricompattatosi, il gruppo si preparava alla volata. Era ancora una volta Jonathan Milan (Team Lidl Trek) a dimostrare di essere il velocista più forte del momento. La maglia ciclamino vinceva con autorità davanti a Tim Merlier (Team Soudal Quick Step) e Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck), anche se dopo dopo il termine della frazione la giuria sanciva il declassamento all’ultimo posto del gruppo del belga, reo d’aver stretto contro le transenne il colombiano Juan Sebastián Molano (UAE Team Emirates). Saliva così al terzo posto Giovanni Lonardi (Team Polti Kometa), con Laurence Pithie (Team Groupama FDJ) e il citato Molano a chiudere la TopFive, mentre una caduta sul rettilineo d’arrivo metteva fuori gioco alcuni ciclisti, tra i quali Fabio Jakobsen (Team DSM Firmenich PostNL). Per Milan è la seconda vittoria al Giro 2024 mentre la classifica generale vede sempre al comando Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) davanti a Daniel Martinez (Team BORA Hansgrohe) e Geraint Thomas (Team INEOS Grenadiers). Domani è in programma la dodicesima tappa da Martinsicuro a Fano di 193 km. E’ la tappa dei muri marchigiani con quattro gpm di quarta categoria e diversi altri zampellotti con pendenze che in alcuni tratti superano anche il 10%. I velocisti più resistenti possono di re la loro ne caso la corsa venga tenuta chiusa, ma non escludiamo il successo di una fuga oppure nuove schermaglie tra i big di classifica.
Antonio Scarfone

Jonathan Milan vince a Francavilla al Mare (foto: Tim De Waele/GEtty Images)
RITORNO AI TRABOCCHI
maggio 15, 2024 by Redazione
Filed under 15 MAGGIO 2024 - 11a tappa: FOIANO DI VALFORTORE - FRANCAVILLA AL MARE, News
Il Giro ritorna sulla Costa dei Trabocchi, lo spettacolare tratto del litorale adriatico che lo scorso anno ospitò la cronometro d’apertura della Corsa Rosa. Sarà l’occasione per rivedere in azione i velocisti, che non trovavano un traguardo adatto ai lori mezzi dalla tappa di Lucca.
Tutti ricordiamo lo spettacolare scenario che fece da sfondo, lo scorso anno, alla “Grande Partenza” del Giro d’Italia, scattato dalla Costa dei Trabocchi, il tratto del litorale abruzzese punteggiato dalle caratteristiche palafitte installate a pochi metri dalla riva, utilizzate dai pescatori e talvolta attrezzate con piccoli ristoranti nei quali degustare pesce fresco di giornata. Dodici mesi dopo la Corsa Rosa tornerà ad affacciarsi da questo balcone naturale e lo farà in una tappa dove ancora la successione dei trabocchi ruberà di tanto in tanto la scena ai corridori, perché gli ultimi 120 Km si svolgeranno costantemente in riva all’Adriatico, per la gioia dei velocisti che da diversi giorni non trovavano pane per i loro denti sulle strade del Giro. Le difficoltà altimetriche non mancheranno comunque e avranno la forma delle tre salite pedalabili che caratterizzeranno il tratto iniziale e dei piccoli strappetti che spezzeranno la pianura nella seconda parte della gara, che quando entrerà in scena la pianura sarà resa ancor più fluida dalla presenza d’interminabili rettilinei, come quello di quasi 3 Km e mezzo che porterà dritto al traguardo di Francavilla al Mare. Attenzione, però, a quest’ultimo, il mare, che potrebbe tirare un brutto scherzetto ai corridori lasciando irrompere sul percorso di gara il vento che spesso sferza i litorali, con il rischio che si vengano a creare le temute fratture in seno al gruppo, frazionamenti che possono far perdere parecchi minuti e che in gergo sono definiti con il nome di ventagli.
Si partirà dai colli appennici e lasciato il centro di Foiano di Val Fortore si dovrà affrontare, subito dopo il via, la dolce salita (7.2 Km al 3.5%) verso San Bartolomeo in Galdo, borgo recentemente adornatosi di murales realizzati a partire dal 2010, dopo la decisione di restaurare quello realizzato nel 1976 per omaggiare la visita del gruppo musicale cileno degli Inti-Illimani, che si era trasferito in Italia dopo il colpo di stato che tre anni prima aveva rovesciato il presidente Salvador Allende.
All’inizio della successiva discesa la Corsa Rosa entrerà in Puglia, che sarà attraversata per soli 18 Km, tratto nel quale non saranno previsti passaggi da centri abitati, andando invece a imboccare la statale che collega Foggia a Campobasso. Procedendo in direzione di quest’ultima si supererà il confine con il Molise presso l’estremità meridionale del lago artificiale di Occhito, del quale si può ammirare una spettacolare vista dall’alto raggiungendo il vicino centro di Gambatesa e affacciandosi dal belvedere sottostante il Castello di Capua. È una deviazione che non faranno i “girini” che, invece, dopo ancora qualche chilometro sullo scorrevole fondovalle del torrente Tappino, lasceranno la direttrice per Campobasso per risalire il versante opposto rispetto a quello di Gambatesa, diretti al borgo di Pietracatella dove, dopo circa 7 Km d’ascesa al 6.1%, si disputerà l’unico Gran Premio della Montagna di giornata. Assegnati i punti per la classifica degli scalatori non s’inizierà subito a scendere poiché si rimarrà in quota per circa 6 Km, tratto che terminerà dopo il passaggio da Sant’Elia a Pianisi, borgo meta di pellegrinaggi da parte dei devoti di Padre Pio, che visse per quattro anni nel locale convento francescano.
Saltabeccando sui colli molisani si affronterà una salita di 4 Km al 4.7% che terminerà nei pressi della stazione di Ripabottoni, uno dei centri che furono maggiormente colpiti dal terremoto del 31 ottobre 2002, principalmente ricordato per la morte di 27 bambini, travolti dal crollo della locale scuola elementare, nel vicino centro di San Giuliano di Puglia. Un altro breve tratto in salita, uno strappo di 800 metri al 5.2%, anticiperà il passaggio nel centro di Casacalenda, cittadina presso i quali si trovano i ruderi dell’antica Gerione, andata distrutta in occasione di un altro terremoto – avvenuto nel 1456 e ricordato come il più forte del secondo millennio – e famosa per essere stata espugnata dal celebre Annibale, che vi si accampò nel 217 avanti Cristo durante la Seconda Guerra Punica.
Inizierà ora la lunga discesa che riporterà il Giro in pianura, una planata di quasi 30 Km interrotta da una salita di 1 Km al 4.9% che s’incontrerà in vista del passaggio da Larino, centro del quale è originario l’indimenticato giornalista sportivo Aldo Biscardi, nato nel 1930, e presso il quale è possibile ammirare la gotica la cattedrale romano-gotica di San Pardo e il simbolo della città molisana, l’anfiteatro dell’antica città romana di Larinum.
Guadagnata la pianura bisognerà percorrere ancora una decina di chilometri sulle strade dell’entroterra prima di giungere in riva al mare, che s’incontrerà poco prima di giungere a Termoli, cittadina sede dell’unico porto molisano, base di partenza per i turisti diretti all’arcipelago delle Isole Tremiti.
Sfiorata l’antica torre costiera del Sinarca, che prende il nome dal torrente che un tempo ne alimentava la cisterna, i corridori imboccheranno il primo degli interminabili rettilinei che caratterizzano il finale e poi faranno ritorno in Abruzzo all’altezza della marina di San Salvo, luogo dove lo scorso anno terminò la prima tappa in linea, vinta in volata dal friulano Jonathan Milan. Subito dopo ci si allontanerà brevemente dalla linea di costa per portarsi, al termine di un breve e pedalabile tratto in salita (1500 metri al 4.2%), nella cittadina di Vasto, l’antica Histonium che secondo la tradizione fu fondata da Diomede e che è un centro saldamente legato alla storia della nostra nazione e anche a quella del Giro. Vastese, infatti, era il predicatore Teodorico Pietrocola Rossetti che, durante la sua opera di evangelizzazione, diede un notevole aiuto al progetto unitario, trovando pure il tempo di coltivare diverse amicizie, come quello che lo legò allo scrittore inglese Lewis Carroll, per il quale tradusse e diffuse in Italia “Alice nel paese delle meraviglie”. Il legame di Vasto col Giro risale al 1932, quando sulla scrivania di Armando Cougnet fu portato un corposo plico contenente una raccolta di firma di cittadini vastesi, che richiedevano con forza il passaggio della corsa rosa o almeno un arrivo nelle vicinanze. Pur ribadendo che sarebbe stato impossibile accontentare tutti, l’allora direttore del Giro accolse la richiesta e già in quello stesso anno ci fu un arrivo nella non lontana Lanciano, dove s’impose Learco Guerra. Per vedere un arrivo “confezionato” in casa si dovrà, però, attendere fino al 1959, quando Gastone Nencini si impose su di un traguardo replicato in altre quattro occasioni, l’ultima nel 2000.
Sfiorata l’area del porto di Vasto, il cui faro è il secondo per altezza d’Italia (70 metri) dopo la Lanterna di Genova, il percorso ritroverà la litoranea e un’altra serie di veloci rettilinei, come quello che inizierà subito dopo aver scavalcato il corso del fiume Sangro in prossimità della sua foce. Immediatamente dopo il gruppo sarà accolto dai tifosi di Fossacesia Marina, la località balneare dalla quale lo scorso anno la prima tappa del Giro prese le mosse ai piedi della collina sulla quale si staglia la millenaria abbazia di San Giovanni in Venere. Il primo atto dell’edizione 2023 fu una cronometro individuale di circa 20 Km che si corse quasi interamente sulla pista ciclabile realizzata dopo la dismissione di un tratto della Ferrovia Adriatica, mentre stavolta i “girini” rimarranno sulla parallela strada statale, che presenta un tracciato leggermente più tortuoso, movimentato anche da qualche saliscendi. In particolare quando all’arrivo mancheranno 24 Km si dovranno superare in rapida successione tre brevi ascese che difficilmente turberanno il sonno ai velocisti, la prima delle quali – 1.2 Km al 4.9% – si conclude in prossimità del cimitero militare canadese di Ortona, memento dei combattimenti qui avvenuti nel dicembre del 1943 durante i drammatici anni della Seconda Guerra Mondiale. La successiva difficoltà altimetrica – 1300 metri al 5.1% – terminerà proprio alle porte della vicina Ortona, dove lo scorso anno il belga Remco Evenepoel andò, come da previsioni della vigilia, a prendersi la prima maglia rosa con un vantaggio di 22 secondi su un altro dei favoriti per la vittoria di tappa, il recordman dell’ora Filippo Ganna. Superato un ultimo strappo di 900 metri al 4.5%, a 14 Km dalla conclusione si ritroveranno strade veloci e filanti e si entrerà in Francavilla al Mare con un interminabile rettilineo che, salvo piccole deviazioni di rotta, misura ben 7 Km. Un paio di curve a gomito lanceranno, infine, il gruppo sull’altrettanto lungo rettifilo che condurrà al traguardo, sul lungomare di Francavilla, luogo dove i velocisti in gara sgomiteranno come bagnanti all’affannosa ricerca di un privilegiato posto al sole…
Mauro Facoltosi

Scorcio di Francavilla al Mare e l’altimetria dell’undicesima tappa (wikipedia)
CIAK SI GIRO
Il Molise è la Cenerentola delle regioni italiane. Nonostante l’indipendenza amministrativa ottenuta dall’Abruzzo 1963 talvolta si fatica a non associarla all’altra regione, al punto che anche il Touring Club Italiano non ha mai aggiornato la collana delle celebri “Guide Rosse d’Italia” e il Molise è ancora oggi accomunato all’Abruzzo nello specifico volume. Non è un caso che sia una delle regioni meno visitate dalla Corsa Rosa, preceduta in questo record negativo solo dalla Sardegna: due volte si è arrivati a Isernia, tre a Termoli, sette volte a Campitello Matese e dodici nel capoluogo Campobasso. E anche il cinema non si è ricordato troppo spesso del Molise, anche se sulle sue strade si è vista una star del calibro della spagnola Penélope Cruz, che nel 2004 interpretò un personaggio di nome Italia nel film “Non ti muovere”, diretto da Sergio Castellitto e ispirato a un romanzo scritto dalla moglie Margaret Mazzantini. In quanto ai luoghi toccati dalla tappa odierna è possibile ammirare alcuni scorci di Termoli, tra i quali la romanica cattedrale di Santa Maria della Purificazione, in “Stesso sangue”, pellicola del 1988 diretta e sceneggiata dai registi romani Egidio Eronico e Sandro Cecca. Il film, che racconta le vicende di due fratelli rimasti orfani messisi in viaggio privi di mezzi economici e di una meta precisa, fu quasi interamente girato in Molise, ma le riprese “strabordarono” anche nelle regioni confinanti e così nel film si possono notare anche un’azienda del centro abruzzese di San Salvo e una suggestiva chiesa sconsacrata trasformata in masseria situata nel comune abruzzese di Chieuti.
