LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XXV: MONTRÉAL 2013
Un’altra corsa d’oltreoceano finisce dritta nel palmares di Peter Sagan. È il Grand Prix Cycliste de Montréal, che il campione slovacco vince presentandosi al traguardo con 4 secondi di vantaggio sull’italiano Simone Ponzi
SAGAN ARREMBANTE, STACCA TUTTI E SI PRESENTA SOLO AL TRAGUARDO
Il fenomeno slovacco Peter Sagan (Cannondale) detta legge anche al Gran Prix de Montreal, timbrando così la vittoria numero 22 della stagione 2013. Nella classica canadese Sagan ha voluto esagerare: sulla Cote du Polytechnique lo slovacco ha salutato tutta la compagnia, viaggiando da solo fino al traguardo e anticipando di pochi metri il bresciano Simone Ponzi (Astana) ed il beniamino di casa Ryder Hesjedal (Garmin-Sharp).
Niente, Peter Sagan non si vuole accontentare. Forse è questo il suo segreto che gli permette di vincere un’enorme quantità di corse ogni anno. Non sussistono nemmeno i paragoni, non è un velocista come i vari Cavendish, Petacchi perché sa’ vincere anche per distacco ma nemmeno un mero uomo da classiche alla Gilbert perché vince anche le volate. É un corridore alla Sagan, quello che vince dappertutto, fuorché i grandi giri. Nell’odierna classica di Montreal ha dato dimostrazione di essere in ottima condizione soprattutto in ottica Firenze (dove sarà, assieme a Cancellara, Gilbert, Nibali e Valverde, uno degli uomini da battere), riuscendo così ad entrare nel terzo picco di condizione, difficile da trovare per chiunque, soprattutto dal punto di vista mentale.
Per quanto riguarda il percorso, questo Gran Premio di Montreal offriva un circuito di 12 chilometri ciascuno da ripetere per 17 volte con la presenza, ad ogni giro, di due salite: la prima ad inizio tornata, la Cote de Camillien-Houde lunga due chilometri per una pendenza media dell’8%, e la seconda a metà circuito, la Cote de Polytechnique, 780 metri al 6%, e infine una rampetta sul traguardo al 4%.
Nella prima parte di gara la fuga non impiega molto tempo prima di partire ed è composta da sette corridori: Zachary Bell (Selezione Canadese), Ruben Perez (Euskaltel Euskadi), Danilo Hondo (Radioshack-Trek), Sergio Paulinho (Saxo Bank-Tinkoff), William Clarke (Argos-Shimano), Valerio Agnoli (Astana) e Adriano Malori (Lampre-Merida). Ma il loro tentativo è destinato a fallire dato che il gruppo concederà loro un vantaggio massimo di cinque minuti, troppo esiguo per poter sperare di arrivare fino alla fine.
Il gruppo inizia a menare piuttosto forte a cominciare dal settimo giro e col passare di sei tornate il vantaggio dei battistrada è completamente scemato cosicché la situazione torna di gruppo compatto, anche se non per molto.
A metà del terzultimo giro alcuni corridori si muovono sulla salita del Polytechnique, e tra di loro un pimpante Damiano Cunego, Daniel Oss, Kolobnev, Izaguirre, Herrada, Wellens e Gautier, che in poco tempo riescono a distanziare il gruppo anche di 25 secondi, ma il non perfetto accordo tra i fuggitivi non permette loro di guadagnare molto vantaggio, ed è nella successiva tornata che si riportano sulla testa della corsa corridori del calibro di Contador, Van Garderen e lo stesso Sagan; tuttavia l’accordo resta precario e il plotone riesce a rientrare su di loro.
Qualche attimo dopo il ricongiungimento parte Micheal Albasini (Orica-Greenedge) e nonostante nessun altro si accodi allo svizzero, il corridore elvetico tenta comunque l’attacco solitario che dura fino all’ultimo attracco della prima salita dove scoppia la bagarre. Il primo ad attaccare è Chris Froome che se non altro allunga il gruppo, ma più profondo è l’attacco di Robert Gesink che non sembra avere rivali in salita e guadagnerà un centinaio di metri; a quel punto il primo (e l’unico) a reagire è Sagan, che con un passo forte ma regolare, si riporta sull’olandese, assieme ad un gruppetto di corridori selezionatisi dal ritmo dello slovacco.
Sono quindi una ventina di corridori che comandano la corsa, ma l’assenza di una squadra organizzata rende la gara molto anarchica, con un sacco di scatti e controscatti. É sulla successiva salita che si decide la corsa, con l’attacco di Sagan in persona che mostra subito la sua superiorità guadagnando terreno su tutti gli altri corridori: il vantaggio impenna immediatamente toccando i 18”, mentre gli inseguitori ancora stentavano a trovare un passo regolare che avrebbe potuto permettere loro di rientrare sullo slovacco.
Negli ultimi metri la situazione di corsa vede ancora Sagan ben saldo in testa alla gara, mentre dietro riuscivano a guadagnare qualche metro la coppia formata da Ponzi e Hesjedal, inseguiti a loro volta da un gruppetto comprendente una decina di corridori tra i quali Pozzato, Gasparotto, Rui Costa.
A festeggiare sul traguardo è comunque Peter Sagan, che anticipa Simone Ponzi e Ryder Hesjedal, mentre si classificano appena fuori dal podio Van Avermaet, Pozzato, Rui Costa, Gasparotto, Nordhaug, Izaguirre Insausti e Bakelants.
Il tutto con l’ottica puntata su Firenze, tra due settimane.
Paolo Terzi

Sagan svetta tra i grattacieli di Montreal (foto Oran Kelly / PhotoSport International)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XXIV: USA PRO CYCLING CHALLENGE 2013
Portano davvero bene le strade americane a Peter Sagan. Dopo aver fatto “razzia” di tappe al Giro di California il campione slovacco sbarca in Colorado e anche alla USA Pro Cycling Challenge fa incetta di vittorie prendendosene ben quattro (sulle sette a disposizione). E, due anni più tardi, qui otterrà il primo dei suoi tre mondiali
1a TAPPA: CIRCUITO DI ASPEN
SAGAN RIPARTE CON IL BOTTO AD ASPEN
Malgrado non avesse più corso dopo il Tour de France il fuoriclasse slovacco conquista la frazione inaugurale dell’Usa Pro Challenge precedendo in uno sprint ristretto nella nota località sciistica Greg Van Avermaet e la rivelazione di giornata Kiel Reijnen. Buona prova anche per Damiano Caruso che chiude 6° mentre escono subito dai giochi per la classifica generale Chris Froome e Richie Porte, entrambi in forte ritardo al traguardo.
E’ stata una breve frazione di 97,6 km con partenza e arrivo in quel di Aspen, località nota agli appassionati di sport invernali per ospitare ogni anno una tappa della Coppa del Mondo di sci alpino, la 3a edizione dell’Usa Pro Challenge, corsa a tappe di sette giorni sulle strade del Colorado che, come già avvenuto negli anni scorsi, presenta una start list piuttosto ridotta dal punto di vista numerico con soli 132 atleti in gara ma di qualità eccelsa a partire dalle due stelle Chris Froome (Team Sky), accompagnato dal fedelissimo Richie Porte, e Peter Sagan (Cannondale), entrambi al rientro dopo un trionfale Tour de France in cui hanno portato a casa rispettivamente la maglia gialla e quella verde, che iniziano da queste strade la preparazione per il Mondiale di Firenze. Con loro al via anche le corazzate Garmin-Sharp, che schiera il campione uscente Chris Vandevelde, Tom Danielson e Andrew Talansky, e RadioShack che punta su Andy Schleck, Tony Gallopin, Andreas Klöden e Jens Voigt oltre a Tejay Van Garderen e Greg Van Avermaet (Bmc), Michael Rogers (Saxo-Tinkoff), Darwin Atapuma e Fabio Duarte (Colombia), senza dimenticare i rappresentanti delle agguerritissime formazioni Professional statunitensi sempre in grado di regalare sorprese. In casa Italia proveranno a lottare per la classifica generale Damiano Caruso e Alessandro De Marchi (Cannondale) e a centrare un successo parziale nelle frazioni meno impegnative Fabio Sabatini (Cannondale) e Alessandro Bazzana (UnitedHealtcare). La prima tappa, caratterizzata da un circuito da ripetere per tre volte comprendente gli strappi di Snowmass e McLain Flats, è vissuta sulla fuga di Craig Lewis (Champions System), Matt Cooke (Jamis-Hagens Berman) e Ian Burnett (Jelly Belly), partiti al km 8 dopo che in precedenza aveva tentato di andarsene anche lo stagista milanese della Cannondale Davide Villella, che al pari dei compagni di squadra si è poi portato in testa al gruppo per inseguire i tre battistrada che hanno acquisito un vantaggio massimo di 2′35” al termine del primo giro del circuito di Aspen. Il susseguirsi delle salite ha fatto sì che strada facendo davanti rimanesse il solo Cooke, che verrà comunque riassorbito a 15 km dal traguardo, e soprattutto che ci fosse una grande selezione nel gruppo con nomi illustri a farne le spese quali Talansky, Duarte e soprattutto Porte, che pure si è messo in evidenza nelle fasi centrali della corsa, e Froome, per la prima volta staccato in maniera significativa in questo 2013, anche se l’anglo-keniano stesso aveva dichiarato alla vigilia di essere ancora molto lontano dal top della condizione e di non puntare alla classifica generale dell’Usa Pro Challenge. Nel finale Sagan si è mosso in prima persona in compagnia di George Bennett (RadioShack), Carter Jones (Bissell), Javier Mejías Leal (Novo Nordisk), Ben Jacques-Maynes (Jamis-Hagens Berman) e Tom Zirbel (Kelly Benefit) ma successivamente, di fronte all’inseguimento condotto dalla RadioShack, ha preferito rialzarsi mentre Bennett e Jones hanno proseguito nell’azione. La scelta dello slovacco si è rivelata vincente dal momento che i due uomini al comando, pur resistendo fino a 1 km dal traguardo, sono stati ripresi dal gruppo comprendente una cinquantina di corridori mentre il fuoriclasse della Cannondale ha potuto disputare con le energie intatte uno sprint in cui ha accelerato ai -250 metri e ha conquistato agevolmente il suo 15° successo stagionale precedendo Van Avermaet e la rivelazione di giornata Kiel Reijnen (UnitedHealtcare), atleta che comunque in stagione si è aggiudicato il prestigioso Gp di Philadelphia ed è arrivato 3° nel campionato statunitense alle spalle di Fred Rodriguez e Brent Boowalter. Ai piedi del podio ha chiuso Gallopin davanti a un Van Garderen a caccia di riscatto dopo il deludente Tour de France e a un positivo Damiano Caruso. Della prima parte del gruppo facevano parte anche Danielson, Klöden e Schleck mentre, a causa di un buco creatosi negli ultimi metri, hanno chiuso con un distacco di 5” Rogers, Atapuma e Vandevelde con Froome che ha finito la tappa a 4′59” insieme a Talansky e Duarte e Porte addirittura a 6′41”. In assenza di abbuoni la classifica generale ricalca perfettamente quella dell’arrivo di tappa ma subirà significative variazioni al termine della seconda frazione, 202,9 km da Aspen a Breckenridge: l’interminabile Independence Pass che verrà scalato in partenza non potrà incidere più di tanto nell’economia della corsa ma il finale è impegnativo con l’ascesa di Hoosier Pass ai -25 dal traguardo e il breve ma strappo di Moonstone Road che presenta pendenze fino al 15% e che termina a soli 4 km dalla linea bianca.
