TRICOLORE STORY: FORMOLO 2019
Domenica prossima si sarebbe dovuto disputare sulle strade del Veneto il campionato nazionale di ciclismo, rimandato a fine agosto per l’emergenza coronavirus. Nei sette giorni che avrebbero dovuto anticipare la gara vi portiamo a riscoprire le più recenti edizioni, ovviamente cominciando con quella che lo scoorso anno a Compiano permise a Davide Formolo di indossare una maglia tricolore che, purtroppo, ha avuto ben poche occasioni per sfoggiare
VINCE IL CORAGGIO: FORMOLO CAMPIONE ITALIANO DOPO 40 KM DI FUGA
Il veneto si impone dopo una splendida azione solitaria, resistendo a un gruppo che non gli ha mai concesso più di 40 secondi di vantaggio. Corbelli vince la volata dei battuti davanti a Bettiol e Ulissi. Aru e Nibali in veste di gregari.
Davide Formolo ama rischiare. Lo aveva fatto alla Volta a Catalunya, quando aveva dominato la tappa del Montjuic con una fuga di 50 km. Ci aveva riprovato al Giro d’Italia, quando l’attacco a metà percorso nella tappa dell’Aquila non l’aveva portato però oltre il terzo posto. Oggi, sul tracciato di Compiano, un’azione solitaria di quasi 40 km è valsa al 26enne veneto il titolo di campione italiano.
L’attacco è cominciato dopo circa 190 km di gara, quando Formolo è uscito dal gruppo in compagnia di Marco Tizza. Fabio Aru è stato il primo a rendersi conto della pericolosità dell’allungo, ma il suo tentativo di rientro si è arenato dopo poche centinaia di metri. In cima alla salita di Strela, il sardo ha di fatto abortito il contrattacco, proprio mentre Formolo sorprendeva Tizza in discesa e rimaneva solo al comando.
Al momento del transito sul traguardo, con ancora due tornate da percorrere, il leader vantava mezzo minuto su un gruppo di una ventina di corridori. A trainarlo era Vincenzo Nibali, che, preso atto di una condizione non ideale, si è messo a disposizione di Damiano Caruso, Domenico Pozzovivo e Sonny Colbrelli.
Il momento più delicato, per Formolo, è arrivato nel corso del penultimo giro. Salendo verso Strela, Davide Gabburo, miglior spalla di Giovanni Visconti, ha messo in fila il gruppo e ha dato l’impressione di poter neutralizzare l’attacco del veneto. Poco prima dello scollinamento, il Gps valutava in otto secondi il divario: rilevamento che, per Formolo, assomigliava a una condanna. Nel momento in cui Gabburo si è spostato, però, nessuno ha avuto la forza o il coraggio di prendere in mano l’inseguimento e completarlo. Il conseguente rallentamento ha permesso a Formolo di allungare nuovamente, e soltanto quando il margine era risalito nei dintorni dei trenta secondi la Bahrein-Merida si è posta con decisione in testa al gruppo. Domenico Pozzovivo è stato il primo a essere sacrificato, ma il suo ritmo sulla salita di Strela, nell’ultimo passaggio, si è dimostrato insufficiente per intaccare il rinvigorito vantaggio di Formolo. Il favorito numero uno della vigilia, un Diego Ulissi reduce dal successo al Giro di Slovenia, ha aspettato gli ultimi metri dell’ultima difficoltà di giornata per muoversi, e la scarsissima selezione prodotta dal suo scatto ha chiarito la ragione di tanta titubanza.
Soltanto una discesa non troppo tecnica e due chilometri di pianura separavano allora Formolo dalla maglia tricolore: troppo poco perché la Bahrein-Merida potesse mettere a frutto la superiorità numerica.
Colbrelli non ha avuto difficoltà a prevalere nello sprint per il secondo posto, mentre Alberto Bettiol, sempre davanti ma privo dello spunto per fare la differenza nel finale, ha completato il podio. Nei cinque anche Ulissi e Andrea Vendrame.
Fra gli italiani di punta impegnati nel prossimo Tour de France, Aru si è lasciato preferire a Nibali, restando con i migliori fin sul traguardo. Un dato del resto prevedibile, con il sardo reduce dalla buona prestazione del Giro di Svizzera e il siciliano appena sceso dall’altura.
Matteo Novarini

Davide Formolo conquista la maglia tricolore sull'impegnativo circuito di Compiano (foto Bettini)
SVIZZERA STORY: FLUMSERBERG 2013 & AROSA 2012
Concludiamo la nostra escursione sui Tour de Suisse del recente passato con le prime due edizione vinte dal portoghese Rui Costa, delle quale rivivremo la cronoscalata del Flumserberg e il tappone di Arosa
16 Giugno 2013 – 9a tappa: cronoscalata Bad Ragaz – Flumserberg
RUI COSTA INARRESTABILE, FLOP BMC
Il portoghese della Movistar domina la durissima crono del Flumserberg davanti a Tanel Kangert e a Bauke Mollema e per il secondo anno consecutivo si aggiudica il Tour de Suisse con 1′02” sull’olandese e 1′10” su Roman Kreuziger che resiste all’assalto di Thibaut Pinot, mentre i grandi sconfitti di giornata sono l’ex maglia gialla Matthias Frank e il suo compagno Tejay Van Garderen che chiudono ben lontani dal podio.
Per la settima volta nelle ultime dieci edizioni il Tour de Suisse si è concluso con una cronometro ma, a differenza delle precedenti occasioni, non si è trattato della classica prova contro il tempo su percorso più o meno pianeggiante che spesso ribaltava i verdetti emersi in salita, come avvenuto ad esempio nel 2010, quando Frank Schleck scavalcò Robert Gesink, e nel 2011, quando Levi Leipheimer fece lo stesso con Damiano Cunego, e neppure di una cronoscalata propriamente detta come quella di Klausenpass in cui Roman Kreuziger costruì il suo successo finale nel 2008, ma bensì di una durissima prova di 26,8 km da Bad Ragaz a Flumserberg con i primi 16 km completamente pianeggianti e i successivi tutti in salita con una pendenza media del 9%, affrontati per l’ultima volta in una frazione in linea cinque anni fa con il successo di Igor Antón.
La classifica generale della vigilia, che vedeva Matthias Frank (Bmc) in maglia gialla con 13” su Rui Alberto Faria da Costa (Movistar), 23” su Kreuziger ora alla Saxo-Tinkoff, 44” su Thibaut Pinot (Fdj), 46” su Bauke Mollema (Blanco) e 1′17” sul compagno Tejay Van Garderen, faceva presagire una lotta per il successo finale che si sarebbe decisa sul filo dei secondi ma Rui Costa non ha lasciato scampo ai suoi avversari, dominando la prova in particolare negli ultimi 5 km, nei quali ha scavalcato Tanel Kangert (Astana), il solo a riuscire a insidiarlo per quanto riguarda la vittoria di tappa, e conquistando così per il secondo anno consecutivo il Giro di Svizzera, impresa riuscita in passato ai soli Gino Bartali, Pasquale Fornara ed Andrew Hampsten. Se, però, quello del 2012 fu un successo sofferto in cui determinante fu l’apporto di un gregario di lusso come Alejandro Valverde, questa volta il portoghese si è rivelato nettamente il più forte lungo tutti i nove giorni di gara, aggiudicandosi la tappa regina di La Punt oltre alla crono finale. Kangert ha chiuso con un distacco di 21”, risalendo a sua volta al sesto posto della generale, mentre 3° a 29” si è piazzato Mollema, che al pari di Rui Costa è andato molto forte negli ultimi 5 km e con questa prestazione è balzato al secondo posto della generale, con il rammarico per il tempo perso nella tappa di Meiringen in cui ha mancato per poco l’aggancio con il quartetto di testa di cui faceva parte il portoghese, perdendo in quella circostanza 39”. 4° a 42” ha chiuso Jean-Christophe Péraud (Ag2r), che ha compromesso le sue chance di alta classifica nella tappa di La Punt, 5° a 43” è giunto l’ormai non più sorprendente costaricano Andrey Amador (Movistar) e, 6° a 55”, Pinot ha confermato i suoi progressi nelle prove contro il tempo anche se, contrariamente alle aspettative, ha fatto meglio nel tratto pianeggiante che in quello in salita, il che gli ha impedito di strappare il terzo posto nella generale a un Kreuziger che non ha brillato piazzandosi 7° a 1′00” e venendo scavalcato nella generale da Mollema; ma, quantomeno, ha difeso il gradino più basso del podio dall’assalto del francese. Chiudono la top ten di tappa Simon Spilak (Katusha), 8° a 1′05” e sempre a proprio agio sulle strade elvetiche, Janez Brajkovic (Astana) 9° a 1′06” ma autore di un Tour de Suisse nel complesso non esaltante che, nelle gerarchie di squadra per il Tour de France, lo pone in secondo piano rispetto a uno Jacob Fuglsang ottimo protagonista al Giro del Delfinato, e Tejay Van Garderen solo 10° a 1′19” da Rui Costa: lo statunitense sembrava alla vigilia poter puntare anche al successo finale e ha realizzato il miglior tempo nei primi 16 km ma, forse anche a causa di un errore della scelta dei rapporti, ha ceduto di schianto nel tratto in salita al pari di Frank, che a sua volta si è difeso nel tratto pianeggiante per poi naufragare fino al 19° posto a 1′56” e precipitare al quinto posto della generale. Meglio dell’elvetico ha fatto Michele Scarponi (Lampre-Merida), che ha chiuso un Tour de Suisse che non l’ha visto protagonista anche a causa delle cadute con una dignitosa 14a piazza a 1′36”, davanti a uno specialista come Cameron Meyer (Orica-GreenEdge), 15° a 1′48”. Da segnalare in positivo, soprattutto in prospettiva futura per quanto riguarda i grandi Giri, anche la prestazione di Peter Sagan (Cannondale) che si è piazzato 20° a 2′01” mentre il suo compagno Moreno Moser, malgrado la prova fosse sulla carta adatta alle sue caratteristiche, non è andato oltre il 56° posto a 4′19”. Deludentissima è stata anche la prestazione di Fabian Cancellara (RadioShack), 65° a 5′03” e mai nelle prime posizioni durante tutto il Tour de Suisse.
La classifica finale vede dunque il successo di Rui Costa con 1′02” su Mollema, 1′10” su Kreuziger che per la terza volta sale sul podio del Tour de Suisse dopo il successo del 2008 e il 3° posto del 2009, 1′26” su Pinot, 1′43” su Frank, 1′51” su Kangert, 2′23” su Van Garderen, 2′42” su Daniel Martin (Garmin) e su Spilak e 3′44” su Meyer, mentre per quanto riguarda le altre classifiche Robert Vrecer (Euskaltel) si è aggiudicato la graduatoria degli sprint intermedi e quella di miglior scalatore e Sagan quella a punti. L’attenzione si sposta ora sui campionati nazionali del prossimo weekend, che per quanto riguarda l’Italia avranno luogo in Trentino, e soprattutto sul Tour de France che scatterà dalla Corsica il prossimo 29 giugno.
Marco Salonna
16 Giugno 2012 – 8a tappa: Bischofszell – Arosa
RUGGITO DI FRANK SCHLECK, TOUR DE SUISSE RIAPERTO NEL GIORNO DI ALBASINI
Il successo parziale in quel di Arosa va ad Albasini che stacca i compagni di fuga ma il grande protagonista è il lussemburghese che attacca nel finale con i soli Nieve e Leipheimer in grado di tenere il ritmo e si porta a soli 14” nella generale da Rui Costa, che già in difficoltà sulla salita di Castiel mantiene la maglia gialla grazie al supporto di Valverde.
Dopo la cronometro di Gossau che ha delineato la classifica con Rui Costa (Movistar) che ha acquisito un buon margine su tutti i rivali il Tour de Suisse ha proposto il suo secondo arrivo in salita in quel di Arosa, dove si era approdati per l’ultima volta nel 2005 con il successo per distacco di Horner davanti all’allora 20enne Vincenzo Nibali, che in quell’occasione si rivelò per la prima volta a livello internazionale: l’ottava e penultima tappa con partenza da Bischofszell presentava i primi 120 km sostanzialmente pianeggianti seguiti dalla lunghissima ascesa finale, anche se in realtà gli unici tratti impegnativi con pendenze anche in doppia cifra erano solo quello che portava al gpm di Castiel dai -30 ai -22 al traguardo e quello dai -5 ai -1, inframezzati da un lungo falsopiano all’insù. Dopo pochi km è nata la fuga che ha caratterizzato la giornata con Albasini (Orica-GreenEdge), Cusin (Fdj), Dekker (Garmin) e Peter Velits (Omega-QuickStep), 3° alla Vuelta 2010 ma incapace di ripetersi a quei livelli nel prosieguo della sua carriera e già uscito di classifica nelle giornate precedenti, che hanno accumulato oltre 7′ di margine finchè la Rabobank e la RadioShack, interessate a riprendere i fuggitivi in modo da dare la possibilità ai rispettivi leader Gesink e Frank Schleck di conquistare secondi di abbuono sul traguardo, hanno iniziato a ridurre il distacco che però ai piedi della salita finale era ancora intorno ai 5′.