In collaborazione con www.davinotti.com

Penélope Cruz e Sergio Castellitto attraversano in auto le rovine dell’antica città di Saepinum nel film “Non ti muovere” (www.davinotti.com)

Il duomo di Termoli visto nel film “Stesso sangue” (www.davinotti.com)
Qui potete vedere le altre location dei due film citati
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/non-ti-muovere/50009386
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/stesso-sangue/50002671
FOTOGALLERY
San Bartolomeo in Galdo, il murales “Marcia della fame” restaurato nel 2010
Lago di Occhito
Gambatesa, Cappella di Capua
Sant’Elia a Pianisi, convento francescano
Larino, anfiteatro romano dell’antica Larinum
Termoli, Torre del Sinarca
Vasto, Faro di Punta Penna
Fossacesia Marina, la foce del fiume Sangro
Fossacesia, Abbazia di San Giovanni in Venere
Il trabocco Punta Rocciosa, uno dei tanti che punteggiano il tratto di litorale adriatico che sarà costeggiato dai “girini”
Ortona, cimitero militare canadese
Castello di Ortona
PARET-PEINTRE: PRIMA VITTORIA DA SOGNO A BOCCA DELLA SELVA
maggio 14, 2024 by Redazione
Filed under 14 MAGGIO 2024 – 10a tappa: POMPEI – CUSANO MUTRI (Bocca della Selva), News
Ottenere la prima vittoria in carriera direttamente in un grande giro e per giunta in solitaria in un arrivo in salita deve provocare un’emozione incredibile. Per avere una conferma bisognerebbe rivolgersi a Valentin Paret-Peintre che oggi ha vissuto proprio tale situazione al termine della 9a tappa del Giro d’Italia. Il giovane francese della Decathlon-Ag2r La Mondiale ha battuto i compagni di fuga lungo la salita finale che portava a Bocca della Selva staccando prima Romain Bardet (Team dsm-firmenich-PostNL) e andando poi a raggiungere e lasciare sul posto Jan Tratnik (Visma | Lease a bike) che si era avvantaggiato in precedenza. Quasi no-contest tra i big della generale, se si fa eccezione di qualche scaramuccia negli ultimi km dell’ascesa finale
Dopo il primo giorno di riposo il Giro ripartiva con una tappa, la Pompei-Bocca della Selva, piuttosto corta (appena 142 km) ma resa interessante da un percorso esigente e da un arrivo in salita inedito. Dopo i primi 45 km completamente piatti, la strada iniziava a salire con la breve ascesa di Arpaia (5,6 km al 3,4%) in cima alla quale era posto il primo sprint intermedio di giornata (km 52). Un altro breve tratto pianeggiante anticipava quindi la breve salita, non classificata come gom nonostante le pendenze (3,1 km al 8,3%), che portava la carovana verso Taburno. Dopodichè i corridori erano attesi da una breve discesa e quindi dalla salita di Camposauro (6,1 km al 7,6%) classificata come gpm di 2a categoria e la cui cima era posta a 60 km dall’arrivo. Dopo la conseguente discesa e un breve tratto di fondovalle la strada ricominciava a salire (4,8 km al 6,5%) verso Guardia Sanframondi dove era posto l’intergiro (km 105). A questo punto iniziava un tratto di saliscendi lungo circa 20 km che portava a Cusano Mutri (km 121) dove era posto il terzo sprint di giornata. Poco dopo iniziava la salita finale di Bocca della Selva lunga 18,1 km e cartterizzata da una pendenza media non troppo elevata (5,6%). L’ascesa era divisa sostanzialmente in tre tronconi: il primo tratto (6,2 km circa al 6,2%) terminava a Pietraroja, quindi, dopo una breve contropendenza iniziava la parte centrale (3 km al 5,6%). Infine, dopo una seconda parte in leggera discesa, i corridori erano attesi dal pezzo più duro (6,5 km al 7,2%). Una frazione che sorrideva alle fughe, pur senza escludere l’intervento diretto degli uomini di classifica.
Pronti via e, come nelle previsioni, sono iniziati gli scatti in testa al gruppo. I primi a partire sono stati Quinten Hermans (Alpecin-Deceuninck) e Simon Clarke (Israel-Premier Tech) che sono subito riusciti a prendere un paio di centinaia di metri di vantaggio. Dietro di loro, alla spicciolata, si sono susseguiti numerosi altri scatti, ma l’andatura forsennata del gruppo non ha consentito loro di evadere. Dopo 15 km il duo di testa procedeva con appena 15″ di margine su un plotone da cui continuavano i tentativi di contrattacco. Al km 20 sui due battistrada è rinvenuto Alessandro De Marchi (Team Jayco-AlUla), bravo a trovare il momento giusto, mentre Stefan De Bod (EF Education-EasyPost), partito poco dopo, è rimasto nella terra di mezzo prima di essere ripreso da un gruppo ancora non rassegnato a mollare la presa. Nei chilometri successivi il gruppo ha continuato ad alternare fasi di andatura elevatissima causate dagli scatti ad altre di completo rilassamento, condizione che ha consentito ai tre battistrada dia aumentare man mano il gap (35″ al km 30; 1′00″ al km 40).
Lungo la salita di Arpaia, Hermans ha perso contatto dagli altri due mentre nel gruppo continuavano ad alternarsi i contrattacchi. Quello buono è però arrivato solo lungo la salita di Bivio Taburno quando si è formato un gruppetto di ben 25 corridori all’inseguimento della coppia di testa formata da Clarke e De Marchi. Il gruppo a questo punto ha desistito e così i contrattaccanti lungo l’ascesa che portava verso il gpm di Camposauro sono riusciti a rientrare finalemente sul duo di testa andando a formare un drappello di ben 27 corridori. Oltre ai già citati De Marchi e Clarke vi erano: Nicola Conci (Alpecin), Simone Velasco (Astana), Damiano Caruso (Bahrain-Victorious), Maximilian Schachmann (BORA-Hansgrohe), Simon Geschke (Cofidis), Aurélien e Valentin Paret-Peintre (Decathlon AG2R La Mondiale), Juan Esteban Chaves (EF Education-EasyPost), Enzo Paleni (Groupama-FDJ), Tobias Foss (Ineos Grenadiers), Marco Frigo (Israel-Premier Tech), Andrea Bagioli e Juan Pedro López (Lidl-Trek), Will Barta (Movistar Team), Mattia Bais (Polti-Kometa), Julian Alaphilippe e Mauri Vansevenant (Soudal-Quick Step), Romain Bardet, Chris Hamilton e Kevin Vermaerke (Team dsm-firmenich-PostNL), Filippo Zana (Team Jayco-Alula), Jan Tratnik (Visma | Lease a Bike), Domenico Pozzovivo, Luca Covili e Filippo Fiorelli (VF Group-Bardiani CSF-Faizanè). Proprio lungo l’ascesa Clarke, evidentemente stanco dopo aver a lungo lottato per non farsi riprendere dal gruppo, ha mollato la presa, mentre Geschke andava a vincere il gpm alla ricerca di punti validi per la maglia blu.
Lungo la salita di Sanframondi, che conduceva allo sprint valido per l’intergiro, si è staccato Alaphippe, ma anche altri corridori hanno iniziato a mostrare segnali di fatica. Proprio all’intergiro, vinto dal solito Fiorelli, il drappellone di testa ha iniziato a sfaldarsi per via dell’attacco di Jan Tratnik, partito proprio sullo slancio del traguardo intermedio. Al suo inseguimento si sono posti Valentin Paret-Peintre, Frigo, Bagioli e Bardet. Nel frattempo il gruppo procedeva con oltre 5 minuti di ritardo dai battistrada visto il disinteresse mostrato dagli uomini UAE. Davanti invece continuava l’azione solitaria di Tratnik che ha così approcciato in totale solitudine la lunga ma pedalabile salita finale: ai -15 il quartetto inseguitore pagava circa 1 minuto di ritardo, mentre quel che restava del drappello era scivolato a quasi 2′.
Nei primi chilometri di salita Frigo ha perso contattatto dagli altri 3 contrattaccanti, poi diventati 2 ai -13 quando i due francesi sono scattati lasciando sul posto Bagioli. La coppia Bardet – Paret-Peintre ha così iniziato a recuperare man mano su Tratnik che però ai -5 aveva ancora circa 40″ di vantaggio su di loro. Nel gruppo maglia rosa invece, dopo alcuni chilometri in cui avevano fatto l’andatura gli uomini della Ineos, erano arrivati in testa i corridori della Bahrain in supporto ad un Antonio Tiberi sembrato in grande condizione.
L’azione che ha deciso definitivamente la corsa è arrivata di lì a poco, quando (ai -3) Valentin Paret-Peintre ha staccato il suo idolo di gioventù Bardet andando poi a riprendere e staccare anche Tratnik. Lo sloveno è stato poi raggiunto e superato anche da Bardet, con quest’ultimo che non ha però avuto le forze necessarie per avvicinarsi al connazionale ed ex compagno di squadra. Valentin Paret-Peintre è così riuscito a raccogliere la sua prima vittoria da professionista tagliando il traguardo con 29″ su Bardet, 1′01″ su Tratnik, 1′18″ su Bagioli e 1′25″ su un gruppetto regolato dall’altro Paret-Peintre davanti a Geschke, Zana e Pozzovivo. Nel gruppo maglia rosa aveva invece attaccato Tiberi, subito ripreso nientepopodimenoche dalla maglia rosa di Pogacar. I migliori sono così arrivati quasi tutti insieme anche se l’ultima accelerazione di Ben O’Connor (Decathlon Ag2r La Mondiale) ha leggermente sgranato il gruppo nel finale, dando vita a qualche piccolo gap tra i migliori.
