POGACAR: UNA VITTORIA CHE SA DI RESA

luglio 20, 2022 by Redazione  
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Pogacar conquista il primo tappone pirenaico con una condotta di gara che è sembrata improntata più a conquistare il successo parziale che a mettere in difficoltà il corridore in maglia gialla.Grande lavoro di McNulty che ha sfiancato tutti gli uomini di classifica ed ha permesso a Pogacar e, di riflesso anche a Vingegaard, di distanziare Thomas

Il ciclismo è uno sport spietato, uno sport in cui tutti aspettano di vedere l’avversario in difficoltà per attaccarlo e rigirare il coltello nella piaga, uno sport in cui le rampe della strada che si impennano verso luoghi meravigliosi e incantati sembrano respingerti, le montagne, che tante volte ti sono state alleate, all’improvviso sembrano imprigionarti.
Il ciclismo è lo sport dei duelli, delle sfide epiche a viso aperto.
Il ciclismo però è anche lo sport dei tatticismi, dei calcoli, degli obiettivi e del realismo e allora, a volte, ci si rende conto che la battaglia è difficile, che la vittoria finale è ancor più ardua da conquistare della più arcigna delle salite.
Nella tappa di oggi la UAE, con la sua condotta di gara, ha dato la netta impressione di aver preso in considerazione il lato meno romantico e più pragmatico del ciclismo e abbia deciso di puntare decisamente alla vittoria di tappa.
Gli UAE, orfani anche di Maijka (vittima di un problema muscolare) e ridotti al lumicino, hanno sfruttato un grandissimo McNulty per impostare un attacco vero, che ha fatto fuori tutti i vari uomini di classifica ma che, all’evidenza, non era tale da distanziare la maglia gialla, salvo ovviamente una crisi inaspettata.
La maglia bianca, dal canto suo, eccetto un effimero scatto in cima al GPM del Col de Val Louron, ovviamente velleitario, non ha mai provato ad attaccare il leader della generale, affidandosi al ritmo di Mc Nulty che comunque ha mandato Thomas ad oltre 2 minuti. Pogacar sa perfettamente di avere uno spunto veloce migliore del suo avversario danese e ha sfruttato quello per vincere la tappa.
Tutta la condotta di gara ovvero la fuga tenuta a tiro, i mancati tentativi di affondo, l’affidarsi all’ottimo gregario fino al finale e anche il rallentamento per innescare un tentativo di allungo di Vingegaard per prendergli la ruota è stata improntata alla vittoria di tappa, piuttosto che all’attacco alla maglia gialla.
Per questo motivo questa vittoria dà un po’ l’impressione che Pogacar cominci a considerare eccessivamente difficile ricuperare gli oltre 2 minuti che lo separano dalla prima posizione in generale e che cerchi quindi di virare su altri obiettivi, pure prestigiosi, ma certo differenti da quelli con i quali si era presentato ai nastri di partenza della Grande Boucle.
Ovviamente, nella tappa di domani, Pogacar potrà provare ad attaccare nuovamente e in caso di difficoltà dell’avversario ad affondare il colpo, ma quello che ha fatto oggi porta a pensare che per ora stia seguendo il cosiddetto “piano B”.
La partenza è a tutta e la fuga non riesce a formarsi sino alle prime rampe del Col d’Aspin, dove Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan) e Thibaut Pinot (Groupama-FDJ) vanno a porre fine ad un improbabile tentativo di Guillaume Boivin (Israel-Premier Tech) e Owain Doull (EF Education-EasyPost).
Alle spalle della coppia di testa si forma un drappello composto da Patrick Konrad (Bora-hansgrohe), Gregor Mühlberger, Carlos Verona (Movistar), Christopher Hamilton, Andreas Leknessund (Team DSM), Rigoberto Uran (EF Education-EasyPost), Pierre-Luc Perichon, Simon Geschke (Cofidis), Dylan van Baarle (Ineos Grenadiers), Quinn Simmons, Giulio Ciccone (Trek-Segafredo), Christopher Juul-Jensen (Team BikeExchange-Jayco), Dylan Teuns (Bahrain Victorious) e Georg Zimmermann (Intermarché-Wanty-Gobert), i quali scollinano l’Aspin con un ritardo di trenta secondi.
Dietro provano ad avvantaggiarsi Bob Jungels (Ag2r Citroen), Jonathan Castroviejo (Ineos Grenadiers) e Romain Bardet (Team DSM), desideroso di riscatto dopo la débâcle di ieri. I tre si riportano sui contrattaccanti mentre in gruppo Pogacar mette davanti Mikkel Bjerg (UAE Team Emirates), che impone un ritmo che manda in crisi diversi uomini, alcuni dei quali rientreranno in discesa.
Sul Col de Val Louron i contrattaccanti si riportano sui battistrada mentre in gruppo il ritmo di Bjerg spopola il plotone. La vera svolta arriva quando in testa si pone Brandon Mc Nulty. I fuggitivi non hanno scampo e vengono ripresi uno a uno, mentre molti uomini di classifica soffrono. David Gaudu Groupama-FDJ), Enric Mas (Movistar), Louis Meintjes (Intermarché-Wanty-Gobert), Aleksandr Vlasov (Bora-hasngrohe) e Nairo Quintana (Arkea-Samsic) formano un gruppo alle spalle dei primi tre della generale, che sono in compagnia di McNulty e Kuss.
L’ottimo statunitense della Jumbo, che ieri aveva sfoderato una prestazione monumentale impedendo a Pogacar di attaccare la maglia gialla, oggi non ne ha e deve lasciare la compagnia dei battistrada, imitato poco dopo da Geraint Thomas, che cerca come al solito di salvarsi con la regolarità (ma oggi è durissima senza alcun aiuto).
Quello di McNulty è comunque un attacco vero perché davanti rimangono in tre, dietro di lui rimangono solo i primi due della generale.
Il vantaggio dei tre continua ad aumentare e neppure l’arrivo di Bardet riesce a risollevare le sorti di Thomas che, nel finale, staccherà il francese.
McNulty affronta davanti anche la salita finale e, a giudicare da quanto si è visto, forse sarebbe stato anche in grado di vincere la tappa se non avesse dovuto lavorare per il capitano.
Sul rampone finale Pogacar si porta in testa ma non forza; ci prova allora Vingegaard ad avvantaggiarsi, ma Pogacar gli prende la ruota e fa valere le sue doti in volata, certamente superiori rispetto a quelle del danase.
Thomas giunge a 2′07″, Bardet a 2′38″ e tutti gli altri big accusano ritardi superiori ai 3 minuti.
Ora Thomas è a distanza di sicurezza dai due, ma può sorridere perché ora Quintana è meno minaccioso per il podio.
La tappa di domani presenta salite più dure rispetto a quella di oggi e l’Aubisque è adatto ad aprire le danze.
Certamente, se Pogacar vedrà uno spiraglio proverà ad attaccare, ma è molto probabile che dovrà fare tutto da solo, considerato che McNulty oggi ha speso molto e la squadra è ormai ridotta al lumicino con un Marc Hirschi che non sembra per nulla in condizione. Da rivedere la Jumbo, che oggi non è stata all’altezza della situazione e ha lasciato solo il leader della generale, il quale comunque se l’è cavata egregiamente.

Benedetto Ciccarone

La vittoria di Pogacar a Peyragudes (Getty Images)

La vittoria di Pogacar a Peyragudes (Getty Images)

IMPRESA DI HOULE A FOIX, GENERALE BLOCCATA

luglio 19, 2022 by Redazione  
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Hugo Houle con un gran contropiede riesce ad andar via e a resistere grazie alla sua regolarità anche su pendenze che non sembravano sorridergli. Pogacar ha provato 3 allunghi sulla prima salita, mentre è sembrato più ingessato sulla seconda.