Sulle rampe che portavano a Castiel Peter Velits e Albasini sono rimasti soli al comando e alle loro spalle Ten Dam (Rabobank) ha operato un grandissimo forcing che ha ridotto il gruppo dei migliori a 23 unità e ha fatto vittime illustri in Cunego (Lampre), che ormai fuori classifica ha scelto di risparmiarsi per puntare alla tappa di Soerenberg, Moreno Moser (Liquigas) e Gadret (Ag2r) e ha messo in seria difficoltà anche Rui Costa, rimasto subito privo di compagni di squadra al fianco ad eccezione di Valverde, che è scivolato in coda al plotoncino dando la sensazione di potersi staccare da un momento all’altro ma è riuscito a rimanere aggrappato e ha approfittato del successivo falsopiano per recuperare.
Proprio nel tratto in apparenza più insignificante degli ultimo 30 km Albasini ha lasciato sul posto uno stremato Velits, successivamente raggiunto e superato anche dal gruppo dei migliori, e si è involato verso il quarto successo stagionale dopo due tappe e la classifica generale del Giro di Catalogna nonchè il terzo in carriera al Tour de Suisse dopo quelli di Altdorf nel 2005 e di Serfaus nel 2009. La battaglia tra i big si è accesa a 5 km dal traguardo con una tirata di Fuglsang (RadioShack) che ha fatto perdere contatto a Rui Costa e ha spianato la strada a uno scatenato Frank Schleck alla cui accelerazione ha immediatamente risposto Nieve (Euskaltel) con il campione uscente Leipheimer (Omega-QuickStep), trasformato rispetto alla deludente cronometro di Gossau, che come al suo solito è rinvenuto in progressione, mentre alle loro spalle si è formato un gruppetto con Gesink e Kruijswijk (Rabobank), Lovkvist (Sky), Danielson (Garmin) e Pinot (Fdj) seguiti a breve distanza dal secondo della classifica generale Kreuziger (Astana), ancora una volta competitivo ma non all’altezza dei primissimi, e Fuglsang (RadioShack) e più indietro dalla maglia gialla, che grazie anche al supporto di Valverde ha ritrovato un discreto ritmo rimontando su molti dei corridori che erano davanti. Anche Nieve e Leipheimer hanno sofferto moltissimo nel mantenere la ruota di Frank Schleck ma sul traguardo hanno preceduto il lussemburghese rimasto così a bocca asciutta in termini di abbuoni, mentre il basco e lo statunitense hanno conquistato rispettivamente 6 e 4”; il terzetto ha chiuso a 1′15” da Albasini seguito da Gesink, Pinot e Danielson a 1′36”, da Kruijswijk a 1′39”, da Kreuziger e Fuglsang a 1′57” e dal gruppetto di Rui Costa comprendente anche il nostro Giampaolo Caruso (Katusha) a 2′05”.
La nuova classifica generale vede il portoghese ancora in maglia gialla ma con soli 14” su Frank Schleck, 21” su Leipheimer, 25” su Gesink, 40” su Nieve, 42” su Kreuziger e 43” su Danielson: il Giro di Svizzera è dunque apertissimo alla vigilia della nona e ultima tappa, la più dura della corsa elvetica con i suoi 215,8 km da Naefels-Lintharena a Soerenberg lungo un tracciato che prevede le dure scalate al Glaubenbielen e al Glaubenberg, 14,5 km al 7,1% con la vetta posta a 37 km dal traguardo, e l’ascesa finale molto più pedalabile che però alla luce dei distacchi così risicati potrà risultare decisiva.
Marco Salonna

Il portoghese Rui Alberto Faria da Costa in azione sulla salita del Flumserberg (foto Bettini)
SVIZZERA STORY: WORB & SAAS-FEE 2014
Il 2014 è l’anno della terza vittoria consecutiva del portoghese Rui Costa, che si ferma ad un passo dal record di 4 affermazioni al Tour de Suisse dell’italiano Pasquale Fornara. A decidere quell’edizione della corsa elvetica furono la cronometro di Worb e soprattutto la frazione conclusiva con arrivo in salita a Saas-Fee
20 Giugno 2014 – 7a tappa: circuito a cronometro di Worb
MARTIN ALLUNGA, MA RUI COSTA NON ABDICA
Successo secondo pronostico per il tedesco di Cottbus che domina la crono di Worb rifilando 22” al suo più diretto inseguitore nella generale Tom Dumoulin ma alle loro spalle si affaccia minaccioso il campione del mondo su strada che chiude 3° a 28” e si candida prepotentemente ad aggiudicarsi il Tour de Suisse per il terzo anno consecutivo. Buone prove per i giovani azzurri Mattia Cattaneo e Davide Formolo, che chiudono rispettivamente 10° e 13° e sono entrambi nella top ten della generale mentre deludono Roman Kreuziger e Bauke Mollema.
Dopo una serie di frazioni contrassegnate da percorsi nervosi ma non tali da creare differenze tra gli uomini di classifica il Tour de Suisse è entrato nella sua fase decisiva con la settima tappa, una cronometro individuale di 24,5 km con partenza e arrivo in quel di Worb, su di un tracciato non propriamente per specialisti alla luce dei due strappi, il primo breve e piuttosto secco e il secondo più lungo e pedalabile, posti rispettivamente dopo 11 e 19 km di gara. Erano salite che non potevano comunque impensierire il Tony Martin (Omega-QuickStep) in grande spolvero visto in queste prime giornate e il panzer di Cottbus, che necessitava di allungare il più possibile nella generale in vista dei due arrivi in quota di Verbier e Saas-Fee, non ha tradito le aspettative prendendo il comando fin dal primo intertempo e conquistando il quinto successo stagionale. Come già avvenuto nella breve crono inaugurale di Bellinzona, la piazza d’onore è andata all’emergente olandese Tom Dumoulin (Giant-Shimano), che ha chiuso con un ritardo di 22”, accumulati quasi per intero nel tratto iniziale pianeggiante, per poi venire fuori prepotentemente nel tratto finale e superare Rui Alberto Faria da Costa (Lampre-Merida) che, al contrario, ha accusato una lieve flessione negli ultimi 5 km piazzandosi 3° a 28” da Martin; grande prestazione, in ogni caso, quella del campione del mondo su strada che ha riscattato la prova opaca di Bellinzona e si candida prepotentemente a conquistare il Giro di Svizzera per il terzo anno consecutivo, avendo guadagnato decisamente terreno su tutti i rivali più accreditati per il successo finale, ad eccezione di un ottimo Mathias Frank (IAM Cycling), che ha chiuso 5° a 45” appena dietro a un Fabian Cancellara (Trek) che, ancora non al meglio della condizione a causa di una recente caduta in allenamento, ha avuto un avvio difficoltoso per poi trovare un ritmo più efficace con il passare dei chilometri, che gli ha consentito di piazzarsi 4° con un distacco di 41”. Alle spalle dei due elvetici ha chiuso il 22enne statunitense Lawson Craddock (Giant-Shimano), già in evidenza al recente Giro di California chiuso sul gradino più basso del podio, 6° a 59” seguito dallo specialista olandese Stef Clement (Belkin), 7° a 1′02”, dal regolarista basco Ion Izagirre (Movistar), 8° a 1′06”, da un Thibaut Pinot (FDJ.fr) decisamente cresciuto in questa stagione nelle prove contro il tempo e che darà senz’altro battaglia nelle due giornate conclusive, piazzatosi 9° a 1′13” con lo stesso tempo del 23enne bergamasco Mattia Cattaneo (Lampre-Merida), che ha così ripetuto l’ottima performance di Bellinzona, dimostrando di essere uscito molto bene dal Giro d’Italia e di essersi ritrovato dopo i problemi fisici che l’avevano portato addirittura sull’orlo del ritiro dall’attività agonistica nel 2013. Con lui si è reso autore di una prova più che convincente anche l’altro giovane azzurro già in evidenza in questo Giro di Svizzera, Davide Formolo (Cannondale), che si è piazzato 13° a 1′20” da Martin, a pari merito con il russo Sergey Chernetsky (Katusha) e alle spalle di Cadel Evans (Bmc), 11° a 1′16” e come al solito encomiabile’. Ci si aspettava forse di più su di un tracciato molto adatto alle sue caratteristiche da Peter Sagan (Cannondale), che ha chiuso 15° a 1′26”, ma le vere delusioni di giornata sono state Roman Kreuziger (Tinkoff-Saxo), 19° a 1′36” e Bauke Mollema (Belkin), 21° a 1′38”, che vedono così allontanarsi decisamente le prime posizioni della classifica generale, che li vede ora fuori dalla top ten mentre Martin conduce con 28” su Dumoulin, 1′05” su Rui Costa, 1′14” su Frank e 1′33” su Izagirre con Cattaneo 8° a 1′42” e Formolo 9° a 1′47”. Tutto questo alla vigilia dell’ottava tappa, 219,3 km da Delémont a Verbier con un’ascesa finale di 8,8 km al 7,5% di pendenza che susciterà ottimi ricordi in Rui Costa, che vi si è imposto nel 2012 davanti a Frank Schleck e Mikel Nieve grazie a uno scatto prepotente nelle ultime centinaia di metri, ma anche nello stesso Tony Martin che al Tour de France 2009 realizzò una prova onorevole, chiusa al 12° posto a 2′13” da un allora inarrivabile Alberto Contador.
Marco Salonna
RUI COSTA, PRIMA DA IRIDATO
Il campione del mondo coglie il primo successo in maglia arcobaleno nell’ultima tappa del Giro di Svizzzera, al termine di un’azione di quasi 50 km, sfilando la maglia gialla a Tony Martin. All’attacco con lui Frank, promotore dell’offensiva e secondo nella graduatoria finale, e Mollema, sul gradino più basso del podio. Scende al quarto posto l’ex capoclassifica, caparbio ma tradito dalla squadra, che lo ha lasciato isolato negli ultimi 50 km.
Ci sono voluti quasi 9 mesi, sufficienti a riportare di moda il ritornello della maledizione della maglia iridata (peraltro di dubbio fondamento: l’ultimo campione del mondo a chiudere senza vittorie la stagione successiva rimane Luc Leblanc, vincitore ad Agrigento nel 1994 e tornato al successo al Delfinato 1996), perché Rui Alberto Faria da Costa cogliesse la prima vittoria con addosso i colori dell’arcobaleno. Quando si è sbloccato, però, il portoghese lo ha fatto in grande stile: tappa e maglia nell’ultima frazione del Tour de Suisse, con un assolo di 3 km a coronamento di un’offensiva durata 47 km e due colli. Una doppia affermazione che vale anche un posto nel guinness dei primati della corsa elvetica: con tre vittorie, il lusitano affianca gli i padroni di casa Kübler e Koblet al secondo posto della graduatoria all-time (meglio di loro solo Pasquale Fornara, con quattro), e diventa il primo uomo nella più che ottuagenaria storia della gara a conquistarla per tre edizioni consecutive.
Rui Costa ha gettato le basi del trionfo sulla penultima ascesa di giornata, verso il GPM di 1a categoria di Eischoll, mentre davanti al gruppo pedalava un ben assortito drappello di diciassette uomini (Plaza, Kuschynski, Knees, Dillier, Boaro, Clement, Vanmarcke, Cardoso, Roy, Tschopp, Jeannesson, Armée, Wyss, Morabito, Zaugg, Schleck e Preidler), emerso vincitore da una furibonda battaglia per la fuga protrattasi ben oltre la prima ora. La presenza in testa di Morabito e Clement, 12° e 13° rispettivamente in classifica, a poco più di 3’, obbligava il plotone ad un inseguimento la cui urgenza si è rivelata fatale a Tony Martin.
La Omega Pharma – Quickstep del leader, difesosi oltre ogni più rosea previsione ieri, sull’ascesa di Verbier, e atteso oggi da un arrivo in salita lungo e pedalabile come quello di Saas-Fee, sulla carta più adatto alle sue caratteristiche, si è infatti sciolta nei 50 km finali, dopo aver speso le poche energie residue per tenere il margine degli attaccanti al di sotto dei due minuti. Sono bastati pochi chilometri di forcing della IAM Cycling di Mathias Frank per lasciare del tutto isolata la maglia gialla, preparando il terreno all’attacco che lo svizzero ha sferrato a 6 km dal GPM.
Mollema e Rui Costa si sono accodati subito, mentre un Kreuziger al di sotto di qualsiasi aspettativa ha inutilmente provato ad inserirsi, salvo essere costretto ad accontentarsi della ruota del capoclassifica dopo poche centinaia di metri. Martin non ha potuto far altro che accollarsi l’onere dell’inseguimento, riuscendo per un chilometro circa a tenere ad una manciata di secondi il terzetto; ma non appena Clement si è lasciato sfilare dal gruppetto al comando per attendere Mollema, pilotando poi la caccia agli ex compagni di viaggio, il distacco del tedesco si è impennato, arrivando addirittura a lambire i due minuti in corrispondenza dello scollinamento.
Il successivo tratto di fondovalle ha ulteriormente peggiorato il quadro per il teutonico, con Clement a riversare in strada le residue energie per lanciare Mollema e compagni – rientrati nel frattempo sui resti della fuga – ad un vantaggio massimo vicino ai due minuti e mezzo e Martin, solo in un secondo tempo supportato da Barguil, messosi al servizio di Dumoulin, costretto a tirare tenendo un occhio alla salita finale.