La classifica resta sostanzialmente invariata: Pogacar guida con 2′40″ su Martínez, 2′58″ su Thomas, 3′39″ su O’Connor, 4′15″ su Uijtdebroeks, 4′27″ su Tiberi.
Domani tappa che potrebbe sorridere nuovamente ad una fuga o, in caso di corsa più calma, alle ruote veloci.
Pierpaolo Gnisci
ARRIVANO LE FORCHE CAUDINE… IN BOCCA ALLA SELVA!!!
maggio 14, 2024 by Redazione
Filed under 14 MAGGIO 2024 – 10a tappa: POMPEI – CUSANO MUTRI (Bocca della Selva), News
Dopo il giorno di riposo trascorso all’ombra del Vesuvio, momento che diversi corridori temono più d’un tappone, il Giro si rimette in marcia con una frazione di montagna apparentemente poco impegnativa. L’ascesa finale verso Bocca della Selva non offre grandi numeri nelle pendenze, ma è lunga quasi 20 Km e presenta variazioni di ritmo indotte da un paio di lunghi spianamenti. Se qualche big non avrà digerito il riposo potrebbe incontrare in questa giornata le sue “forche caudine” e lasciar per strada qualche minuto.
Ci sono valichi – come lo Stelvio e il Mortirolo – i cui nomi sono rimasti nella storia quasi esclusivamente per meriti sportivi; ce ne solo altri non hanno né appeal, né curriculum ciclistico e tra questi ce n’è uno che è riuscito ugualmente a ritagliarsi uno spazio sui libri di storia. È la Stretta di Arpaia, modesta ascesa di 3.2 Km al 4.3% che per i “girini” sarà la prima difficoltà altimetrica della decima tappa e che è più celebre con il toponimo di Forche Caudine, luogo che i libri di storia ci hanno tramandato come la gola dove l’esercito romano, durante la seconda guerra sannitica, subì una delle più celebri sconfitte che si ricordi, al punto che ancora oggi quel termine è sinonimo di cocente umiliazione. E la tappa che vi transiterà potrebbe per davvero rivelarsi una “forca caudina” per qualcuno a causa della sua posizione in calendario, piazzata subito dopo il primo dei due giorni di riposo, momenti che l’UCI ha reso obbligatori dal 2002 ma che per diversi corridori sono indigesti perché spezzano il ritmo di gara che si era consolidato nella prima settimana. Il rischio è di faticare a ricarburare al momento della ripartenza, soprattutto se ci si rimette in viaggio con una tappa a cronometro o una di montagna, proprio come quella che si concluderà in salita a Bocca della Selva. Quest’ultima non è una salita all’apparenza durissima (la pendenza media è del 5,6%), ma misura quasi 20 Km e presenta un andamento a corrente alternata e se qualche corridore non avrà metabolizzato il riposo potrebbe anche perdere diversi minuti, soprattutto al momento d’affrontare i tratti più difficili. E la storia di ciclismo non è avara di episodi di crolli verticali avvenuti proprio in circostanze simili a quella della tappa odierna, che scatterà da Pompei. Lasciata la città celebre non solo per gli scavi ma anche per il Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario – uno dei principali d’Italia, costruito a partire dal 1876 su iniziativa del beato Bartolo Longo e grazie alle offerte spontanee dei fedeli – la corsa si snoderà in pianura nei primi 50 Km, scostandosi subito dopo il via dalle pendici del Vesuvio per puntare verso le prime alture dell’Irpinia. In questa fase d’apertura si toccherà Poggiomarino, centro che vanta un’area archeologica di scoperta recente, un villaggio protostorico di capanne rinvenuto nel 2000 presso una discarica e attorno al quale è stato realizzato il Parco Archeo-Fluviale di Longola. Proseguendo la risalita dello stivale italico ci si porterà quindi a Palma Campania, cittadina che merita il soggiorno in occasione del carnevale, che qui non prevede la solita sfilata di carri allegorici ma l’esibizione dei gruppi folcloristici delle “Quadriglie”, eredi di una tradizione che risale al 1600. Attraversata la vicina Nola – antica cittadina conosciuta per la popolare “Festa dei Gigli” e della quale fu vescovo Paolino, il santo ritenuto l’inventore delle campane – il gruppo giungerà a Cimitile, piccolo centro che vanta ben quattro basiliche, inserite in un complesso paleocristiano iniziato nel IV secolo. Transitando ai piedi della montagna che ospita il Santuario di Sant’Angelo a Palombara, fondato in posizione panoramica nell’879, la Corsa Rosa lascerà la provincia di Napoli per passare in quella di Caserta e portarsi ai piedi della salita delle Forche Caudine, superata la quale la strada tornerà pianeggiante per una decina scarsa di chilometri. Transitati da Montesarchio – nel cui castello è possibile ammirare il vaso del “Ratto di Europa”, realizzato nel IV secolo avanti Cristo dal ceramografo Assteas e ritenuto il più bello del mondo – per i “girini” comincerà la seconda salita di giornata. Sono 2800 metri all’8.8%, corrispondenti al tratto iniziale dell’ascesa diretta al Taburno, montagna localmente nota con il soprannome di “Dormiente del Sannio” perché il suo profilo ricorda quello di una donna coricata. Sfiorato il borgo d’origine medioevale di Cautano, nel corso della successiva discesa si punterà in direzione di Vitulano, che il gruppo attraverserà dopo aver iniziato la salita del Camposauro, 6.5 Km al 7.4% scavalcati i quali si planerà su Solopaca, centro noto agli appassionati di enologia per aver dato il nome a ben sette vini e non è un caso che qui si possa visitare il MEG, un museo dedicato all’eno-gastronomia, ospitato nell’antico Palazzo Cutillo.
Attraversato il fiume Calore sull’ottocentesco Ponte Maria Cristina, il cui nome richiama la sovrana che lo inaugurò nel 1835 e che nel 2014 è stata proclamata beata dalla chiesa cattolica, s’imboccherà l’ultimo tratto pianeggiante di questa tappa, giusto 2600 metri tranquilli prima di riprendere l’ascensore e affrontare uno strappo di 1.3 Km al 5.7%, prodomo alla successiva ascesa di 4.8 Km al 4.9% che terminerà alle porte di Guardia Sanframondi: è il centro del beneventano che nel 2021 ha ospitato l’arrivo di una tappa del Giro vinta dal francese Victor Lafay, mentre nel 2003 vi si era conclusa la prima tappa in linea del Giro femminile, conquista dalla lituana Rasa Polikevičiūtė. Seguirà un tratto in quota lungo poco meno di 20 Km nel corso del quale prima si toccherà Cerreto Sannita, luogo di produzione di ceramiche tra il XVII e il XVIII secolo, e poi, superata in galleria le suggestive forre del Triferno, si affronterà uno strappo di 700 metri dal 6% in corrispondenza dell’attraversamento di Cusano Mutri, il comune titolare dell’arrivo di tappa. Subito dopo aver toccato questo centro avrà inizio la lunga ascesa finale, una salita non unitaria perché due tratti intermedi la spezzano in tre tronconi, inficiando il dato della pendenza media. Si comincerà con i 6 Km al 6.8% che condurranno il gruppo a Pietraroja, centro il cui nome è segnalato sui principali libri che trattano di archeologia italiana perché nel 1980 vi fu rinvenuto il fossile del primo dinosauro scoperto nella nostra nazione, un cucciolo che fu “battezzato” con il nome di Ciro. Per un chilometro la strada diventerà perfettamente pianeggiante, poi si attaccherà la seconda balza dell’ascesa finale, più pedalabile della precedente (2.7 Km al 5.9%) e seguita da un ultimo tratto tranquillo, 2 Km nel corso dei quali si perderà anche qualche metro di quota. Infine, quando mancheranno 6 Km all’arrivo si attaccherà la parte più impegnativa dell’ascesa finale, poiché fino al traguardo si dovrà pedalare su di un’inclinazione media del 7.7%, buona per fagocitare le speranze di quei corridori avranno ancora sullo stomaco il giorno di riposo. La Bocca della Selva è pronta a spalancare le sue fauci….
Mauro Facoltosi

Il borgo di Cusano Mutri e l’altimetria della decima tappa (wikipedia)
I VALICHI DELLA TAPPA
Forche Caudine (283 metri). Note anche con il nome geografico di Stretta di Arpaia, è la gola che separa il Monte Castello dal Monte Tairano. Valicate dalla Strada Statale 7 “Via Appia” tra Santa Maria a Vico e Arpaia, sono state attraversate spesso dal Giro d’Italia, ma non vi si è mai disputato un traguardo GPM. L’ultimo passaggio risale al 2000, durante la tappa Terracina – Caserta vinta dal mantovano Cristian Moreni.
Bocca della Selva (1393 metri). Vi transita la Strada Provinciale 89 tra Pietraroja e il Lago del Matese. Quotata 1392 metri sulle cartine del Giro 2024, vi sorge l’omonima stazione di sport invernali, presso la quale la Corsa Rosa nel recente passato ha collocato in due occasioni lo striscione di un GPM di passaggio, mentre l’arrivo di tappa previsto quest’anno sarà una novità assoluta. La prima scalata è avvenuta nel 2016 durante la tappa Ponte – Roccaraso, vinta dal belga Tim Wellens, quando alla Bocca della Selva si salì dal medesimo versante di quest’anno e in vetta transitò per primo il bresciano Alessandro Bisolti. È stato, invece, il belga Kobe Goossens a far suo questo GPM nel 2021, quando si è saliti dal versante opposto: la tappa, disputata tra Foggia e Guardia Sanframondi, terminò con la vittoria in solitaria del francese Victor Lafay.
Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).
CIAK SI GIRO
Oggi il Giro riparte da Pompei, la città universalmente nota per la sua area archeologica, riportata alla luce a partire dal 1748 su iniziativa del re di Napoli Carlo III di Borbone, rimasto impressionato dai ritrovamenti avvenuti qualche anno prima nella vicina Ercolano. Così tornò a mostrarsi all’occhio umano la città romana rimasta sepolta sotto le ceneri del Vesuvio dopo la catastrofica eruzione avvenuta il 24 ottobre del 79 dopo Cristo e anche l’occhio della macchina da presa arriverà a immortalare scorci dell’antica Pompeii, con la doppia i secondo la denominazione adottata in epoca romana. In ordine cronologico il primo regista a scegliere di girare un film tra gli scavi fu il romano Mario Costa, che nel 1955 scese in Campania per le riprese di “Prigionieri del male”, opera che narra le vicende di una giornalista russa atea venuta in Italia per compiere un’inchiesta sul cattolicesimo e che invece finirà per convertirsi. Bisognerà poi aspettare 14 anni per vedere nuovamente una troupe muoversi tra le vestigia dell’antica città perché nel 1969 Pompei sarà s scelta dal regista vicentino Gian Luigi Polidoro per girarvi alcune scene di “Satyricon”, film che fu prodotto contemporaneamente – con tanto di polemiche e querele – a quello omonimo di Federico Fellini, che si vide costretto ad aggiungere il suo cognome al titolo per non confondere gli spettatori: si temeva che questi ultimi avrebbero corso il rischio di andare al cinema per vedere un film storico firmato dal grande cineasta romagnolo e di trovarsi in sala ad assistere a una commedia parodistica con accenni all’erotismo. Nulla impedì alla pellicola del Polidoro di uscire in sala, dove si poté così ammirare alcuni dei più celebri scorcii dell’antica città come la Villa di Giulia Felice e la celebre Villa dei Misteri, i cui affreschi fanno da sfondo alle scene ambientate nella dimora che il liberto arricchito Trimalcione – interpretato dall’indimenticato Ugo Tognazzi – intende lasciare in eredità alla sua cagnetta.