Marco Salonna
3a TAPPA: BRECKENRIDGE – STEAMBOAT SPRINGS
CONTINUA LA SAGA(N) DI PETER
Ennesimo successo per il corridore slovacco in questo 2013 e seconda vittoria di tappa in questa edizione dell’USA Pro Cycling Challenge. Stavolta Sagan è riuscito a precedere lo sloveno Luka Megzec (Argos-Shimano) ed il canadese Ryan Anderson (Optum-Kelly Benefit). Nessun cambiamento in classifica generale, sempre comandata dal giovane australiano Lachlan David Morton.
Ormai una vittoria di Peter Sagan non fa più notizia, dimostrando, in questo USA Pro Challange, di essere il corridore più forte sugli arrivi misti, quelli posti nelle vicinanze di uno strappo. Ma non solo: oggi, per esempio, si è lanciato con buoni, anzi ottimi, risultati, perché ha vinto, in uno dei rari arrivi allo sprint che offriva la corsa statunitense.
La terza tappa dell’ex Giro del Colorado partiva da Breckenridge per giungere in 170 chilometri a Steambot Springs, dopo aver affrontato un unico GPM, posizionato a circa 40 chilometri dall’arrivo e per giunta caratterizzato da una pendenza tutto sommato morbida, lasciando presagire dunque un finale con sprint a ranghi compatti, a condizione però che la fuga venga ripresa in tempo. Fuga che parte già nella prima parte di tappa, composta da cinque corridori: Edmonson (Team Sky), Villella (Cannondale), Voigt (Radioshack), Tvetcov (Jelly Belly-Kenda) e Wren (Jamis-Hagens Berman). Il vantaggio massimo raggiunto dai battistrada sarà di 5 minuti quando all’arrivo mancano 58 chilometri, ma evidentemente l’amalgama tra i corridori in avanscoperta non sembra funzionare ed è forse per questo motivo che Jens Voigt, esperto corridore tedesco e anche forte passista, decide di rompere gli indugi e partire in solitaria, tutto ciò con la prospettiva di pedalare ancora per 50 chilometri.
Il tedesco non è nuovo ad azioni del genere, ma se si ha un gruppo compatto al proprio inseguimento le possibilità di avere successo sono ridotte al lumicino, tuttavia Voigt non ha niente da perdere e pensa solo a dare il massimo.
Il gruppo, però, in questo caso non lascia scampo al povero Voigt e quando viene ripreso non gli rimane altro che sbuffare e accettare la sconfitta. Il plotone si prepara per la ormai certa volata e, a quel punto, prende la testa del gruppo la BMC per Greg Van Avermaet ma nello sprint finale è Sagan che trionfa, relegando al secondo posto un ottimo Luka Megzec, che ha avuto l’unica colpo di non aver provato ad anticipare il campione slovacco, mentre giunge terzo il ventiseienne canadese Anderson.
Per quanto riguarda gli italiani, da sottolineare il quinto posto di Alessandro Bazzana (Unitedhealthcare) e il decimo di Damiano Caruso (Cannondale).
In classifica generale nessun problema per Lachlan David Morton (Garmin-Sharp), che riesce con successo a conservare la maglia di leader.
Paolo Terzi
6a TAPPA: LOVELAND – FORT COLLINS
SAGAN RIPRENDE LA MARCIA E BRUCIA TUTTI ALLO SPRINT
Nella sesta tappa del Giro del Colorado la vittoria va di nuovo a Peter Sagan, che nel finale batte in volata lo sloveno Luka Megzec (Argos-Shimano) e il belga Greg Van Avermaet (BMC). Buoni piazzamenti anche per gli italiani con il quinto posto di Alessandro Bazzana (Unitedhealthcare) e il sesto di Andrea Peron (Team Novo-Nordisk). Nessun problema, invece, per Tejay Van Garderen che continua a capeggiare la classifica in attesa dell’ultima tappa.
Ha vinto ancora lui, Peter Sagan, tanto per non cambiare. Lo slovacco, dicono i numeri, è alla terza vittoria di tappa in questo USA Pro Challenge e finora nessun corridore è riuscito a dargli del filo da torcere, anche se, a dirla tutta, mancano uomini veloci del calibro di Cavendish, Kittel e compagni. Una cosa bisogna comunque dirla, ovvero che mai si era visto un Peter Sagan così brillante nelle corse post Tour de France, mentre , negli anni scorsi, in questo stesso periodo non mostrava una condizione ottima come quella che ha in questi giorni. Questo significa che lo slovacco intende seriamente puntare ai prossimi Campionati del Mondo di Firenze, in programma tra un mese.
In questa sesta tappa che partiva da Loveland per terminare a Fort Collins, si doveva pedalare per 185 chilometri su un percorso molto più abbordabile rispetto alle frazioni dei giorni scorsi, ma ciò non significa che mancassero salite. Era prevista la scalata a Devils Gulch, tuttavia questo GPM era posizionato ancora nella prima parte di gara e da lì in si sarebbe incontrato un lungo tratto di discesa fino agli ultimi 50 chilometri puntellati da qualche strappetto, ma anche questi lontani dal traguardo.
Nella prima parte di gara non sono perlomeno mancati gli scatti di chi volesse andare in fuga e, dopo tanto battagliare, il gruppo concede libertà vigilata ad un gruppetto, composto da 15 corridori: Talanski, Dekker, Edmonson, Machado, Rogers, Pires e Duggan, Geschke, Megias Leal, Anthony, Duarte, Carlson, McCarty, Louder e Jones. Tuttavia il gruppo non ha mai concesso più di due minuti a questi battistrada grazie al lavoro della BMC, in funzione del leader della corsa Van Garderen, e della Cannondale, in funzione di Peter Sagan alla caccia della vittoria di tappa. Negli ultimi chilometri l’inseguimento si fa veramente serrato con tutta la Cannondale in testa in gruppo, mentre davanti manca quel minimo di accordo che fa saltare ogni tipo di speranza e tutto ciò non può che favorire il ritorno del gruppo, che avviene passato il segnale dei meno 10 chilometri all’arrivo.
Non resta quindi che assistere allo sprint finale, dove ancora una volta Peter Sagan “timbra” il proprio cartellino, a danno di Megzec e Van Avermaet, mentre si classifica appena giù dal podio Edwin Avila (Colombia). In classifica generale rimane al comando un guardingo Tejay Van Garderen, che oggi non ha voluto concedere niente nemmeno alla fuga dei 15, piazzando la squadra a tirare per annullare il tentativo. Resta ora l’ultima tappa, prevista sul circuito di Denver. Altro sprint?
Paolo Terzi
7a TAPPA: CIRCUITO DI DENVER
E SAGAN DIVENTA…. PETERPOKER
Quarta vittoria personale di Peter Sagan nell’edizione 2013 del Giro del Colorado che ha vissuto oggi la sua ultima tappa. Il fenomeno slovacco della Cannondale è riuscito a precedere nello sprint finale il canadese Ryan Anderson (Optum Kelly Benefit) ed un ottimo Alessandro Bazzana (Unitedhealthcare). Definitivamente assestata la classifica generale che vede come vincitore il dominatore della gara, Tejay Van Garderen (BMC).
I due protagonisti di questo USA Pro Challenge non potevano che riaffacciarsi alla ribalta nell’ultima tappa, e ovviamente i personaggi chiamati in causa sono Peter Sagan e Tejay Van Garderen. Il primo è stato il dominatore delle volate, mentre il secondo il più forte in montagna; lo slovacco ha vinto quattro tappe allo sprint (oggi compreso), l’americano è stato il trionfatore della classifica finale.
L’ultima frazione constatava in un circuito di otto giri da 14 chilometri ciascuno, – attorno a Denver, città che è la capitale del Colorado – e che misurava in toto 117 chilometri, con un profilo altimetrico totalmente pianeggiante, in un finale perfetto per uno sprint di gruppo.
Nella prima parte c’è spazio per la fuga di giornata, composta da sette corridori: King, Jensen, Feng, Riba, Euser, Wren e Miller. Come sempre il gruppo lascia fare sulle prime, ma neanche tanto visto che il vantaggio massimo non supera i due minuti, per poi dare tutto negli ultimi tre giri. A 10 chilometri dal traguardo il vantaggio dei 7 al comando sul plotone tirato dai Cannondale è di 30 secondi, gap che non offre nessuna speranza ai fuggitivi, eccetto Lucas Euser (Unitedhealthcare), che attacca convinto. Niente da fare nemmeno per lo statunitense che verrà ripreso da un gruppo che corre a più non posso verso la volata finale. Lo sprint ancora una volta, e fanno quattro, è dominato da Peter Sagan, che oggi castiga Anderson e Bazzana, mentre l’avversario che poteva essere il più temibile, Luka Megzec (Argos-Shimano), non va oltre la quarta posizione.
In classifica generale mancava solo l’ufficialità per celebrare la vittoria di Van Garderen, e oggi, finalmente, possiamo dire che Tejay si è aggiudicato, per la prima volta in carriera, il Giro del Colorado, distanziando di 1′30” il compagno di squadra Mathias Frank e di 1′42” Thomas Danielson.
Paolo Terzi

Il sigillo di Sagan sull'edizione 2013 del Giro del Colorado (foto Jonathan Devich/epicimages.us)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XXIII: TOUR DE FRANCE 2013
La spedizione in terra di Francia al Tour del 2013 è decisamente più magra per Peter Sagan. Riesce a fare il bis nella classifica a punti ma se ne torna nella sua Repubblica Slovacca con un bottino più misero rispetto a quello dell’anno precedente, quando alla sua prima Grande Boucle aveva ottenuto tre vittorie di tappe. Stavolta, invece, dovrà accontenarsi della sola affermazione in quel di Albi.
7a TAPPA: MONTPELLIER – ALBI
CANNONDALE-SHOW, CILIEGINA SAGAN
Il 23enne di Zilina finalizza lo strepitoso lavoro della formazione di Amadio, che tira per praticamente tutta la tappa provocando i cedimenti degli avversari diretti dello slovacco a partire da Mark Cavendish, André Greipel e Marcel Kittel e impedendone il rientro, cogliendo il suo primo successo in questo Tour davanti a John Degenkolb e Daniele Bennati e mettendo un’ipoteca ormai definitiva sulla conquista della maglia verde, mentre Daryl Impey conserva la leadership nella generale e i big si preparano ad affrontare i Pirenei.