La tappa di oggi, con un primo assaggio di Pirenei, era indicata da molti come quella che poteva vedere i primi veri attacchi di Pogacar alla maglia gialla. Il Mur de Péguère, anche se posto a 27 chilometri dalla conclusione, presentava in effetti pendenze molto severe nella seconda parte e poteva rappresentare un trampolino di lancio per poi provare ad aumentare il distacco in discesa grazie ai compagni recuperati per strada.
Per questo motivo sia la squadra di Pogacar, sia quella di Vingegaard ha inserito uomini nella fuga di 29 corridori formatasi sin dai primi chilometri di corsa.
Aleksandr Vlasov, Felix Großschartner (Bora-Hansgrohe), Neilson Powless, Stefan Bissegger (EF Education-EasyPost), Valentin Madouas, Michael Storer, Olivier Le Gac (Groupama-FDJ), Damiano Caruso, Dylan Teuns (Bahrain-Victorious), Brandon Mcnulty (UAE Team Emirates), Matteo Jorgenson, Gorka Izagirre (Movistar), Wout Van Aert, Nathan Van Hooydonck (Jumbo-Visma), Simone Velasco (Astana Qazaqstan), Tony Gallopin (Trek-Segafredo), Daniel Felipe Martínez (Ineos Grenadiers), Michael Woods (IPT), Simon Geschke (Cofidis), Łukasz Owsian, Maxime Bouet (Arkéa-Samsic) Philippe Gilbert, Tim Wellens (Lotto Soudal), Alexis Gougeard, Cyril Barthe (B&B Hotels-KTM), Mathieu Burgaudeau (TotalEneriges), Mikkel Honoré (Quci-Step Alpha Vinyl) e Nils Eekhoff (DSM) evadono dal gruppo e riescono a prendere il largo, nonostante la presenza di uno come Vlasov, situato a 10 minuti in classifica dalla maglia gialla e desideroso di riscatto dopo le difficoltà patite nella prima parte del Tour.
I primi attacchi tra i fuggitivi arrivano con Burgadeau, Jorgenson e Gougeard ma, dopo alcuni chilometri, in testa alla corsa resta solo quest’ultimo, mentre gli altri due si rialzano. Anche l’avventura del francese tuttavia ha vita breve, con il drappello che si ricompatta e attacca le rampe Port de Lers con 8 minuti di vantaggio.
Sulle rampe della salita che fu tenuta a battesimo da Marco Pantani nella nebbia nel 1995 Caruso attacca e rimane solo in testa alla corsa, ma su di lui si riportano prima Woods e Storer e quindi un drappello con Wout van Aert, Jorgenson, McNulty e Geschke, mentre Vlasov perde contatto, ma riesce a gestirsi e a non naufragare.
Nel gruppo maglia gialla il primo a lanciare l’attacco è Enric Mas con due compagni di squadra che lo pilotano fuori dal gruppo, ma la miccia la accende Tadej Pogacar con tre allunghi secchi di cui l’ultimo sotto lo striscione del GPM. Come già avvenuto nelle scorse tappe, è il solo Vingegaard che riesce a resistere alle stilettate dallo sloveno, ma oggi è sembrato in stato di grazia anche Sepp Kuss, che non ha mai mollato le ruote del gruppetto dei migliori. Pogacar ha provato a continuare l’azione in discesa, ma la buona guardia di Vingegaard lo ha portato a desistere.
Nelle discesa riesce così a rientrare Romain Bardet, che si era staccato sulle rampe del Port de Lers.
Anche davanti la discesa favorisce i rientri, con Houle, Vlasov, Gallopin e Burgaudeau che si accodano alla testa della corsa. Houle prova successivamente a forzare e si avvantaggia su Gallopin, al quale poi si ricongiungono Caruso, Madouas, Storer, Woods e Jorgenson
La salita del Mur de Péguère si fa sentire e, uno alla volta, Gallopin, Caruso, Madouas e Storer perdono contatto da Woods e Jorgenson, che transitano al GPM a 23 secondi da un Houle che, sul tratto duro, è riuscito a limitare i danni perdendo meno di 30 secondi dei 50 che aveva accumulato.
Dietro, invece, si porta in testa Rafal Maijka, cosa che fa pensare a un imminente attacco della maglia bianca, anche se in realtà il ritmo non è elevatissimo.
Quando il GPM è ancora piuttosto lontano Maijka accusa un problema al cambio e rimane attardato senza possibilità di rientro. A quel punto Sepp Kuss impone un ritmo molto elevato che viene patito soprattutto da Thomas, mentre Quintana riesce a rimanere in scia. Il tanto atteso attacco di Pogacar non arriva. Probabilmente lo sloveno non è al 100% e il ritmo dell’americano era troppo elevato per consentirgli la rasoiata vincente.
Ancora una volta, però, i primi due della generale hanno fatto l’errore di non affondare il colpo nei confronti di Geraint Thomas. Un uomo come il capitano della Ineos è pericoloso soprattutto a cronometro e resta comunque un brutto cliente; quindi, quando lo si vede in difficoltà, bisognerebbe cercare di non consentirgli un rientro come invece ha fatto il gruppetto della maglia gialla, affrontando tranquillamente la discesa verso Foix.
Davanti Houle prosegue la sua marcia verso la vittoria mentre Woods che fa da stopper nei confronti di Jorgenson, che si va a complicare la vita cadendo in discesa.
Il canadese va quindi a vincere la tappa su Madouas, che si era riportato sulla coppia di contrattaccati negli ultimi chilometri.
Vlasov fa un buon balzo in avanti in classifica, entrando in top ten e recuperando più di quattro minuti sui big, gli stessi che perde Bardet che invece scivola dalla quarta alla nona posizione.
Quintana ora è ai piedi dal podio, ma deve recuperare un minuto e mezzo a Thomas e bisogna considerare che la cronometro di 40 chilometri del penultimo giorno è favorevole al gallese.
Con questa situazione di classifica è lecito aspettarsi di tutto nelle due tappe pirenaiche di domani e di dopodomani.

Benedetto Ciccarone

Hugo Houle in avanscoperta solitaria verso il traguardo di Foix (Getty Images)

Hugo Houle in avanscoperta solitaria verso il traguardo di Foix (Getty Images)

PHILIPSEN, VOLATA AL CARDIOPALMA A CARCASSONNE. VINCE IL BELGA, VINGEGAARD RESTA IN GIALLO

luglio 17, 2022 by Redazione  
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In una tappa condizionata dal caldo estremo e da sfortune varie della Jumbo Visma, che vede i ritiri di Roglic e Kruijswijk e la caduta – apparentemente senza conseguenze – della maglia gialla Vingegaard, a Carcassonne va di scena una spettacolare volata in cui Jasper Philipsen (Team Alpecin Fenix) batte di mezza ruota Wout van Aert (Team Jumbo Visma) e Mads Pedersen (Team Trek Segafredo). Dopodomani iniziano i Pirenei e lo spettacolo finale del Tour 2022.