In collaborazione con www.davinotti.com

La protagonista del film si aggira tra le rovine di Pompei in “Prigionieri del male” (www.davinotti.com)
La villa di Giulia Felice in “Satyricon” (www.davinotti.com)
Qui potete vedere le altre location dei due film citati
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/non-ti-muovere/50009386
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/stesso-sangue/50002671
FOTOGALLERY
Il Vesuvio sullo sfondo del Foro di Pompei
Poggiomarino, Parco Archeo-Fluviale di Longola
Cimitile, Complesso Basilicale Paleocristiano
San Felice a Cancello, Santuario di Sant’Angelo a Palombara
In salita verso le Forche Caudine
Castello di Montesarchio
Solopaca, Museo Enogastronomico
Solopaca, Ponte Maria Cristina
Cerreto Sannita, Piazza San Martino
Le forre del Triferno alle porte di Cusano Mutri
Pietraroja, Parco Geopaleontologico
Bocca della Selva
GIRO D’UNGHERIA, THIBAU NYS VINCE L’EDIZIONE 2024
Thibau Nys, grazie al successo in ben due tappe su cinque, si aggiudica il Giro d’Ungheria 2024. Vittorie di tappa anche per Sam Welsford, Mark Cavendish e Wout Poels. Miglior Italiano Diego Ulissi.
In concomitanza con la prima settimana del Giro d’Italia si è disputato anche il Tour de Hongrie. La corsa ungherese ha preso il via l’otto maggio con la Karcag-Hajdúszoboszló, tappa totalmente pianeggiante e, infatti, la vittoria dell’australiano Sam Welsford (BORA – hansgrohe) è arrivata al termine di una volata a ranghi compatti, nella quale ha avuto la meglio sul giovane Samuel Quaranta (Team MBH Bank Colpack Ballan), figlio dell’ex professionista Ivan, e sul più esperto Jakub Mareczko (Team Corratec – Vini Fantini). Fuori dalla topTen di giornata si è, invece, piazzato Matteo Moschetti (Q36.5 Pro Cycling Team). Il vincitore ha così indossato la prima maglia da leader davanti a uno dei protagonisti la fuga di giornata, il ceco Martin Voltr (Pierre Baguette Cycling), e al nostro Quaranta
L’indomani il plotone è stato impegnato nella Tokaj-Kazincbarcika, altra frazione destinata agli sprinter che ha visto il successo di una vecchia volpe delle volate, Mark Cavendish (Astana Qazaqstan Team). L’uomo dell’Isola di Man ha avuto la meglio su Dylan Groenewegen (Team Jayco AlUla), Jon Aberasturi (Euskaltel – Euskadi), mentre in chiave italiana i migliori sono stati Moschetti, quinto, ed Elia Viviani (INEOS Grenadiers), sesto. Il successo non è bastato a “Cannonball” per salire in vetta alla generale poichè, anche grazie al fatto che il vincitore del giorno prima non ha partecipato alla volata a causa di un contatto con Dylan Groenewegen (Team Jayco AlUla), il “primo della classe” è diventato Voltr, andato in fuga anche oggi a caccia di preziosissimi secondi d’abbuono. Così in classifica il compagno di squadra di Peter Sagan è seguito a 5” dai due vincitori delle prime due tappe.
Il Tour de Hongrie è entrato nel vivo con la tappa che terminava sul Kékes, la montagna più alta della nazione magiara. Il primo arrivo in salita ha messo le ali a Thibau Nys (Lidl – Trek), che ha fatto doppietta prendendosi tappa e maglia. A contrastare il successo del belga in una volata a tre si sono impegnati Diego Ulissi (UAE Team Emirates), secondo, e Emanuel Buchmann (BORA – hansgrohe). Non soddisfatto Nys ha rafforzato la sua leadership anche l’indomani, andando a conquistare la tappa che dalla capitale Budapest conduceva ad Etyek, dove il traguardo era posto in vetta ad un piccolo strappo. Qui, al termine di una volata di gruppo ristretta a 35 elementi, sono saliti sul podio alle spalle del belga due corridori elvetici, Marc Hirschi (UAE Team Emirates) e Yannis Voisard (Tudor Pro Cycling Team). Primo degli italiani, ancora una volta, Diego Ulissi, arrivato a Etyek in ottava posizione. Al termine di questa due giorni sotto il segno di Nys la classifica generale ieri sera vedeva alle spalle del belga Diego Ulissi, staccato di a 14″, ed Emanuel Buchmann a 16″.
L’ultima tappa corsa disputata domenica ha visto il successo del belga Wout Poels (Bahrain – Victorious), che in vetta al muro di Pécs ha regolato un gruppetto di quattro elementi precedendo Damien Howson (Q36.5 Pro Cycling Team), Buchmann e Nys, che si è così aggiudicato la classifica finale. Primo degli italiani anche su quest’ultimo traguardo è stato il “solito” Diego Ulissi, sesto a 5″ dal vincitore. Questi seppur pochi secondi di ritardo sono costati cari al toscano, che è sceso dal podio d piazzandosi al 4° posto a 19” dal belga. A precedere il portacolori della UAE Team Emirates si sono, infatti, piazzati in seconda posizione Buchmann, e in terza il vincitore di giornata Poels.
Mario Prato

Nys precede in volata Diego Ulissi sul traguardo della tappa regina del Giro d'Ungheria 2024 (bringazas.hu)
KOOIJ PRIMA GIOIA AL GIRO. L’OLANDESE BATTE MILAN A NAPOLI DOPO UN FINALE FRIZZANTE
maggio 12, 2024 by Redazione
Filed under 12 MAGGIO 2024 - 9a tappa: AVEZZANO - NAPOLI, News
Il giovane Olav Kooij (Visma | Lease a Bike) coglie la sua prima vittoria in un grande giro battendo in volata la maglia ciclamino Jonathan Milan (Lidl-Trek) e Juan Sebastian Molano (UAE Team Emirates) al termine di un finale al cardiopalma. La tappa, a lungo soporifera, si è improvvisamente accesa nel finale grazie alla sequenza di strappi posti negli ultimi 30 km che hanno innescato una serie di attacchi. L’ultimo di questi, quello di Jhonatan Narvaez (Ineos Grenadiers), ha tenuto tutti col fiato sospeso fino a 50 metri dal traguardo, quando l’Ecuadoriano è stato ripreso dal gruppo lanciato in volata da un indomito Tadej Pogacar, oggi messosi al servizio del compagno Molano. Resta ovviamente invariata la classifica generale che vede sempre in testa il fenomeno Sloveno con 2′40″ su Daniel Martinez (Bora-Hansgrohe) e 2′58″ su Geraint Thomas (Ineos Grenadiers).
La 9a tappa del Giro d’Italia proponeva una giornata di relativa calma dopo una tre giorni che aveva chiamato in causa i big della classifica generale. La frazione, con partenza da Avezzano e arrivo a Napoli dopo 214 km, presentava un percorso che sorrideva alle ruote veloci lasciando però qualche possibilità agli attaccanti alla luce di un finale altimetricamente movimentato e per giunta tortuoso. Dopo un tratto iniziale in leggera discesa, i corridori erano chiamati a superare un paio di strappi (non complicati) prima di un lungo tratto pianeggiante che accompagnava la corsa agli ultimi 40 km. A questo punto iniziava una sequenza di quattro strappetti che potevano stuzzicare la fantasia di quei corridori intenzionati ad anticipare lo sprint di massa: il Monte di Procida (4,1 km al 3,1%) al km 178, lo strappo di Lucrino (1,1 km al 6,7%) al km 187,5, la salitella di Solfatara di Pozzuoli (2 km al 4,9%) al km 195 ed infine l’ascesa che portava a Posillipo (3,2 km al 4,45) che terminava a 7 km dal traguardo. Da segnalare la non partenza di Alexey Lutsenk (Astana Qazaqstan Team) colpito da faringite.
Contrariamente alle previsioni, la fase iniziale della tappa non è stata caratterizzata da una lotta accesa per entrare nella fuga di giornata. Ad animare l’azione di giornata sono stati infatti solo in due, per giunta compagni di squadra, ovvero Mirco Maestri e Andrea Pietrobon (Polti-Kometa). Al loro inseguimento si è tardivamente lanciato Manuele Tarozzi (VF Group-Bardiani CSF–Faizanè) che però ha dovuto desistere dopo una quindicina di km a bagno maria. Il vantaggio del duo al comando non è mai dilagato, assestandosi a lungo intorno ai 2 minuti, visto il lavoro profuso dagli uomini della Alpecin-Deceuninck, intenzionati a supportare il loro sprinter Kaden Groves. La corsa è così proseguita a lungo senza sussulti, se si fa eccezione di qualche minuto di bagarre improvvisamente scoppiata intorno ai -150, proprio quando gli uomini della formazione belga avevano momentaneamente abbandonato la testa del plotone. In que frangente, mentre il gap dei due fuggitivi era giunti a circa 3′20″), si sono consumanti diversi attacchi in testa al gruppo, ma la lotta non è durata più di una manciata di minuti. E così gli unici motivi di interesse sono stati gli sprint intermedi di Mondragone, vinto da Tim Merlier (Soudal-Quick Step) davanti a Jonathan Milan (Lidl-Trek) e Olav Kooij (Visma | Lease a Bike), e di Giugliano, vinto da Kaden Groves davanti allo stesso Merlier.
La corsa si è accesa, come prevedibile, soltanto lungo la salita di Monte di Procida: l’Alpecin ha affrontato lo strappo ad alta velocìtà facendo staccare diversi velocisti, tra cui Fabio Jakobsen (Team dsm-firmenich-PostNL) e lo stesso Tim Merlier. Nel frattempo Pietrobon e Maestri avevano perso buona parte del loro vantaggio. Sul successivo strappo (-27) è arrivato lo scatto di un generosissimo Julian Alaphilippe (Soudal-Quick Step) a cui hanno reagito Nicola Conci (Alpecin-Deceuninck), Lewis Askey (Groupama-FDJ) e Kevin Vermaerke (Team dsm-firmenich-PostNL). Il quartetto ha ripreso rapidamente il duo della Polti, andando a formare un sestetto di testa che però non ha guadagnato più di 20″ su quel che restava del gruppo vista la reazione degli uomini della Lidl-Trek. Poco dopo ai 6 battistrada si è aggiunto anche il giovan Ewen Costiou (Arkea-B&B Hotels). Visto che il gap non tendeva ad aumentare, sul terzo strappo Alphilippe ha nuovamente forzato portandosi dietro il solo Costiou. La nuova coppia di testa ha proceduto per qualche chilometro con una ventina di secondi di vantaggio sul gruppo tirato da Lidl-Trek e Alpecin-Deceuninck fino al ricongiungimento avvenuto intorno a -10.
