15-07-2024

luglio 15, 2024 by Redazione  
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TOUR DE FRANCE

Giorno di riposo

TOUR DE L’AIN

Il francese Rémi Capron (Van Rysel – Roubaix) si è imposto nella terza ed ultima tappa, Lagnieu – Île Chambod, percorrendo 153.1 Km in 3h44′21″, alla media di 40.945 Km/h. Ha preceduto allo sprint i connazionali Tom Donnenwirth (Decathlon AG2R La Mondiale Development Team) e Nicolas Breuillard (St Michel – Mavic – Auber93). Due italiani in gara: Stefano Oldani (Cofidis) 5° con lo stesso tempo dei primi, Davide Cimolai (Movistar Team) non ha terminato la tappa. L’ecuadoriano Jefferson Alexander Cepeda (EF Education – EasyPost) si impone in classifica con 24″ su Capron e 28″ su Oldani e

CLÁSICA TERRES DE L’EBRE

Lo spagnolo Abel Balderstone (Caja Rural – Seguros RGA) si è imposto nella corsa spagnola, Amposta – Mont Caro, percorrendo 191.7 Km in 5h06′07″, alla media di 37.57 Km/h. Ha preceduto di 36″ il connazionale Joan Bou (Euskaltel – Euskadi) e di 41″ il connazionale José Félix Parra (Equipo Kern Pharma). L’unico italiano in gara, Alessio Gasparini (Sidi Ali – Unlock Team), ha terminato la corsa fuori tempo massimo.

TUTTO MOLTO BEILLE, MA NON C’È PLATEAU: CITIUS, ALTIUS, FORTIUS IN UN TOUR SENZA LIMITI

luglio 15, 2024 by Redazione  
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Jonas Vingegaard e la sua Jumbo Visma vanno “all in” e puntano tutto sull’autentica tappa regina dei Pirenei nonché, con buona pace della Bonette, di tutto il Tour. Gli ingredienti ci sono tutti per portare Pogacar al limite. Manca all’appello solo il limite stesso, che lo sloveno non pare più avere.

Era una tappa pirenaica come tante altre, quel giorno di mezz’estate del 1998, ma quel giorno lui attaccò. Pantani era reduce dalla durissima vittoria al Giro contro un Tonkov quasi incrollabile e dopo una solo cronometro in terra francese aveva quasi cinque minuti di distacco nella classifica generale del Tour, gara allora riservata a quanti fra i cronomen sapessero rendere anche in salita, e viceversa sostanzialmente preclusa agli scalatori puri. Per capirci, quella prima autentica cronometro prevedeva da sola altrettanti km – circa 60 d’un colpo – quanto tutto il TDF 2024 (inoltre era stata preceduta, per non farsi mancare nulla, da un cronoprologo, e ce ne sarebbe stata al penultimo giorno un’altra equivalente). Il giorno prima di Plateau de Beille c’era già stata una cavalcata pirenaica di 200 km con oltre 5 mila metri di dislivello e sul Peyresourde conclusivo, prima di un arrivo in discesa, Pantani aveva tentato la stilettata, rosicchiando poco più di venti secondi al titanico Ullrich. Non si era nemmeno levata la bandana.
Il giorno dopo ci sarebbe stata, appunto, la scalata a Plateau de Beille e dopo nemmeno un chilometro il pirata salutò tutti. 13 chilometri di quasi assoluta solitudine, interrotti da un sorpasso al fuggitivo di giornata più macchinoso del previsto, e 100 secondi strappati all’avversario tedesco. Si vedeva a occhio nudo che non era ancora il Pantani devastante in salita, usciva dal recupero post Giro come chi esce da un letargo, da una sbornia o da una lunga febbre. Quel giorno si capirono due cose: che Ullrich non avrebbe mai e poi mai perso il Tour a base di attacchi normali come quello di Plateau de Beille, l’unica opzione era che venisse portato al limite e poi da quel limite ancora un passo oltre, nel baratro della crisi; la seconda cosa importantissima che qualcuno solo qualcuno intuì, tuttavia, è che quel limite, pur ancora non sfiorato, eppure da qualche parte, fra le alte cime, esisteva. Difficile dire chi si potesse contare nel novero di quei “qualcuno” fra gli esperti di ciclismo o gli altri atleti, ma di una persona lo sappiamo per certo: Pantani stesso. Bisognava però uscire dagli schemi dell’attacco finale, pur di lungo raggio, e pensare a un altro ciclismo. Il ciclismo dell’invenzione e del viaggio nell’inesplorato.
Quel giorno di mezz’estate del 1998 Pantani stabilì uno dei suoi tanti record di scalata destinati a durare un quarto di secolo e più. Il ciclismo intanto è cambiato molte volte, sono comparsi i trenini in salita, sono comparse le squadre padrone a imporre un ritmo blando fino all’ultima ascesa, sono migliorate le bici, le ruote, le gomme, l’alimentazione, l’allenamento, la scienza. Quello di Plateau de Beille, a differenza per dire dell’Alpe d’Huez, non era un gran record, non era un record fantasmagorico, eppure resse lo stesso, un po’ per inerzia, un po’ per caso, un po’ a testimonianza di un ciclismo che si diceva più pulito ma era solo più pigro nel cuore inteso come animo anche se non nel cuore inteso come macchina da pompaggio.