La difesa del tedesco, alla luce della drammatica situazione tattica, è stata più che decorosa, e in un paio di circostanze, lungo l’interminabile scalata finale, il divario tra i due gruppi si è ridotto fino al minuto e quaranta, riportando Martin a poco più di trenta secondi dalla virtuale maglia gialla di Rui Costa. Quando un impagabile Wyss, rimasto ininterrottamente al comando dai -20 ai -4, si è fatto da parte, e i tre big in avanscoperta hanno cominciato a sfidarsi per il primato, il divario è però tornato definitivamente a salire, sotterrando le residue speranze del 29enne di Cottbus, al comando della generale sin dal prologo di Bellinzona.
Come ampiamente prevedibile, a scatenare la bagarre davanti ha provveduto Frank, che con due scatti ravvicinati ha tagliato le gambe di Mollema, ma non quelle del campione del mondo, apparso trasformato rispetto a ventiquattro ore fa. Al portoghese, partito da Martigny con 9’’ di vantaggio sul beniamino di casa, sarebbe bastato marcare l’avversario fino all’arrivo, ma dopo poche pedalate, rendendosi conto di come Frank stesse dando fondo ad un serbatoio ormai in riserva, l’iridato non ha saputo resistere alla tentazione dell’attacco, forse anche in virtù di quel digiuno che si protraeva dal 29 settembre scorso.
L’impressione di un Frank al gancio si è rivelata corretta, e il rossocrociato, dopo aver vanamente provato a resistere per qualche metro, ha visto non soltanto la sagoma arcobaleno di Rui Costa allontanarsi, ma anche quella di Mollema rifarsi sotto e scavalcarlo, prima di appesantirsi a sua volta e consentirgli il rientro.
Gli ultimi metri di salita vera e propria, fino a poco più di un chilometro dall’arrivo, hanno rasentato il calvario per tutti e tre, ma dopo lo scollinamento, in un tratto finale che digradava da un falsopiano ascendente ad uno discendente, le gambe del portoghese hanno miracolosamente ricominciato a girare, spezzando l’astinenza di vittorie e dilatando il vantaggio nei confronti degli inseguitori fino ai 14’’ finali.
Mollema ha chiuso secondo, ma i 10’’ guadagnati su Frank grazie all’oscena curva finale dello svizzero, andato a sbattere contro le transenne ma abile nel rimediare con prontezza al conseguente salto di catena, non sono stati sufficienti per salire dal terzo al secondo gradino del podio, rimasto meritatamente appannaggio del principale animatore della tappa odierna.
Dietro i tre, alle spalle anche di altri cinque fuggitivi (Morabito, Zaugg, Cardoso, Roy e l’eroe di giornata Wyss, nell’ordine), Dumoulin (5° alla fine in classifica) ha regolato il drappello dei delusi di oggi, comprendente anche un Tony Martin che può imputare il mancato successo finale (4° posto) più alla mancanza di almeno uno o due compagni di squadra di buon livello in salita che ai propri limiti in montagna. Presenti anche Kreuziger, Acevedo, Pardilla, Deignan, Dombrowski, Capecchi e Formolo, che chiude in generale in una promettente settima piazza, appena dietro Morabito.
Malgrado l’indiscutibile valore della vittoria di Rui Costa e lo spettacolo offerto da un’ultima tappa che ha riscattato la soporifera frazione di ieri, tanto non basta per cancellare il sapore mesto del Tour de Suisse 2014, davvero povero, in termini di partecipazione, rispetto al Delfinato, diretto concorrente. Difficile immaginare quale possa essere la ricetta per riportare in auge una corsa che paga anche una collocazione in calendario infelicemente vicina al Tour de France, ma qualcosa, per invertire un trend molto allarmante, dovrà essere tentato, o attraverso opere di diplomazia, tentando di attirare grandi nomi in preparazione alla Grande Boucle, o provando a ridare lustro proprio alla corsa, smettendo – ad esempio – di aggirare le grandi montagne o di collocarle a distanza di sicurezza dal traguardo. Viceversa, il predominio di un corridore come Rui Costa, di indubbio talento ma ad oggi non affermatosi come uomo da grandi giri, rischia di rappresentare più un certificato della povertà della corsa che del valore del vincitore.
Matteo Novarini

Rui Costa impegnato sulle strade del Giro di Svizzera (foto Bettini)
SVIZZERA STORY: SÖLDEN & BERNA 2015
È uno sloveno a vincere l’edizione 2015 del Giro di Svizzera. Torniamo indietro nel tempo di 5 anni per farvi rivivere le due tappe chiave di quel Tour de Suisse, la frazione con l’arrivo fissato in vetta alla dura ascesa dei Ghiacciai di Sölden e la decisiva cronometro dell’ultimo giorno a Berna
17 giugno 2015 – 5a tappa: Untersetzen – Rettenbachferner (Sölden)
PINOT DI PINOT: TAPPA E MAGLIA AI GHIACCIAI PER IL CAPITANO FDJ
Thibaut Pinot, da superfavorito, vince la tappa regina del Giro di Svizzera 2015, imponendosi sul traguardo ai piedi dei ghiacciai di Solden e prendendosi la maglia di leader. L’azione, lanciata a circa 2 Km dalla conclusione, è stata molto decisa ed ha lasciato sui pedali tutti i componenti del drappello dei migliori, compreso Pozzivivo che era sembrato più brillante del francese nei precedenti chilometri.
Il responso finale di questa edizione del Giro di Svizzera lo darà la cronometro di Berna, ma la tappa di oggi ha offerto molte indicazioni importanti ed ha offerto la cartina al tornasole dei valori in salita tra gli uomini che hanno scelto di prendere parte a questa corsa invece che al Delfinato.
Tra coloro che aspirano al podio del Tour de France, l’unico presente a questa corsa è Thibaut Pinot, che oggi era chiamato a mostrare la propria condizione di forma in vista di una Grande Boucle che, come percorso, sorride decisamente al transalpino, che si trova a proprio agio sulle dure rampe, piuttosto che sui rettilinei contro il tempo.
Il terzo classificato al Tour dello scorso anno non si è fatto pregare ed ha offerto la prova di forza che i suoi tifosi e i direttori sportivi si aspettavano, riuscendo a staccare tutti i migliori negli ultimi chilometri. Anche Domenico Pozzovivo, che oggi si è classificato secondo, ha offerto una buona prova e fa piacere vederlo nuovamente ad alti livelli, dopo la paura causata dalla terribile caduta nella seconda tappa del Giro d’Italia. Il leggero scalatore lucano ha anche tentato un allungo, che gli aveva dato qualche metro di vantaggio sul drappello dei migliori, ma è stato proprio Pinot, con una accelerata, a riportarsi con gli altri sulle ruote del nostro corridore.
Anche Pozzovivo, infatti, era chiamato ad una sorta di prova del nove della sua condizione ed ha quindi voluto mostrare come sulle pendenze che lui predilige possa effettivamente considerarsi all’80% della condizione, come lui stesso aveva dichiarato.
Dumoulin perde, come era prevedibile, la maglia gialla, ma non naufraga, sceglie di salire del proprio passo e gestisce molto bene le forze, riuscendo a cedere solo 1 minuto e 37, davvero un nonnulla se si pensa che l’ex leader si è staccato dal gruppo dei migliori quando mancavano ancora svariati chilometri al traguardo. Considerando le doti di passista dell’olandese e la cronometro di Berna i giochi non sono ancora fatti, anche se Geraint Thomas, secondo in generale a 47 secondi da Pinot, è veramente un avversario scomodissimo per tutti.
La frazione odierna vedeva in programma l’unico arrivo in salita di questa edizione. A circa metà percorso era posta la prima ascesa di giornata, quella che ha portato i corridori agli oltre 2000 metri di Bielerhöhe, GPM “Hors Catégorie”. Seguivano una lunghissima discesa, tecnica nella prima parte e da pedalare nella seconda, e 70 chilometri più o meno pianeggianti prima di iniziare la terribile erta finale verso il ghiacciaio di Rettenbachferner, a oltre 2600 metri di altitudine, in territorio austriaco.
La tappa è stata caratterizzata da una lughissima fuga che ha visto l’ultimo reduce cedere solo a1500 metri dalla conclusione, stremato dalla fatica. L’austriaco Denifl ha tentato di vincere la tappa in casa davanti ai suoi tifosi, anche se di pubblico sulla salita finale se n’è visto davvero poco, conferma della scarsa popolarità di questo meraviglioso sport in terra austriaca.
Gli scatti per portar via la fuga sono iniziati quasi subito, con un avvio veloce cui ha fatto seguito una media molto alta. Un primo tentativo di un drappello, con il campione del mondo Kwiatkowsky, non riesce a prendere il largo, mentre poco dopo la cosa riesce a Przemyslaw Niemiec (Lampre – Merida), Gregory Rast (Trek), Stefan Denifl e Matthias Brandle (IAM Cycling), Benjamin King (Cannondale – Garmin), Stefan Schumacher (CCC Sprandi), Mirko Selvaggi (Wanty – Groupe Gobert) ed il sempiterno Thomas De Gendt (Lotto Soudal) che, dopo la fuga di ieri, è di nuovo all’attacco e sarà il penultimo a cedere. Il gruppo lascia fare e i battistrada riescono ben presto a distanziare il plotone di ben dieci minuti. Sono gli Astana, supportati anche dai gregari di Pinot, a ridurre progressivamente il distacco che però, ai piedi della salita finale, è ancora vicino ai 5 minuti e quindi ad un ordine di grandezza tale da lasciare qualche speranza ai migliori scalatori presenti nella fuga. Infatti, già sulle prime arcigne rampe della salita finale Denifl cambia passo, lasciando sui pedali i compagni di avventura e sognando l’impresa in casa. Dietro, sono gli Astana che tentano di mettere alla frusta il gruppo, con Arredondo prima vittima illustre e Dumoulin che non reagisce affatto ai cambi di ritmo e tenta di tenere un ritmo regolare da alzare poco alla volta in progressione, evitando pericolosi fuori giri. Ai meno 8 parte bene Spilak, che riesce a guadagnare una quarantina di secondi sul gruppo dei migliori, in seno al quale è Henao che fa il ritmo per il suo capitano Thomas, che punta alla vittoria finale. Il ritmo di Henao miete diverse vittime, anche illustri, come Gesink e Moreno. Pinot, invece, che si era staccato, riesce a rientrare insieme ad altri corridori, mentre Spilak, raggiunto e staccato De Gendt, ha solo Denifl davanti a sè, con un vantaggio ancora molto consistente. Nei chilometri successivi perdono contatto dal gruppo di Pozzovivo e Pinot anche Majka, Reichenbach, Barguil e Chaves.
Dopo una fase tranquilla, Pozzovivo, con una progressione riesce a staccare tutti, compreso Pinot, che sembra in affanno. Il francese, però, riesce a recuperare ed a riportarsi su Pozzovivo che, nel frattempo, aveva messo nel mirino Spilak. Tutto da rifare ai – 3, mentre Denifl continua la sua marcia davanti a tutti con un distacco che cala ancora lentamente. Spilak non ci sta e prova a ripartire seguito da Pinot, mentre davanti a Denifl finisce improvvisamente la benzina e il corridore tirolese si pianta letteralmente. Pinot, a quel punto, decide di dare l’accelerata vera e propria e riesce agevolmente a staccare Spilak, mentre il drappello dietro è guidato da Pozzovivo, che non è riuscito a rispondere all’allungo di Pinot. Il francese prosegue deciso e riprende Denifl a 1500 metri dall’arrivo con l’austriaco che, stremato, non accenna neppure un tentativo di rimanere nelle ruote dello scatenato capitano della FdJ. Subito dietro al vincitore si piazza un ottimo Pozzovivo a 34 secondi, quindi Spilak a 37 e Thomas a 43. Il leader Sky in questa corsa si propone, a questo punto, come superfavorito per la vittoria finale, viste le sue doti a cronometro, ma Tom Dumoulin non è ancora fuori dai giochi, considerando che è giunto all’arrivo con solo 1 minuto e 37 secondi dal vincitore, andando a riprendere lungo la salita molti uomini che lo avevano staccato in precedenza. Ovviamente anche Thibaut Pinot, che non è un drago a cronometro ma che è comunque migliorato in questa specialita, potrà tentare di resistere agli assalti che i passisti gli porteranno lungo i 24 chilometri del circuito di Berna.
Domani unica ed ultima occasione per i velocisti reduci, al termine dei 193 Km che condurranno il gruppo da Wil a Biel / Bienne, tornati sulle strade della Confederazione Elvetica.
Benedetto Ciccarone
21 giugno 2015 – 9a tappa: Untersetzen – Rettenbachferner (Sölden)
SPILAK, 5 SECONDI DI FELICITA’
Il 28enne sloveno della Katusha, grazie a una grande prova nella crono di Berna, chiusa al 2° posto a 18” da Tom Dumoulin, si aggiudica un po’ a sorpresa il Giro di Svizzera con soli 5” su Geraint Thomas, che ha visto sfumare il successo proprio negli ultimi chilometri, e 19” sull’olandese della Giant-Alpecin. Nulla da fare per Fabian Cancellara, che sulle strade di casa non va oltre il 3° posto di tappa davanti ad Adriano Malori, e per Thibaut Pinot che perde la maglia gialla e scivola ai piedi del podio, precedendo Domenico Pozzovivo.