La settima tappa del Tour de France, 205,5 km da Montpellier ad Albi, si presentava come la terza frazione consecutiva dedicata ai velocisti in virtù di un percorso piuttosto impegnativo nella prima parte, con il gpm di 2a categoria di Col de la Croix de Mounis poco prima di metà percorso, ma quasi tutto in discesa e in pianura nei 110 km che separavano la vetta dal traguardo, sulla carta più che sufficienti per gli sprinter e le rispettive squadre per recuperare l’eventuale terreno perso in salita. Ma, ciò nonostante, la Cannondale della maglia verde Peter Sagan, ancora a caccia del primo successo in questo Tour dopo aver collezionato tre secondi e un terzo posto nelle prime tappe, ha orchestrato lungo le rampe più dure un forcing finalizzato ad eliminare possibili avversari dello slovacco nella volata finale che ha dato ben presto i suoi frutti con Mark Cavendish (Omega-QuickStep) e Marcel Kittel (Argos-Shimano) che hanno immediatamente perso le ruote seguiti, poco dopo, anche da Andrè Greipel (Lotto-Belisol), Matthew Goss (Orica-GreenEdge) e dai nostri Davide Cimolai e Matteo Ferrari (Lampre-Merida) oltre a diversi altri corridori tra cui un Thomas Voeckler (Europcar) che, con ogni probabilità, ha scelto di uscire di classifica per avere maggiore libertà d’azione nei prossimi giorni. L’azione della compagine di Amadio ha inoltre spento le velleità dei fuggitivi della prima ora Jens Voigt (RadioShack) e Blel Kadri (Ag2r), che ha comunque raccolto sul Col des 13 Vents e sul Col de la Croix Mounis i punti sufficienti per balzare al comando della classifica degli scalatori spodestando Pierre Rolland (Europcar). Dallo scollinamento in poi si è a lungo assistito a un’appassionante lotta a distanza tra la Cannondale, che ha continuato ininterrottamente a tirare senza ricevere alcun aiuto da altri, da un lato e Lotto-Belisol, Argos-Shimano e Omega-QuickStep che si sono coalizzate per riportare sotto i rispettivi velocisti dall’altro, e ad avere la meglio sono stati gli uomini in verde con gli inseguitori che, pur essendo in superiorità numerica, non sono mai riusciti a far scendere il distacco dal primo gruppo sotto i 2 minuti e intorno ai -40 dal traguardo hanno definitivamente alzato bandiera bianca, giungendo ad Albi con quasi un quarto d’ora di ritardo.
Dell’unico attimo di rallentamento, avvenuto subito dopo lo sprint intermedio in cui Sagan ha fatto il pieno di punti, hanno provato ad approfittare Cyril Gautier (Europcar), Juan Josè Oroz (Euskaltel) e l’ex leader della generale Jan Bakelandts (RadioShack), che si sono avvantaggiati arrivando ad avere fino ad oltre 1′ di margine ma che mai, sebbene siano stati ripresi a soli 3 km dalla conclusione, hanno dato l’impressione di poter sfuggire al controllo di un gruppo nel quale gli inesauribili uomini della Cannondale, non paghi delle grandi trenate già effettuate in precedenza per tenere a distanza Cavendish e compagnia, hanno proseguito a condurre a forte andatura fino praticamente alle battute finali, coadiuvati anche da un Michael Albasini (Orica-GreenEdge) a protezione della maglia gialla del compagno Daryl Impey, dal momento che Bakelandts era distanziato di soli 31”. Nell’ultimo km hanno provato a dire la loro anche la Lampre-Merida, con Elia Favilli che a tirato la volata a Manuele Mori, e soprattutto John Degenkolb (Argos-Shimano) che ha tentato di anticipare Sagan, in quel momento alla ruota del suo ultimo uomo Fabio Sabatini, partendo ai 300 metri dal traguardo. Il fuoriclasse slovacco non poteva però non finalizzare l’incredibile lavoro dei compagni di squadra e con grande facilità ha saltato via il tedesco ed è andato a cogliere il suo 14° successo stagionale, eguagliando Cavendish e mettendo inoltre un’ipoteca pressochè definitiva su quella che sarebbe la sua seconda maglia verde consecutiva alla luce dei ben 94 punti che lo separano ora dal diretto inseguitore, Greipel. Alle spalle di Sagan e Degenkolb sono giunti un pimpante Daniele Bennati (Saxo-Tinkoff), che per un soffio non è riuscito a conquistare la piazza d’onore davanti al tedesco, un Michal Kwiatkowski (Omega-QuickStep) atteso con curiosità all’esame delle grandi montagne dopo una prima settimana corsa sempre nelle posizioni d’avanguardia, Edvald Boasson Hagen (Team Sky) e Francesco Gavazzi (Astana) mentre Mori ha concluso al 9° posto. L’altro atleta della Lampre-Merida Adriano Malori, che da giorni soffriva di una lombosciatalgia, è stato invece costretto al ritiro al pari di Janez Brajkovic (Astana), che non ha preso il via dopo la caduta nel finale della frazione di Montpellier, e di Christian Vande Velde (Garmin-Sharp), a sua volta finito in terra nelle fasi iniziali della tappa.
La classifica generale rimane immutata con Impey in giallo con 3” su Boasson Hagen, 5” su Gerrans e Albasini, 6” su Kwiatkowski e Sylvain Chavanel (Omega-QuickStep) e 8” su Chris Froome e Richie Porte (Team Sky) ma tutto cambierà al termine dell’8a tappa, nella quale la Grande Boucle approderà sui Pirenei. Negli ultimi 40 km della Castres-Ax 3 Domaines verranno affrontati, infatti, così come già avvenuto nel 2003, nel 2005 e nel 2010 quando ad imporsi sono stati rispettivamente Carlos Sastre, Georg Totschnig e Christophe Riblon, dapprima il durissimo Port de Pailheres, 15 km con una pendenza media dell’8% e tratti ben oltre il 10 nella seconda metà dell’ascesa, e immediatamente dopo il termine della discesa la salita finale di 7,8 km all’8,2% che al contrario presenta le rampe più impegnative nella fase iniziale e, come recita un vecchio detto, non sapremo ancora forse dopo la linea del traguardo chi vincerà il Tour ma sapremo chi non potrà vincerlo.
Marco Salonna

Sagan & Cannondale, un trionfo di squadra (foto Bettini)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XXII: TOUR DE SUISSE 2013
L’anno precedente Sagan aveva furoreggiato sulle strade del Giro di California, dove aveva vinto ben 5 tappe, e poi non si era smentito al Tour de Suisse portandosi a casa 4 vittorie. Anche nel 2013 si ripete l’accoppiata, seppur in tono minore perchè dopo aver conquistato due affermazioni nella corsa statunitense riassapora il gusto della vittoria proprio al Tour de Suisse, vincendone altrettante
3a TAPPA: MONTREUX – MEIRINGEN
PETER SAGAN DOVE OSANO LE AQUILE. FRANK IN MAGLIA GRAZIE A TEEJAY VAN GREGARIO
Ancora pioggia nel tappone tra le Alpi Bernesi. Il forcing di Teejay Van Garderen screma il gruppo dei migliori sopra Meiringen, ma la selezione più secca avviene in discesa, verso l’arrivo: con tre uomini di classifica c’è Sagan, sempre in perfetto controllo, che gioca con gli avversari e stravince la tappa.
Siamo alle pendici del mitico Eiger, e Peter Sagan qui si esaltò già due anni fa, appena ventunenne, andando a vincere la tappa breve e intensissima di Grindelwald, con Grimselpass e Grosse Scheidegg da scalare. Quando si parla del potenziale del fenomeno slovacco su percorsi impervi, si citava sempre quella tappa, con un repertorio di sacrosante valutazioni a circostanziare l’impresa: Peter si era avvantaggiato con la fuga; non scollinò certo primo, ma per vincere dovette rientrare in discesa su Cunego (comunque impresa non da poco!); la tappa era brevissima.
Da oggi c’è nuovo materiale da rielaborare, e sembra che il buon Sagan si sia dedicato puntigliosamente a smontare proprio quelle obiezioni. Oggi infatti scollina senza il minimo affanno con il gruppo dei migliori uomini della generale, ridotto a una dozzina di unità; non prende rischi nell’ultima picchiata, e dimostra che dopo cotanta ascesa – e soprattutto dopo oltre 200km – ha ancora energie da vendere per imporre trenate mostruose sul piano, e vincere infine la volata con una gamba sola.
Riavvolgendo il nastro della tappa, vediamo partire una fuga della prima ora con nomi di spicco, nomi da grandi classiche, forse ispirati dal clima implacabile: Boonen, Gilbert, Vansummeren, Breschel, Terpstra…, oltre a nomi da non sottovalutare come Albasini o il promettente olandesde Wilco Keldermann, visto bene al Giro. Questi ultimi saranno i più indomiti sull’ascesa conclusiva, ma la loro azione verrà neutralizzata prima dello scollinamento.
Si segnala nel frattempo una brutta caduta con tanto di ritiro e visite ospedaliere per Ryder Hesjedal.
La fuga ha avuto vita durissima soprattutto perché in salita, dopo aver visto a fare il ritmo la Lampre presumibilmente per Scarponi, si impone in testa al gruppo la presenza di un uomo solo, a trascinarli tutti: l’americano Teejay Van Garderen, grande atteso al prossimo Tour, decide, dopo la delusione dell’attacco a vuoto con rimbalzo nelle retrovie di ieri, di imitare Contador nella moda del campione gregario. Si mette quindi al servizio del compagno Frank, scandendo un passo regolare ma asfissiante che, pur col contagocce, va a svuotare il gruppo dei migliori, fino a ridurlo a una dozzina di unità; tra le quali, naturalmente, manca il leader della generale fino ad oggi, ovvero l’australiano Cameron Meyer, che si era fatto valere a crono e aveva meritoriamente resistito, già con più di un affanno, nell’arrivo di ieri.
Sono invece presenti, oltre ai due BMC, capitano e gregario a ruoli invertiti, bei nomi quali Scarponi, Kreuziger, Pinot, Rui Costa (il campione in carica), Daniel Martin, Mollema, Visconti, Kangert, Peraud e Spilak. Oltreché, l’abbiamo anticipato, un inatteso Peter Sagan che, pur concentratissimo e dunque non certo dedito a una pedalata di svago, non sembra neppure soffrire eccessivamente il selettivo passo imposto da Van Garderen lungo la salita.
In prossimità del Gpm Kreuziger allunga il gruppetto con una bella progressione, e in discesa è un attimo spezzare la lunga fila indiana. Se ne vanno in quattro, il ceco, lo slovacco, il corridore di casa Frank e il campione in carica Rui Costa. Da dietro è soprattutto Daniel Martin a dannarsi per recuperare, ma senza esito; cade, purtroppo, Scarponi, che esce di classifica ma almeno non dalla gara.
Il finale fila liscio come l’olio, gli uomini di classifica del quartetto hanno interesse a tirare a tutta senza attendismi, e senza inventarsi chissà che per levare la tappa a Sagan. Anzi, pare a volte che le sue tirate di testa finiscano per togliersi di ruota involontariamente i compagni! La volata è senza storia, ci prova Rui Costa che ha un discreto spunto, ma qui “discreto” proprio non basta.
Un gran trionfo che dischiude nuovi orizzonti al 23enne campione, senza ovviamente pensare già alle grandi corse a tappe, che implicano altre attitudini (ieri Sagan sull’arrivo in salita ha salvato la gamba, arrivando lemme lemme a dieci minuti)… almeno per adesso!
Tra gli inseguitori si segnala un bell’allungo di Mollema, che dopo uno scatto violentissimo difende un distacco di qualche secondo sul resto del gruppetto, e la vittoria da parte di Visconti nella ristrettissima volata a seguire. Bella prova anche per il siciliano, che un po’ a sorpresa dopo una crono e due tappe di montagna si trova quarto in classifica generale. In maglia c’è Frank, a meno di mezzo minuto Kreuziger, che proverà a far proprio ancora una volta lo Svizzera sulle rampe dell’Albula. Proprio come Contador, Van Garderen riesce a restare in top ten nonostante il lavoro di gregariato. A meno di sorprese, la generale si deciderà tra l’Albulapass di venerdì e la crono di domenica. Nel frattempo, potremmo goderci qualche altro Sagan show nelle tappe mosse intercalate a quelle giornate cruciali.