A quel punto mancava solo l’ultimo strappo, quello di Posillipo. Proprio lungo l’ultima asperità di giornata è giunto lo scatto di Jhonatan Narvaez, già vincitore in quel di Torino 8 giorni fa. Alle sue spalle altri corridori hanno provato ad evadere, ma sono stati tutti ripresi dal gruppo abbastanza facilmente. Il corridore della Ineos è invece riuscito a prendere un margine di una dozzina di secondi mantenendolo anche a valle dello strappo, approfittando di un finale abbastanza tortuoso. Ai -2 il campione d’Ecuador aveva ancora 10″ di vantaggio, margine rimasto sostanzilamente inalterato sotto lo striscione dell’ultimo km. In questa fase il plotone era guidato da Jasper Stuyven (Lidl-Trek) con a ruota i compagni Simone Consonni e Jonathan Milan. Quando il fiammingo ha esaurito il suo lavoro, in testa al gruppo è arrivato a tutta Tadej Pogacar, oggi nell’inedito ruolo di gregario del compagno Juan Sebastian Molano. L’azione dello sloveno ha contribuito in maniera decisiva a ridurre il vantaggio di Narvaez, poi ulteriormente diminuito grazie alla successiva trenata di Consonni, dalla cui ruota ai -150 è partito Jonathan Milan. Il friulano è partito sulla destra allungando leggermente la sua traiettoria e favorendo di conseguenza la volata di Olav Kooij che è uscito dalla ruota di Milan, lo ha affiancato e poi superato negli ultimi 30 metri. L’olandese ha così colto il suo primo successo di tappa al Giro, battendo proprio Milan e Molano. Alle loro spalle Alberto Dainese (Tudor Pro Cycling Team), Danny Van Poppel (Bora-Hansgrohe), Madis Mihkelis (Intermarchè-Wanty), Kaden Groves (Alpecin-Deceuninck), Andrea Vendrme (Decathlon-Ag2r La Mondiale), Davide Ballerini (Astana Qazaqstan Team) e Max Kanter (Astana Qazaqstan Team).
Resta praticamente invariata la classifica generale che vede saldamente in testa Pogacar con 2′40″ su Daniel Martinez (Bora-Hansgrohe), 2′58″ su Geraint Thomas, 3′39″ su Ben O’Connor (Decathlon-Ag2r La Mondiale) e 4′02″ su Cian Uijtdebroeks (Visma | Lease a Bike).
Domani è in programma il primo giorno di riposo, mentre martedì si ritorna a salire con l’inedito arrivo di Cusano Mutri.
Pierpaolo Gnisci
NAPOLI CALA ANCORA IL TRIPLETE
maggio 12, 2024 by Redazione
Filed under 12 MAGGIO 2024 - 9a tappa: AVEZZANO - NAPOLI, News
Il Giro si appresta a tornare a Napoli per il terzo anno consecutivo con una tappa il cui finale ricalcherà quello della frazione disputata nel 2022. Tra il promontorio di Monte di Procida e quello di Posillipo gli ultimi 40 Km proporranno una successione di basse colline che movimenteranno la corsa ed escluderanno buona parte dei velocisti dalla possibilità di giocarsi la vittoria, mentre parecchie occasioni da non perdere saranno offerte ai finisseur.
Dopo il terzo scudetto conquistato lo scorso anno la città di Napoli è pronta a un altro “triplete” sportivo, stavolta con il Giro d’Italia. Il capoluogo campano, infatti, ospiterà un arrivo della corsa rosa per il terzo anno consecutivo, un evento più unico che raro in tempi moderni, nei quali già si fatica a trovare municipi che vogliano sobbarcarsi l’onere di ospitare l’arrivo di una tappa di un grande giro per due anni di fila (l’unico caso, in tempi recenti, risale al biennio 2021-2022 quando il Tour de France ha fatto scalo a Carcassonne). Stavolta la tappa partenopea avrà un formato diverso rispetto a quello visto negli ultimi due anni perché Napoli ospiterà solamente l’arrivo della frazione, che scatterà dall’Abruzzo e attraverserà il Lazio prima di giungere in Campania, dove si andrà a ricalcare il tratto conclusivo della tappa disputata nel 2022, che prevedeva di ripetere più volte il tortuoso circuito di Monte di Procida. In particolare negli
ultimi 40 Km si dovrà superare una successione di piccole colline che dovrebbe scongiurare un arrivo in volata a gruppo compatto sul tradizionale traguardo di Lungomare Caracciolo, offrendo parecchi spunti ai finisseur, anche se l’ipotesi di uno sprint finale non va del tutto esclusa. Entrerebbero così in giochi quei velocisti che sanno rimanere a galla tra i flutti dei finali più tormentati, corridori del calibro del belga Wout Van Aert, che prenderà parte alla Corsa Rosa per la prima volta in carriera e le cui doti sui percorsi più tormentati sono ben note: in particolare sulle nostre strade andiamo a rimarcare l’affermazione alla Milano-Sanremo nel 2020 e alla Coppa Bernocchi lo scorso anno.
Il raduno di partenza si svolgerà ad Avezzano, la cittadina che ha legato sportivamente il suo nome al ricordo di Vito Taccone, l’indimenticato “Camoscio d’Abruzzo” che al Giro colse le principali affermazioni della sua carriera, come le quattro tappe vinte consecutivamente nel 1963, alle quali aggiunse qualche giorno più tardi l’affermazione nel tappone dolomitico di Moena.
Il tratto iniziale si snoderà in scorrevole discesa sulle strade della Valle Roveto toccandone i principali centri, quasi tutti ricostruiti ex novo nel fondovalle dopo il tremendo terremoto che colpì la Marsica il 13 gennaio del 1915, causa più di trentamila vittime e classificato al quinto posto tra i sismi italiani più forti di tutti i tempi, con una magnitudo di 11 gradi della vecchia Scala Mercalli. All’inizio di questo tratto si transiterà per Civitella Roveto, dove è possibile visitare una pinacoteca d’arte moderna intitolata a Enrico Mattei, l’imprenditore che nel 1953 fondò l’ENI e il cui padre era originario di questo centro. Il passaggio dalla nuova Balsorano, ricostruita ai piedi del colle sui quali si trovano il vecchio centro e il Castello Piccolomini (del quale parleremo più avanti nella rubrica “Ciak si giro”), anticiperà di qualche chilometro l’ingresso in Lazio, che accoglierà la corsa rosa alle porte di Sora, la città natale del grande attore e regista Vittorio De Sica, nel cui centro spicca la Cattedrale di Santa Maria Assunta, innalzata nell’XI secolo nel luogo dove un tempo sorgeva il “Forum Aureum” dell’omonima colonia romana. Attraversata la piana in parte occupata dal Lago di Posta Fibreno, famoso per la sua isola galleggiante di arbusti che può essere spostata con la sola pressione di un piede, si sfiorerà il colle sul quale si erge il Castello di Vicalvi, noto agli appassionati di esoterismo per il fantasma di una cortigiana che, secondo la leggenda, vi uccideva gli amanti ai quali si accompagnava durante le assenze del marito. Poco più avanti si lascerà la solita viabilità per imboccare un lungo tratto – quasi 30 Km – nel quale si percorrerà una strada a scorrimento veloce, superstrada inserita nel percorso per evitare ai “girini” la comunque facile salita del Capo di China e il passaggio dall’antica cittadina volscia di Atina, definita “potente” dal celebre Virgilio, il quale ebbe l’opportunità di ammirare le sue possenti mura poligonali, delle quali oggi rimangono solo alcuni avanzi. Si uscirà da questo scorrevole tratto una volta giunti nella piana di Cassino, dominato dall’altura sulla quale non si trova solamente la celebre abbazia, ma anche la vetusta Rocca Janula, che per secoli fu il cuore militare della cosiddetta “Terra di San Benedetto” e che pure subì pesanti danneggiamenti durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, oggi ricordati da un Monumento alla Pace che fu eretto poco distante dal castello e realizzato dallo scultore Umberto Mastroianni (zio del celebre attore Marcello).
Toccata Pignataro Interamna – il cui toponimo ricorda l’antica colonia romana di Interamna Lirenas, che ebbe notevole importanza per l’esercito romano quale base d’appoggio in occasione della guerra contro i sanniti – s’imboccherà un secondo e più breve tratto di superstrada, con il quale si sguscerà attraverso le alture dei Monti Aurunci percorrendo il viadotto che bypassa il centro di Ausonia, situato su una collina al cui vertice si trova la collegiata di San Michele Arcangelo, al cui interno si possono vedere le are che abbellivano un antico tempo dedicato a Ercole, sulle cui rovine fu innalzata la chiesa. Quando mancheranno poco meno di 100 Km all’arrivo il gruppo giungerà in prossimità delle rive del Mar Tirreno all’altezza dell’area archeologica dell’antica Minturnae, situata lungo l’asse della storica Via Appia e caratterizzata in particolare dalla presenza di un teatro risalente al primo secolo dopo cristo.
Varcando il corso del Garigliano su un viadotto moderno parallelo all’ottocentesco Ponte Real Ferdinando, che fu il primo sospeso a catenaria di ferro realizzato in Italia, la Corsa Rosa entrerà in Campania imboccando la strada che ricalca le rotte dell’antica Via Domitiana, la principale strada consolare costruita su iniziativa dell’imperatore Domiziano per ridurre i tempi di percorrenza tra il porto di Puteoli (l’odierna Pozzuoli) e la capitale, costeggiando per un lungo tratto il Tirreno. Il tratto costiero per il gruppo inizierà alle porte di Mondragone, il principale centro del litorale casertano e nota stazione balneare, molto frequentata grazie all’estensione della sua spiaggia, che costuisce anche l’estremità meridionale del golfo di Gaeta. Ci si discosterà dal mare giusto il tempo di aggirare il non meno celebre centro di Castel Volturno, poi si riprenderà la litoranea per imboccare il rettilineo più lungo di questa tappa, poco meno di 15 Km nel corso del quale si toccherà il Villaggio Coppola, complesso residenziale principalmente conosciuto per le otto “torri” costruite in riva al mare, vero e proprio ecomostro che sarà demolito a “tappe” tra il 2001 e il 2003. La pineta di Castel Volturno, riserva naturale dal 1977, ruberà la scena al mare nell’ultimo tratto del rettilineo, che si snoderà a breve distanza dal lago di Patria, il più esteso della Campania tra quelli costieri. A questo punto il percorso si discosterà leggermente dal mare, seguitando in pianura in direzione del promontorio di Monte di Procida, prima di giungere al quale con un leggero falsopiano ci si porterà alle soglie dell’antica città di Cuma, famosa in particolare per l’Antro della Sibilla, scoperto nel 1932 nelle viscere della collina dell’acropoli e luogo dove risiedeva la sacerdotessa del culto di Apollo. Le sponde del Lago Fusano, sulle cui acque gli architetti Luigi e Carlo Vanvitelli realizzarono alla fine del ‘700 un casino di caccia per i sovrani borbonici, saranno compagne di viaggio del gruppo nell’ultimo tratto pianeggiante di questa tappa, terminato il quale si dovrà affrontare la prima delle cinque salite che caratterizzano il finale, diretta a Monte di Procida, 3.6 Km al 3.2% con i primi 1300 metri al 5.9% e una ripida rampetta finale di 300 metri all’11.5%.