E’ stata una crono di 38,4 km con partenza e arrivo a Berna, disputata sullo stesso tracciato che ha caratterizzato il circuito della frazione precedente vinta da Alexey Lutsenko (Astana), a chiudere la 79a edizione di un combattuto Giro di Svizzera, che alla vigilia presentava ancora 4 uomini in lizza per il successo finale, in virtù di una classifica generale che vedeva Thibaut Pinot (Fdj) al comando con 34” su Geraint Thomas (Team Sky) e 47” su Simon Spilak (Katusha), nonchè 1′24” su Tom Dumoulin (Giant-Alpecin), grande specialista del tic-tac che occupava la 6a posizione alle spalle anche di Domenico Pozzovivo (Ag2r) e Miguel Ángel López (Astana). Sulla carta sembrava che Thomas e Dumoulin fossero i due atleti maggiormente accreditati per succedere a Rui Costa, che dopo essersi imposto nelle ultime tre edizioni ha preferito in questa stagione gareggiare al Giro del Delfinato, e invece ad avere la meglio è stato uno strepitoso Spilak che, dopo essere transitato con il miglior tempo agli intertempi del km 15,5 e del km 21, ha concluso al secondo posto con 18” di ritardo da Dumoulin, che è venuto prepotentemente fuori alla distanza cogliendo il successo parziale e con esso il terzo posto in classifica generale a discapito di Pinot, autore di una prova dignitosa chiusa al 14° posto a 1′50” dall’olandese, ma non sufficiente per conservare quantomeno un piazzamento sul podio. Il vero duello è stato quello tra Spilak e Thomas, che è rimasto sui tempi dello sloveno fino al km 15,5 ma ha succesivamente iniziato a perdere terreno e al traguardo ha chiuso 5° a 36”, superato negli ultimi chilometri anche dall’idolo di casa Fabian Cancellara (Trek) – che non è riuscito a ripetere l’impresa del 2009 in cui, oltre a dominare la crono conclusiva di Berna, si era imposto anche nella classifica generale – 3° a 19” e dal nostro Adriano Malori (Movistar), 4° a 34”. A seguire si sono piazzati ilsempre più convincente Bob Jungels (Trek, 6° a 41”), gli specialisti Jerome Coppel (Iam Cycling, 7° a 44”) e Cameron Meyer (Orica-GreenEdge, 8° a 1′07”), un brillante Rafal Majka (Tinkoff-Saxo, 9° a 1′26”) e il regolarista Robert Gesink (Lotto-Jumbo, 10° a 1′32”). Proprio nelle battute finali Thomas, in attesa di vedere se riuscirà a completare la trasformazione che ha condotto i connazionali Bradley Wiggins e Chris Froome ad aggiudicarsi il Tour de France, che ha dimostrato di essere ormai uno dei big nelle corse a tappe di una settimana o poco più, ha visto sfumare per soli 5” il successo finale in questo Giro di Svizzera mentre Spilak, altro corridore che non è mai riuscito fin qui a essere competitivo nei grandi Giri, conferma il grande feeling con il territorio rossocrociato dal momento che il suo successo più importante finora era stato quello al Tour de Romandie nel 2010. 3° a 19” si è piazzato Dumoulin, che ha pagato il terreno perso, malgrado una tenace difesa, nel durissimo arrivo in salita di Sölden, 4° a 45” un Pinot che ha dominato salendo verso il Rettenbach ma è stato penalizzato da un percorso nel complesso poco impegnativo e 5° a 2′21” un Pozzovivo che ha pagato pesantemente dazio nella crono, chiusa al 32° posto a 2′36” da Dumoulin, con lo smacco del sorpasso subito poco oltre metà percorso da Spilak, partito alle sue spalle. Il corridore lucano può comunque ritenersi soddisfatto se si considera che era al rientro dopo la brutta caduta nella tappa di Sestri Levante che l’ha costretto ad abbandonare il Giro d’Italia. Continuando a scorrere la classifica finale del 79° Tour de Suisse, 6° a 2′58” si è piazzato Jungels, 7° a 3′06” López Moreno, che come prevedibile ha a sua volta perso molto nella prova contro il tempo ma a soli 21 anni si è dimostrato tra i migliori in salita, 8° a 3′17” Steve Morabito (Fdj) che è stato il primo degli elvetici oltre a essere preziosa spalla per Pinot, 9° a 3′19” Gesink e 10° a 3′20” Majka, mentre Peter Sagan (Cannondale) ha portato a casa la classifica a punti oltre a due successi parziali e Stefan Denifl (Iam Cycling) si è aggiudicato la maglia di miglior scalatore. L’attenzione si sposta ora sui campionati nazionali, che per quanto riguarda l’Italia avranno luogo a Torino, e soprattutto sul Tour de France che scatterà da Utrecht, in Olanda, il prossimo 4 luglio.
Marco Salonna

Simon Spilak in azione nella determinate cronometro di Berna (foto Tim de Waele/TDWSport.com)
SVIZZERA STORY: DAVOS 2016
La nota cittadina di sport invernali di Davos ospitò le due frazioni che decisero l’edizione 2016 del Tour de Suisse, una cronometro di circa 17 Km e un circuito d’alta montagna di 118 Km che poi fu ridotto a soli 57 Km a causa della neve. Oggi vi riproproniamo la cronaca di quelle due giornate di gara, che sancirono la vittoria finale del colombiano Miguel Ángel López
18 giugno 2016 – 8a tappa: circuito a cronometro di Davos
CRONO PAZZA, LÓPEZ MORENO SECONDO VA IN MAGLIA, TAPPA A IZAGIRRE E DOMANI FINALE AL CARDIOPALMA
Izagirre vola nella breve, ma non banale, cronometro del Giro di Svizzera e va a dare un dispiacere a Cancellara che verrà poi superato anche dal colombiano Lopez Moreno, vera sorpresa odierna, che va a vestirsi di giallo con 8 secondi di vantaggio su Talansky. La classifica, ancora piuttosto corta, fa presagire scintille per domani con Albula e Fluela.
Che la crono dopo le montagne premi maggiormente i corridori dotati di recupero e di fondo piuttosto che gli specialisti è dato notorio, tuttavia la tappa di oggi, primo atto della due giorni conclusiva nel Canton Grigioni, ha sconvolto tutte le previsioni possibili. Che Thomas non fosse al top della forma lo si era capito, che Kiriyenka potesse pagare il duro lavoro svolto ieri era anche da pensare, più difficile immaginare che Tejay Van Garderen, che pure ieri ha speso molte energie, potesse offrire una prestazione opaca. Oggi gli specialisti hanno avuto disco rosso. L’unico che ha a lungo conservato speranze di vittoria è stato il padrone di casa Fabian Cancellara, la locomotiva di Berna si è mantenuto a lungo in testa alla classifica provvisoria ed ha alla fine ceduto solo nelle battute finali rispetto ad un Izagirre che, all’intertempo, sembrava destinato a finire alle spalle dell’elvetico. Proprio le caratteristiche della prova di oggi potrebbero aver giocato un ruolo fondamentale nell’economia della gara. Vi era infatti una fase molto complicata, con stradine estremamente strette, in cui era fondamentale stare attenti alle guida più che a spingere. La salita infatti ha fatto registrare il sorpasso tra Izagirre e Cancellara, mentre la discesa in cui i migliori hanno superato i 110 orari, non ha permesso ulteriori rimescolamenti. Lopez Moreno, che è un giovanissimo scalatore, ha affrontato a tutta il tracciato ed il suo risultato è andato oltre le più rosee aspettative. Il giovane colombiano della Astana sembra essere quello che ha maggiormente recuperato gli sforzi delle tappe di montagna. Pare anzi che le frazioni alpine abbiano aiutato la nuova maglia gialla a carburare ed a trovare il giusto colpo di pedale, alla luce di questo dato Lopez Moreno può affrontare con fiducia la tappa di domani, anche se dovrà guardarsi non solo da Talansky, a distanza colmabile con l’abbuono previsto per il primo, ma anche dal vincitore di tappa di oggi che è a soli 16 secondi. Izagirre infatti ha vinto la frazione proprio nel tratto di salita e nella successiva discesa, riuscendo a guadagnare moltissimi secondi su Cancellara.
La tappa di domani poi prevede lo scollinamento del Fluela a 18 chilometri dall’arrivo ed un distacco di 16 secondi si può recuperare anche in discesa, senza contare gli abbuoni. Viste le doti messe il luce dallo spagnolo al prologo del Romandia ed oggi, anche un distacco di pochissimi secondi al termine della discesa potrebbe consentire ad Izagirre di superare Lopez Moreno. Certo coloro che intendono attaccare Lopez Moreno dovranno tentare di tenere cucita la corsa perché l’arrivo di una fuga li priverebbe di abbuoni che potrebbero risultare decisivi, dato che staccare il capitano dell’Astana in salita non appare impresa semplice. Potrebbe provarci Barguil, quarto in generale a 18 secondi, il quale nonostante il minuto accusato oggi si è tutto sommato difeso in modo abbastanza dignitoso, considerando le sue caratteristiche ed è comunque l’uomo che è uscito in maglia gialla dalla tre giorni di montagna appena passata.
Per gli altri invece le cose sembrano più complicate, Pantano, che oggi ha fatto un’ottima prova, dimostrando buone doti di recupero e fondo, si trova infatti a 52 secondi e, per sperare in una vittoria, dovrebbe fare un’impresa, staccando tutti sul Fluela e conseguendo un vantaggio non indifferente. Stesso discorso per Kelderman, Van Garderen, Thomas e per il detentore del titolo Spilak. Mentre Kelderman ha fatto un’ottima prova, chiudendo quarto a 21 secondi davanti a Talansky, Spilak, che lo scorso anno strappò la vittoria a Pinot proprio a cronometro, non è riuscito ad essere all’altezza le aspettative, pagando oltre un minuto a Izagirre. Questi uomini pagano oltre un minuto in generale e, se l’impresa è comunque possibile in virtù della lontananza dal traguardo del Fluela, è anche vero che sarà necessario staccare tutti coloro che si trovano davanti in classifica generale e che hanno dimostrato di trovarsi in condizione ottima tanto da battere oggi gli specialisti delle lancette.
Con una sfida che probabilmente vedrà coinvolti i primi 4 della classifica generale gli appassionati si apprestano vivere una frazione finale davvero al cardiopalma.
Benedetto Ciccarone
19 giugno 2016 – 9a tappa: La Punt-Chamues-ch – Davos
COLOMBIA FELIX A DAVOS: TAPPA A PANTANO, GENERALE A LÓPEZ
Prova di forza del 22enne atleta dell’Astana che, in una tappa accorciata a soli 57 km per via delle condizioni meteo, non si limita a controllare i più diretti avversari ma fa il vuoto sul Flüelapass per poi essere raggiunto da 4 avversari nella successiva discesa e va ad aggiudicarsi comunque il Giro di Svizzera, mentre il successo di giornata premia il suo connazionale della Iam Cycling che batte allo sprint il sorprendente Sergei Chernetckii e Ion Izagirre. Buona operazione anche per il basco della Movistar e per Warren Barguil, che salgono al 2° e al 3° posto della classifica finale, mentre paga dazio nella discesa del Flüela Andrew Talansky che finisce fuori dal podio.
La nona e ultima frazione del Giro di Svizzera si sarebbe originariamente dovuta disputare sulla distanza di 117 km con partenza e arrivo a Davos ma le avverse condizioni meteo hanno costretto gli organizzatori a cancellare l’ascesa dell’Albulapass, prevista nella prima parte del percorso, e a spostare il via in quel di La Punt, riducendo così il chilometraggio a soli 57 km, comunque impegnativi per via della presenza della scalata verso il Flüelapass, la cui vetta era posta ai -17 dal traguardo. Peraltro si è arrivati fin qui con una situazione ancora apertissima alla luce di una classifica generale condotta da Miguel Ángel López (Astana) con 8” su Andrew Talansky (Cannondale), 16” su Ion Izagirre (Movistar) e 18” su Warren Barguil (Giant-Shimano).
Complice anche la strada in leggera discesa nei chilometri iniziali gli attacchi sono stati molteplici fin dalle prime battute, ma l’Astana ha fatto buona guardia, badando soprattutto a evitare che potessero avvantaggiarsi compagni di squadra dei più diretti rivali di López, che avrebbero potuto risultare utili soprattutto nel tratto che dalla vetta del Flüela portava al traguardo, e concedendo spazio ai soli Ariel Richeze (Etixx-QuickStep), che è transitato per primo nei due sprint intermedi assicurandosi definitivamente la conquista della classifica a punti, Jasper Stuyven (Trek-Segafredo) e Magnus Cort Nielsen (Orica-GreenEdge), tre uomini non pericolosi che sono stati riassorbiti sulle prime rampe dell’unica ascesa di giornata. E’ stato Michele Scarponi, ultimo uomo rimasto al fianco della maglia gialla, a scandire il ritmo nei primi chilometri di salita, provocando il cedimento tra gli altri di Geraint Thomas (Team Sky), che uscirà definitivamente dalle zone alte di una classifica generale in cui, pur non avendo mai brillato particolarmente, occupava l’8° posto con un distacco di 1′30” dalla vetta. Successivamente a fare il forcing si sono portati prima Darwin Atapuma (Bmc) e poi Matvey Mamykin (Katusha), per lanciare rispettivamente Tejay Van Garderen e il campione uscente Simon Špilak, e per un attimo questo cambio di ritmo è sembrato mettere in difficoltà López, che è scivolato al centro del gruppetto dei migliori, ridotto a una trentina di elementi: in realtà poi s’e capito che quella del colombiano era semplicemente una tattica per controllare meglio gli avversari. A provare a prendere il largo sono stati prima David López Garcia (Team Sky) e poi Hubert Dupont (Ag2r), che si è riportato sul basco per poi distanziarlo e proseguire nell’azione, ma ad accendere la miccia tra gli uomini di classifica è stato, a circa 6 km dalla vetta, Špilak che si è portato dietro Rui Costa (Lampre-Merida) e soprattutto Jarlinson Pantano (Iam Cycling), 5° nella generale a 52” da López, che hanno raggiunto e staccato Dupont. A questo punto è arrivata la poderosa reazione della maglia gialla, che è scattato a sua volta andando a riprendere chi lo precedeva, con il solo Van Garderen in grado di replicare e riportarsi a sua volta sul gruppetto di testa, mentre Talansky, Izagirre e Barguil sono rimasti nel plotoncino inseguitore insieme a Joe Dombrowski (Cannondale), Winner Anacona (Movistar), Victor De La Parte (CCC-Sprandi) e Sergei Chernetskii (Katusha). Con questi inizialmente era da segnalare anche il 6° della generale Wilco Kelderman (Lotto-Jumbo), che però strada facendo ha ulteriormente perso terreno.