Gabriele Bugada
8a TAPPA: ZERNEZ – BAD RAGAZ
SAGAN A FORZA DODICI, ILLUSIONE BENNATI
Il fuoriclasse slovacco, ottimamente supportato da Moreno Moser e Damiano Caruso, conquista il suo dodicesimo successo stagionale, nonchè ottavo in carriera, al Tour de Suisse battendo in rimonta l’aretino della Saxo-Tinkoff con Philippe Gilbert alle loro spalle, mentre la lotta per il successo finale resta ancora apertissima con Matthias Frank sempre leader e Rui Alberto Faria da Costa, Roman Kreuziger e Tejay Van Garderen pronti a scavalarlo nella crono conclusiva di Flumserberg.
L’ottava e penultima tappa del Tour de Suisse, 180,5 km da Zernez a Bad Ragaz con la scalata dello Julierpass nelle fasi iniziali e, dopo un lungo tratto di discesa e pianura, lo strappo di Maienfeld la cui vetta era posta a 6 km dal traguardo, si prestava a diverse possibili soluzioni che andavano dalla fuga da lontano alla volata di un gruppo più o meno ristretto, passando per un’azione da finisseur negli ultimi chilometri. A tentare la prima opzione sono stati lo sloveno Robert Vrecer (Euskaltel), che strada facendo si è assicurato i punti sufficienti per aggiudicarsi sia la classifica di miglior scalatore che quella degli sprint intermedi, il francese Maxime Bouet (Ag2r), l’elvetico Reto Hollenstein (Iam Cycling) e l’empolese Manuele Mori (Lampre-Merida), già in avanscoperta nella tappa di La Punt, ma il gruppo è stato ben determinato ad andarli a riprendere con la Bmc che ha inizialmente badato a non concedere loro troppo spazio, dal momento che Bouet nella generale aveva un distacco di 5′59” dalla maglia gialla Matthias Frank. In seguito sono entrate in “esercizio” l’Argos-Shimano di John Degenkolb, l’Orica-GreenEdge di Matthew Goss e Michael Albasini e la Cannondale di Peter Sagan, determinatissimo a tornare ad alzare le braccia dopo il successo da dominatore la tappa di Meiringen seguito però da un paio di inattese sconfitte nei giorni successivi: la loro decisa rincorsa ha portato all’inevitabile ricongiungimento, avvenuto ai -17 dal traguardo, con Hollenstein che è stato l’ultimo ad alzare bandiera bianca.
Lo strappo di Maienfeld è stato condotto di gran carriera dapprima dalla Garmin-Sharp, non certo per Tyler Farrar che è stato uno dei primi a perdere contatto quanto per il 7° della generale Daniel Martin, e successivamente dalla Cannondale con Stefano Agostini e successivamente Damiano Caruso e Moreno Moser, autori entrambi di un Giro di Svizzera fin qui tutt’altro che entusiasmante ma che potrebbe dare loro un’ottima condizione in vista del campionato italiano. Ne è venuta fuori una selezione decisamente maggiore rispetto al previsto con il gruppo che si è ridotto ad una quarantina di unità comprendente tutti gli uomini di classifica ad eccezione di Cameron Meyer (Orica-GreenEdge), che è rimasto vittima di una foratura ai piedi della salita e non riuscirà più a rientrare chiudendo con un distacco di 27”. Davanti sono rimasti anche diversi atleti in grado di ben figurare allo sprint, da Albasini a Daniele Bennati (Saxo-Tinkoff) passando per Julien Simon (Saur-Sojasun), José Joaquín Rojas (Movistar), il campione del mondo Philippe Gilbert (Bmc) e naturalmente Sagan, mentre fin dalle prime rampe, oltre a Farrar e a Goss (che insieme a tutti i compagni di squadra, tranne Albasini, si è fermato ad attendere Meyer), non hanno retto il ritmo Romain Feillu (Vacansoleil), Tom Boonen (Omega-QuickStep), Matti Breschel (Saxo-Tinkoff), i nostri Jacopo Guarnieri (Astana) e Davide Cimolai (Lampre-Merida) e un deludente Degenkolb. In prossimità dello scollinamento hanno ceduto anche Grega Bole (Vacansoleil), Ben Swift (Team Sky) e il vincitore della tappa di Leuggern Alexander Kristoff (Katusha).
Negli ultimi chilometri, quasi tutti in discesa, non ci sono state sorprese con Caruso e Moser sempre a scandire l’andatura, Frank che ha lavorato in prima persona per portare davanti Gilbert e Nicolas Roche (Saxo-Tinkoff) che ha fatto la stessa cosa per Bennati, che si è lanciato ai -200 metri e ha dato per un attimo l’impressione di potercela fare contro un Sagan rimasto leggermente chiuso: il fuoriclasse di Zilina è però riuscito a trovare un varco, a superare l’aretino, che comunque da tempo non si vedeva così brillante, e a cogliere il 12° successo stagionale nonchè l’8° in carriera al Tour de Suisse pur avendone disputate solo le ultime tre edizioni, mentre Gilbert ha chiuso sul gradino più basso del podio davanti ad Albasini, Christophe Riblon (Ag2r), Martin Elmiger (Iam Cycling) e Peter Velits (Omega-QuickStep). La classifica generale rimane sostanzialmente immutata e vede Frank in maglia gialla con 13” su Rui Alberto Faria da Costa (Movistar), 23” su Roman Kreuziger (Astana), 44” su Thibaut Pinot (Fdj), 46” su Bauke Mollema (Blanco) e 1′17” su Tejay Van Garderen (Bmc) alla vigilia della nona e ultima tappa, un’atipica cronometro di 26,8 km da Bad Ragaz a Flumserberg con i primi 16 km pianeggianti e i successivi tutti in salita con una pendenza media intorno al 7%: ben difficilmente Frank riuscirà a conservare il suo primato di fronte al campione uscente Rui Costa e a Kreuziger, che nel 2008 ha costruito proprio nella cronoscalata al Klausenpass il suo successo nel Tour de Suisse. Entrambi molto più specialisti dell’elvetico, ma non vanno dimenticati Van Garderen, che ha dominato una prova analoga a San Josè al Giro di California e ha tutte le carte in regola per recuperare il gap, e gli stessi Pinot e Mollema, entrambi molto cresciuti contro il tic tac nelle ultime stagioni.
Marco Salonna

Sagan precede Bennati a Bad Ragaz (foto Bettini)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XXI: TOUR OF CALIFORNIA 2013
Dopo aver mietuto le prime affermazioni alle classiche del nord Sagan fa ritorno in terra di California. E anche stavolta non se torna a mani vuote, mettendosi in saccoccia due vittorie di tappa
3a TAPPA: PALMDALE – SANTA CLARITA
LA NONA SINFONIA DI PETER SAGAN
Nona vittoria stagionale e decima di tappa al Tour of California per Peter Sagan (Cannondale). Il fenomeno slovacco ha battuto tutti allo sprint nella terza tappa della corsa americana riuscendo a precedere l’australiano Micheal Mattews (Orica -Greenedge) e l’americano Tyler Farrar (Garmin-Sharp). Nessun problema, invece, per Janier Acevedo che conserva agevolmente la sua maglia di leader.
Finalmente anche Sagan ottiene la sua vittoria di tappa in questa edizione del Tour of California. Lo slovacco ci aveva provato anche nella prima tappa ma in quell’occasione solo la sfortuna gli aveva impedito di vincere, oggi invece tutto è andato nel verso giusto e nella volata finale ha trovato il modo di ottenere un’altra vittoria, la nona stagionale, nonostante si trovasse troppo indietro quando è partito lo sprint.
Innanzitutto iniziamo col dire che questa terza tappa partiva da Palmdale e terminava a Santa Barbara dopo 177 chilometri offrendo un percorso che si poteva adattare ad un finale allo sprint nonostante la presenza di quattro GPM ma tutti di 4a categoria e naturalmente se prima si fosse domata la fuga di giornata.
Sin dalla partenza la velocità è stata elevata non permettendo a qualunque azione di prendere il largo, e per di più sempre nelle fasi iniziali, a causa di una caduta, il gruppo si divide in due tronconi, nel primo è presente Tejay Van Garderen mentre Jannis Acevedo è rimasto intruppato nel secondo e costretto ad inseguire, ma per sua fortuna la situazione si placa ed il gruppo riesce a compattarsi in un unico blocco dopo il primo Gran Premio della Montagna.
Di lì a poco partirà anche la fuga di giornata, composta ancora una volta da quattro corridori: l’ex maglia gialla Lieuwe Westra (Vacansoleil), Beyer (Champion System), Mannion (Bontrager) ed in particolare Andy Schleck (Radioshack) tornato a pedalare decentemente e sul viatico del ritorno verso i livelli che gli competono. I battistrada, pur non avendo grandi possibilità di arrivare fino in fondo, riusciranno a guadagnare un vantaggio massimo sempre vicino ai tre minuti, non di più, perché dietro il gruppo non concede nulla e dai meno cinquanta all’arrivo il lavoro di squadre come Cannondale, Garmin e Omega-Quick Step si fa sempre più intenso rendendo sempre più inevitabile il ricongiungimento che avviene a 13 chilometri dall’arrivo.
Così si fa sempre più spianata la possibilità di assistere ad una volata e all’ultimo chilometro ormai si ha la certezza di un arrivo allo sprint.
Negli ultimi mille metri la situazione diventa sempre di più infuocata con l’Orica Greenedge che prende in mano la situazione, ed è proprio un portacolore della squadra australiana che lancia la volata a Micheal Mattews, ma prima, prevedendo una tale mossa, Thor Hushov aveva tentato di anticipare ai 300 metri, vanamente perché già 100 metri dopo il norvegese era stato risucchiato dal gruppo. Il primo che riprende e salta Hushovd è Mattews che si ritrova al comando pronto ad alzare le braccia, ma presto si accorgerà che un corridore è sulla sua scia pronto a superarlo e costui è proprio Sagan che salta l’australiano con un progressione fulminea negli ultimi 70 metri, oltremodo sufficiente per aggiudicarsi la tappa davanti proprio a Mattews mentre in terza posizione si classifica Tyler Farrar.
Completano la Top Ten, in ordine: Meersman (Omega-Quick Step), Van Poppel (Vacansoleil-DCM), Hushovd (BMC), Candelario (Optum Kelly), Chavanel (Omega.Quick Step), Dempster (Netapp-Endura) e Morkov (Saxo Bank-Tinkoff).
Nulla cambia invece in classifica che vede sempre al comando il colombiano Javier Acevedo (Jamis Hagens-Berman).
Domani in programma una tappa che dovrebbe risultare ancora una volta adatta alla ruote veloci.
Paolo Terzi
8a TAPPA: SAN FRANCISCO – SANTA ROSA
IL SECONDO SQUILLO DI SAGAN
Lo slovacco Peter Sagan (Cannondale) vince l’ultima tappa dell’Amgen Tour of California riuscendo a precedere con una volata maestosa il tedesco Daniel Schorn (Netapp-Endura) e lo statunitense Tyler Farrar (Garmin-Sharp). Oltre all’affermazione di Sagan bisogna aggiungere anche l’incoronazione di Van Garderen a vincitore della corsa americana.
Dopo la prima vittoria ottenuta nella terza tappa ci saremmo aspettati un Peter Sagan in formato “cannibale” visti i precedenti che risalgono ad un anno fa, quando in California vinse cinque tappe su otto disputate. Ma dalla terza tappa in poi il giovane talento di Zilina, Slovacchia, ha centrato solo piazzamenti lasciando denotare che la condizione fisica non fosse ancora al top. I campioni, però, escono alla distanza e nell’ultima volata la potenza di Sagan è stata talmente devastante che nessuno è riuscito a contrastarlo.