Percorrendo in discesa la spettacolare strada panoramica che offre impareggiabili viste sulle isole dell’arcipelago campano si planerà in riva al Lago Miseno e subito si riprenderà a salire per affrontare un breve strappo che termina proprio sotto il Castello Aragonese di Baia. Seguirà a ruota la salita più dura di questa tappa, 900 metri all’8.5% seguiti dal tuffo verso il Lucrino, l’ultimo dei quattro bacini costieri che punteggiano il finale e le cui acque furono in epoca romana messe in comunicazione tramite un canale navigabile con quelle del retrostante Lago d’Averno, al fine di realizzare un porto interno nel quale riparare le navi durante una battaglia combattuta tra Ottaviano e Sesto Pompeo.
Il passaggio dalla vicina Pozzuoli arriverà in coincidenza con l’inizio della penultima difficoltà altimetrica di giornata, una salita di 2 Km al 4.8% che inizierà presso l’anfiteatro romano dell’antica Puteoli e si concluderà poco distante dalla Solfatara, il più noto tra i 40 crateri dei Campi Flegrei, presso il quale si possono ammirare fumarole e getti di fango bollente. All’inizio della successiva discesa il gruppo entrerà nel vasto territorio municipale della città di Napoli, che riaccoglierà la Corsa Rosa sulle strade della frazione di Agnano, conosciuta per le terme e per il suo ippodromo. Un altro importante impianto sportivo partenopeo è il glorioso Stadio San Paolo, dal 2020 intitolato alla memoria di Maradona, lambito il quale si tornerà a puntare in direzione del mare, dirigendosi verso l’istmo dell’isola di Nisida, dominata dal castello che oggi ospita un carcere minorile. È un altro dei suggestivi scorci offerti dalla corsa campana, al quale anche i “girini” lanceranno una fugata occhiata proprio al momento d’intraprendere la salita verso Posillipo, 3.3 Km al 4.4% seguiti dalla planata planare verso Mergellina e la Riviera di Chiaia, palcoscenico di un’altra recita del Giro in casa Cupiello.
Mauro Facoltosi

Il quartiere napoletano di Posillipo e l’altimetria della nona tappa (www.napolike.it)
CIAK SI GIRO
Sopra la città di Balsorano, presso l’antico borgo distrutto dal terremoto del 1915 e in seguito recuperato, s’erge la possente mole del Castello Piccolomini, innalzato nel XV secolo sulle fondamenta di una precedente struttura medioevale. Il suo nome può dire poco, il suo aspetto certamente no, soprattutto se si è appassionati di cinema perché questo è stato (e lo è ancora) uno dei castelli più sfruttati dalla “settima arte” quale luogo di riprese. Il sito www.davinotti.com, che da anni sta mappando le location utilizzate nella produzione nostrana di pellicole, ha realizzato una serie di “servizi speciali” dedicati alle location più ricorrenti e tra queste c’è, per l’appunto, il castello di Balsorano, che dal 1964 ad oggi è già stato notato in 32 pellicole, quasi tutte ovviamente ambientate in epoca medioevale ma anche l’hard ha effettato qui più di una capatina e in particolare qui ci fu il debutto nel settore di Moana Pozzi. La prima apparizione sul grande schermo del maniero abruzzese porta la data del 27 maggio 1964, quando uscì nei cinema italiani “La cripta e l’incubo”, film horror italo-spagnolo diretto da Camillo Mastrocinque che ebbe come principale protagonista il britannico Christopher Lee, un attore esperto di questo genere di pellicole, ricordato per aver interpretato in parecchie occasioni il ruolo del principe Dracula. Non bisognerà attendere molto per rivedere il castello di Balsorano al cinema, poiché la vigilia di Natale dello stesso anno uscirà un’altra coproduzione italo-spagnola, il film d’avventura “Genoveffa di Brabante”. Seguiranno, come già detto, una buona trentina di film, anche se l’archivio di Davinotti è in progressivo incremento e tale numero potrebbe essere destinato ad aumentare. Manca per esempio il film “Il pataffio” del 2022, pellicola che rammenta la mitica “Armata Brancaleone” di Mario Monicelli (tra gli interpreti c’è Alessandro Gassmann, figlio dell’indimenticato Vittorio, che invece fu il “mattatore” dell’altro film): questa pellicola ha rappresentato il ritorno di una troupe cinematografica al castello, che non prestava il suo volto a una macchina da presa dal 1995, quando lassù Rocco Siffredi, un’altra stella dell’hard, girò un film pornografico con protagonista lo scespiriano Amleto. Per ritrovare, invece, una pellicola più tradizionale bisogna tornare indietro nel tempo fino al 1984 quando Aristide Massaccesi (un altro che di porno se ne intendeva) ne fece uno dei set del film fantastico “Ator 2 – L’invincibile Orion”, che ha per protagonista un guerriero – interpretato dall’attore statunitense Miles O’Keeffe, conosciuto per aver vestito i panni di Tarzan nel 1981 – la cui missione è quella di salvare la terra dal “nucleo geometrico”, una bomba atomica primitiva.
In collaborazione con www.davinotti.com

La prima apparizione del Castello di Balsorano nel film “La cripta e l’incubo” (www.davinotti.com)
Il servizio speciale dedicato al castello di Balsorano
https://www.davinotti.com/articoli/il-castello-di-balsorano/160
FOTOGALLERY
Avezzano, Castello Orsini Colonna
Civitella Roveto, Museo Pinacoteca Enrico Mattei
Il Castello di Balsorano visto dal percorso di gara
Sora, Cattedrale di Santa Maria Assunta
Lago di Posta Fibreno
Castello di Vicalvi
Atina, resti della antiche mura
Cassino, la Rocca Janula vista dalla strada a tornanti per l’abbazia di Montecassino
Ausonia, collegiata di San Michele Arcangelo
Minturno, teatro romano
La spiaggia di Mondragone
Lago di Patria
Lago Fusaro, casina vanvitelliana
Lago Miseno
Baia, Castello Aragonese
Lago Lucrino
Pozzuoli, Anfiteatro Romano
Napoli, Isola di Nisida
POGACAR CALA IL TRIS. MA GLI ALTRI?
maggio 11, 2024 by Redazione
Filed under 11 MAGGIO 2024 - 8a tappa: SPOLETO - PRATI DI TIVO, News
Tadej Pogacar conquista il terzo successo su 8 frazioni disputate. Si è ormai capito che la differenza con gli avversari è enorme. Non c’è, però, stata alcuna battaglia tra i corridori che lottano per i piazzamenti. Il ritmo sulla salita finale non era impossibile, eppure i pochissimi allunghi negli ultimi 2 chilometri sono stati timidi e brevi. In questo modo, se Pogacar deciderà di gestire, lo spettacolo potrebbe essere ancor meno interessante di quello che lo scorso anno era stato criticato un po’ da tutti.
Prima tappa di montagna con un arrivo in salita certamente più duro di quello di Oropa e il copione è stato un canovaccio abbastanza scontato, con una fuga tenuta a distanza di sicurezza e una salita finale condotta dalla squadra dalla maglia rosa.
Quello che è stato strano è che gli altri uomini di classifica non si siano dati battaglia almeno tra di loro, visto che la top ten è abbastanza corta, ma non così tanto da poter aspettare la terza settimana.
Anche se Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) sembrava intenzionato a seguire ogni attacco, questo non dovrebbe essere un problema, ad esempio, per Antonio Tiberi (Bahrain – Victorious), che è ottavo e deve cercare di guadagnare posizioni e di prendere la maglia bianca; non dovrebbe essere un problema per Geraint Thomas (INEOS Grenadiers), che dovrebbe cercare di riprendersi la seconda posizione persa ieri contro il tempo; non dovrebbe essere un problema per Ben O’Connor (Decathlon AG2R La Mondiale Team), che punta al podio, e non dovrebbe essere un problema anche per Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), che deve recuperare posizioni.
Pogacar può seguire e staccare un eventuale attaccante, ma questo non deve condizionare gli obiettivi. Nessuno chiedeva a Tiberi di staccare Pogacar, ma di provare un allungo un po’ più incisivo e continuo per cercare di mettere in difficoltà Cian Uijtdebroeks (Team Visma).
Il ritmo al quale è stata affrontata la salita verso Prati di Tivo non è stato certo vertiginoso. Le conferme sono tante, a partire dal fatto che la fuga ha mantenuto a lungo un vantaggio di poche decine di secondi e quando Valentin Paret-Peintre (Decathlon AG2R La Mondiale Team) ha provato a rilanciare con il gruppo a 5 secondi, ne ha subito guadagnati 15 e ci sono voluti alcuni chilometri per andare a riassorbirlo. Inoltre alcuni membri della fuga del mattino, come Simon Geschke (Cofidis), una volta ripresi sono riusciti a rimanere nel gruppo maglia rosa e lo stesso Rafał Majka (UAE Team Emirates) dopo aver lavorato per il capitano è riuscito ad arrivare con il gruppetto dei migliori.
Gli unici uomini di classifica che hanno pagato sono stati Alexey Lutsenko (Astana) e Lucas Plapp (Team Jayco AlUla), con il primo che è riuscito con l’esperienza ad evitare il naufragio totale, mentre il secondo ha pagato un prezzo molto alto.
Una volta arrivati allo sprint, era sin troppo ovvio chi sarebbe stato il vincitore, visto che la maglia rosa era il corridore più veloce del gruppetto dei migliori, oltre che il più forte in salita.
La salita finale ha ricordato molto i primi arrivi in salita degli anni 90 come Monte Sirino 96 o Terminillo 97, quando gli uomini di classifica arrivavano in un gruppetto di 7 o 8, ma in un tipo di ciclismo ben diverso da quello moderno. Si trattava di tappe pianeggianti con salita finale che arrivano dopo 5 o 6 volate consecutive.
La cronaca di questa tappa non ha molto da dire se non che, nelle fasi iniziali, è stato molto difficile portare via una fuga, anche perchè il gruppo non era molto propenso a lasciare andar via azioni che si popolavano in modo un po’ eccessivo. Ne è seguita una fase molto confusa, in cui si avvantaggiavano gruppetti di corridori con altri che tentavano di riportarsi sulla testa della corsa.
Al termine di questa fase si forma una fuga di 14 corridori che rispondono ai nomi di Martin Marcellusi (Bardiani), Michael Storer (Tudor), Alessandro De Marchi (Jayco AlUla), Romain Bardet (Dsm), Julian Alaphilippe Quick-Step), Jhonatan Narvaez (Ineos), Magnus Sheffield (Ineos), Alessandro Verre (Arkea), Henok Mulubrhan (Astana), Georg Steinhauser (EF), Nairo Quintana (Movistar) e Pelayo Sanchez (Movistar), oltre ai già citati Geschke e Paret-Peintre.
Questo tentativo non riesce mai a decollare perché il gruppo non lascia mai più di due minuti. Nel corso della tappa il vantaggio si erode pian piano finché ai piedi della salita finale il gap è ridotto a trenta secondi.
Iniziata l’ascesa verso Prati di Tivo esplode il gruppo di testa con vari tentativi di attacco senza alcuna speranza, visto il poco ritardo del gruppo, che nel frattempo perde unità (primo tra tutti Plapp, che pagherà un pesante passivo).