Ieri, domenica, un altro pomeriggio di mezz’estate sotto il sole del Tour de France, è cambiato tutto e al contempo si è tornati al via, al punto d’origine, alla scaturigine del ciclismo. Tutto è nuovo, tutto è uguale, tutto è diverso.
Il ciclismo è tornato ancora una volta il “mano a mano”, come si dice in spagnolo, il duello uno contro uno, il “salta lui o salto io”, lo scornarsi salita dopo salita, tappa dopo tappa dopo tappa, dopo un’ultima tappa ancora che ha fatto la leggenda di questo sport, da Coppi e Bartali ad Anquetil e Poulidor, e via via fino a Pantani contro Indurain, Pantani contro Tonkov, Pantani contro Ullrich, Pantani contro Armstrong. Al contempo oggi ci sono gli squadroni da mettere al lavoro, i calcoli, le tabelle. La scienza. Il risultato è un record saltato a piè pari da ben tre atleti lo stesso giorno, e pareggiato dal quarto classificato.

Come già detto, ma pure come già accaduto tante altre volte, il lampo atomico dello scontro fra i semidei del ciclismo cancella tutto il resto. Chi si ricorda che cosa accadde dopo la musica da ballo che intercorse fra Coppi e il secondo della Sanremo? Quando Anquetil e Poulidor si scorticarono quasi a spallate sul Puy de Dome nemmeno vinsero la tappa, che andò allo spagnolo Jímenez, seguito da uno dei più grandi scalatori di ogni tempo, Bahamontes, peraltro terzo in classifica generale, capace quel giorno di ridurre il proprio distacco da Anquetil a un minuto e mezzo, strappandogliene più che altrettanto. Ma nella foto gli spagnoli non ci sono, restano fuori quadro, così come su Google la ricerca restituisce a pioggia solo loro due, Anquetil e Poulidor. Nella Merano-Aprica del 1994 la tappa la vince Berzin, che vince pure il Giro: non arriveremo a dire che il vincitore di tappa e generale finale sparisca dal ricordo, ma i colossi protagonisti di quella giornata sono per tutti loro due, Pantani e Indurain.

Questo Tour de France 2024, per ora, è solo loro due: Pogacar e Vingegaard, come da quattro anni in qua (anche se, va detto, nel 2021 il duello fu a stento tale e Vingegaard sgomitava ancora nella categoria di altri due eroi ancora in gara oggi, proprio oggi, come figure da fuga, Enric Mas e Richard Carapaz). Non c’è solo il Tour, nella sfida, ci sono state anche Tirreno-Adriatico, Parigi-Nizza, Paesi Baschi, il tutto però più sporadico e sempre con l’impressione che nello scontro diretto Pogacar prevalesse, come di fatto è accaduto quasi sempre in quelle gare, perché l’avversario non era pienamente investito della missione del massimo rendimento.
Veniamo all’oggi, ai 200 km di tappa (finalmente), ai 5.000 metri di dislivello (finalmente), ai colli durissimi e in serie, ma serie ma molto spaziate fra loro, e questo non sarebbe il massimo come norma e regola generale, seppur nel solco della tradizione del Tour; però i tempi e lo stile sono in realtà assai cambiati sotto il cielo di Francia, come pure per le crono (oggi vanno le tappe corte con salite a raffica concatenate, e non ce ne lamentiamo troppo, se non per la brevità). E allora, suvvia, per una volta anche questa distribuzione delle asperità intercalate di gran fondovalle ci sta tutta, in modo da chiamare in causa anche la strategia, il senso tattico, le alleanze e la gestione, tutti fattori che – giocoforza – si sono andati affievolendo in un ciclismo fatto di scalini così insormontabili fra atleta e atleta, sintomo statistico, peraltro, di valori assoluti davvero eccelsi, non solo di una superiorità relativa.
Gara tattica, gara di testa, gara da pensare, gara di resistenza per eccellenza, dunque, condita da un caldo infernale come da pacchetto vacanze pirenaico (Armstrong che lo odiava ne fu risparmiato dalla sua proverbiale buona sorte tranne che nel 2003): e del caldo si dice che possa costituire un tallone d’Achille di Pogacar, che ama il freddo, la pioggerellina, la nebbia, uomo finora soprattutto d’autunno e primavera, uomo da tappe alpine al Giro in maniche corte.