Quest’ultima tappa lunga 130 chilometri che partiva da San Francisco e terminava a Santa Rosa prevedeva un percorso tutto sommato abbordabile a parte qualche strappetto, anche impegnativo ma non tale da escludere la volata finale.
Qualche chilometro dopo la partenza evadono dal gruppo tre corridori: De Gendt (Vacansoleil-DCM), McCartney (Bissel Cycling) e Duchesne (Botranger); il trio in avanscoperta riuscirà a guadagnare un vantaggio massimo di circa quattro minuti, ma nonostante l’impegno mostrato dai fuggitivi, oggi era praticamente impossibile scappare dalle “grinfie” del gruppo.
Ed è così che il gruppo riusce a rientrare sui battistrada quando all’arrivo mancano una dozzina di chilometri, all’entrata del circuito finale, con gli squadroni dei velocisti già piazzati in testa al plotone.
Passato il triangolo rosso dell’ultimo chilometro è l’Orica-Greenedge che si impadronisce delle prime posizione e non le mollerà se non quando inizierà la volata. L’ultimo portacolori della formazione australiana che lavora in funzione di Matthews, nonostante la mancanza del capitano alla propria ruota, continua nella sua progressione: appena si scansa parte la volata che ha un solo padrone: Peter Sagan. Appena lo slovacco comincia il suo sprint gli avversari perdono metri e neppure il vento contrario riuscirà a svantaggiare Sagan, che taglia il traguardo con netto distacco sugli inseguitori. Secondo classificato è Daniel Schorn mentre giunge terzo l’americano Tyler Farrar.
L’altro corridore che festeggia sul podio è Tejay Van Garderen che, con la conclusione della tappa di oggi, è ufficialmente il vincitore del Tour of California 2013. La vittoria del 24enne statunitense è giunta, oltre che alle ottime capacità individuali, anche grazie ad un team, la BMC, che si è dimostrata ampiamente la più forte e anche quella che credeva di più nella vittoria del proprio capitano. Per Van Garderen c’è ora in mirino un’altra corsa, il Tour de France, che sicuramente lo vedrà protagonista come l’anno scorso.
Paolo Terzi

Il sigillo di Sagan sull'edizione 2013 del Tour of California (foto Jon Devich)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XX: FRECCIA DEL BRABANTE 2013
Due settimane dopo la vittoria alla Gand-Wevelgem la sagoma verde di Peter Sagan torna a svettare sul traguardo di una corsa belga. Stavolta è il turno di una semiclassica, la Freccia del Brabante, che il corridore slovacco vince beffando il volata l’idolo di casa e campione del mondo in casa Philippe Gilbert.
SEMPRE PIÙ SAGAN: SUA ANCHE LA FRECCIA DEL BRABANTE
Chi lo ferma più. Strade del nord senza freni per lo slovacco Sagan che, dopo aver fatto sua la Gand – Wevelgen, infila nel carniere la Freccia del Brabante e ora mira alla prossima gara WT, l’Amstel Gold Race. Stavolta il battuto è nientemeno che il campione del mondo in carica, il belga Gilbert, beffato sulle strade di casa.
Cancellara, Cavendish e ora anche Gilbert: sono queste le vittime illustri del giovane Sagan, battuti tutti nel loro terreno. Terreno della contesa ancora le strade del nord, precisamente quelle della Freccia del Brabante, corsa di quasi 200 km accesasi con una fuga dopo appena 40 km e infiammatasi definitivamente ai meno 70 km con Devolder, Malacarne, Leukemans e Voss che lasciano il gruppo e raggiungono i restanti fuggitivi della prima ora (Dehaes, Hermans, Deignan, Maes e Ghyselink) che, pian piano. si staccano sotto il ritmo imposto dai nuovo arrivati, inseguiti alla morte dal plotone principale.
Ai meno 18 parte l’azione decisiva che andrà a comporre il drappello che si giocherà la vittoria finale: una trenata di Van Avermaet permette a Gilbert di portar via un gruppetto con Sagan, Geschke e Chavanel che in breve si riportano sui fuggitivi mentre il gruppo prova a reagire. Troppo tardi: gli undici davanti ormai sono involati verso il traguardo e Van Avermaet con lo stoico Maes rompono gli indugi. Solo un piccolo imprevisto in più per Sagan che si lancia all’inseguimento portandosi dietro tutti gli altri che, a questo punto, stando a ruota sarebbero gli ovvi favoriti. Nulla di più sbagliato poichè lo slovacco ne ha più di tutti anche sul traguardo e Gilbert deve accontentarsi del secondo posto davanti a Leuckemans.
Ancora un grande Sagan che, con una condizione stratosferica, mette ora nel mirino l’Amstel alla quale arriverà da favorito d’obbligo.
Andrea Mastrangelo

Sagan "schiaffeggia" il campione nel mondo in carica alla Freccia del Brabante (foto Bettini)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XIX: GAND – WEVELGEM 2013
Il rammarico per la mancata affermazione alla Milano-Sanremo è ben presto dimenticato. Sette giorni dopo l’edizione 2013 della Classicissima si corre la Gand-Wevelgam e Sagan la vince in solitaria, conquistando così la sua prima grande classica
CHIAMIAMOLA SAGAN(D) – WEVELGEM
Prima vittoria in carriera in una grande classica per il fuoriclasse slovacco che, ancora con il dente avvelenato dopo i secondi posti a Milano-Sanremo e Gp Harelbeke, conquista la corsa fiamminga disputata con temperature polari staccando a 4 km dal traguardo i nove compagni di fuga, tra cui il fondamentale gregario Maciej Bodnar, con Borut Bozic che conquista la piazza d’onore davanti a Greg Van Avermaet. Abbandonano Fabian Cancellara per scelta tecnica e il campione uscente Tom Boonen rimasto vittima di caduta, mai nel vivo della corsa gli azzurri primo dei quali è Viviani 15°.
Dopo lo spettacolare Gp Harelbeke dominato da Fabian Cancellara (RadioShack) davanti a Peter Sagan (Cannondale) e a una settimana dal Giro delle Fiandre la stagione delle classiche del Nord è proseguita con la 75a edizione della Gand-Wevelgem, che nelle ultime stagioni ha trovato questa nuova collocazione nel calendario dopo che in passato veniva tradizionalmente disputata a metà della settimana che separa la Ronde dalla Parigi-Roubaix: per la verità si è rischiato a causa delle abbonanti nevicate che hanno colpito il Belgio nelle ultime giornate che questa edizione venisse spostata in avanti di un giorno oppure addirittura cancellata ma alla fine si è corso regolarmente, sia pure su un tracciato accorciato a 190 km rispetto ai 235 originariamente previsti con la partenza spostata in avanti in località Gistel. Grandi favoriti alla vigilia erano considerati ancora Sagan, secondo un anno fa, e Cancellara oltre al duo dell’Omega-QuickStep composto da Marc Cavendish, uomo da battere in caso di arrivo in volata, e un Tom Boonen vittorioso nelle ultime due edizioni oltre che in quella del 2004 a caccia di una rivincita dopo un Gp Harelbeke chiuso al 7° posto senza però riuscire a competere con i migliori: accanto a loro al via anche Edvald Boasson Hagen e Mathew Hayman (Team Sky), André Greipel e Jürgen Roelandts (Lotto-Belisol), Yauheni Hutarovich (Ag2r), Borut Bozic e Maxim Iglinskiy (Astana), Lars Boom e Marc Renshaw (Blanco), il campione del mondo Philippe Gilbert e Thor Hushovd (Bmc), Arnaud Démare (Fdj), Tyler Farrar e Johan Vansummeren (Garmin-Sharp), Matthew Goss (Orica-GreenEdge), Alexander Kristoff (Katusha), José Joaquín Rojas e Francisco Ventoso (Movistar), John Degenkolb (Argos-Shimano), Matti Breschel (Saxo-Tinkoff), Juan Antonio Flecha e Björn Leukemans (Vacansoleil) e Heinrich Haussler (Iam Cycling) con i nostri Daniel Oss (Bmc), splendido 3° al Gp Harelbeke, Filippo Pozzato e Alessandro Petacchi (Lampre-Merida), Elia Viviani (Cannondale), Luca Paolini (Katusha), Giacomo Nizzolo (RadioShack) e Daniele Bennati (Saxo-Tinkoff) pronti a dire la loro.
La corsa è stata disputata in condizioni atmosferiche difficilissime con temperature anche al di sotto dello zero e un forte vento che ha fatto sentire la propria presenza, facendo sì che dopo pochi km il gruppo già si spezzasse in cinque tronconi con Boonen, Cavendish, Greipel, Sagan, Oss e Paolini rimasti nel plotoncino di testa composto da 26 unità mentre Cancellara, Flecha, Goss, Hushovd e Gilbert tra gli altri sono stati costretti a inseguire per 60 km prima di chiudere un gap che era arrivato vicino ai 2′ grazie soprattutto al lavoro della RadioShack e Pozzato, che si era fatto sorprendere rimanendo nel terzo troncone, è riuscito a sua volta a rientrare grazie al rallentamento che è seguito al rientro del gruppo di Cancellara: la corsa dello svizzero è però finita pochi km dopo quando, a termine di un colloquio con il suo direttore sporivo Dirk Demol, ha scelto di salire in ammiraglia evidentemente per non compromettere la preparazione per Fiandre e Roubaix. Un attacco in forze della Bmc in un tratto di vento laterale ha nuovamente spezzato il plotone con Sagan tra coloro che hanno perso qualche decina di metri ma questa volta l’azione si è esaurita in breve e immediatamente dopo il ricompattamento Flecha è scattato seguito da Matthieu Ladagnous (Fdj) e Assan Bazayev (Astana) arrivando a guadagnare poco meno di 1′ sul gruppo tirato dalla Cannondale, che si è dimostrata molto più solida e compatta rispetto alle aspettative e ha saputo competere alla pari con corazzate come l’Omega-QuickStep e la Bmc, prima che iniziasse la parte del percorso più impegnativa con 9 muri, su tutti il Kemmelberg da scalare per due volte, da scalare tra i -97 e i -42 dal traguardo prima del finale completamente pianeggiante. Sullo strappo del Baneberg è stato Gilbert, piuttosto anonimo in questo inizio di 2013, a smuovere le acque con Sagan, Boasson Hagen e Boonen pronti incollarsi alla sua ruota seguiti ma la corsa del fuoriclasse fiammingo terminerà di lì a poco in seguito a una brutta caduta poco prima del secondo passaggio sul Kemmelberg in cui ha battuto il ginocchio sinistro, anche se la partecipazione ai prossimi appuntamenti per lui non sembra essere a rischio. L’azione decisiva è arrivata a 57 km ad opera di Haussler, atleta che sembra aver trovato una nuova giovinezza con il trasferimento alla Iam Cycling, sul quale si sono portati Jens Debusschere (Lotto-Belisol), Bernhard Eisel (Team Sky), il sempre presente Greg Van Avermaet (Bmc), uno Stijn Vandenbergh (Omega-QuickStep) costantemente con i migliori da quando è iniziata la campagna del Nord, il sempre più sorprendente Andrey Amador (Movistar), un Borut Bozic ancora protagonista dopo il recente secondo posto nella recente Dwars door Vlaanderen alle spalle del nostro Oscar Gatto, uno Jaroslav Popovych (RadioShack) che sembra aver trovato nelle classiche del Nord il suo terreno ideale dopo aver abbandonato i sogni di fare classifica nei grandi Giri che aveva coltivato a inizio carriera e soprattutto la coppia della Cannondale composta da Sagan e dal forte cronoman polacco Maciej Bodnar, che si è messo a completa disposizione dello slovacco e con le sue trenate sarà determinante nell’impedire il ritorno del gruppo: i contrattaccanti si sono riportati su Ladagnous, Bazayev e un inesauribile Flecha, che ha comunque forzato ancora l’andatura sul Kemmelberg provocando il cedimento del kazako e mettendo in leggera difficoltà anche Haussler e Popovych che comunque sono prontamente rientrati, mentre dietro Omega-QuickStep, Lotto-Belisol e Blanco hanno atteso che arrivasse il tratto finale in pianura prima di iniziare l’inseguimento per non mettere in difficoltà i rispettivi velocisti ma quando iniziato a farlo il distacco dalla testa era già di 1′30” e si è rivelato impossibile da colmare.