Nell’avvicinamento ai Pirenei oggi si svolge un’altra tappa interlocutoria, la sedicesima, con partenza da Rodez ed arrivo a Carcassonne, per un totale di 202 km. Diversi mangia e bevi, tipici della ‘pianura’ francese, sono disseminati lungo il percorso, su cui spiccano i due GPM della Cote d’Ambialet e della Cote des Cammazes, quest’ultima a circa 50 km dall’arrivo. E’una tappa che vede ancora una volta i fuggitivi protagonisti, ma non escludiamo un arrivo in volata, anche se finora un arrivo in volata vero e proprio risale alla terza tappa in Danimarca. I big di classifica dovrebbero prendersi una giornata di riposo in vista del tour de force finale sui Pirenei della settimana entrante. Da Roden non partivano Primoz Roglic (Team Jumbo Visma), per problemi alla schiena, Magnus Cort Nielsen (Team EF Education EasyPost) e Simon Clarke (Team Israel Premier Tech), questi ultimi due a causa del covid. La prima fuga partiva grazie all’azione di Wout van Aert (team Jumbo Visma), Nils Politt (Team BORA Hansgrohe) e Mikkel Honorè (Team Quick Step Alpha Vinyl). Dopo una quarantina di km Van Aert si rialzava facendosi riprendere dal gruppo maglia gialla. Politt era il primo a scollinare sul GPM della Cote d’Ambialet posta al km 68.9. Erano le squadre dei velocisti, in particolare Team BikeExchange Jayco ed Alpecin Fenix a tirare in testa al gruppo, il quale aveva poco più di 3 minuti di ritardo al km 73. A 65 km dall’arrivo una caduta metteva ko Steven Kruijswijk (Team Jumbo Visma). L’olandese era costretto al ritiro a causa di una sospetta frattura alla clavicola destra. La maglia gialla Vingegaard perdeva in un colpo solo due forti gregari in vista dei Pirenei. La sfortuna tra le fila del Team Jumbo Visma non era finita, visto che dopo qualche km un’altra caduta coinvolgeva Tiesj Benoot e proprio la magli gialla Jonas Vingegaard. Quest’ultimo cambiava bici e rientrava in gruppo dopo un paio di km. A 55 km dall’arrivo, all’inizio della Cote des Cammazes, il vantaggio della coppia di testa era sceso a soli 25 secondi. Honorè si aggiudicava il traguardo volante di Saint-Ferréol posto al km 147, mentre iniziavano a staccarsi alcuni ciclisti, tra cui anche Benoot che probabilmente aveva risentito le botte della precedente caduta. Una volta ripresi Politt ed Honorè, partiva al contrattacco Jonas Rutsch (team EF Education EasyPost). Il tedesco però veniva ripreso subito dal gruppo, dove a tirare erano gli uomini del Team Trek Segafredo. Tra i velocisti staccati si segnalavano Caleb Ewan (Team Lotto Soudal), Fabio Jakobsen (Team Quick Step Alpha Vinyl) e Dylan Groenewegen (Team BikeExchange Jayco). Benjamin Thomas (Team Cofidis) scollinava in prima posizione e continuava l’azione in discesa, trainando con sé Alexis Gougeard (Team B&B Hotels KTM). In testa al gruppo a tirare si vedevano anche uomini del Team DSM e del Team BORA Hansgrohe. Il gruppo Groenewegen riusciva a riprendere la coda del gruppo maglia gialla a circa 25 km dall’arrivo. Nel frattempo il vantaggio di Gougeard e Thomas restava costante intorno ai 25 secondi. Thomas accelerava a circa 4 km dall’arrivo ma veniva ripreso a circa 700 m dall’arrivo. Era la BikeExchange Jayco a tirare la volata per Groenewegen ma incalzava l’Alpecin Fenix con Jasper Philipsen che in un arrivo che tirava leggermente all’insù riusciva a mettere la sua ruota davanti a tutti. In seconda posizione si classificava Wout van Aert (Team Jumbo Visma) mentre terzo era Mads Pedersen (Team Trek Segafredo). Chiudevano la top five Peter Sagan (Team TotalEnergies) in quarta posizione e Danny Van Poppel (Team BORA Hansgrohe) in quinta posizione. Nella top ten si segnalavano l’ottavo posto di Luca Mozzato (Team B&B Hotels KTM) ed il nono posto di Andrea Pasqualon (Team Intermarchè Wanty Gobert) Dopo un terzo ed un secondo posto nella terza e nella quarta tappa, Philipsen ottiene la prima vittoria al Tour 2022. Tutto invariato in classifica generale con Vingegaard davanti a Pogacar e Thomas. Domani il terzo giorno di riposo farà da vigilia alla sedicesima tappa di martedì da Carcassonne a Foix con quattro GPM. I Pirenei iniziano ad essere protagonisti specialmente con le due ultime salite, il Col de Lens ed il Mur de Péguère, quest’ultimo a circa 30 km dall’arrivo. I big di classifica torneranno ad essere protagonisti con lo scontro frontale tra Vingegaard e Pogacar.

Antonio Scarfone

Jasper Philipsen vince a Carcassonne (foto: Anne Christine Poujoulat AFP via  Getty Images)

Jasper Philipsen vince a Carcassonne (foto: Anne Christine Poujoulat AFP via Getty Images)

BUON SANGUE NON MENDE. MATTHEWS VINCE ALLA GRANDE UN’ALTRA TAPPA CON LA FUGA PROTAGONISTA

luglio 16, 2022 by Redazione  
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A Mende un impagabile Michael Matthews (Team BikeExchange Jayco) vince dopo essere andato in fuga, attaccato in prima persona negli ultimi 30 km scremando gli attaccanti ed infine rispondendo all’attacco finale di Alberto Bettiol (Team EF Education EasyPost). No contest tra i big di classifica, Vingegaard resta in giallo

I quasi 193 km della quindicesima tappa da Saint-Etienne a Mende strizzano l’occhio a una nuova fuga, anche se il muro finale dell’arrivo potrebbe anche interessare a qualche big di classifica per racimolare qualche secondo d’abbuono, in caso arrivo nelle prime tre posizioni. Dipende se la fuga di giornata riuscirà ad avvantaggiarsi nel corso della tappa oppure se le squadre degli uomini di classifica terranno chiusa la corsa. Dopo la partenza da Saint Etienne gli attacchi erano subito numerosi ed il gruppo già era molto sfilacciato sulla Cote de Saint-Just-Malmont, primo GPM da scalare dopo 14.2 km. Era Neilson Powless (Team EF Education EasyPost) a scollinare in prima posizione. Anche Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) e Jonas Vingegaard (Team Jumbo Visma) erano molto attivi nelle prime posizioni del gruppo. Sulla Cote de Chataignier, secondo GPM di giornata, si formava una fuga di 23 elementi che comprendeva Simon Geschke (Team Cofidis), Alberto Bettiol, Rigoberto Uran e Neilson Powless (Team EF Education EasyPost), Lennard Kamna, Felix Grossschartner e Patrick Konrad (Team BORA Hansgrohe), Marc Soler (UAE Team Emirates), Daniel Martinez (Team INEOS), Benoit Cosnefroy (Team AG2R Citroen), Gregor Muhlberger (Team Movistar), Thibaut Pinot e Stefan Kung (Team Groupama FDJ), Louis Meintjes (Team Intermarchè Wanty Gobert), Bauke Mollema e Quinn Simmons (Team Trek Segafredo), Jakob Fuglsang, Michael Woods e Krists Neilands (Team Israel Premier Tech) e Franck Bonnamour (Team B&B Hotels KTM), Andreas Kron (Team Lotto Soudal), Luis Leon Sanchez (Team Bahrain Victorious) e Michael Matthews (Team BikeExchange Jayco). Era Simmons a scollinare in prima posizione. Matthews si aggiudicava il traguardo volante di Yssingeaux posto al km 50.7. Dopo 80 km il vantaggio della fuga sul gruppo maglia gialla era di circa 8 minuti e mezzo. Meintjes, ad oltre 15 minuti di ritardo da Vingegaard in classifica generale, era la ‘minaccia’ più grande per la maglia gialla. Geschke era il primo a transitare sul Col de Grandieu posto al km 135.3. Sotto l’impulso di Matthews che attaccava nella successiva discesa, contrattaccavano anche Sanchez, Grossschartner e Kron. I quattro uomini in testa alla corsa avevano una quarantina di secondi di vantaggio sugli ex compagni di fuga ai piedi della Cote de la Fage, penultima asperità di giornata. Era Matthews a scollinare per primo. La lunga discesa verso il muro finale vedeva diminuire il vantaggio dei quattro di testa. Alle loro spalle un primo drappello di inseguitori con Soler, Martinez, Meintjes e Bettiol provava a rientrare sulla testa della corsa. Nel frattempo, a 23 km dall’arrivo, il gruppo maglia gialla era segnalato ad oltre 14 minuti di ritardo. Nel gruppo di testa Kron era fermato da una foratura e doveva dire addio ai sogni di gloria. A 10 km dal termine il terzetto di testa aveva 40 secondi di vantaggio su tredici inseguitori. Matthews, Sanchez e Grossschartner iniziavano a salire l’insidiosa Cote de la Croix Neuve con un vantaggio di 30 secondi sui diretti inseguitori. Matthews restava da soli in testa a 3 km e mezzo dall’arrivo. Sull’australiano rientrava un indiavolato Bettiol a meno di 3 km dall’arrivo. Il toscano provava l’allungo a circa 1 km dallo scollinamento. Ma Matthews restava attaccato alla ruota dell’italiano ed anzi era capace di contrattaccare e di scollinare in prima posizione con circa 5 secondi di vantaggio su Bettiol. Matthews andava a vincere sul traguardo di Mende con 14 secondi di vantaggio su Bettiol e 34 secondi di vantaggio su Pinot. Chiudevano la top five Soler in quarta posizione a 50 secondi di ritardo e Konrad in quinta posizione a 58 secondi di ritardo. Il gruppo maglia gialla era regolato da Tadej Pogacat (UAE Team Emirates) che arrivava a 12 minuti e 34 secondi di ritardo e precedeva proprio Vingegaard, che riusciva a restare costantemente alla ruota dello sloveno. Vingegaard conserva la maglia gialla con 2 minuti e 22 secondi di vantaggio su Pogacar mentre Geraint Thomas (Team INEOS) è terzo a 2 minuti e 43 secondi di ritardo. Domani è in programma la quindicesima tappa da Rodez a Carcassonne di oltre 202 km. La Cote d’Ambialet e la Cote des Cammazes, quest’ultima ad una cinquantina di km dall’arrivo, sono le due uniche asperità di una tappa che potrebbe arridere ai velocisti, sempre che la fuga di giornata venga tenuta sotto controllo.