Non pago di essere ritornato in testa alla corsa López ha tirato dritto togliendosi di ruota Špilak, che andrà in crisi tanto da essere ripreso e staccato anche dagli inseguitori, e Rui Costa; qualche centinaio di metri dopo neppure Van Garderen e Pantano sono riusciti a resistere allo scatenato corridore dell’Astana, che ha incrementato il vantaggio scollinando in vetta al Flüela con circa 30” sul connazionale e sullo statunitense, raggiunti da Izagirre e dai sorprendenti Chernetckii e De La Parte, mentre poco più indietro è rimasto il gruppetto comprendente Rui Costa, Barguil e un Talansky costantemente guidato da Dombrowski. Nella successiva discesa, resa molto insidiosa dalla pioggia che ha iniziato a cadere in prossimità dello scollinamento, le carte si sono ulteriormente rimescolate con De La Parte che ha perso terreno e Talansky, non nuovo ad avere difficoltà quando si tratta di sapere guidare la bicicletta, che a sua volta non è riuscito a rimanere con Rui Costa e Barguil, che dal canto loro si sono lanciati alla rincorsa di chi li precedeva.
Sotto l’impulso soprattutto di Izagirre, intenzionato a distanziare il più possibile Talansky per superarlo in classifica generale, il plotoncino comprendente il basco, Pantano, Van Garderen e Chernetckii si sono riportati su López, che una volta messa definitivamente al sicuro la leadership nella generale non si è preso ulteriori rischi. Questo quintetto è andato a disputarsi lo sprint conclusivo che ha visto il successo di Pantano su Chernetckii, entrambi rimasti quasi sempre a ruota negli ultimi chilometri anche se il colombiano in un paio di occasioni aveva timidamente tentato di andarsene. Il corridore della Iam Cycling ha dimostrato una netta superiorità e alla fine ha avuto la meglio, conquistando quello che è il suo primo successo in una carriera in cui, prima di questo Giro di Svizzera, non aveva dimostrato quelle doti che gli venivano riconosciute qualche anno fa; il russo della Katusha ha dovuto invece accontentarsi della piazza d’onore davanti a Izagirre, a López e a Van Garderen, mentre anche Rui Costa e Barguil proprio in prossimità dell’arrivo sono riusciti a riaccodarsi senza però potersi giocare il successo. Talansky, grande sconfitto del giorno, ha chiuso con un ritardo di 56” insieme a De La Parte e Dombrowski; invece, gruppetto comprendente Kelderman e Špilak è giunto al traguardo a 1′17”.
Con la dimostrazione di forza mostrata nell’ultima frazione il 22enne López, atteso da tutti a un radioso futuro per quanto riguarda i grandi Giri, si è dunque aggiudicato un Giro di Svizzera in cui non aveva particolarmente brillato nei primi giorni ma è cresciuto di prepotenza nel finale; 2° a 12” si è piazzato Izagirre, che ha pagato il terreno perso nella prima tappa di montagna con arrivo a Carì e che solo in parte è riuscito a recuperare nella vittoriosa crono di Davos ma che si dimostra ancora uno degli uomini più competitivi per quanto riguarda le gare a tappe di una settimana o poco più, 3° a 18” è giunto un Barguil convincente e abile anche ad approfittare delle occasioni in cui i diretti rivali si marcavano ma che non ha potuto giocarsi il successo finale per le sue lacune nelle prove contro il tempo; 4° a 42” un Pantano che ha rimpiazzato al meglio Mathias Frank, che sarebbe dovuto essere l’uomo di classifica della Iam Cycling ma è stato costretto al ritiro; 5° a 1′04” Talansky, che si conferma comunque ritrovato al di là del podio sfumato nell’ultima tappa; 6° a 1′26” un Van Garderen complessivamente molto forte che si è tolto la soddisfazione di aggiudicarsi la tappa regina di Sölden ma che ha compromesso un possibile successo finale con la crisi nella tappa di Amden, nella quale ha sofferto per il grande freddo; 7° a 2′09” un Rui Costa nel complesso piuttosto anonimo nella corsa che lo aveva visto trionfare per tre volte di fila tra il 2012 e il 2014; 8° a 2′38” un Kelderman che è stato anche leader della classifica generale ma che nell’arco di tutta la stagione è apparso regredito quando la strada sale; 9° a 2′48” uno Špilak cui non è mancata la buona volontà ma che, a differenza di un anno fa, non ha avuto le gambe per essere al top; 10° a 5′08” un Chernetckii risalito fino alla top ten grazie alla grande prestazione dell’ultimo giorno. Altri grandi protagonisti del Tour de Suisse sono stati Peter Sagan (Tinkoff), che ha conquistato due tappe e soprattutto in quella di Rheinfelden ha dato una dimostrazione di superiorità impressionante, Richeze che oltre ad aggiudicarsi la frazione di Champagne e la classifica a punti è stato protagonista lungo tutto l’arco della prova, Fabian Cancellara (Trek-Segafredo) che ha messo a segno la sua zampata conquistando il prologo di Baar e Peter Weening (Roompot-Oranje), vittorioso ad Amden al termine di una lunga fuga, senza dimenticare infine il suo compagno e connazionale Antwan Tolhoek, che si è imposto nella classifica degli scalatori.
Marco Salonna

Izagirre impegnato nella cronometro di Davos (foto Tim de Waele/TDWSport.com)
SVIZZERA STORY: LA PUNT & SÖLDEN 2017
Oggi torniamo sulle strade del Tour de Suisse 2017, rivivendo le due tappe di montagna di quell’edizione, la prima terminata a La Punt con il successo e la conquista della maglia gialla da parte di Domenico Pozzovivo, la seconda rivelatasi determinante per il successo finale dello sloveno Simon Špilak, che si impose in cima alla durissima salita dei ghiacciai austriaci di Sölden
15 Giugno 2017 – 6a tappa: Locarno – La Punt
POZZOVIVO TAPPA E MAGLIA CON AZIONE DI FORZA
Continua il momento magico dello scalatore lucano Domenico Pozzovivo che, dopo le ottime prestazioni al Giro d’Italia, continua a fare faville anche nella terra di Gugliemo Tell. In una delle tappe più dure stacca tutti gli avversari con un’azione di forza, va a prendere il fuggitivo, lo stacca, resiste al ritorno degli avversari, vince il solitaria e va a prendersi la maglia gialla a pari tempo con Caruso.
Già nella scorsa frazione di montagna, Domenico Pozzovivo (AG2R La Mondiale) aveva dimostrato che lo stato di forma con il quale lo avevamo lasciato al termine del Giro d’Italia era rimasto immutato. Oggi, però, lo scalatore lucano ha fatto il salto di qualità, andando a conquistare la tappa con un’azione che non ha lasciato scampo agli avversari, che pure erano riusciti a rispondere al primo attacco. Alla fine, il vantaggio di 15 secondi su Caruso consente al capitano dell’Ag2R di indossare la maglia gialla in virtù dei migliori piazzamenti rispetto al siciliano, che si colloca secondo con lo stesso tempo del nuovo leader.
La tappa è stata molto combattuta. Nelle fasi iniziali l’elevatissima velocità impedisce il formarsi di qualsivoglia tentativo di avanscoperta. Tale situazione dura esattamente un’ora, tempo nel quale i corridori coprono i primi 46 chilometri di corsa. E’ proprio a questo punto che va via la fuga di giornata, composta da Jan Bakelants (Ag2r La Mondiale), Michael Woods (Cannondale-Drapac), Tomasz Marczynski (Lotto Soudal), Antonio Pedrero (Movistar), Carlos Verona (Orica-Scott), Philip Deignan (Team Sky), Ondřej Cink (Bahrain-Merida) e Simone Petilli (UAE Team Emirates). Dopo qualche chilometro tentano di raggiungere gli attaccanti anche Bart De Clercq (Lotto Soudal) e David De La Cruz (QuickStep – Floors), ma solo il primo riesce nell’intento. Tuttavia, quando il gruppo riacciuffa De La Cruz se ne va Matvey Mamykin (Katusha-Alpecin) che riesce, invece, a riportasi agevolmente sulla testa della corsa.
Il vantaggio dei fuggitivi arriva a toccare un massimo di tre minuti. che vengono successivamente ridotti durante la marcia di avvicinamento all’ultima, difficile ascesa, il passo dell’Albula.
Quando il vantaggio dei battistrada è di 1 minuto e mezzo circa si rompe l’accordo ed i più pimpanti componenti del drappello iniziano a scattarsi in faccia. Dal batti e ribatti di azioni e inseguimenti, esce da solo Michael Woods che si involai in solitaria.
In gruppo ci provano Larry Warbasse (Aqua Blue Sport) e Tao Geoghegan Hart (Sky), poi Jan Hirt (CCC Sprandi Polkowice) raggiunge e stacca i due contrattaccanti. L’azione di Hirt è ottima, dato che il ceco riesce a rimontare tutti i fuggitivi e portarsi da solo all’inseguimento di Woods. Tra gli uomini di classifica tenta di forzare Ion Izagirre (Bahrain – Merida), ma Steven Kruijswijk (Lotto NL – Jumbo), Rui Costa (UAE Team Emirates), Damiano Caruso (BMC), Domenico Pozzovivo (AG2R La Mondiale), Mikel Nieve (Sky) e Marc Soler (Movistar) prima e Mathias Frank (AG2R La Mondiale), Simon Špilak (Katusha – Alpecin), Patrick Konrad (Bora – Hansgrohe) e Pello Bilbao (Astana) poco dopo sono lestissimi a riportarsi sullo spagnolo. L’accelerazione permette a questo gruppo di riportarsi su Hirt e, proprio in corrispondenza del ricongiungimento, prova il primo attacco Domenico Pozzovivo, al quale rispondono Kruijswijk, Caruso e Izagirre. A questo punto, il nostro piccolo grande scalatore riprova un allungo e stavolta gli avversari restano sulle ginocchia e sono costretti a lasciare la compagnia del lucano, che riacciuffa Woods quasi al GPM e lo stacca decisamente nella bagnata discesa verso il traguardo di La Punt. Dietro sono Rui Costa, Izagirre e Frank a forzare in discesa e a rimontare gran parte dei trenta secondi che Pozzovivo aveva guadagnato in salita. Il lucano, però, riesce a resistere ed a tagliare il traguardo con quattro secondi di vantaggio sul questo terzetto. A 12 secondi arriva Kruijswijk, che conserva le ambizioni per la vittoria finale visto il suo ritardo molto contenuto, mentre Caruso accusa 15 secondi di ritardo e, per via di abbuoni e piazzamenti, perde la maglia di leader a favore di Pozzovivo, pur avendo lo stesso tempo in classifica dello scalatore lucano.
La tappa di domani con l’arrivo ai ghiacciai di Sölden a quasi 2800 metri di altitudine emetterà un ulteriore verdetto che, se non dovesse essere abbastanza chiaro, chiamerà tutti i pretendenti al podio ad una cronometro all’ultimo colpo di pedale.
Benedetto Ciccarone
16 Giugno 2017 – 7a tappa: Zernez – Sölden/Tiefenbachferner
CROLLA POZZOVIVO, ŠPILAK TRIONFA AI GHIACCIAI
Colui che ieri era sembrato nettamente il più forte in salita ha pagato lo sforzo ed oggi ha accusato una grave crisi che lo ha portato a raggiungere il traguardo 2 minuti e 40 secondo dopo il vincitore. Un ritardo che, per come si erano messe le cose ad un certo punto, poteva assumere proporzioni ben maggiori. Si sono difesi alla meno peggio Caruso, Izagirre e Kruijswijk.
Tutti si aspettavano oggi un ulteriore attacco di Domenico Pozzovivo (AG2R La Mondiale) in vista della cronometro di dopodomani ed invece il lucano, che solo ieri aveva conquistato la maglia gialla, è andato in crisi sulla salita finale quando al traguardo mancavano ancora 13 chilometri. La pedalata per nulla confortante della maglia gialla e la distanza che ancora lo separava dal piazzale dei ghiacciai di Sölden avevano fatto pensare che il lucano avrebbe oggi pagato molti minuti al vincitore. Invece, dopo i primi chilometri di crisi nera,Pozzovivo è riuscito a contenere il passivo dato che, negli ultimi chilometri, il suo ritardo è lievitato molto meno di quanto non avesse fatto subito dopo il cambio di ritmo che lo aveva lasciato sulle ginocchia.