Gli undici uomini al comando, rimasti successivamente in dieci per via di una foratura di cui è rimasto vittima Debusschere che verrà ripreso dal gruppo, hanno proseguito di comune accordo fino a 5 km dal traguardo, quando Bodnar dopo aver svolto il grosso del lavoro si è fatto da parte. Il primo a muoversi è stato Vandenbergh immediatamente seguito da Flecha e Sagan che a quel punto, memore forse di quanto accaduto alla Milano-Sanremo quando in una situazione analoga aveva atteso la volata in cui era stato battuto da Gerald Ciolek, malgrado fosse nettamente il più veloce allo sprint è partito in contropiede e, approfittando anche di un attimo di esitazione degli inseguitori, ha fatto subito il vuoto e ha continuato ad incrementare il vantaggio fino al traguardo, in cui si è prodotto in una delle sue tipiche esultanze un po’ sopra le righe e non troppo gradite da alcuni colleghi, primo fra tutti Cancellara, impennando la bici nel momento di varcare la linea bianca: l’impressione è che però lo svizzero e tutti gli altri dovranno rassegnarsi nei prossimi anni a subire la supremazia del fenomeno di Zilina, che sembra aver compiuto in questo 2013 il definitivo salto di qualità e che con questo successo alla Gand-Wevelgem ha rotto il ghiaccio anche in una grande classica dopo gli innumerevoli piazzamenti negli ultimi anni. La volata dei battuti giunti a 23” da Sagan ha visto prevalere Bozic su Van Avermaet, Haussler, un Flecha che avrebbe forse meritato la piazza d’onore per quanto fatto in precedenza, Ladagnous, Eisel, Vandenbergh, Popovych e Amador mentre il gruppo ha chiuso a 40” regolato da Greipel su Démare, Breschel, Kristoff e un Viviani 15° che ha salvato in parte l’onore del tricolore in una corsa in cui gli azzurri sono stati nel complesso molto deludenti a partire da Pozzato, ancora una volta mai nel vivo della battaglia come già era accaduto al Gp Harelbeke. La campagna del Nord proseguirà ora con la Tre Giorni di La Panne in programma dal 26 al 28 marzo prima dell’attesissimo Giro delle Fiandre che si disputerà domenica 31.
Marco Salonna

Per Sagan un successo che punta verso l’alto (Photopress.be)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XVIII: TIRRENO-ADRIATICO 2013
Tra gli obiettivi mancati di Peter Sagan c’è la Milano – Sanremo, corsa alla quale puntava fin dall’anno del debutto ma nella quale non è mai andato al di là del secondo posto conseguito nel 2017 e del gradino più basso del podio nel 2013. E pensare che sembrava sempre messo sulla buona strada: per preparare al meglio l’assalto alla “Classicissima” nel 2013 aveva scelto le strade italiane del Gran Premio di Camaiore (del quale abbiamo raccontato ieri) e della Tirreno-Adriatico dove porterà a casa due frazioni, tra le quale quella difficilissima di Porto Sant’Elpidio che sarà determinante per la vittoria finale di Vincenzo Nibali
3a TAPPA: INDICATORE (Arezzo) – NARNI SCALO
SAGAN A PIOGGIA
Quarto successo stagionale per il fuoriclasse slovacco che al termine di una giornata caratterizzata ancora una volta dal maltempo supera con uno sprint regale Marc Cavendish, che allunga nella generale, Andre Greipel, Gerald Ciolek e Matthew Goss in quel di Narni Scalo. Il migliore dei nostri è Davide Cimolai 6° mentre i big si controllano in vista dell’arrivo in quota di Prati di Tivo.
La terza tappa della Tirreno-Adriatico, 190 km da Narni Scalo caratterizzati dal breve ma arcigno strappo di Todi ai -70 dal traguardo e dalla più pedalabile ma lunga oltre 5 km ascesa di Madonna Scoperta ai -19, è stata a lungo una sorta di replay di quella di Indicatore con la fuga partita praticamente subito dopo l’abbassamento della bandierina del via ufficiale di Cesare Benedetti (NetApp) e Garikoitz Bravo (Euskaltel), in lotta per la classifica di miglior scalatore guidata dal basco, in compagnia di un atleta della Vini Fantini, non più Kevin Hulsmans ma un Francesco Failli stimolato dal fatto di correre sulle strade di casa; unica variante rispetto alla frazione precedente sono state le condizioni meteo finalmente favorevoli nelle fasi iniziali ma intorno a metà percorso la pioggia ha nuovamente iniziato a cadere e ha accompagnato i corridori fin sul traguardo. La lotta per la maglia verde è stata appannaggio di Benedetti che salendo verso Todi ha distanziato Bravo, che non riuscirà più a rientrare, è passato in vetta per primo e ha proseguito insieme a Failli senza però avere chances di resistere al ritorno del gruppo che, tirato dall’Omega-QuickStep della maglia azzurra Marc Cavendish, dalla Lotto-Belisol di Andre Greipel e dall’Argos Shimano di John Degenkolb, tutti a caccia di un riscatto dopo aver deluso nella volata di Indicatore, ha concesso fino a 8′50” agli uomini di testa prima di completare il ricongiungimento ai piedi della salita di Madonna Scoperta, in cui la Cannondale di Peter Sagan ha smosso le acque con l’intento di eliminare più avversari possibili per il campione slovacco: sotto la spinta di Kristjan Koren e Damiano Caruso il gruppo si è infatti spezzato in diversi tronconi e hanno ceduto tra gli altri Degenkolb, Francesco Chicchi (Vini Fantini), Roberto Ferrari (Lampre-Merida) e Davide Appollonio (Ag2r) oltre, ma ormai non è più una sorpresa, ad Andy Schleck (RadioShack) e ulteriore selezione è stata prodotta nella successiva discesa da una caduta che ha coinvolto l’ex astro nascente Thomas Dekker (Garmin-Sharp) e il vincitore del GiroBio 2012 Joseph Dombrowski (Sky), facendo sì che rimanessero indietro e non riuscissero più a rientrare Arnaud Démare (Fdj), Giacomo Nizzolo (RadioShack) e un Filippo Pozzato (Lampre-Merida) che ha consapevolmente scelto di evitare qualsiasi rischio a poco più di una settimana dalla Milano-Sanremo. Una volta esauritosi il lavoro della Cannondale sono seguiti degli attimi di confusione durante i quali tutti gli uomini di classifica, a partire da Vincenzo Nibali (Astana), Alberto Contador (Saxo-Tinkoff), Tony Martin (Omega-QuickStep), Damiano Cunego (Lampre-Merida) e un Chris Froome supportato da un Team Sky presente in forze malgrado l’assenza di Dombrowski, si sono mantenuti nelle primissime posizioni e a turno hanno provato a evadere dal gruppo Jorge Azanza (Euskaltel), Juan Antonio Flecha (Vacansoleil) con a ruota Fabian Cancellara (RadioShack) e soprattutto Lars Boom (Blanco), che è rimasto in avanscoperta dai -12 ai -7 dal traguardo ma nulla ha potuto quando l’Orica-GreenEdge di Matthew Goss e l’Omega-QuickStep di Cavendish si sono riorganizzate dopo che nel tratto in salita erano rimaste al fianco dei rispettivi velocisti scivolati nelle retrovie del gruppo di testa.
Non sono mancati neppure nel finale gli attacchi ad opera del miglior scalatore dell’ultimo Giro d’Italia Matteo Rabottini (Vini Fantini) ai -4 e del pluricampione uzbeko Sergey Lagutin (Vacansoleil), seguito per un attimo da un Contador molto attento ad evitare possibili cadute, in cima allo strappetto di Narni posto a 3 km dal traguardo: anche questi tentativi si sono però conclusi con un nulla di fatto e si è giunti allo sprint in cui Daryl Impey ha lanciato Goss che è partito con a ruota nell’ordine Gerald Ciolek (Mtn Qhubeka), Greipel e Sagan che, a differenza di quanto era avvenuto ad Indicatore in cui aveva lanciato la sua volata molto lontano dal traguardo per poi piantarsi, è venuto fuori negli ultimi 50 metri e ha conquistato il successo, quarto stagionale dopo due tappe del Giro dell’Oman e il recente Gp Camaiore; il fuoriclasse slovacco si è dichiarato nel dopo corsa felicissimo di aver battuto per la prima volta nella sua ancor breve carriera in uno sprint di gruppo Cavendish, che a sua volta ha rimontato nel finale fino alla piazza d’onore precedendo Greipel, Ciolek e Goss in un ordine d’arrivo regale in cui si è ben distinto anche il 23enne friulano Davide Cimolai (Lampre-Merida), 6° davanti a Tyler Farrar (Garmin-Sharp), al redivivo Thor Hushovd (Bmc), in ripresa dopo i problemi fisici che ne hanno condizionato il rendimento nella passata stagione e nel mese di febbraio, a un Manuel Belletti (Ag2r) meno brillante rispetto alla tappa di Indicatore e a Simon Geschke (Argos-Shimano). La nuova generale vede al comando Cavendish con 7” su Michal Kwiatkowski, 9” su Niki Terpstra, Tony Martin e Zdenek Stybar e 18” su Sagan ma più importanti sono i distacchi degli uomini di classifica che si daranno battaglia nell’arrivo in salita di Prati di Tivo, teatro un anno fa di uno splendido assolo di Vincenzo Nibali che aveva posto le basi per il successo finale: il siciliano accusa al momento un ritardo di 29” dalla vetta, preceduto da Cadel Evans (Bmc) e Moreno Moser (Cannondale) che ne accusano rispettivamente 25 e 28 mentre Froome è distaccato di 34”, Contador di 38”, Cunego di 44”, Mollema di 46”, Joaquim Rodriguez (Katusha) di 53”, Domenico Pozzovivo (Ag2r) di 1′14” e Samuel Sanchez (Euskaltel) di 1′15”.
Marco Salonna
6a TAPPA: PORTO SANT’ELPIDIO – PORTO SANT’ELPIDIO
SAGAN E NIBALI FANNO LE SCARPE A TUTTI
Grande spettacolo a Porto Sant’Elpidio, località nota per i suoi calzaturifici, con lo slovacco e il messinese che si involano insieme a Joaquim Rodríguez sullo strappo di Casette d’Ete e conquistano rispettivamente il successo di tappa e, salvo sorprese nella crono di San Benedetto del Tronto, la classifica generale della Tirreno-Adriatico che il capitano dell’Astana guida ora con 34” su un Chris Froome in grande difficoltà nel finale. Ben 52 corridori abbandonano tra cui Filippo Pozzato, Marc Cavendish, Daniele Bennati e Andy Schleck.