Nel gruppo di testa il primo a provare è Verre, che verrà ripreso e staccato da Bardet, Geschke, Paret-Peintre, Steinhauser e Storer.
Dal gruppo, grazie anche alla Bora che in qualche rara occasione ha collaborato con la UAE dopo Plapp si staccano anche Lutsenko, Juan Pedro Lopez (Lidl-Trek) e Filippo Zana (Team Jayco-AlUla).
I fuggitivi vengono ripresi, ma Paret-Peintre non vuole arrendersi e prova a ripartire, guadagnando rapidamente secondi, segno che il ritmo del gruppo è tutt’altro che irresistibile.
Ai meno due allunga Tiberi, ma il suo scatto è timido e il laziale non dà continuità all’azione.
Anche Aresman e Storer tentano degli allunghi, ma anche loro non sembrano avere convinzione, tanto che Majka, che aveva ceduto qualche metro, si riporta nel gruppetto e va addirittura in testa.
In volata non c’è storia e Pogacar vince agevolmente la tappa davanti a Daniel Felipe Martinez (Bora) e O’Connor.
Ora la maglia rosa ha tutta la convenienza a tenere addormentata la corsa: risparmia energie e le fa risparmiare alla squadra, mantenendo un buon vantaggio sugli avversari e incrementandolo con gli abbuoni. Ovviamente il Giro finisce a Roma, gli imprevisti sono dietro l’angolo e possono anche far perdere un giro (vedi quel che capitò a Kruijswick nel 2016); però è indubbio che, con Pogacar in maglia rosa, gli avversari devono lottare per obiettivi che, al momento, non hanno un padrone chiaro.
Oggi questa battaglia non c’è stata e, se non ci fosse stato Pogacar (che ha comunque voluto mantenere la fuga sotto controllo), sarebbe andata in scena una tappa come quella di Campo Imperatore dello scorso anno, che tanto fu criticata un po’ da tutti.
La speranza è che, andando avanti con i giorni, non sia solo la maglia rosa a mettere sulla strada la voglia di dare battaglia.
Benedetto Ciccarone

Terzo successo per Pogacar sulle strade della Corsa Rosa (Getty Images)
L’ALTRA FACCIA DEL GRAN SASSO
maggio 11, 2024 by Redazione
Filed under 11 MAGGIO 2024 - 8a tappa: SPOLETO - PRATI DI TIVO, News
Dopo la frazione di Oropa affrontata in partenza, il Giro sale ancora in montagna per la prima delle due tappe appenniniche previste nel 2024, nella quale si torneranno ad affrontare le pendici del Gran Sasso d’Italia. A differenza della tappa disputata lo scorso anno, quando si arrivò ai 2130 metri di Campo Imperatore, stavolta l’epilogo sarà sul versante opposto, più basso ma più esigente nelle pendenze. I quasi 15 Km al 7% che condurranno ai Prati di Tivo promettono uno spettacolo più appassionante rispetto a quello deludente vissuto dodici mesi fa.
Ricorderete che dodici mesi fa la tappa con arrivo sul Gran Sasso si risolse in un totale “no contest” tra gli uomini di classifica, intimoriti dalla cronoscalata monstre del penultimo giorno che condizionò fortemente anche tutte le altre tappe. Quest’anno si tornerà sulla montagna più alta d’Abruzzo, ma il rischio di rivedere un simile e deludente “spettacolo” non ci sarà e non soltanto per la mancanza di una tappa “accentratrice” come quella del Lussari; stavolta, infatti, il Gran Sasso sarà affrontato dal versante teramano, decisamente più difficile di quello aquilano pur non salendo sopra i 2000 metri di quota, com’era successo lo scorso anno quando si arrivò sopra Campo Imperatore. Ci si fermerà ai 1450 metri sul livello del mare della stazione di sport invernali di Prati di Tivo, percorsa una salita poco abituale per la Corsa Rosa ma che negli ultimi anni si è costruita un piccolo ma già blasonato curriculum grazie ai recenti arrivi della Tirreno-Adriatico, che ha visto lassù imporsi campioni del calibro di Vincenzo Nibali (2012) e di Chris Froome (2013). Decisamente più lontano nel tempo è l’unico precedente del Giro che porta la data del 19 maggio del 1975, quando questo traguardo fu tenuto a battesimo da un altro grande del ciclismo, il vicentino Giovanni Battaglin. La possibilità di vedere grande spettacolo verso Prati di Tivo sarà, dunque, garantita e non soltanto per i numeri dell’ascesa finale – quasi 15 Km al 7% – ma anche per il disegno complessivo della tappa: strada facendo si dovranno affrontare quasi 3800 metri di dislivello, “spalmati” su altre 6 ascese oltre a quella finale. Su tutto peseranno gli sforzi della crono del giorno prima e anche lo stress indotto dalla precedente tappa di Rapolano, se qualcuno si sarà trovato ad inseguire sullo sterrato.
Il biglietto per la salita dovrà essere obliterato subito dopo il via perché, lasciato il raduno di partenza all’ombra della bianca mole della Rocca Albornoziana di Spoleto, la tappa comincerà con l’ascesa di quasi 9 Km al 4.3% verso la Forca di Cerro. Si scenderà quindi in Valnerina, sul cui fondovalle s’incontrerà uno dei rarissimi e brevi tratti pianeggianti previsti dalla tappa, percorrendo il quale si sfiorerà il borgo di Castel San Felice, presso il quale si trova l’Abbazia dei Santi Felice e Mauro, intitolata ai due eremiti che evangelizzarono questa valle nel V secolo. Raggiunto il vicino centro di Sant’Anatolia di Narco, dove è possibile visitare un museo dedicato alla coltivazione della canapa, la strada tornerà a inerpicarsi e stavolta in direzione della più lunga salita di giornata, che condurrà in 16.4 Km ai quasi 1200 metri della Forca Capistrello, ascesa caratterizzata da una pendenza media del 5.6% e da una rampa di 1400 metri al 9% medio nel tratto conclusivo. Si tratta di una difficoltà inedita per la Corsa Rosa, almeno da questo lato, poiché nell’unico precedente del 2007 si salì dal più facile versante che plana verso Monteleone di Spoleto, borgo cinto da una triplice cinta muraria al cui interno sono conservate numerose chiese. Terminata la discesa e lasciata la strada sulla sinistra che conduce alla celebre Cascia, il gruppo imboccherà la modestissima ascesa – più che altro un lungo falsopiano – che introdurrà la corsa nel Lazio, dove si attraverserà l’altopiano di Leonessa, situato ai piedi del Terminillo e al cui centro si adagia l’omonima località di villeggiatura, dove si può ammirare la duecentesca chiesa di San Francesco, la cui facciata romano-gotica è ancora oggi “imbrigliata” a causa dei danni provocati dal terremoto che nel 2016 ha distrutto la vicina Amatrice. Per uscire dalla conca di Leonessa si dovrà scavalcarne il bordo orientale superando una salita di 2.7 Km al 4.2%, seguita da un altro tratto in quota e dalla discesa verso la Valle del Velino, che sarà incrociata all’uscita dalle gole di Sigillo, definite sul volume dedicato al Lazio delle celebri “Guide Rosse” del TCI come la forra più suggestiva e selvaggia dell’intero Appennino. Attraversato il centro di Posta, collocato lungo la storica Via Salaria e impreziosito da edifici d’origine medioevale (Palazzo della Gabella e chiesa di San Francesco), si tirerà dritto verso la vicina Borbona per poi entrare in Abruzzo poco prima di giungere ai piedi di un’altra pedalabile difficoltà altimetrica, il Valico di Santa Vittoria (3.6 Km al 4.6%). Seguirà la discesa verso Montereale, borgo d’antichissima origine nel cui centro si trova Palazzo Farnese Cassiani, che nel XVI secolo fu una dimora della nobildonna d’origine fiamminghe Margherita d’Austria, che era figlia dell’imperatore Carlo V del Sacro Romano Impero e dal quale ebbe in dote questo e altri feudi dell’Italia centrale. Il passaggio attraverso la sottostante Piana di Montereale rappresenterà l’ultimo tratto tranquillo della tappa, che terminerà ai piedi della penultima salita di giornata, la Croce Abbio. I suoi 7500 metri al 4.5% – nel corso dei quali si toccherà il centro di Capitignano, con il Santuario della Madonna degli Angeli, costruito nel luogo dove la Madonna apparve a una pastorella nel 1657 – rappresentano un versante secondario e inedito del Passo delle Capannelle, affrontato in passato sia al Giro, sia alla Tirreno-Adriatico. Scollinati un paio di chilometri a nord rispetto al Capannelle ci si lancerà in discesa giù per il versante teramano, incontrando dopo circa 5 Km la diga del Lago di Provvidenza, costruito lungo il corso del Vomano e le cui acque nelle ore notturne vengono pompate nelle verso quello soprastante di Campotosto, il più grande d’Abruzzo e il più grande d’Italia tra quelli di origine artificiale. È un’opera dell’uomo, così come la strada che pochi chilometri più avanti si dovrà percorrere per risalire le pendici del Gran Sasso verso i Prati di Tivo: il nome fa pensare a una scampagnata, ma non lo sarà affatto per i “girini”, chiamati alla ribalta per uno spettacolo sportivo che si annuncia e spera più avvincente di quello offerto lo scorso anno.
Mauro Facoltosi

Il Gran Sasso d’Italia visto dai Prati di Tivo e l’altimetria dell’ottava tappa (www.paesaggioitaliano.eu)
I VALICHI DELLA TAPPA
Forca di Cerro (734 metri). Quotato 733 metri sulle cartine del Giro 2024, vi transita la Strada Regionale 395 “del Passo di Cerro” tra Spoleto e Piedipaterno. Il Giro d’Italia vi è salito due volte, entrambe dal versante che quest’anno si percorrerà in discesa e in tutti e due i precedenti l’arrivo era fissato a Spoleto. Nel 1977 il traguardo era previsto in salita nella frazione di Monteluco, dove si impose il pugliese Mario Beccia dopo che alls Forca di Cerro era transitato per primo lo spagnolo Faustino Fernández Ovies. Sarà, invece, il colombiano Luis Felipe Laverde a fare l’en plein nel 2007, conquistando sia il GPM della Forca di Cerro, sia il traguardo (stavolta collocato nella vicinanze della stazione ferroviaria di Spoleto).
Passo di Gavelli (1211 metri). Con questo nome è più nota, soprattutto nel mondo del cicloturismo, la salita chiamata Forca Capistrello sulle cartine del Giro 2024. Vi transita la Strada Provinciale 471 “di Sant’Anatolia di Narco” che mette in comunicazione Sant’Anatolia di Narco con Monteleone di Spoleto. Il nome deriva da quello del centro più prossimo al punto di valico. Il Giro d’Italia vi è salito per la prima e finora unica volta nel 2007 durante la tappa Tivoli – Spoleto vinta dal colombiano Luis Felipe Laverde, che scollinò in testa anche su questo Gran Premio della Montagna.
Valico di Val Carpineto (1049 metri). Vi transita la Strada Regionale 471 “di Leonessa” tra Leonessa e Posta. Il Giro d’Italia vi è transitato in diverse occasioni, ma non è mai stato affrontato come GPM; l’ultimo passaggio è avvenuto nel 1991 durante la tappa Scanno – Rieti, vinta dall’ucraino Volodymyr Pulnikov.