Antonio Scarfone

Matthews in azione sulla salita di Mende (Getty Images)

Matthews in azione sulla salita di Mende (Getty Images)

PEDERSEN PROLUNGA LA FESTA DANESE A SAINT-ÉTIENNE, VINGEGAARD RESTA IN GIALLO

luglio 15, 2022 by Redazione  
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E’ ancora una volta la fuga a calamitare le attenzioni della tredicesima tappa da Le Bourg d’Oisans a Saint-Etienne. Dopo attacchi e contrattacchi anche tra i fuggitivi, per scremare sempre di più la testa della corsa, Mads Pedersen (Team Trek Segafredo) vince in una volata a tre davanti a Fred Wright (Team Bahrain Victorious) ed Hugo Houle (Team Israel Premier Tech). Jonas Vingegaard (Team Jumbo Visma) conserva agevolmente la maglia gialla.

Il Tour si lascia alle spalle le Alpi e punta i Pirenei attraversando il Massiccio Centrale con alcune tappe nervose, ricche di mangia e bevi ma non completamente montagnose. La tredicesima tappa da Le Bourg d’Oisans a Saint-Etienne è lunga oltre 193 km e presenta tre GPM di cui due di terza ed uno di seconda categoria. Pianura ce n’è oggettivamente poca quindi ci aspettiamo che la fuga di ciclisti fuori classifica abbia la meglio per la vittoria parziale. Anche i velocisti hanno qualche minima possibilità di successo ma devono passare indenni i numerosi saliscendi contenuti nella tappa. Dopo i due terribili tapponi alpini di ieri e di l’altro ieri prevediamo comunque un rilassamento tra i big di classifica. Il primo tentativo di fuga concreto dopo la partenza da Le Bourg d’Oisans si concretizzava grazie all’azione di Filippo Ganna (Team INEOS), STefan Kung (Team Groupama FDJ) e Matteo Jorgenson (Team Movistar). Era Ganna a scollinare in prima posizione sul primo GPM della Cote de Briè posto al km 30.4. Dopo una cinquantina di km ai tre di testa si univano Mads Pedersen e Quinn Simmons (Team Trek Segafredo), Fred Wright (Team Bahrain Victorious) ed Hugo Houle (Team Israel Premier Tech). Si formava così una fuga di sette uomini che aveva un minuto circa di vantaggio sul gruppo maglia gialla dopo una cinquantina di km. La fuga iniziava l’ascesa del Col de Parménie, secondo GPM di giornata posto al km 79.2, con quasi 2 minuti di vantaggio sul gruppo maglia gialla, che ancora non aveva lasciato andar via i fuggitivi. Era Pedersen a scollinare per primo. A 100 km dall’arrivo la fuga aveva 1 minuto e 46 secondi di vantaggio sul gruppo tirato dal Team Lotto Soudal e dal Team Alpecin Fenix. Pedersen si aggiudicava il traguardo volante de La Côte-Saint-André posto al km 101.4. Una caduta coinvolgeva a 72 km dall’arrivo Caleb Ewan ed Andreas Kron. I problemi per l’australiano, mai capace fino adesso di disputare una volata decente, si manifestavano sul successivo GPM della Côte de Saint-Romain-en-Gal, visto che si staccava dal gruppo maglia gialla. Chi invece provava a resistere in coda al gruppo era Fabio Jakobsen (Team Quick Step Alpha Vinyl). Pedersen scollinava in prima posizione sulla Côte de Saint-Romain-en-Gal, posta al km 148.6. Mancavano poco più di 40 km all’arrivo e le maggiori asperità altimetriche della tappa erano finite. Si vedeva in testa al gruppo a tirare anche il Team BikeExchange Jayco, con la doppia possibilità per l’eventuale volata offerta dalla coppia Matthews-Groenewegen. In testa alla corsa si era staccato Simmons, perciò i fuggitivi erano rimasti in sei. Con tre passistoni come Pedersen, Kung e Ganna il gruppo maglia gialla doveva accelerare il ritmo negli ultimi 40 km. Nonostante gli sforzi del Team BikeExchange Jayco, la fuga manteneva oltre 2 minuti di vantaggio a 18 km dall’arrivo. Il vincitore di tappa si sarebbe deciso tra i sei uomini di testa. A circa 13 km dall’arrivo, Pedersen, Houle e Wright staccavano con successo Ganna, Kung e Jorgenson. Nella volata a tre Pedersen aveva la meglio su Wright e Houle. Quarto si piazzava Kung a 30 secondi di ritardo mentre Jorgenson chiudeva in quinta posizione davanti a Ganna. Wout van Aert (Team Jumbo Visma) regolava il gruppo maglia gialla a 5 minuti e 45 secondi di ritardo da Pedersen. L’ex campione del mondo ottiene la settimana vittoria stagionale, sicuramente la più prestigiosa. In classifica generale Jonas Vingegaard (Team Jumbo Vista) conserva la maglia gialla davanti a Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) e Geraint Thomas (Team INEOS). Domani è in programma la quattordicesima tappa da Saint-Etienne a Mende, di oltre 192 km. Sono cinque i GPM da scalare, di cui quattro di terza ed uno, l’ultimo, di seconda categoria. La Cote de la Croix Neuve, che coincide col traguardo, è un muro vero e proprio di 3 km ad oltre il 10% di pendenza media. La fuga avrà le sue chances di giocarsi la vittoria di tappa, ma i big di classifica dovranno tenere gli occhi ben aperti.

Antonio Scarfone

Mads Pedersen vince a Saint-Etienne (foto: Anne Christine Poujoulat AFP via Getty Images)

Mads Pedersen vince a Saint-Etienne (foto: Anne Christine Poujoulat AFP via Getty Images)

TOM PIDCOCK CONQUISTA L’ALPE D’HUEZ, VINGEGAARD IN CONTROLLO SUGLI ATTACCHI DI POGACAR.

luglio 14, 2022 by Redazione  
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Grazie alla fuga di giornata Tom Pidcock una volta solo al comando della corsa va ad imporsi nella tappa più prestigiosa del Tour 2022 alzando le braccia al cielo dell’Alpe d’Huez sbarazzandosi della compagnia di Louis Meitjes arrivato secondo ed un redivivo Chris Froome, terzo al traguardo, che torna sul podio di un grande giro Tadej Pogacar attacca la maglia gialla ma senza esito, infatti Jonas Vingegard non cede terreno ed il distacco tra i due resta invariato, lo sloveno conquista il secondo posto della classifica generale a discapito di Romain Bardet attardato all’arrivo, che viene sopravanzato anche da Geraint Thomas.