Simon Špilak (Team Katusha – Alpecin), che già nelle scorse frazioni montane era apparso brillante, è riuscito a mettere tutti alla frusta con il ritmo del compagno di squadra Taaramäe, al quale solo Dombrowski (Cannondale-Drapac) era riuscito a resistere. Una volta terminato il lavoro del gregario, Špilak ha continuato ad alzare il ritmo senza provare uno scatto secco vero e proprio e non c’è stata storia per nessuno; solo Ion Izagirre (Bahrain Merida) e lo stesso Dombrowski sono riusciti a contenere il passivo al di sotto del minuto, mentre Damiano Caruso (BMC Racing Team) e Kruijswijk (LottoNL-Jumbo), più immediati rivali in classifica dello sloveno, hanno chiuso con un passivo di 1′04″.
Pozzovivo ha perso il podio provvisorio ma, grazie all’evitato naufragio negli ultimi chilometri, è riuscito a piazzarsi in quarta posizione, anche se il ritardo di 1′23″ in generale da Kruijswijk, terzo in classifica, rende il podio una chimera per lo scalatore italiano.
Anche oggi la partenza è stata molto veloce con numerosi scatti che hanno permesso a 18 corridori – Jhonatan Restrepo, Baptiste Planckaert (Katusha – Alpecin), Jeroen Meijers (Rooompot), Tim Wellens (Lotto Soudal), David De La Cruz, Matteo Trentin (Quick-Step Floors), Lachlan Morton (Dimension Data), Markus Burghardt, Peter Sagan (Bora-hansgrohe), Michael Matthews (Team Sunweb), Nelson Oliveira (Movistar), Lilian Calmejane, Sylvain Chavanel (Direct Énergie), Lars-Peter Nordhaug, Daniel Pearson (Aqua Blue Sport), Mathew Hayman (Orica-Scott) e in seconda battuta Tsgabu Grmay (Bahrain-Merida) e John Dibben (Sky) – di avvantaggiarsi sul gruppo guidato dagli uomini di Pozzovivo.
L’Ag2R si limita a tenere il distacco nell’ ordine dei tre minuti e quando mancavano 50 km alla conclusione il gruppo alza decisamente il ritmo riducendo contestualmente il gap.
Vedendo il loro vantaggio in rapida erosione, i fuggitivi cominciano a battagliare per i traguardi volanti ed a scattarsi in faccia, ma ai piedi della salita finale tutti vengono riassorbiti dal plotone in forte rimonta.
Sulle prime rampe è Enrico Gasparotto (Bahrain Merida) a fare il ritmo per il proprio capitano che, anche se non vicino in classifica generale, si era già mostrato in crescendo. Le prime vittime illustri sono Bilbao (Astana), Rui Costa (UAE Team Emirates) e Frank (AG2R La Mondiale), ma quando Taaramäe prende il comando, alzando ancor più l’andatura, è proprio la maglia gialla a perdere contatto, mostrando una pedalata legnosa che non fa presagire nulla di buono. Sotto i colpi della Katusha perdono contatto anche Izagirre, Kruijswijk, Caruso, Marc Soler (Movistar) e Jan Hirt (CCC Sprandi Polkowice), mentre davanti restano solo Taaramäe, Dombrowski e Špilak. E’ proprio lo sloveno che, una volta terminato il lavoro di Taaramäe, si invola prima con Dombrowski alla ruota e poi tutto solo verso l’arrivo. Dietro, Kruijswijk lascia gli altri uomini del drappello, riportandosi su Taaramäe, ma poi i due vengono raggiunti ai meno 5 .
E’ il momento dell’attacco di Izagirre che stacca tutti gli uomini di classifica che erano con lui e rientra su Dombrowski, che non riesce a reggere il ritmo dello spagnolo. L’azione del capitano della Bahrain è ottima e riesce a ridurre anche il vantaggio di Špilak, ma è troppo tardi per sperare nella tappa che finisce nelle mani dello sloveno, come del resto la maglia gialla.
Se questo è lo stato di forma di Špilak, sarà molto difficile strappargli la vittoria finale dato che lo sloveno se la cava egregiamente anche contro il tempo. Tuttavia non bisogna dimenticare che anche Pozzovivo sembrava in grande spolvero ed invece, un po’ per lo sforzo di questi giornI, un po’ forse anche per la condizione con la quale era uscito dal Giro e che sta lentamente calando, ha fatto registrare una brusca battuta d’arresto. Kruijswijk, invece, ha corso il Giro in sordina a causa di un problema fisico ed ora sta lentamente ritrovando il ritmo giusto anche se, pure lui, essendosi preparato per essere al top alla corsa rosa, non può essere al 100%.
Špilak ha quindi messo una grossa ipoteca sul Giro di Svizzera 2017 e, visti i distacchi dal quarto corridore di classifica in giù, pure il podio sembra definitivamente scritto, anche se il secondo ed il terzo gradino potrebbero ancora vedere un capovolgimento.
Benedetto Ciccarone

Pozzovivo sembra quasi bussare alle porte del traguardo di La Punt, che gli spalancherà la vittoria e la maglia di leader della classifica generale del Tour de Suisse (foto Tim de Waele/TDWSport.com)
SVIZZERA STORY: AROSA & BELLINZONA 2018
La nostra rassegna sui Giri di Svizzera del recente passato prosegue con l’edizione del 2018, vinta da Richie Porte, che non si impose in nessuna delle nove tappe in programma, conquistando la maglia gialla sul traguardo in salita di Leukerbad, resistendo per soli 17″ all’attacco di Nairo Quintana nella frazione di Arosa e infine definitivamente distaccando gli avversari nella conclusiva cronometro di Bellinzona. Qui riviviamo la tappa di Arosa e la prova contro il tempo di Bellinzona
15 Giugno 2018 – 7a tappa: Eschenbach/Atzmännig – Arosa
ASSOLO DI QUINTANA AD AROSA, MA PORTE RESISTE
Lo scalatore colombiano vincitore di un Giro e di una Vuelta si impone in solitaria sull’ultimo traguardo in quota del Tour de Suisse staccando di 22” l’australiano e il danese Fuglsang. Porte mantiene la leadership ed è ottimista in attesa della decisiva crono di domenica a Bellinzona.
Sul terreno a lui più congeniale Nairo Quintana non delude: è il capitano della Movistar, uomo di punta della squadra spagnola al prossimo Tour de France insieme ad Alejandro Valverde e Mikel Landa, ad imporsi in vetta lunga salita di Arosa (27 km al 4% medio). Il corridore colombiano è scattato proprio all’inizio dell’ascesa finale, una volta oltrepassato il centro abitato di Coirai, su uno dei tratti più duri (pendenze fino all’11%), ed è andato a riprendere uno dopo l’altro i 29 contrattaccanti di giornata. L’ultimo a cedere è stato l’americano Joe Dombrowski (EF Education First-Drapac) poco prima dell’ultima rampa verso l’arrivo, raggiunto e staccato anche dalla coppia formata da Richie Porte (BMC) e Jakob Fuglsang (Astana) Il merito di Quintana è stato quello di provarci, recuperando una ventina di secondi che, però, non sono bastati a superare l’australiano in testa alla classifica generale, che ha mantenuto 17” sullo stesso atleta sudamericano, seguito da Wilco Kelderman (Sunweb) a 52”. Richie Porte ha ora dalla sua parte la cronometro di dopodomani a Bellinzona, dove domani è prevista anche una frazione in linea su un circuito quasi del tutto pianeggiante, favorevole ai velocisti. In caso di successo Porte guarderà con ottimismo al Tour de France, dove ricoprirà il ruolo di capitano della BMC.
Alla vigilia del gran finale in Canton Ticino possiamo già dire che il percorso di questo Tour de Suisse ha mantenuto le promesse: il disegno della corsa e le pochissime grandi montagne inserite non hanno, come temuto, favorito lo spettacolo e si arriva al finale preventivato da tempo, secondo pronostico. Le risposte arriveranno domenica prossima.
Andrea Giorgini
17 Giugno 2018 – 9a tappa: circuito a cronometro di Bellinzona
ALL-IN-BMC: KÜNG SI PRENDE LA CRONO, PORTE IL TOUR DE SUISSE
Il Tour de Suisse termina nel segno della BMC, che mette a segno sia la vittoria finale in classifica con Richie Porte, sia il successo nella cronometro conclusiva con Stefan Küng, che in questa edizione della corsa elvetica aveva vestito per 4 giorni la maglia gialla di leader della classifica grazie all’affermazione della squadra statunitense anche nella cronosquadre d’apertura. Quella di Bellinzona è stata anche l’ultima cronometro individuale della carriera per Damiano Cunego, prossimo al ritiro ufficiale dalle corse.
Il Giro di Svizzera 2018 finisce con la doppietta più bella per la squadra elvetica con licenza statunitense BMC. Il campione nazionale a crono, già in maglia gialla nelle prime quattro tappe, ha ottenuto il miglior tempo nella conclusiva cronometro individuale di Bellinziona, 34 pianeggiante chilometri disegnati sulle strade attorno alla capitale del Canton Ticino. Stefan Küng ha preceduto di 19” il danese Søren Kragh Andersen (Team Sunweb), già vincitore a Gommiswald, e di 23” il compagno di squadra Tejay Van Garderen. Ma il risultato più importante è stato quello ottenuto da Richie Porte, che ha consolidato il primato in classifica generale, davanti a uno straordinario Jakob Fuglsang (Astana), autore di una prestazione sorprendente che gli ha permesso di scavalcare sia Wilco Kelderman (Team Sunweb) – poi solo 5°, superato anche da Enric Mas della Quick-Step Floors, miglior giovane della manifestazione – sia Nairo Quintana (Movistar), che resta comunque sul podio, a 1′12” dal vincitore.
Richie Porte racconta il suo trionfo in Svizzera: “Avevo un po’ di timore riguardo a Kelderman e Nairo Quintana, che sono bravi a cronometro. Ma il merito di questo successo va principalmente alla squadra, senza di essa non avrei vinto questo Tour de Suisse. Poi sono diventato padre da poco, non vedo l’ora di tornare a casa a vedere mio figlio. Un pensiero speciale è soprattutto per la mia famiglia. Il Tour? Ci sono tanti avversari, Quintana sta andando forte, Nibali è sicuramente uno dei favoriti, e poi Froome che ha appena vinto il Giro d’Italia, ma per quanto mi riguarda questa vittoria è molto importante e vorrei solo che vada tutto per il verso giusto.”
Per quanto riguarda le altre classifiche, il campione del mondo in linea Peter Sagan (Bora-Hansgrohe) ha vinto quella a punti, Mark Christian (Aqua Blue Sport) è stato il miglior scalatore, mentre Enric Mas, come già anticipato, è stato il miglior giovane.
A Bellinzona ha salutato il World Tour Damiano Cunego (Nippo – Vini Fantini – Europa Ovini): il veronese ha corso oggi l’ultima cronometro individuale della sua carriera, coronata dalla vittoria di un Giro d’Italia (2004), di un’Amstel Gold Race (2008) e di tre Giri di Lombardia (2004, 2007 e 2008), oltre che da una medaglia d’argento conseguita ai Mondiali di Varese nel 2008. Ai microfoni di ilciclismo.it il “Piccolo Principe” ha dichiarato: “Il Giro di Svizzera è una corsa che mi è sempre piaciuta, in una occasione l’ho quasi vinta ed è un rammarico non esserci riuscito. Ma voglio ringraziare l’organizzazione per l’accoglienza data, in futuro mi piacerebbe collaborare con loro. Il futuro? Adesso penso all’Adriatica Ionica e al Campionato Italiano, poi una volta chiuso, potrò pensare alla mia nuova carriera.”
L’organizzazione ha inoltre annunciato poco prima della partenza della cronometro di Bellinzona le sedi di tappa per il 2019: sono attesi due arrivi in salita, a Flumserberg e sul San Gottardo, salendo dalla vecchia strada sul versante di Airolo, quasi 13 km con pendenza media del 7.4% con una massima del 12% e su di un fondo stradale quasi del tutto in pavè. Sarà lo scenario finale di quella che sarà quasi certamente la tappa regina del Tour de Suisse 2019.
Andrea Giorgini
Richie Porte esibisce orgoglioso il trofeo destinato al vincitore del Tour de Suisse (foto Andrea Giorgini)
SVIZZERA STORY: SAN GOTTARDO & GOMS 2019
Il Giro di Svizzera, che avrebbe dovuto disputarsi in questi giorni, a differenza del Delfinato non sarà recuperato quest’anno e dovrete così aspettare il 2021 per le leggere cronache dell’84a edizione della corsa elvetica. Nell’attesa della ripresa della stagione vi proporremmo in questi giorni le cronache delle tappe chiave delle ultime edizioni del Tour de Suisse. Cominciamo con il racconto dei due tapponi alpini del San Gottardo e di Goms che lo scorso anno sancirono la vittoria di Egan Bernal, il colombiano che il mese successivo si imporrà al Tour de France. Buona lettura
21 Giugno 2019 – 7a tappa: Unterterzen – San Gottardo
BERNAL DOMA IL SAN GOTTARDO E IPOTECA IL GIRO DI SVIZZERA
Egan Bernal (Team INEOS) sfrutta il proverbiale treno della formazione britannica che, a poco a poco, riduce il gruppo maglia gialla sull’ultima salita del tappone alpino e sferra l’attacco decisico a circa 2 km dall’arrivo. Nessuno riesce a rispondergli ed il colombiano trionfa così sul San Gottardo. Domani cronometro individuale di 19 km che non dovrebbe impensierire più di tanto il talento andino.