Valico di Santa Vittoria (1054 metri). Vi transita la Strada Regionale 471 “di Leonessa” tra Borbona e Montereale. Il Giro d’Italia non vi è mai transitato.
Valico. Valicato dalla Strada Statale 80 “del Gran Sasso d’Italia” nel corso della discesa dal GPM di Croce Abbio, tra il bivio per Capitignano e quello per Campotosto.
Passo delle Capannelle (1280 metri). Citato nell’articolo ma non toccato dal percorso di gara (si scollinerà alla Croce Abbio, circa 2 Km a nord) è valicato dalla Strada Statale 80 “del Gran Sasso d’Italia” tra Arischia e Nerito. Affrontato in passato anche alla Tirreno-Adriatico, il Giro d’Italia vi è salito in passato in 4 occasioni, la prima durante la tappa Porto Civitanova – L’Aquila dell’edizione 1935, che ebbe come mattatore Gino Bartali, primo al GPM e poi al traguardo. Gli altri conquistatori di questo valico sono stati eccezionalmente il velocista spagnolo Miguel Poblet nel 1957 (tappa Terni – Pescara, vinta dal francese Antonin Rolland), il marchigiano Fabio Roscioli nel 1990 (tappa Sora – Teramo, vinta dal carrarese Fabrizio Convalle) e il bergamasco Mirco Gualdi nel 2001 (tappa Giulianova – Francavilla al Mare, vinta dal piacentino Ellis Rastelli), occasione nella quale la salita fu ribattezzata Colle del Capraro.
Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).
CIAK SI GIRO
Nella scorsa puntata abbiamo parlato di Pupi Avati e di una delle sue ultime fatiche, il film su Dante Alighieri. La carriera cinematografica del regista bolognese era iniziata ufficialmente nel 1970 quando il costruttore edile Carmine Domenico Rizzo si era offerto di finanziargli i primi due suoi film (“Balsamus, l’uomo di Satana” e “Thomas e gli indemoniati”), mentre il “sacro fuoco” per il cinema gli si era acceso nel 1963 dopo la visione di “8½” del suo conterraneo Federico Fellini. Il suo apprendistato fu brevissimo perché per imparare il mestiere gli bastò una sola esperienza come aiuto regista nel 1968, quando collaborò con il toscano Piero Vivarelli alla realizzazione di “Satanik”, unica trasposizione cinematografica (a parte un cortometraggio del 2003) del personaggio creato negli anni sessanta dal fumettista milanese Max Bunker e del disegnatore bolognese Magnus e che si differenziava dai “colleghi” Diabolik e Kriminal per essere una donna, il cui vero nome era Marny Bannister. Coprodotto con la Spagna, vide alcune scene girate lungo il percorso della tappa odierna e per la precisione a Leonessa, con il Terminillo che fa da sfondo alla sequenza dell’inseguimento finale alla protagonista, che si lancerà proprio verso i tornanti della celebre ascesa. Leonessa tornerà a essere visitata da una troupe cinematografica nel 1996, quando da quelle parti si è visto il mitico Ugo Fantozzi: Paolo Villaggio qui girerà una scena di “Fantozzi – Il ritorno”, nella quale il celebre ragioniere si lancerà da un viadotto con il bungee-jumping dopo esser arrivato fin lì alla ricerca dell’orrenda nipote Uga, che non era rientrata a casa dopo una serata in discoteca e che in realtà aveva inscenato il suo rapimento. Quello fu il penultimo film della saga e il primo nel quale il personaggio di Uga (e della madre Mariangela) non fu interpretato da Plinio Fernando ma da un’attrice femmina (Maria Cristina Maccà in questa pellicola e Dodi Conti nel successivo “Fantozzi 2000 – La clonazione”).
In collaborazione con www.davinotti.com

Da Leonessa, con il Terminillo sullo sfondo, inizia la fuga di Satanik nel film del 1968 (www.davinotti.com)

Il viadotto alle porte di Leonessa in “Fantozzi – Il ritorno” (www.davinotti.com)
Le altre location dei due film
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/satanik/50000693
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/fantozzi-il-ritorno/50003477
FOTOGALLERY
Spoleto, Rocca Albornoziana
Forca di Cerro
Il borgo di Castel San Felice
Uno scorcio del borgo di Monteleone d’Orvieto
Il Terminillo visto dall’altipiano di Leonessa
Leonessa, Chiesa di San Francesco
Gola di Sigillo
Montereale, Palazzo Farnese Cassiani
Capitignano, Santuario della Madonna degli Angeli
Lago di Provvidenza
Lago di Campotosto
POGACAR ASSO PIGLIATUTTO AL GIRO… ED ORA?
maggio 10, 2024 by Redazione
Filed under 10 MAGGIO 2024 - 7a tappa: FOLIGNO - PERUGIA, News
La maglia rosa conquista anche la prima tappa a cronometro del Giro d’Italia, infliggendo distacchi importanti agli avversari per la classifica generale e battendo uno specialista come Filippo Ganna che, in verità, non ha gestito bene lo sforzo ed è arrivato in debito. I distacchi in generale sono ora molto pesanti e, vista la superiorità dimostrata, Pogacar potrebbe tentare domani di mettere la pietra tombale sul giro e fare una seconda parte in gestione.
Una cronometro lunga, di 40 chilometri, raro negli ultimi anni vederne una così.
Una cronometro difficile, pianeggiante nella prima parte ma con molti tratti tecnici, con curve difficili da affrontare in velocità e un finale in salita che ha rimescolato tutte le carte rispetto al secondo intertempo, posto ai piedi della ascesa finale verso il capoluogo umbro.
I migliori specialisti delle prove contro il tempo dicono che, per vincere le tappe a cronometro, bisogna partire forte ed arrivare fortissimo.
Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) ha preso alla lettera il suggerimento e ha disputato una prova in crescendo. Già nella prima parte la maglia rosa ha guadagnato sui diretti rivali per la classifica e ha limitato i danni nei confronti di uno specialista come Filippo Ganna (INEOS Grenadiers), che aveva anche incontrato meno vento nel tratto pianeggiante. La vittoria di tappa è poi ovviamente maturata nella parte finale in salita. che è stata determinante per tutti i corridori, nel bene o nel male. Sulle rampe verso Perugia il fuoriclasse sloveno ha messo tutto sulla strada e ha inflitto un distacco di 1′04″ a Ganna nel giro di soli 7 chilometri, il che significa 9 secondi al chilometro.
Ora certamente il tratto finale sorrideva più a Pogacar che a Ganna, tuttavia un distacco così ampio è spia del fatto che Ganna è arrivato in riserva nel tratto finale. Probabilmente una distribuzione dello sforzo non ottimale, che era oggettivamente uno dei rischi a cui un corridore come il campione italiano di specialità poteva andare incontro.
E’ ovvio che un atleta fortissimo in pianura provi a dare tutto nel tratto a lui favorevole, ma è altrettanto ovvio che, se si esagera, si arriva sulla salita con la spia accesa.
Ganna, infatti, ha perso secondi da quasi tutti gli avversari diretti nel tratto finale e anche gli atleti che ha superato in vista del traguardo sembravano riuscire a stargli a ruota abbastanza agevolmente.
Geraint Thomas (INEOS Grenadiers), dal canto suo, è andato anche peggio perché è stato uno dei pochi a perdere secondi da Ganna nel tratto finale.
Al chilometro 18, al primo intertempo, il distacco tra Pogacar e Thomas era di soli 8 secondi mentre, al secondo intertempo, ai piedi della salita, era salito a 40 secondi. All’arrivo il gallese ha accusato un passivo di 2 minuti, perdendo quindi 1′20″ in salita, ossia 11 secondi al chilometro… un’eternità. Probabilmente anche la scelta dei rapporti non ha aiutato il solido capitano della INEOS .
Molto meglio di lui ha fatto il suo compagno di squadra Tymen Arensman, che ha perso anche lui un minuto da Pogacar sulla salita finale, ma ha concluso la prova con il quarto tempo, essendo andato molto bene nel tratto in pianura. L’olandese è ora undicesimo a cinque minuti dal capoclassifica, ritardo in gran parte accumulato nelle prime due tappe, nelle quali non è apparso in condizione.
Daniel Felipe Martinez (BORA – Hansgrohe) ha, invece, limitato molto bene i danni sulla salita, accusando un passivo di 1′47″ da Pogacar, di cui solo 32 secondi maturati negli ultimi 7 chilometri, sui quali ha fatto registrare il secondo miglior tempo dopo Pogacar. Del resto il colombiano, pur essendo campione nazionale di specialità, non è comunque un cronoman di razza, tanto che, al secondo intertempo, accusava un ritardo di 2 minuti da GannaM al quale ha recuperato oltre mezzo minuto in salita.
Grazie alla sua prova, Martinez ha scavalcato Thomas al secondo posto in classifica e si candida a lottare per il podio, essendo un discreto scalatore.
La top 5 della classifica si conclude con Ben O’Connor (Decathlon AG2R La Mondiale Team) e Lucas Plapp (Team Jayco AlUla), che si sono difesi abbastanza bene, anche se il ritardo dalla maglia rosa è considerevole. In particolare, O’Connor ha fatto registrare il terzo miglior tempo nel tratto in salita.
Nel capitolo italiani c’è da sottolineare l’ottima prova di Antonio Tiberi (Bahrain – Victorious), che ha concluso in sesta posizione con un ritardo di 1′21: tuttavia, al primo intertempo, il corridore laziale perdeva 23 secondi dalla maglia rosa e al secondo rilevamento cronometrico 41 secondi. La prova di Tiberi è stata, quindi, estremamente regolare, non ha avuto cali nel percorso e non è crollato in salita, sulla quale ha fatto anzi registrare il quarto tempo. Si tratta di un elemento significativo perché, in una crono di oltre 50 minuti, che i corridori non sono più abituati a disputare su queste distranze, non è facile per un giovane riuscire a gestire lo sforzo. Del resto, un uomo esperto come Thomas ha anch’egli pagato caro alcuni errori e un campione come Ganna ha perso la cronometro anche a causa di una distribuzione dello sforzo non ideale.
Insieme a Tiberi, anche Filippo Zana (Team Jayco AlUla), quindicesimo di giornata, e Lorenzo Fortunato (Astana Qazaqstan Team), trentatreesimo, sono entrati nella top 10 della classifica e domani, su un terreno più congeniale, potranno provare a far bene.
Non si può negare che il Giro abbia preso una piega ben precisa e, del resto, visto il campo partenti c’era da aspettarselo. Il divario tra il leader della generale e gli avversari è abissale e se anche domani lo sloveno dovesse affondare il colpo, potrà gestire in tranquillità le ultime due settimane, che diventeranno una lotta per il secondo posto (salvo clamorosi imprevisti, che sono comunque sempre possibili in una corsa di 21 giorni che nasconde rischi e insidie a ogni metro).
La strategia sembra chiara: picco di forma nella prima settimana, quindi gestione per arrivare al secondo picco nella fasi decisive del Tour de France e provare a centrare la doppietta che dal lontano 1998 è una chimera.
Benedetto Ciccarone

Pogacar vola a prendersi anche la lunga crono di Perugia (foto Luca Bettini / AFP / Getty Images)