Il secondo tappone alpino, dopo quello di ieri che ha decretato la crisi di Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) a vantaggio di Jonas Vingegaard (Team Jumbo Visma), nuova maglia gialla, vede tre GPM hors categorie a testimonianza della durezza del percorso. Si scaleranno infatti Col du Galibier, Col de la Croix de Fer e Alpe D’Huez. Vedremo se la crisi di Pogacar è stata soltanto temporanea e se lo sloveno riuscirà a recuperare gli oltre 2 minuti di ritardo che lo separano da Vingegaard, ora come ora favorito principale pel la vittoria del Tour 2022. Dopo la partenza da Briancon si saliva subito verso il Col Du Galibier, primo GPM di giornata, ed il gruppo iniziava subito a sfilacciarsi tra attaccanti pronti a scatenare la fuga, uomini di classifica raggruppati a tenere gli occhi aperti sui diretti avversari e gruppetto dei velocisti che già arrancavano nelle retrovie. Il primo attacco in testa alla corsa si concretizzava grazie all’azione di sei ciclisti: Nelson Oliveira (Team Movistar), Anthony Perez (Team Cofidis), Kobe Goossens (Team Intermarchè Wanty Gobert), Neilson Powless (Team EF Education EasyPost), Matis Louvel (Team Arkea Samsic) e Sebastian Schonberger (Team B&B Hotels KTM). Goossens vinceva il traguardo intermedio di Le Monetier-les-Bains posto al km 11.8. Giulio Ciccone (Team Trek Segafredo) e Louis Meintjes (Team Intermarchè Wanty Gobert) contrattaccavano durante la lunga scalata del Galibier e rientravano sui fuggitivi prima dello scollinamento. Era Perez a scollinare in prima posizione mentre il gruppo maglia gialla era segnalato già ad oltre 4 minuti di ritardo. Nella discesa si riportavano sui fuggitivi, grazie ad un nuovo attacco combinato, Thomas Pidcock (Team INEOS) e Chris Froome (Team Israel Premier Tech). Di contro, Louvel si faceva riprendere dal gruppo. Sul successivo Col de la Croix de Fer la fuga aumentava il vantaggio sul gruppo maglia gialla, in cui nelle prime posizioni il Team Jumbo Visma si limitava a controllare la situazione. Era Ciccone a scollinare in prima posizione. Il gruppo dei fuggitivi si era spezzato in diversi tronconi e la discesa dal Col de la Croix de Fer aumentava il divario. In testa alla corsa ad una cinquantina di km dall’arrivo erano presenti Pidcock, Meintjes, Ciccone, Powless e Froome. I cinque di testa iniziavano la scalata dell’Alpe d’Huez con circa 6 minuti di vantaggio sul gruppo maglia gialla e Pidcock aveva la ghiotta opportunità, giunti a questo punto, di scalare qualche posizione in classifica generale. Il Team Jumbo Visma aumentava l’andatura e tra i primi a farne le spese erano Thibaut Pinot (Team Groupama FDJ), ormai lontano parente del ciclista che fu ed Alksandr Vlasov (Team BORA Hansgrohe), la cui caduta nelle tappe precedenti aveva ormai compromesso il suo Tour de France. Nei successivi km anche Nairo Quintana (Team Arkea Samsic) e David Gaudu (Team Groupama FDJ) rimbalzavano nelle retrovie. A 5 km dall’arrivo Pidcock si involava tutto solo per la vittoria personale, la prima al Tour de France, avendo oltre 20 secondi su Meintjes, il primo inseguitore. Nel frattempo nel gruppo maglia gialla, sempre più ridotto, anche Enric Mas (Team Movistar), Romain Bardet (Team DSM) ed Adam Yates (Team INEOS) perdevano posizioni alle spalle di Jonas Vingegaard (Team Jumbo Visma), Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) e Geraint Thomas (Team INEOS). Pidcock trionfava a braccia alzate sul traguardo de l’Alpe d’Huez. In seconda posizione Meintjes si piazzava a 48 secondi di ritardo dal britannico, mentre chiudeva il podio Froome a 2 minuti e 6 secondi di ritardo da Pidcock. La top five era completata da Powless in quarta posizione a 2 minuti e 29 secondi di ritardo da Pidcock mentre la quinta posizione se la prendeva Tadej Pogacar davanti a Vingegaard e Thomas, tutti e tre a 3 minuti e 23 secondi di ritardo da Pidcock. Nelle zone alte della classifica generale Vingegaard conserva la maglia gialla con 2 minuti e 22 secondi di vantaggio su Pogacar e 2 minuti e 26 secondi di vantaggio su Thomas, mentre Bardet perde due posizioni ed adesso è quarto. Domani è in programma la tredicesima tappa da Le Bourg d’Oisans a Saint-Etienne per un totale di 193 km. I ciclisti dovranno affrontare tre GPM, due di terza ed uno di seconda categoria, ma sono presenti diversi saliscendi, soprattutto nella seconda parte della tappa. Dopo le fatiche delle due tappe alpine di ieri e di oggi, è molto probabile che una fuga di ciclisti fuori classifica si giocherà la vittoria di tappa.

Antonio Scarfone

Thomas Pidcock vince sullAlpe dHuez (foto: Thomas Samson AFP via Getty Image)s

Thomas Pidcock vince sull'Alpe d'Huez (foto: Thomas Samson AFP via Getty Image)s

VINGEGAARD THE KINGSLAYER: POGI DOMINA UNA LOTTA EPICA, POI CROLLA

luglio 13, 2022 by Redazione  
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Granon 2022, una tappa per la Storia. Il sogno di ogni spettatore, botte da orbi su salite da leggenda come Telegraphe e Galibier, già dal terz’ultimo Gpm, a decine di km dal traguardo. I migliori faccia a faccia, ma anche tattiche a iosa. L’eroe solitario accerchiato, e la caduta dell’invulnerabile.