La sesta tappa della Tirreno-Adriatico, 209 km con partenza e arrivo a Porto Sant’Elpidio, si presentava sulla carta impegnativa con 18 strappi da affrontare sulle Coste Fermane ma nei fatti si è rivelata massacrante con il maltempo che, dopo aver dato tregua nelle frazioni di Prati di Tivo e Chieti, è tornato ad abbattersi sul percorso e alcune delle salite che presentavano pendenze impressionanti prima fra tutti quella di Sant’Elpidio a Mare, un muro di 350 metri con punte al 27% da affrontare per tre volte, ultima delle quali a 17 km dal traguardo, reso impossibile dall’asfalto bagnato che di fatto impediva agli atleti di alzarsi sui pedali; sta di fatto che molti corridori hanno inscenato un accenno di protesta con gli organizzatori, rei di aver esagerato con la durezza di questa Corsa dei Due Mari, e ben 52 di loro hanno abbandonato già nelle prime fasi della tappa, tra cui Andy Schleck (RadioShack), che fin qui in stagione ha portato a termine solo il Gp camaiore, e Marc Cavendish (Omega-QuickStep), Matthew Goss (Orica-GreenEdge), Giacomo Nizzolo e Daniele Bennati (RadioShack), Grega Bole (Vacansoleil) e Filippo Pozzato (Lampre), che hanno scelto di non compromettere la loro preparazione per l’imminente Milano-Sanremo. Fin dalle prime fasi c’è stata grande bagarre finchè al km 25 non ha preso il via una fuga molto ben assortita composta da Fabian Cancellara (RadioShack), Rinaldo Nocentini e Matteo Montaguti (Ag2r), Lars Boom (Blanco), Tom Dumoulin (Argos-Shimano), Damiano Cunego (Lampre-Merida), Giovanni Visconti e Benat Intxausti (Movistar), Egoi Martínez (Euskaltel), Angel Vicioso (Katusha), Daryl Impey e Stuart O’Grady (Orica-GreenEdge), Mauro Finetto (Vini Fantini), Matthieu Sprick (Argos-Shimano), e Mirko Selvaggi (Vacansoleil), che sarebbe quasi certamente arrivata al traguardo se non fosse stato per la presenza di Nocentini, 19° nella generale a 3′05” da Chris Froome, che ha fatto sì che il Team Sky non lasciasse troppo spazio agli uomini di testa. Sulle varie salite il gruppo di testa si è selezionato con il sorprendente Dumoulin, 22enne olandese noto principalmente per le sue doti di cronoman, e un Cunego che ha collezionato 400 km di fuga negli ultimi due giorni ed è stato ricompensato con la conquista della maglia verde di miglior scalatore, che per diversi km sono rimasti soli al comando per poi essere raggiunti da Visconti, Intxausti, Martínez, Impey e Selvaggi mentre tutti gli altri sono stati via via risucchiati dal plotone, che a sua volta si è ridotto a una cinquantina di unità.
A 40 km dal traguardo il vantaggio del sette fuggitivi era ancora vicino ai 3′ e, una volta ripreso Nocentini, il Team Sky non aveva più interesse a tirare ma la Cannondale di Peter Sagan e la Vini Fantini di Mauro Santambrogio si sono portate al comando e, approfittando di una quindicina di km pianeggianti e di una collaborazione che è andata scemando nel gruppetto di testa, ha ridotto drasticamente il ritardo prima dell’ultimo passaggio sul muro di Sant’Elpidio in cima al quale è avvenuto il ricongiungimento, con Intxausti e Dumoulin ultimi ad arrendersi. Su queste rampe si è scatenata la battaglia tra gli uomini di classifica con Vincenzo Nibali (Astana) che si è mosso in prossimità della vetta seguito da un ritrovato Samuel Sánchez, da un brillantissimo Sagan, dal vincitore della tappa di Chieti Joaquim Rodríguez (Katusha), da Chris Horner (RadioShack), da Santambrogio e da un comunque non troppo pimpante Alberto Contador (Saxo-Tinkoff) mentre è andato a sorpresa in grande difficoltà Froome, che ha risentito probabilmente delle avverse condizioni meteo, e con lui tutta la sua squadra: il solo Sergio Henao è riuscito per qualche centinaio di metri a supportare la maglia blu che in seguito si è parzialmente ripresa andando a riprendere un gruppetto inseguitore comprendente tra gli altri Cadel Evans e un Thor Hushovd (Bmc) in grande crescita di condizione in vista delle classiche del Nord, il quarto della generale Michal Kwiatkowski (Omega-QuickStep), Domenico Pozzovivo (Ag2r), Przemyslaw Niemiec e Daniele Pietropolli (Lampre) e Bauke Mollema (Blanco), il cui ritardo ha però continuato a salire rispetto a uno scatenato Nibali, che nella breve ma molto tecnica discesa ha fatto ulteriore selezione con i soli Sánchez e Sagan in grado di rimanergli in scia. Sullo strappo di Casette d’Ete, ultima salita di giornata con la vetta posta a 11 km dal traguardo, si sono ulteriormente rimescolate le carte con Rodríguez che in solitudine si è riportato su Nibali e Sagan mentre Sánchez ha ceduto ed è stato ripreso da Santambrogio, Horner e da un Contador che ha faticato moltissimo per non perdere le ruote del comasco e dello statunitense e la situazione non è più cambiata se non per i distacchi fino a Porto Sant’Elpidio, in cui come era prevedibile Sagan non ha avuto problemi a regolare i due compagni di fuga: impressionante in ogni caso in una tappa così duraa la prestazione del 23enne slovacco, al secondo successo in questa Tirreno-Adriatico dopo quello della tappa di Narni Scalo in una volata di gruppo, che dimostra di poter puntare già in questa stagione a vincere non solo tutte le classiche del Nord ma probabilmente anche gare che al momento sembravano essergli precluse come la Freccia Vallone e soprattutto la Liegi-Bastogne-Liegi. Alle spalle del fenomeno della Cannondale hanno chiuso con 2” di distacco Nibali, che ne ha così conquistati anche 6 di abbuono, e Rodríguez mentre il gruppetto con Santambrogio, Sánchez, Horner e Contador ha chiuso a 44” ed è stato quasi raggiunto da quello di Froome arrivato a 50” e regolato da Jurgen Roelandts (Lotto Belisol), altro atleta da tenere d’occhio nelle prossime corse, su Hushovd e Simon Geschke (Argos-Shimano).
Grazie alla sua splendida azione Nibali ha ipotecato il secondo successo di fila nella classifica generale della Tirreno-Adriatico che, alla vigilia dei 9,2 km della crono conclusiva di San Benedetto del Tronto, guida con 34” su Froome, 37” su un Rodríguez che a sua volta ha compiuto una grande operazione di classifica che però potrebbe non bastare per il podio finale, 48” su Contador, 58” su Kwiatkowski e 1′05” su Horner: sarà invece grande battaglia per le piazze d’onore come pure per il successo parziale con Cancellara, dominatore della prova contro il tempo un anno fa, e Tony Martin (Omega-QuickStep) uomini da battere e il parmigiano Adriano Malori (Lampre-Merida) pronto ad inserirsi.
Marco Salonna

Sagan vince la decisiva tappa di Porto Sant'Elpidio (foto Bettini)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XVII: CAMAIORE 2013
La Toscana porta bene a Sagan. Dopo aver fatto suo il Gran Premio Industria e Commercio di Prato ora va a segno al Gran Premio Città di Camaiore, la corsa lucchese che l’anno successivo chiuderà la sua ultrasessantentale storia per concentrare gli sforzi economici nell’organizzazione della Grande Partenza della Tirreno-Adriatico
PETER SAGAN RE DEL GP CAMAIORE 2013
La zampata di un grande nome era nell’aria, ma forse nemmeno i bookmakers avrebbero quotato con sicurezza una grande vittoria di Peter Sagan già il 28 di Febbraio. Anche perché alla classica toscana, giunta alla 64esima edizione, la prima corsa a Febbraio, erano presenti veramente tutti i big pronti a dare spettacolo in questo 2013. Oltre a Sagan, hanno preso il via Gadret, Nibali, Cunego, Andy Schleck, Denis Menchov e molti altri. Grandissima prova dei nostri Ulissi e Nocentini, che però nulla hanno potuto contro la giornata di grazia del giovane campione slovacco, e sono stati costretti a spartirsi rispettivamente secondo e terzo gradino del podio.
Gran Premio Città di Camaiore, basta solamente il nome per evocare nella mente degli appassionati di ciclismo una classica molto ambita e prestigiosa. E’ sufficiente scorrere i nomi dell’Albo d’Oro per trovarne conferma: Eddy Merckx, Gianni Bugno, Giuseppe Saronni, Francesco Moser, Paolo Bettini, sono solo alcuni vincitori di prestigio della corsa toscana. Corsa che proprio quest’anno ha mutato faccia costringendo i partecipanti a cambiare abbigliamento: dalla data estiva, solitamente intorno alla metà di Agosto, la gara è stata anticipata infatti ad inizio di stagione, per l’ultimo giorno di Febbraio, dunque in pieno Inverno. Decisione questa presa sia da parte del Comune di Camaiore con l’intenzione di creare nel territorio un flusso di turismo anche in inverno, sia da parte dell’Uci che ha apprezzato e approvato l’idea di farla diventare una specie di “tappa di preparazione” alle corse di rilievo che si disputano nello stesso periodo (Tirreno-Adriatico, Eroica), dando così prestigio alla lista partenti. Scelta tuttavia che ha fatto un po’ storcere il naso agli appassionati: se è vero come è vero che l’elenco partecipanti di quest’anno è davvero ricco di nomi di prima fascia, il richiamo turistico difficilmente potrà mai essere in questo periodo dell’anno maggiore che in Agosto per una famosissima località marittima toscana.
Il percorso. Il percorso dell’edizione numero 64 si snoda come da tradizione nel cuore pulsante della Versilia: la prima parte è un circuito pianeggiante da ripetere due volte, lungo tutto il litorale, mentre la seconda parte presenta un altro circuito, da ripetere 5 volte, che prevede la classica scalata al Monte Pitoro. Finale vallonato sulle bellissime colline toscane, con un tratto in discesa e poi una lieve contropendenza verso Montemagno, poi discesa fino a Camaiore per il traguardo in Via Oberdan, per un totale di 183 Km.
La cronaca. Non passano molti metri che la fuga buona evade: fra i fuggitivi, Taylor Phinney (BMC), Stefano Agostini (Cannondale), Maxim Belkov (Katusha), Alessandro Proni (Fantini-SelleItalia) e Pedro Paulinho (Ceramica Flaminia). Il gruppo avanza in surplace lasciando ai fuggitivi addirittura un vantaggio massimo di 10 minuti, prima che le squadre dei big, Astana e Lampre-Merida in particolare, comincino a prendere le redini della rincorsa. Il ritmo inizia ad essere sostenuto, in testa e per il gruppo all’inseguimento: a farne le spese è il portoghese Paulinho che durante la quarta ascesa del Monte Pitoro, perde le ruote dei 4 compagni di fuga e viene riassorbito dal plotone. La sorte dei rimanenti fuggitivi però, è simile: il loro tentativo dura fino al Km 168, quando il gruppo, già scremato – anche di pesci grossi come Andy Schleck – dal lavoro asfissiante delle squadre di punta, riassorbe gli avventurieri. La corsa attacca quindi per l’ultima volta l’ascesa al Monte Pitoro: il più forte in salita è Michele Scarponi, che scollina per primo al GPM, ma sulla sua ruota è chirurgica la presenza di Peter Sagan, che a buon ragione aveva fiutato l’occasione giusta. Si forma così un gruppetto di testa composto da una decina di unità, fra cui anche Vincenzo Nibali, che prova a sfruttare la sua più grande dote, la discesa, attaccando giù dal Pitoro. Il suo tentativo però non va a segno, e si giunge così in Via Oberdan ad una volata a ranghi ristretti: inutile dire che Sagan è l’assoluto dominatore, e che agli altri non restano che i piazzamenti. Dietro lo slovacco, grandissima volata tutta italiana fra Ulissi e Nocentini, con il primo a spuntarla e guadagnare così la piazza d’onore. Ottima prova per i colori azzurri, con ben altri 4 fra i primi 10: 5° Mauro Santambrogio della Vini Fantini, 7° Francesco Reda della Androni Venezuela, 9° Giampaolo Caruso della Katusha e 10° Moreno Moser della Cannondale.