La settima tappa del Giro di Svizzera, la più lunga dell’edizione 2019 con gli oltre 216 km da percorrete da Unterterzen al Passo del San Gottardo, ha tutte le caratteristiche di un tappone alpino. I ciclisti saranno in sella per 6 ore e la fatica si farà sentire specialmente sull’interminabile ascesa finale che, tra fondovalle e salita vera e propria, misura oltre 40 km e presenta il tratto conclusivo interamente pavimentato in pavè. Prima ci saranno anche i GPM di Flims e del Passo del Lucomagno a rendere ulteriormente complicata una tappa che, se non deciderà il vincitore della corsa, metterà una seria ipoteca sui giochi finali. Egan Bernal (Team INEOS) già si frega le mani per un percorso a lui favorevole e dopo la maglia gialla conquistata ieri potrà oggi fare un passo decisivo in classifica generale, anche perchè guardando alle sue spalle la concorrenza non sembra agguerritissima. La tappa è stata caratterizzata dalla fuga di Koen Bouwman (Jumbo Visma), Tsgabu Grmay (Mitchelton Scott), Steve Morabito (Groupama FDJ), Gino Mäder (Dimension Data) e Winner Anacona (Movistar). L’olandese si aggiudicava i primi due GPM dma il gruppo non lasciava molto spazio all’azione dei fuggitivi. Era naturalmente il Team INEOS a imporre l’andatura ed a riprendere i fuggitivi sulle prime rampe del San Gottardo. Il gruppo maglia gialla si riduceva sempre di più e a 5 km dall’arrivo si contavano non più di una ventina di ciclisti nel gruppo principale. Ai meno 4 scattava Enric Mas (Deceuninck Quick Step) ma il Team INEOS continuava senza patemi ad imporre un ritmo costante che non consentiva allo spagnolo di prendere troppo vantaggio, che si assestava intorno ai 15 secondi. Ai meno 2 era finalmente Bernal a imprimere l’accelerazione decisiva, che sgranava ulteriormente il gruppo maglia gialla. Lo spagno si involava tutto solo all’inseguimento di Mas e l’unico a cercare di restargli attaccato era Domenico Pozzovivo (Bahrain Merida), che però si staccava poco dopo e al quale non restava che fare il gregario al compagno Rohan Dennis, alle sue spalle. Ripreso Mas Bernal continuava per la sua strada lasciando sul posto anche il giovane spagnolo e trionfando tutto solo sul traguardo del San Gottardo. Secondo a 23 secondi di ritardo era Pozzovivo che precedeva Dennis. Chiudevano la top five parziale Patrick Konrad (Bora Hansgrohe) e Jan Hirt (Team Astana), entrambi classificati con 34 secondi di ritardo da Bernal. Il colombiano ipoteca così la maglia gialla, avendo adesso 41 secondi di vantaggio su Dennis e 1 minuto e 13 secondi su Konrad. Domani la penultima tappa di Goms prevede una cronometro individuale di 19 km. Il favorito è sicuramente Dennis, attuale campione del mondo della specialità e già vincitore nella cronometro iniziale di Langnau. Ma Bernal, a meno di clamorose sorprese, non dovrebbe avere troppe difficoltà a contenere il ritardo dall’australiano.
Giuseppe Scarfone
23 Giugno 2019 – 9a tappa: circuito di Goms
BERNAL CAPITALIZZA LO SVIZZERA ED ORA SOGNA IL TOUR….
Il Tour de Suisse finisce a Bernal e non è solo un gioco di parole con il nome della capitale elvetica. Il campione colombiano, infatti, era uno dei massimi favoriti della vigilia e praticamente non ha avuto concorrenza in montagna, concludendo la corsa con un vantaggio di 19″ sull’avversario rivelatosi più insidioso, l’australiano Dennis, che aveva dalla sua parte le due cronometro, non bastate per contrastare del tutto il corridore sudamericano che tra poche settimane si presenterà al via del Tour de France come uomo di punta di un Team INEOS orfano di Froome
La nona e ultima tappa del Giro di Svizzera, partenza e arrivo a Ulrichen, era lunga solo 101 chilometri, ma era stata disegnata in modo da favorire gli attaccanti e le imprese ardite, e così oggi è stato. Tra le salite del Nufenenpass, del San Gottardo e del Furkapass, si assisteva ad una tappa frizzante che entrava subito nel vivo grazie a Hugh Carthy (EF Education First). Egan Bernal (Team INEOS), dopo il ritiro del co-capitano Geraint Thomas era divenuto l’unico leader del team anglosassone, ma la pressione che non lo turbava minimamente e, dopo aver guadagnato nelle tappe precedenti il primo posto in classifica generale, con una maturità, una calma e un’esperienza degna del miglior decano del gruppo controllava e amministrava la corsa, muovendosi e facendo lavorare i compagni di squadra sempre al momento giusto. Il colombiano riusciva a portarsi a casa una corsa storica e affascinante che fa il paio con la Parigi-Nizza vinta pochi mesi fa, segno importante per il predestinato ventiduenne.
Tornando alla corsa odierna il britannico dell’EF Education First, sfruttando anche il fatto di essere fuori classifica, è stato praticamente per tutto il giorno in fuga solitaria, attaccando subito dopo la partenza. Carthy conquistava incontrastato tutti e tre i GPM di giornata, amministrando un vantaggio che a tratti aveva superato anche i 4 minuti. Alle sue spalle in molti hanno tentato di inseguirlo vanamente, tra i quali Simon Špilak (Katusha Alpecin), Marc Soler (Movistar) e Fabio Aru (UAE-Team Emirates) sulle pendici del Nufenenpass. Il sardo, dopo aver tentato l’attacco nella prima parte di corsa, si adagiava nella pancia del gruppo per poi perdere posizioni su posizioni fino a rialzarsi definitivamente, arrivando al traguardo con oltre 10 minuti di ritardo dal vincitore di giornata. Dopo le belle impressioni che aveva lasciato nella prima parte di questa edizione del Giro di Svizzera, Aru terminava dunque in malomodo la corsa, lasciando i suoi tifosi con molti dubbi e molte preoccupazioni in vista del Tour de France. Enric Mas (Deceuninck – Quick Step) e Jan Hirt (Astana Pro Team) sono i nomi dei ciclisti più importanti che, invece, avevano tentato invano di raggiungere il passista-scalatore di sua maestà sul San Gottardo. Il gruppo a quel punto era spezzato in due tronconi principali e nel primo il Team Ineos controllava in testa scortando ottimamente il proprio capitano, raggiungendo piano piano tutti i ciclisti che avevano provato a raggiungere Carthy.
In vista dell’ultima asperità di giornata, il Furkapass, la situazione in testa al gruppo cambiava con la Bahrain-Merida che faceva capolino scalzando il Team INEOS. Rohan Dennis (Bahrain-Merida), che era secondo in generale con un ritardo di 22”, si giocava il tutto per tutto e dopo aver fatto lavorare un ottimo Domenico Pozzovivo, in ripresa dopo la crono opaca di ieri, si lanciava all’attacco a 27 km dall’arrivocon l’intenzione di staccare Bernal. L’australiano faceva il vuoto, ma l’unico che non riusciva a staccare era proprio il rivale colombiano. Mentre Carthy era ormai involato verso la vittoria leggendaria, Dennis e Bernal scollinavano da soli, lanciandosi nella discesa uno dietro l’altro.
Carthy tagliava il traguardo tra gli applausi della folla, conquistando anche la vittoria nella classifica riservata agli scalatori. Quasi cento i chilometri che ha percorso da solo in fuga, gran numero per lui. Dennis vedendo di non poter più riuscire a staccare Bernal, si metteva l’anima in pace e collaborava con il colombiano, arrivando insieme a lui al traguardo con 1′02” di ritardo dal vincitore. Dennis secondo guadagnava 3” di abbuono su Bernal, secondi che non cambiavano nulla, se non aumentando l’amaro in bocca per aver steccato la cronometro di ieri, disciplina che in passato gli aveva regalato molte gioie. A 1’52” giungevano il corridore di casa Mathias Fränk (AG2R La Mondiale) e Špilak, a 2’15” un gruppetto con Carlos Betancur (Movistar), Tiesj Benoot (Lotto Soudal), Pozzovivo, Patrick Konrad (Bora-Hansgrohe) e Hirt. Peter Sagan (Bora Hansgrohe) era il vincitore della classifica a punti mentre Bernal, oltre alla classifica generale, conquistava anche quella riservata ai giovani. La classifica finale vede quindi Bernal vincitore con 19″ su Dennis, 3’04” su Konrad, 3’12” su Benoot, 3’13” su Hirt, 3’48” su Špilak e 4’14” su Pozzovivo, primo degli italiani.
Egan Bernal, come già scritto, dopo aver vinto il Giro di Svizzera e la Parigi-Nizza si candida come uno dei favoriti principali per la vittoria del Tour de France. Il Team INEOS, che non vedrà al via Froome e ha in organico per la corsa francese un Geraint Thomas le cui condizioni atletiche saranno da valutare, lancerà Bernal all’inseguimento della Grande Boucle, impresa che oggi non sembra molto lontana dal potersi realizzare.
Luigi Giglio

Bernal vince la tappa regina del Giro di Svizzera ipotecando il successo finale a due giorni dal termine della corsa elvetica (foto Bettini)
DELFINATO STORY: VALMOREL 2013
Concludiamo la nostra rassegna sulle edizioni del recente passato del Criterium del Delfinato con la tappa di Valmorel del 2003, quando questo traguardo fu “inaugurato” con il primo dei tre successi nella corsa transalpina di Chris Froome
A VALMOREL MUOVE BENE CHI MUOVE ULTIMO. IN FRANCIA TORNA IL CICLISMO DELLA NOIA
Su un tracciato scontato, torna alla ribalta il trenino Sky e con esso il trionfante Froome, ormai favoritissimo per il Tour. Valverde ci prova “da lontano” (virgolette d’obbligo) e mostra un buona gamba, Contador attende il finale per una zampata d’orgoglio che gli si ritorce contro.
Ci eravamo abituati bene, tra Tirreno e Giro. Tappe mosse, agguati, tensione alle stelle, imprevisti atmosferici: di fronte al variegato menù di un ciclismo a tutto tondo, l’approccio Sky aveva dimostrato tutta la propria monodimensionalità, e di conseguenza aveva finito per apparire inadeguato.
Nell’amica terra di Francia, sotto il benevolo stendardo dell’ASO, torniamo invece a quelle dinamiche che già avevano imposto pomeriggi comatosi agli appassionati, con la lugubre processione in nero a scorrazzare il gruppo per monti e valli, salvo risicati scattini dell’ultimo chilometro.
Il copione non cambia verso Valmorel. Se ne va fin dal mattino una fuga, nella quale segnaliamo solo Imanol Erviti della Movistar per il ruolo tattico che andrà a svolgere, e poi per la loro intraprendenza nella salita finale l’eritreo Teklehaimanot, tornato in gruppo dopo un interminabile periodo senza corse per problemi di visto, Tim Wellens, giovanissimo atleta della Lotto, e Matthew Busche, ormai maturo corridore statunitense della Radioshack che, senza aver mai troppo brillato in carriera (a parte il jolly pescato a un campionato nazionale), oggi è andato vicinissimo al bersaglio grosso. Durante la giornata si alternano al lavoro in testa al gruppo, oltre alla Garmin del leader (che non è Froome, ma per pochi secondi il giovanissimo pistard Rohan Dennis), si distinguono in testa al gruppo la Katusha, per Dani Moreno, scopriremo poi, e la Movistar, particolarmente pimpante.
Le dinamiche della fuga sull’ascesa finale, prima delle quale non accade nulla degno di nota, vanno a suggerirci quale sarà il leit motiv della giornata: chi prima attacca, nulla stringe.
Dalla fuga prende il largo un terzetto, dove Teklehaimanot si impone come il miglior scalatore, rispetto a un egregio passista come Rabon e a uno spento Huzarski della Net App. A breve però appare dalle retrovie Wellens, che tira dritto a pieno ritmo, mentre alla sua ruota resiste, non per molto, il bravo eritreo. Anche Wellens tuttavia finirà per vedersi rimpiazzato come eroe solitario da Busche, pure lui emerso dai rimasugli della fuga che sembravano ormai attardati senza speranza.
La morale della favola è probabilmente che tira vento, che l’ascesa prevede strade larghe e rettilinee, ingannevoli, e che quindi stare in avanscoperta sia più dispendioso del previsto.
La controprova può essere, dietro, la strenua quanto improbabile resistenza di Dennis fino agli ultimi 2-3km, macinando nella pancia del gruppo un rapportone degno di un Honchar dei tempi d’oro.