Il ciclismo è uno sport violento. A qualcuno fa brutto, coi tempi che corrono, lèggere metafore belliche (quelle metafore che si sono sempre impiegate quando erano in corso – sostanzialmente tutto il tempo – guerre magari meno mediatiche e meno mediate). Ma i corridori arrivando uno a uno disfatti in cima ai 2.400 metri di altitudine del Granon sembrano reduci che sfilano spersi dopo la battaglia, anche quelli che pur non avendo vinto escono vincitori dalla giornata, come Bardet, che lascia cadere la bici su un prato stempiato e si accascia, resta seduto a terra a fissare il vuoto degli abissi alpini. Sono reduci da uno scontro titanico se mai ve ne furono, Iliade e film giapponese. Pogacar contro il mondo, Pogacar assalito da tutti i lati dallo sciame giallonero al gran completo, Pogacar in controllo che piroetta da uno scatto al successivo, Pogacar che mette tutti fuori gioco, Pogacar che sfodera un ghigno di simpatia alla vigilia del Granon, Pogacar che ritrova un Majka sbucato di tra i caduti a rimettere in fila il gruppo, a liquidare tutti i Jumbo-Visma, a lasciare il campo sgombro se non di fantasmi del passato, razziatori e bucanieri. E proprio quando mancano quindici minuti di strada da triturare, Vingegaard scocca se stesso come un dardo e Pogacar crolla, diventa petreo in volto e nei pedali, e sembra scivolare all’indietro sul nastro di asfalto invece che avanzare. Sprofonda di tre minuti in nemmeno cinque chilometri. Il Tour è finito, comincia il Tour.
Della fuga che parte dopo quell’oretta filante a 50 km/h di media che ben conosciamo dai tempi del Giro, segnaliamo giusto alcuni pochi nomi. Barguil, perché dalla testa della fuga si involerà solo a 50 km dalla fine, in pieno Galibier, in una sua storia parallela, aliena agli uragani alle sue spalle – sempre solo, sempre in testa – fino a che a una manciata di km dalla meta, già ritorto dai crampi, la tormenta agonistica, i fulmini sprigionati dallo scontro fra Vingegaard e Pogacar, lo investono e travolgono. Geschke perché fa il suo supportato da Izagirre per tenere la maglia a pois ancora un altro giorno. Van der Poel perché fa coppia con Van Aert dal km zero in un attacco che promette un buon giorno – per i corvi – fin dal primo raggio di sole del mattino (diciamo così anche se è quasi mezzogiorno!). E Mathieu finirà metaforicamente – metaforicamente! – in pasto ai corvi, arenato fra i ghiaioni del Galibier. Ritirato, finisce qui il suo Tour. Van Aert perché unitosi presto a Laporte inaugura una giornata in cui i Jumbo scatenano l’inferno. Non è bello per nessuno avere Van Aert davanti a “far da ponte”, però Van Aert oggi non “farà da ponte”, farà da elicottero, da cavalcata delle Valchirie vivente, correndo avanti e indietro per il percorso a proprio piacimento. Pare una di quelle sgambate fra amici a cui si aggrega qualcuno molto più in forma degli altri, che a proprio piacimento come fosse una motocronaca raggiunge i primi, poi torna a incoraggiare gli staccati, si riporta sui primi, tira sempre in piano… Ecco oggi Wout è uguale uguale. Una superiorità quasi insultante per il resto del gruppo, visto che “ehi ragazzi, qui siamo tutti professionisti!”. E poi condisce il tutto regalando la maglia verde a un fan che gli presta una pompa a bordo strada. Versione divinità omerica, solca il campo di battaglia rovesciandone le sorti, ma non si nega al cameratismo o all’avventura coi comuni mortali.
I primi boati si odono sul Telegraphe, “Benoot Benoooot” rumoreggiano le valli, sono le cannonate che provano a lanciare prima Roglic poi Vingegaard, con Pogacar incastrato nella doppia marcatura. Sono salve di avvertimento, perché i primi colpi secchi partono proprio nello spazio interstiziale, né salita né discesa, quasi boscaglia o palude metaforica, fra Telegraphe e Galibier. Roglic stavolta va via secchissimo e in niente parliamo di soli cinque atleti in testa: tre sono Jumbo, i due capitani con Laporte testa di ponte attivata con tempismo perfetto; poi c’è Geraint Thomas a far onore al proprio dorato passato di “inseguitore”; e poi, per forza, c’è Pogacar. Enric Mas ci aveva anche provato, ma la sparata lo fa scoppiare a livelli tali che passerà il resto della tappa in affanno ad inseguire (per la cronaca, arriva al traguardo con otto minuti di distacco, e ciò nonostante è in top ten della generale, giusto per capire il livello di devastazione a tappeto).
Roglic e Vingegaard mettono letteralmente in mezzo Pogacar e iniziano a martellarlo ai fianchi, o meglio, ai fianchi, in faccia, alle tempie, uno scatto, due, tre, sempre con veemenza, tant’è che il gruppo già disgregato nemmeno si avvicina. E Pogacar c’è sempre, come uno spadaccino che salta sui bambù, chiude di qua, schiva di là, controlla la gragnuola di colpi, a tratti ribatte, e quando ribatte si fa subito il vuoto, solo lui e Vingegaard sospesi sul filo di asfalto bollente anche in quota, quasi 30 gradi, sotto il sole senz’ombra e senza ossigeno di chi sale verso i duemila e ben oltre. Ci sono momenti di respiro, a tratti, come quando un eroico Marc Soler gregario d’eccezione di Pogacar riesce miracolosamente a rientrare, nonostante i Jumbo facciano del tutto per renderglielo impossibile. E quando Soler rientra, si fa ordine, si scandisce un passo, si tirano le fila, c’è chi da dietro rientra (piccoli piccoli come figurine di un plastico i trenini Movistar per Mas e FDJ per Gaudu che cercano di ridurre i danni). Fra gli altri il più in palla sembra Quintana, ma poi s’incaglia, per riprendersi poi in altura; e anche Bardet se la cava niente male. Si avvicinano gli inglesini Yates e Pidcock a consolidare la presenza INEOS, accorrono altri gregari Jumbo come Krujiswjik e Kuss a rinfocolare il senso di assedio, c’è pure un sorprendente Lutsenko… Ma non c’è niente da fare, il leit motiv è sempre lo scontro all’arma bianca fra Pogacar e i Jumbo. A 7 km dallo scollinamento torna a martellare Roglic, e poi Vingegaard, e poi Roglic al quinto scatto solo sul Galibier, quinto e ultimo perché poi Pogacar si scoccia, apre gas, e scrolla dal gruppetto ormai minimale il suo connazionale. Passano i km, e appena Pogacar fa un po’ di ritmo restano solo in due, lui e Vingegaard. Ma Vingegaard ha fatto la metà degli scatti, i suoi sono stati ben spartiti con Roglic (anche se bisogna pur sempre rientrare, ma per terzo, e sulla ruota altrui) – e non ha certo speso energie facendo il ritmo in testa solo. Pogacar però non demorde né si lascia intimorire. Controlla la situazione. Quando arriva in cima al Galibier, il resto del mondo è sottomesso. Si può lasciarli rientrare. Gran traffico di gregari nella lunga discesa e nei falsipiani, rientri, Van Aert che come detto aspetta che ti aspetta per andare a ripescare… Roglic!… e riportarlo sotto. Attenzione tuttavia a questa fase: in tanti mangiano e bevono, hanno supporto o sono tranquilli – Pogacar non ha supporto, e anzi è sottoposto a continue piccole punzecchiature, un buco di qua, un allunghino di là, in modo da mantenerlo sotto pressione. Oltre all’enorme fatica accumulata prima, qui scatta probabilmente un deficit di rifornimento. La catena delle vettovaglie che decide dove finisca l’infinita cavalcata di Alessandro Magno.
In una ventina di atleti scarsa si arriva ai piedi del Granon, colosso di 11 km tutti al 9-10%, per oltre un terzo over quota 2.000. Il Tour lo scalo una sola volta, nel 1986, e marcò il tramonto di Hinault, in crisi e a tre minuti dal compagno Lemond.
Prima mossa, va subito solo Quintana, alza il ritmo e poco a poco dilata il margine. Dieci km in solitaria, lo riprenderà e passerà il solo Vingegaard. Da bravo sciamano levita sul percorso come un ghost di Strava o come un fantasma di altri tempi fra i fenomeni del presente. Gran momento televisivo per l’Arkea con Barguil per qualche km in testa alla gara e Quintana un minuto davanti al gruppo dei migliori.
Dietro fra i revenant c’è Majka. Adesso scoppia, pensano tutti, il gruppetto poi è infarcito di gregari Jumbo. E invece Majka impone la sua marcia marziale, senza sussulti, senza sparate, e piano piano piano dall’albero cascano come frutti maturi quasi tutti i rivali, e in particolare tutti i Jumbo. Siamo giunti alla polarità opposta della storia. Pogacar in controllo con il luogotenente più fidato a mantener pulita la piazza, Vingegaard isolato. Disfatta Jumbo. Sparata ogni munizione disponibile, ma il supereroe le ha evitate tutte quante. E ora è lui in posizione di tiro.
La svolta, come sempre quasi impercettibile, quasi casuale, è un allungo di Bardet. Majka cede, e Pogacar non insegue. Ma Bardet in classifica è più vicino di Quintana, e la mossa è già a distanza ragionevole dalla fine 4-5 km, non i 10 dello scriteriato e serioso colombiano. Perché Pogacar non reagisce? È un istante, la polvere si accende, e Vingegaard scatta come un lampo, si scatena, prende il largo, vola via. Il suo passo è sconvolgente, un wattaggio mai visto a queste quote in cui l’ossigeno scarseggia e dunque pone un limite anche ai motori più potenti. Però oltre al numero di Vingegaard c’è la crisi nera di Pogacar. Piantato secco. Uno a uno, poco a poco, gli si affiancano e lo sorpassano quasi in processione pressoché tutti i rivali per una potenziale classifica generale finale. Bardet e Quintana sono già davanti, e dunque ecco Thomas, e poi Gaudu ricomparso da chissà dove, e Adam Yates che pure vagava fra gli zombie del Galibier, poco dietro arriva Lutsenko, più attardati Vlasov e Mas inframmezzati ai fuggitivi della prima ora. Pidcock invece arriva a 10 minuti, Roglic a 11… uno al km sul tremendo Granon. Salendo a 14 km/h di media dove Vingegaard sfiorava e sforava i 20.
Vingegaard ora è in giallo, con un paio di minuti (o tre) su Bardet, Pogacar, Thomas, Quintana, Yates, Gaudu. I magnifici sette, con Pogacar precipitato fra i comuni mortali. Il resto del mondo è minuti dietro. Che cos’è capitato all’invulnerabile sloveno? Covid? Crisi di fame? Eccesso di scatti? Chissà se mai lo scopriremo. Intanto domani si torna a scalare il Galibier, poi la Croix de Fer e gran finale l’Alpe d’Huez. Domani. L’Alpe d’Huez!

Gabriele Bugada

Vingegaard allattacco sulle dure rampe del Col du Granon (Getty Images)

Vingegaard all'attacco sulle dure rampe del Col du Granon (Getty Images)

MAGNUS, IL GUSTO DELLA FUGA. VITTORIA DEL DANESE, POGACAR RESTA IN GIALLO

luglio 12, 2022 by Redazione  
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Una maxifuga dopo il secondo giorno di riposo accende la decima tappa ‘pre – alpina’ del Tour 2022. E’ Magnus Cort Nielsen (Team EF Education EasyPost), validissimo uomo da fughe, ad avere la meglio sul nutrito gruppo di fuggitivi ed a battere in una volata ristretta Nick Scultz (Team BikeExchange Jayco). Tades Pogacar (UAE Team Emirates) conserva la maglia gialla ed è pronto a fare faville nei due consecutivi tapponi alpini di mercoledì e giovedì.