Queste le dichiarazioni di Sagan a fine gara: “E’ stata una vittoria costruita strada facendo e con il grande contributo dei miei compagni. Giro dopo giro sentivo che la condizione migliorava e ho preso morale. Agostini è stato bravissimo andando in fuga e mettendo la squadra nella situazione di non doversi dannare. Quando ci siamo ricompattati, sull’ultima ascesa, Moser è stato eccezionale chiudendo tutti gli attacchi e portando il gruppetto ad un arrivo in volata. A quel punto toccava a me tirare fuori il massimo e vincere“.
Per Peter Sagan è già il terzo successo stagionale nel 2013 dopo le due tappe vinte al Tour of Oman, ma questo ha un’importanza particolare: è una grande iniezione di fiducia in vista di un’altra grande classica, la Strade Bianche, come da lui stesso dichiarato.
“Il GP di Camaiore è stata la corsa giusta per riprendere ritmo di corsa e migliorare la condizione. La Strade Bianche mi piace molto e mi piacerebbe fare un buon risultato. E’ una corsa speciale, simile ad una classica belga, e come tale c’è bisogno anche di fortuna per emergere. Non voglio creare troppe aspettative: vedremo sabato come starò e come si metterà la corsa“.
Non resta che aspettare.
Lorenzo Alessandri
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XVI: TOUR OF OMAN 2013
Come l’anno precedente, anche la stagione 2013 inizia lontano dall’Europa. Dopo aver disputato in Argentina il Tour de San Luis, dove aveva ottenuto come miglior piazzamento il secondo posto nella frazione conclusive, torna a schierarsi al via del Giro dell’Oman, dove dodici mesi prima aveva ottenuto la sua prima vittoria stagionale. Sarà così anche nel 2013, ma stavolta concede il bis il giorno successivo
2a TAPPA: FANJA IN BIDBID – AL BUSTAN
AD AL BUSTAN ESCE IL NOME DI PETER SAGAN. ED E’ TRIONFO
Prova maiuscola del talento slovacco della Cannondale che con un’azione di classe mista a potenza si aggiudica la seconda tappa del Tour of Oman anticipando la volata e issandosi così in vetta nella classifica generale. Una tappa simile per tre quarti a quella inaugurale, ma che negli ultimi 25 km si è rivelata molto interessante grazie a due strappetti che hanno animato la corsa spezzettando il gruppo e facendolo rimescolare continuamente nelle prime posizioni. A due km dal traguardo, poi, la stoccata vincente del campione di Zilina.
La seconda tappa del Tour of Oman, con l’arrivo di Al Bustan, differiva dalla prima sostanzialmente per due gpm posti negli ultimi 25 km. Due rampette, Al Hamriya e Al Jissa , non durissime ma che hanno scremato il gruppo sotto i ripetuti attacchi di SKY e Cannondale, lasciando staccati i velocisti e conferendo alla classifica generale un nuovo assetto. Il copione della prima parte della tappa non si discostava di molto da quello di ieri, dal momento che troviamo due uomini in avanscoperta: il giapponese Tomohiro Kinoshita e l’olandese Traksel , già in fuga ieri ed evidentemente deciso a rinforzare il primato nella classifica della combattività. I setti minuti, vantaggio massimo della fuga, vengono erosi progressivamente e del tutto annullati verso l’ascensione lungo il primo gpm di giornata, Al Hamriya, a circa 25 km dall’arrivo. Marcel Kittel si stacca quasi subito dovendo così dire addio ai sogni di gloria in classifica generale e con lui la maggior parte dei velocisti. Emergono così dal gruppo nomi interessanti che si alternano nei primi posti. In particolare la SKY con Wiggins, Kennaugh e Porte, l’Astana con Grudzev e Nibali e ovviamente la Cannondale, con Sagan in rampa di lancio e pronto a sferrare l’attacco sul secondo e ultimo gpm di Jissa, ai meno 6 km dal traguardo. Ma prima, un po’ di gloria la ottiene anche Daryl Impey, il sudafricano dell’Orica GreenEdge che con uno scatto secco riesce a arrivare da solo sul predetto gpm ma non a fare la differenza nelle fasi conclusive della corsa, incentrata adesso sull’azione ai meno 5 km del duo Contador-Nocentini, che rinviene sul sudafricano e traina con sè una quindicina di altri ciclisti, tra cui si segnalano Nibali, Marcato, Froome, Bouhanni – uno dei pochi uomini veloci a resistere sui gpm conclusivi – e Sagan. E propio lui, Peter Sagan, uno degli uomini più temuti in arrivi come quello di oggi, non aspetta la volata ma con uno scatto secco ai meno 2 km saluta e se ne va in un assolo imperiale verso la prima vittoria stagionale. L’Oman dice bene al talento slovacco della Cannondale, che come lo scorso anno, raccoglie la sua prima vittoria stagionale nella seconda tappa di questa corsa. Secondo a cinque secondi il francese Gallopin, terzo lo svizzero Elmiger e si segnala anche il quarto posto di Vincenzo Nibali, che dimostra così di tenere alla classifica anche in ricordo dell’anno scorso, quando si classificò secondo in classifica generale a solo un secondo dal vincitore Velits, slovacco come Sagan. L’ordine d’arrivo si riflette nella classifica generale e grazie agli abbuoni Sagan ha 9 secondi di vantaggio su Gallopin, 11 su Elmiger e 15 su Nibali, mentre Bouhanni, quinto a 17 secondi, prova a resistere su un percorso di una corsa che non gli si addice e che vedrà la tappa clou nella Al Saltiyah in Samail – Jabal Al Akhdhar (Green Mountain) di dopodomani. Nel frattempo, domani è in programma la terza tappa, sulla carta favorevole ai velocisti, che non dovrebbe cambiare di molto la classifica generale.
Antonio Scarfone
3a TAPPA: NAKHAL FORT – WADI DAYQAH DAM
SAGAN BISSA IL SUCCESSO IN OMAN. E’ SUA LA TERZA TAPPA
Grande prova del talentuoso slovacco che batte in volata Van Avermaet e Gallopin dopo una tappa caratterizzata da una fuga ‘a esclusione’ e resa interessante da un finale ondulato. Primato in classifica rinforzato per lo slovacco della Cannondale ed ora occhi puntati alla tappa di domani, sulla carta la più impegnativa, con l’arrivo in salita verso Green Mountain, dove probabilmente si deciderà la corsa araba.
La terza e più lunga tappa del Tour of Oman ha rivestito, anche se non del tutto, come vedremo più avanti, i crismi di interlocutorietà pronosticati alla vigilia, visto che la corsa araba dovrebbe decidersi al 99% nella tappa di domani con arrivo sulla Green Mountain. I 190 km da Nakhal Fort a Wadi Daykah Dam prevedevano infatti un solo gpm, per di più a 100 km dall’arrivo, nell’insieme di una tappa che recitava la parte delle due già trascorse, nelle quali ad una fuga iniziale si contrapponeva il ritorno progressivo del gruppo che avrebbe sparato le migliori cartucce nei km conclusivi. La fuga di oggi, composta da quattro ciclisti, ha visto la presenza immancabile dell’olandese Traksel, sempre più vicino alla conquista della maglia della combattività, corroborata ulteriormente dai punti ottenuti al passaggio in prima posizione al primo sprint intermedio, il giapponese Hatanaka (Japan team), il cinese Jang (Champion System) e l’italiano Christian Delle Stelle (Bardiani Valvole-CSF Inox) reduce dal Tour of Qatar e migliore dei fugaioli in classifica generale a 2 minuti e 21 secondi da Sagan. Una fuga che ha avuto un vantaggio massimo di nove minuti, tenuta sempre sotto controllo dalla Cannondale che scandiva con regolarità il ritmo del gruppo. Più o meno a metà corsa, il gpm di Bousher Alamrat vedeva l’allungo solitario di Delle Stelle, raggiunto nella discesa successiva da Hatanaka e Jang, mentre Traksel veniva inghiottito da un gruppo che evidentemente non aveva intenzione di lasciare troppa strada ai fuggitivi. Tra il rifornimento e il secondo sprint intermedio non vi era molto da segnalare, se non il costante controllo mantenuto dal gruppo sui tre restanti fuggitivi, che si manteneva intorno ai quattro minuti. Quindi Delle Stelle passava per primo al secondo sprint intermedio, dopodiché il cinese Jang era costretto ad alzare bandiera bianca a causa dei crampi. La fuga a esclusione, che aveva già perso Traksel, era a questo punto composta da due soli ciclisti a meno 45 km dal traguardo. Ai meno 20, anche Delle Stelle, con il gruppo in forte recupero, si rialzava lasciando a se stesso il giapponese Hatanaka, che infine veniva ripreso ai meno 14 km dall’arrivo. La guerra per le prime posizioni era già iniziata, con SKY, Omega Pharma, Astana e Cannondale le più attive in testa al gruppo. Un allungo di Brett Lancaster (Orica GreenEdge) ai meno 8 km portava il forte ciclista australiano ad accumulare un vantaggio massimo di una decina di secondi tra gli 8 e i 5 km all’arrivo, finchè il gruppo, guidato in primis da SKY e BMC, rinveniva prepotentemente sul fuggitivo preparando le grandi manovre per la volata finale. Ma gli ultimi tre km davano ancora emozioni, poiché la strada ondulata anche questa volta traeva in inganno la maggior parte dei velocisti, a vantaggio di uomini più dotati che, scattando, riuscivano a formare un gruppetto di poche decine di unità. Un invito a nozze, come ieri, per Peter Sagan, che batteva sul traguardo un coriaceo Greg Van Avermaet. Al terzo posto si classificava Tony Gallopin e al quarto Alberto Contador mentre quinto e primo degli italiani si segnalava un redivivo Marco Marcato, anch’egli a suo agio in arrivi come questo. Nella top ten da annotare anche i nomi di Philippe Gilbert, settimo, che evidentemente inizia a testare la gamba in vista degli impegni più severi di marzo, e di altri due italiani, Pasqualon e Nocentini, rispettivamente sesto e ottavo, mentre Vincenzo Nibali si piazzava in undicesima posizione. A conti fatti, Peter Sagan fa il pieno: è ora leader nella classifica generale, rinforzata grazie agli abbuoni – ha ora un vantaggio di 16 secondi su Gallopin e di 26 secondi su Van Avermaet – nella classifica a punti e nella classifica di miglior giovane, mentre all’olandese Traksel resta – si fa per dire – la maglia della combattività. Tutti adesso a guardare con interesse alla tappa di domani, con l’arrivo all’insù della Green Mountain. La classifica generale è ancora abbastanza corta e siamo curiosi di vedere se Peter Sagan riuscirà a tenere testa agli attacchi che inevitabilmente verranno portati ai suoi danni lungo la scalata finale.
Antonio Scarfone

Sagan vince la seconda tappa del Tour of Oman 2013 (foto Bettini)