Rispetto al cadenzato rullo di tamburi Sky, gli unici guizzi di ingenio sono quello di Egor Silin dell’Astana, probabilmente per fare da ponte, di esigua durata ed effetti insignificanti, a una decina dall’arrivo; e quello, ben più stimolante, di Alejandro Valverde intorno ai -7km, la cui squadra ha per lo meno il merito di aver cercato di imbastire una parvenza di gioco tattico, visto che Erviti (staccatosi dai compagni di fuga per scelta, ovvero per recuperare le forze), al momento di essere ripreso si spreme alla morte per offrire a Valverde un po’ di copertura. Ci sarebbe voluto più coraggio da parte di altri attori, per allearsi al murciano. Fuglsang, Taaramae o De Clerq, assiepati nel gruppetto, avrebbero poco da perdere e tutto da guadagnare
Ma non c’è verso. La noia impera, con i vari Lopez, Kyrienka, Thomas, Kennaugh a scandire il passo uno dopo l’altro (nemmeno “a turno”), come una bomba a razzo formata da più stadi per disegnare matematicamente una traiettoria letale.
Il vantaggio di Valverde si assesta sui 15-20” mentre dietro il gruppo si assottiglia, con la Sky sempre dominante, ma con anche la Saxo-Tinkoff in bello spolvero, con Contador, Jesús Hernándes e l’immarcescibile Michael Rogers. Perché non inventarsi qualcosa alla maniera della Movistar?
Infine ecco il turno di Porte: Valverde è riuscito quasi a isolare Froome, ma ai -2,5km decide di desistere, e viene riassorbito.
Ai -1500m ci prova Contador, provocando un immediato sparpaglio. Ma è imminente la flamme rouge, che tanto potere ha nel rianimare Chris Froome (apparso orribile nel viso e nelle movenze durante tutta l’ascesa come se patisse le pene dell’inferno: un nuovo attore da Oscar, o da Razzies, come già Thomas Voeckler?). Il capitano della Sky parte in progressione, si riporta su Contador, lo porta al gancio, e poi se lo scolla di ruota nel finale con un’altra brutale accelerazione.
Contador fa secondo, appaiato con Busche (l’avevamo dimenticato lì davanti, ma l’americano ha retto in testa fino alle ultime centinaia di metri), quarto è Valverde a una decina di secondi da Froome. Porte arriva nei dieci, a neanche mezzo minuto, e consolida la seconda piazza in generale, in vista di una di quelle doppiette che alla Sky piacciono tanto ma che nondimeno hanno un sapore terribilmente inquietante. Specialmente se i componenti di queste accoppiate dimostrano la loro classe solo un’annata qua e una là, una corsa qui e una là (Porte ha solo due mesi meno di Nibali, non è più una giovane promessa o un novellino, eppure finora non ha vinto granché, dopo la maglia bianca al Giro).
Un’altra triste riflessione si impone: Valverde ha azzardato l’attacco su un terreno che, a giudicare dalla dinamica di corsa, era particolarmente penalizzante per le mosse offensive. Pure così, è giunto terzo, tolto l’uomo in fuga dal mattino, a un pugno di secondi. Viene da chiedersi se, standosene comodo a ruota, non avrebbe potuto reggere fino alla fine e poi far valere il proprio spunto. Per fortuna nostra, ha scelto una strategia più interessante: il rischio è che ciò si trasformi in una lezione negativa, in un ulteriore invito a un gruppo già di per sé assopito affinché si aspetti tutti assieme appassionatamente la fine della gara.
Il problema è che finché si corre sui binari, vincono i treni.
Deludono molto anche le formazioni che, in parte inaspettatamente, piazzano più uomini nel selezionato gruppetto di una decina tra i migliori: la Cofidis con Taaramae e Dani Navarro, la Saxo di cui già si è detto. Che senso ha non provare nulla? Pesa forse la lotta per i punti Pro Tour, meglio due atleti ben messi che uno solo a scalare di una posizione grazie al sacrificio dell’altro. Certo che così andiamo a rivivere i tempi armstronghiani in cui i primi alleati della maglia gialla erano coloro che difendevano il proprio secondo, terzo, quarto posto, anche a discapito delle proprie pur lontane speranze di vittoria finale… a meno che, naturalmente, a quei tempi già non fosse chiarissimo che la vittoria finale era bella che assegnata fin dal via, per cui meglio proteggere i piazzamenti di rincalzo. Speriamo che non sia più quello il caso.
Vero, il percorso proprio non aiutava, né sarà troppo più entusiasmante in luglio, al Tour. Certo che però finché si esegue lo spartito prevedibile e programmato, la gara si avvicina sempre di più a una competizione tra ergometri, watt contro watt. E come ha dimostrato la cronometro di ieri, la squadra che ha più watt da scaricare sui pedali è una sola.
Gabriele Bugada

Il successo di Froome a Valmorel (foto ASO)
DELFINATO STORY: COURCHEVEL 2014
Oggi vi parliamo della vittoria a sorpresa dello statunitense Andrew Talansky nell’edizione 2014 del Delfinato, conquistata per appena 27 secondi dopo una fuga di 120 Km che gli permise di togliere le insegne del primato ad Alberto Contador
DELFINATO, IL FROOME CHE NON TI ASPETTI (E TALANSKY…)
Con una fuga di 120 km, l’americano soffia per 27’’ il Delfinato ad Alberto Contador, vestitosi di giallo appena ventiquattro ore fa. Vana la grande rimonta dello spagnolo sulle ultime due ascese. Froome crolla, perdendo oltre cinque minuti. Il successo di tappa va a Mikel Nieve, unica nota positiva di una giornata nera per l’armata Sky. Segnali negativi da Vincenzo Nibali, in netta difficoltà sulla salita finale.
Uomini da podio in fuga per tutto il giorno, contrattacchi illustri, crisi insospettabili, giochi di squadra, tattiche folli e, a coronare il tutto, un cambio di leadership all’ultimo giorno di corsa, per una manciata di secondi: occorrerà qualcosa di eccezionale per soffiare all’ottava frazione del Giro del Delfinato il titolo di tappa dell’anno, e serviranno con ogni probabilità vetrine più prestigiose. Dopo il colpo di scena di ieri, con Froome per la prima volta spodestato da un avversario diretto in salita negli ultimi diciotto mesi, era difficile immaginare che l’ultima giornata di corsa, sulla carta meno impegnativa per altimetria e chilometraggio, potesse far impallidire la precedente; ipotizzare che la maglia gialla potesse cambiare di nuovo padrone era ancor più azzardato, specie alla luce dei cerotti ben visibili sul corpo dell’ex capoclassifica, dopo la caduta di venerdì; pensare che il primato potesse addirittura uscire dal binomio Contador-Froome sembrava qualcosa di molto prossimo ad un delirio.
L’impossibile si è invece concretizzato per merito di Andrew Talansky, 25enne nativo di una terra non esattamente nota come fucina di scalatori (Miami, Florida), ma già dimostratosi grimpeur (e non solo) di spessore con il 7° posto alla Vuelta 2012, seguito dal 10° al Tour del 2013. Terzo in classifica al via, staccato di 39’’ da Contador e già capace di battere Froome ad Emosson, l’americano si è giocato il tutto per tutto lanciandosi in avanscoperta sulla Côte de Domancy, la rampa del leggendario Mondiale di Sallanches, a 115 km dal traguardo di Courchevel, imbucandosi in una maxi-fuga insieme a Hesjedal, Huzarski, Trofimov, Van Garderen, Koren, Ligthart, Gallopin, Van den Broeck (5° in classifica), Lopez, Nieve, Porte, Kangert, Westra, Navarro, Bagot, Yates (10° stamane), Anton, Gadret, Bardet (7°), Péraud, Gougeard e Voeckler. Un’azione extra-large che sarebbe stata probabilmente stroncata in culla dal Team Sky, se la maglia gialla fosse stata ancora sulle spalle del suo leader; la modesta Tinkoff-Saxo schierata da Riis al Delfinato, invece, non ha avuto né la forza né la prontezza di fare altrettanto, permettendo ai battistrada di acquisire addirittura un margine di tre minuti e mezzo sulle prime rampe del Col des Saisies. Vantaggio troppo cospicuo, per una fuga con troppi uomini – e troppo forti – per poter essere ormai addomesticata.
A produrre l’estremo tentativo di riportare la corsa nei ranghi è stata così la Sky, che, sulla salita che nel 2000 vide l’ultimo disperato assalto del Pirata al Tour, ha setacciato il gruppo fino a ridurlo ad appena 17 unità: Froome, Kiryienka, Pate, Thomas, Nibali, Fuglsang, Contador, Maté, Chérel, Gastauer, Reichenbach, Atapuma, Moreno, Bakelants, Kelderman, Keizer e König. Al drappello si sono aggiunti, nel tratto di fondovalle, Westra e Porte, richiamati dalle rispettive ammiraglie, che hanno contribuito a ridurre il margine fino ad un minuto circa, ad una trentina di chilometri dalla conclusione, con le ultime due salite di giornata ormai in vista.
È stato allora che la corsa, già godibilissima ma apparentemente avviata a rientrare su binari più tradizionali, è invece definitivamente impazzita: dopo un delirante attacco di Richie Porte, Chris Froome ha provato a sorprendere Contador in un tratto pianeggiante, venendo stoppato con prontezza dalla maglia gialla; Nibali ha quindi approfittato della fase di stallo successiva per avvantaggiarsi, in compagnia di Fuglsang e Kelderman. I due favoriti hanno allora inscenato una marcatura a uomo reciproca che ha riportato alla mente quella fra Schleck e lo stesso Contador al Tour 2010, quando il margine dei due nei confronti degli avversari era però sufficientemente cospicuo da rendere i secondi regalati quasi ininfluenti. Con la classifica ben più corta di oggi, invece, i chilometri di tentennamento che hanno consentito al vantaggio dei battistrada di risalire fin quasi a tre minuti si sono invece rivelati decisivi, malgrado la rimonta che la maglia gialla avrebbe di lì a poco inscenato.
Sulle prime rampe della Côte de Montagny, infatti, Contador ha approfittato di uno spartitraffico per sorprendere il trenino Sky con uno scatto secco, al quale Froome, come ieri, non ha replicato. Ma se ventiquattro ore fa il britannico aveva comunque saputo limitare i danni, reagendo anche in prima persona all’ultimo chilometro, la mancata risposta di oggi è stata invece il primo sintomo di una piena crisi, manifestatasi in tutta la sua gravità quando il kenyano bianco ha iniziato a faticare a seguire il ritmo di Porte e Thomas. Da lì all’arrivo, il distacco del campione uscente non avrebbe fatto che aumentare, sia rispetto ai fuggitivi, sia rispetto ad un Contador la cui azione, benché insufficiente a riprendere il Delfinato, ha comunque testimoniato una differenza di passo rispetto al rivale impronosticabile fino a pochi giorni fa.
In corrispondenza del GPM, i resti del gruppetto di testa potevano gestire una quarantina di secondi sul drappello di Nibali, capace di dimezzarli nella successiva breve discesa, e un minuto e dieci sul capoclassifica, il cui ritmo lasciava immaginare che la leadership virtuale di Talansky avesse i chilometri contati. Sulle rampe verso Courchevel (solo fino a Le Praz, sede del trampolino olimpico del 1992, a metà circa della strada tre volte battuta dal Tour de France), la remuntada si è però man mano spenta, fino a vedere il gap tra i leader e il Pistolero risalire nei chilometri finali, quando davanti impazzava la lotta per il successo di tappa.
Con Talansky stremato dal lavoro prodotto negli ultimi venti chilometri, con la collaborazione soltanto parziale di Bardet e Van den Broeck, ad involarsi verso il successo parziale è stato ironicamente Mikel Nieve, unico uomo Sky non fermato per assistere il capitano in tilt, a certificare lo stato di forma ottimale del cast di supporto. Bardet e Yates hanno anch’essi distanziato l’americano, soffiandogli un abbuono che rischiava di risultare decisivo. Il comprensibile appannamento dell’azione di Contador sulle ultime rampe ha però fatto sì che il margine dello yankee si assestasse, all’arrivo, a 1’06’’: il recupero, a conti fatti, era stato sufficiente a sventare gli assalti di Van den Broeck e Kelderman – rispettivamente 3° e 4° della graduatoria finale -, ma non a conservare la maglia gialla tanto agognata nei giorni scorsi.
Se il bilancio di oggi è negativo per il madrileno in termini di classifica, lo scenario cambia però completamente guardando più avanti, al Tour de France: tra i pretendenti alla maglia gialla parigina, lo spagnolo è apparso nettamente più pimpante sia rispetto ad un Froome straripante nei primi due giorni ma in picchiata negli ultimi due, sia ad un Nibali apparso in leggera crescita fino a ieri, ma pessimo quest’oggi, con oltre un minuto lasciato sull’ascesa conclusiva a Kelderman, che l’aveva approcciata con lui.
Il grande sconfitto di giornata, più di chi ha perso la maglia gialla, è dunque il kenyano bianco: il passivo di giornata ha superato alla fine i 5’, e la classifica generale parla addirittura di un mesto 12° posto, alle spalle anche di Bardet, Yates, Nibali, Nieve, Navarro, Fuglsang e König. I postumi del capitombolo di venerdì possono rappresentare una giustificazione, e difficilmente una situazione di corsa tanto anarchica potrà ripetersi sulle strade della Grande Boucle; ma se dodici mesi fa lo strapotere ostentato al Delfinato fu poi ribadito in maniera altrettanto perentoria al Tour, è indubbio che l’avvicinamento all’appuntamento più importante, quest’anno, sia stato decisamente meno trionfale.
Matteo Novarini

Andrew Talansky lanciato verso la maglia gialla (foto Tim de Waele/TDW Sport)