Dopo il secondo giorno di riposo, il Tour riparte con la decima tappa da Morzine a Megève. Sarà pure una tappa alpina ma la distanza di soli 148 km e i quattro GPM inseriti nel percorso, di cui due di quarta categoria, uno di terza ed uno di seconda non sembrano tali da fare sconquassi in classifica generale. La salita finale verso Megève è lunga quasi 20 km ma la pendenza media del 4% la rende più simile ad un lungo falsopiano. Insomma si poteva fare di più per una tappa che anticipa quella del Col du Granon e dell’Alpe d’Huez ma che sulla carta non dovrebbe aggiungere o togliere molto alla classifica generale. La fuga avrà perciò le sue buone chances di successo, come già accaduto nella tappa di domenica. Da Morzine no ripartivano, causa Covid o altre patologie, Alexis Vuillermoz (Team TotalEnergies), George Bennett (UAE Team Emirates), Ben O’Connor (Team AG2R Citroen) e Luke Durbridge (Team BikeExchange Jayco). I primi attacchi concreti per portare via la fuga di giornata iniziavano sulla Cote de Chevenoz, primo GPM di tappa, posto al km 24. Benoit Cosnefroy (Team AG2R Citroen) ed Alberto Bettiol (Team EF Education EasyPost) ci provavano, riuscendo a mettere tra loro ed il gruppo maglia gialla una quindicina di secondi di vantaggio. Il gruppo però reagiva ed annullava questo primo tentativo di fuga. Pierre Latour (Team TotalEnergies) era il primo a scollinare. Nella discesa che portava ai piedi del Col de Jambaz, seconda asperità di tappa, provava l’azione solitaria Alexis Gougeard (Team B&B Hotels KTM). Il francese riusciva ad accumulare oltre 20 secondi di vantaggio al km 35. Una volta esaurita l’azione di Gougeard, dopo una decisa accelerazione del gruppo che lo riprendeva sulle prime rampe verso il Col de Jambaz, ci riprovavano in quattro, ovvero Philippe Gilbert (Team Lotto Soudal), Luis Leon Sanchez (Team Bahrain Victorious), Pierre Rolland (Team B&B Hotels KTM) e Dylan Van Baarle (Team INEOS). Il quartetto di testa aveva una ventina di secondi di vantaggio lungo il falsopiano che precedeva l’ascesa vera e propria di questo secondo GPM. Ai quattro di testa si univano in ventuno, ovvero Lennard Kamna (Team BORA Hansgrohe), Christophe Laporte (Team Jumbo Visma), Filippo Ganna (Team INEOS), Matteo Jorgenson (Team Movistar), Ion Izagirre e Benjamin Thomas (Team Cofidis), Fred Wright (Team Bahrain Victorious), Kristian Sbaragli (Team Alpecin Fenix), Andreas Leknessund (Team DSM), Georg Zimmermann (Team Intermarchè Wanty Gobert), Simone Velasco (Team Astana Qazaqstan), Alberto Bettiol e Magnus Cort Nielsen (Team EF Education EasyPost), Hugo Hofstetter e Connor Swift (Team Arkea Samsic), Mads Pedersen e Quinn Simmons (Team Trek Segafredo), Edvald Boasson Hagen (Team TotalEnergies), Simon Clarke (Team Israel Premier Tech), Jack Bauer e Nick Schultz (Team BikeExchange Jayco). Rolland era il primo a scollinare sul Col de Jambaz posto al km 69.3. Il gruppo era segnalato ad oltre 3 minuti di ritardo ed per la maglia rosa il ciclista della fuga più ‘minaccioso’ era Kamna, a quasi 9 minuti di ritardo da Pogacar. Sulla successiva Cote de Chatillon-sur-Cluses era Rolland a scollinare per primo. Il gruppo maglia gialla lasciava fare e manteneva un ritmo molto blando, per cui Kamna iniziava a intravedere la possibilità di vestire la maglia gialla al termine della tappa. Bettiol si aggiudicava il traguardo intermedio di Passy posto al km 123.9. Sull’ultima irregolare salita che portava all’arrivo i fuggitivi iniziavano a scattarsi in faccia ed i più attivi nei km finali erano Cort Nielsen, Schultz, Sanchez, Kamna, Jorgenson e Van Baarle. Erano Cort Nielsen e Schultz ad avvantaggiarsi di quel tanto per giocarsi la vittoria in una volata a due. A prevalere era Cort Nielsen che riusciva per questioni di centimetri a mettere la sua ruota davanti a quella di Schultz. Terzo si classificava Sanchez a 7 secondi di ritardo, mentre chiudevano la top five Matteo Jorgenson in quarta posizione e Dylan Van Baarle in quinta posizione, con un ritardo rispettivamente di 8 e 10 secondi da Cort Nielsen. Velasco, primo degli italiani in fuga, era soltanto dodicesimo. Il gruppo maglia gialla veniva regolato da Pogacar a 8 minuti e 54 secondi di ritardo da Cort Nielsen. Il danese, ormai a tutti gli effetti un finisseur cacciatore di tappe, ottiene la sua seconda vittoria in carriera al Tour de France, dopo quella ottenuta nel 2018 a Carcassonne. In classifica generale Pogacar mantiene la maglia gialla per soli 11 secondi rispetto a Kamna. Domani si fa sul serio, con il primo dei due tapponi alpini da Albertville al Col du Granon. La scalata finale, hors categorie, è preceduta da altri tre GPM, in un crescendo di difficoltà: Lacets de Montvernier (2° categoria), Col du Telegraphe (prima categoria) e Col du Galibier (hors categorie). Tutti aspettiamo l’attacco di Pogacar, che già sul Col du Telegraphe potrebbe animare la corsa. La fuga ha certamente le sue chances di successo, ma anche ai big di classifica farà sicuramente gola vincere la tappa del Telegraphe, del Galibier e del Granon.

Giuseppe Scarfone

Magnus Cort Nielsen vince a Megève (foto: Getty Images)

Magnus Cort Nielsen vince a Megève (foto: Getty Images)

JUNGELS BUSSA ALLE PORTE DEL SOLE

luglio 10, 2022 by Redazione  
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Bob Jungels ha vinto la nona tappa del Tour de France, partecipando ad una fuga ed attaccando poi in solitaria a 60 Km dall’arrivo. Nel finale, il lussemburghese resiste al disperato tentativo di rientro di Thibaut Pinot, che sembrava sul punto di chiudere il gap. Sprint tra i big, con Pogacar e Vingegaard che creano anche un buco di tre secondi sugli altri uomini in lotta per la classifica generale.

Primo assaggio di montagne al Tour de France, con tre GPM oltre i 1000 metri di altitudine. La salite che presentava il percorso della tappa di oggi non erano certo impossibili e quindi ci si aspettava una fuga da lontano, con i big abbastanza coperti ed in controllo fino agli ultimi chilometri.
In effetti, le cose sono andate in questo modo, anche se Tadej Pogacar è stato costretto comunque a far lavorare duro la squadra per via della presenza in fuga di tale Rigoberto Urán che, ad un certo punto, è andato a vestire virtualmente il vessillo del primato.
Il capitano della EF, tuttavia, quando si sono aperte le vere ostilità per la vittoria di tappa si è ritrovato senza energie ed è stato ripreso e staccato, uscendo di classifica.
Gli uomini di classifica hanno a quel punto tirato i remi in barca, lasciando la lotta per la tappa agli uomini della fuga iniziale, che erano riusciti a resistere all’inseguimento del gruppo. Negli ultimissimi metri, Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard sono andati a sprintare, aprendo un buco di tre secondi su tutti gli altri big.
In realtà, il ritmo del gruppo maglia gialla ha fatto soffrire anche uomini importanti come Pidcock e Vlasov, mentre hanno retto bene la coppia britannica della Ineos Thomas e Yates, i due francesi Bardet e Gaudu e anche il nostro Damiano Caruso, come pure Quintana, Mas e Roglic.
Sin dalle prime fasi di gara ci sono numerosi tentativi di attacco, ma le altissime velocità rendono difficile l’evasione. L’unico tentativo di una certa consistenza appare quello di Mads Pedersen, ma il danese è da solo e la sua iniziativa non ha successo.
Da segnalare, in queste prime fasi, la difficoltà di Ben O’Connor che, dopo il quarto posto dello scorso anno e il recente podio al Delfinato, non sembra in condizioni di lottare per la generale.
Dopo il primo GPM si forma finalmente una fuga con il citato Urán, Jonathan Castroviejo, Patrick Konrad, Carlos Verona, Simon Geschke, Kobe Goossens, Joseph Dombrowski, Urán, Warren Barguil, Jasper Stuyven, Guy Niv, Hugo Houle, Franck Bonnamour. A questi uomini, si uniscono ben presto anche Wout van Aert, Benoît Cosnefroy, Ion Izagirre, Bob Jungels, Thibaut Pinot, Pierre Latour, Luis León Sánchez, Brandon McNulty e Nils Politt.
La presenza di Urán, a poco più di tre minuti da Pogacar in classifica, costringe la maglia gialla a mettere al lavoro la squadra per tenere sotto controllo il distacco.
Il realtà la fuga arriverà ad avere un vantaggio tale da mandare Urán virtualmente in maglia gialla, anche se per pochi minuti.
Ai piedi della prima salita di giornata over 1000, il distacco è superiore ai 3 minuti.
Le ostilità tra i fuggitivi si aprono sulla salita più dura di giornata, quella che conduce al Col de la Croix che, sebbene misuri poco più della metà del chilometraggio dell’ultimo GPM, presenta pendenze più severe.
Dopo qualche breve scaramuccia, Jungels che, pur non essendo un provetto scalatore, prova l’affondo riuscendo a staccare tutti ad eccezione di Geschke, che passa primo al GPM e riuscirà a indossare la maglia a pois per un solo punto di vantaggio su Jungels.
Dietro restano solo Urán, Sánchez, Barguil, Konrad, Mcnulty, Pinot, Houle, van Aert, Izagirre, Goossens, Verona e Castroviejo, mentre il gruppo recupera terreno e si porta a circa 2 minuti mezzo.
In discesa, cade Geschke senza riportare conseguenze, se non quella di lasciare Jungels solo in testa alla corsa. Gli inseguitori non hanno accordo o comunque non fanno velocità e lasciano prendere al battistrada un enorme vantaggio.
Jungels è un grande passista e nel tratto pianeggiante tra il Col de la Croix e il Pas de Morgins incrementa di molto il gap. Tuttavia un corridore solo per quanto forte non può fare più velocità di un gruppo organizzato in pianura. La verità è che il gruppo degli inseguitori non è affatto organizzato e perde, infatti, molti secondi anche nei confronti del gruppo maglia gialla, dal quale Daniel Martinez perde definitivamente contatto e nel quale Aleksandr Vlasov è in grande difficoltà.
Nei primi chilometri della salita finale è Pinot a sferrare un grande attacco. Lo scalatore francese, che ha deciso di lasciar perdere la generale e di puntare alle tappa, vuole riscattare le disavventure patite ieri e parte deciso al contrattacco, riuscendo a recuperare su Jungels fino ad arrivare a 21 secondi dal battistrada, praticamente al contatto visivo, mentre dietro gli altri vengono riassorbiti ad eccezione di Castroviejo e Verona, che restano a loro volta ad una ventina di secondi da Pinot.
Dopo il GPM il canovaccio cambia con Pinot che non riesce a più a guadagnare, non essendo mai stato un grande discesista, mentre Jungels sembra cavarsela abbastanza. Negli ultimi 4 Km di salita la situazione non cambia con Jungels che, vedendo avvicinarsi il traguardo, trova energie che sembrava non avere più incrementa il vantaggio su Pinot che, ormai scoraggiato, viene raggiunto e staccato anche da Castroviejo e Verona, che giungono rispettivamente secondo e terzo.
Il gruppo recupera parecchio nel finale e, proprio a pochi metri dal traguardo, Pogacar accelera per raggranellare qualche secondo, ma Vingegaard non molla un metro e i due arrivano insieme, creando un buco di tre secondi sugli altri.
La tappa è stata sostanzialmente tranquilla per i big, anche se molti hanno patito gravi difficoltà come O’Connor, che dall’inizio ha mostrato gravi problemi, e Martinez che ha perso un quarto d’ora. Anche Vlasov ha mostrato difficoltà, tuttavia gli altri non si sono dati troppa battaglia.
Jungels merita davvero la lode, non è uno scalatore ma ha sfruttato le sue grandi doti sul passo per portare a buon fine un attacco partito a 60 Km dalla conclusione. Anche se la caduta di Geschke e l’esitazione di contrattaccanti hanno certamente favorito il lussemburghese, va anche detto che, quando a 10 Km dall’arrivo Pinot si trovava a 21 secondi, il destino del buon Jungels sembrava segnato. Il vincitore della tappa, però, si è gestito benissimo tirando fuori energie dagli angoli più reconditi del suo fisico.
Pinot si è prodigato in una ottima scalata al Pas de Morgins, da scalatore puro, recuperando gran parte del gap ma gli è mancato il finale, buona comunque la prova che ha dato in salita. Probabilmente anche l’aver lasciato un così ampio margine a Jungels nel tratto pianeggiante ha impedito al francese di riuscire a portare a termine positivamente l’impresa.
Buone anche le prove di Castroviejo e Verona che, con la regolarità, sono riusciti a rientrare su Pinot ed a chiudere a solo 20 secondi da Jungels.
Anche martedì, dopo il giorno di riposo, il tracciato presenta una lunga salita finale di quasi 20 Km, tutt’altro che impossibile visto che la pendenza media si attesta appena sopra il 4% e quindi il canovaccio potrebbe essere lo stesso di oggi.
La musica cambierà decisamente mercoledì e giovedì con i due tapponi alpini, il primo con il durissimo Col de Granon (che non viene affrontato dal 1986) dopo gli spettacolari tornanti di Montvernier e la coppia Télégraphe-Galibier, ed il secondo con la classicissima cavalcata Galibier – Croix de Fer – Alpe d’Huez.

Benedetto Ciccarone

Unistantanea della fuga di Bob Jungels verso il traguardo di Châtel (Getty Images)

Un'istantanea della fuga di Bob Jungels verso il traguardo di Châtel (Getty Images)

A PADOVA CONSONNI CHIUDE IN BELLEZZA E VAN VLEUTEN FA TRIS

luglio 10, 2022 by Redazione  
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La chiusura del Giro Donne in quel di Padova ha visto Chiara Consonni aggiudicarsi l’ultima volata davanti a Barbieri e Norsgaard. Nessun problema per Annemiak van Vleuten che si aggiudica il suo terzo Giro d’Italia. Podio finale per Marta Cavalli e Mavi Garcia, che non è stata insidiata dalla Longo Borghini, ottima quarta

Cala il sipari sull’edizione 2022 del Giro d’Italia Donne e lo fa nel Prato della Valle a Padova. La volata finale della tappa partita da Abano Terme è andata a Chiara Consonni (Valcar – Travel & Service), che ha avuto la meglio su Rachele Barbieri (Liv Racing Xstra) e Emma Norsgaard (Movistar Team), salite con lei sul podio di giornata. Quarta piazza per Elisa Balsamo (Trek – Segafredo) che ha preceduto Sofia Bertizzolo (UAE Team ADQ). TopTen anche per Martina Fidanza (Ceratizit-WNT Pro Cycling), nona.
In classifica generale questa tappa non ha influito e Annemiek van Vleuten (Movistar Team) si porta a casa il suo terzo Giro d’Italia. Seconda piazza per la rivelazione Marta Cavalli (FDJ Nouvelle-Aquitaine Futuroscope) mentre terza si è piazzata “Mavi” García (UAE Team ADQ) che, nonostante le ultime tappe un po’ opache, ha salvato il podio ai danni di Elisa Longo Borghini (Trek – Segafredo), che ha pagato i quasi 5 minuti rimediati nella tappa di Cesena.
Oltre la Maglia Rosa UNCHR la van Vleuten si porta a casa anche la Maglia Ciclamino Fastweb della classifica a punti davanti a Elisa Balsamo (Trek-Segafredo). La maglia verde dei GPM, griffata Discovery+, è andata alla vincitrice di ieri Kristen Faulkner (Team BikeExchange – Jayco). La speciale classifica dei giovani, caratterizzata dalla Maglia Bianca Eurosport, è andata alla neozelandese Niamh Fisher-Black (Team SD Worx) mentre la speciale classifica riservata alla squadre ha visto imporsi la FDJ della Cavalli, che ha distanziato di oltre mezz’ora il team Canyon//SRAM Racing.
Questo Giro d’Italia Donne che si chiude passa l’ideale testimone al Tour Tour de France Femmes, in programma dal 24 al 31 Luglio, con partenza da Parigi e una conclusione decisamente interessante sulla Super Planche des Belles Filles, dove si affronterà la stessa rampa sterrata che ha visto nei giorni scorsi il successo di Tadej Pogačar.

Mario Prato

Il podio del Giro dItalia femminile 2022 (Getty Images)

Il podio del Giro d'Italia femminile 2022 (Getty Images)

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