Tappa anche per le fughe, che dopo anni di abbuffate sembrano pure esse travolte e annichilite dal fuoco e fiamme, fuoco e fiamme, fuoco e fiamme imposto dai grandi team delle volate o delle salite. Parte in effetti una fugona epica, solida, potente, con dentro i capitani fuori classifica sostenuti dai rispettivi gregari. Giungeranno in cinque alla salita finale con un minutino e mezzo da difendere, situazione disperata per chiunque, ma oggi c’è chi sotto sotto un po’ ci crede, siccome oltre al rinato De Plus (talento in salita girato a gregario oggi battitore libero) e al fenomeno nordico Johannessen (come molti nordici e molti sovietici prima, folgorante da under poi più opaco nel professionismo, ma sempre capace di alzate d’ingegno) abbiamo un assortimento di vittorie e podi nei Grandi Giri, fra Carapaz, Mas e Hindley, fra tutti e tre mettono assieme due Giri d’Italia e la bellezza di dieci podi finali fra Italia, Spagna e Francia. Il gotha dei pretenders, ormai non più contenders. Possiamo sindacare sul comportamento scapestrato, come da stereotipo, dell’irlandese Healy che, nonostante l’appoggio ricevuto da Carapaz pochi giorni fa sul Massiccio Centrale, “ricambia” facendo i cavolacci propri, probabilmente anche a danno del compagno, a conti fatti. Possiamo sindacare sulla gestione degli sforzi e dei gregari. Ma. Ma tutto questo non conta un bel niente, perché quando arriva il treno giallo, a pois e bianco di Pogacar, Vingegaard (in maglia a pois per procura) ed infine subito staccato Evenepoel (miglior giovane), testuali parole, “ci si rende conto che fanno un altro sport”.

Ma come è potuto arrivare il gruppo selezionato dei migliori così vicino a cotanta fuga? Risposta, la Jumbo Visma. L’alveare meccanico, pur sparuto e spopolato come dopo una spruzzata di pesticidi sulle verdi campagne, ci ha messo tutto quel che ne aveva per picchiare ritmo duro e cattivo lungo i cinque colli e i duecento chilometri a disposizione. Vedono il Pogacar di Pla d’Adet e rilanciano. Dopo tutto, il loro Tour si è basato finora sull’andare a vedere fino in fondo – metro a metro – ogni rilancio di Pogi, dal San Luca agli sterrati, ai muri vulcanici da grande classica del Massiccio Centrale. Viceversa, quando Pogacar ha potuto fare il proprio gioco in solitaria, in cima al Galibier o, per definizione, nella crono, lì fu dove il distacco si era allargato. Unica eccezione, il sabato. Ma sabato faceva fresco. Ma sabato la salita era corta e lo sloveno aveva fatto la propria sparata dove le pendenze mollavano a breve per mettere a rendimento i falsipiani. Ma sabato la tappa era breve. Ma sabato la tappa era la prima dopo due abbuffate di pianura di quelle che restano più nelle gambe di Vingo che non in quelle dello sloveno.

Il ciclismo è sport di mistero e scoperta. Come sta l’altro? Come starà? Come sto io? Come staremo entrambi dopo esserci entrambi spremuti, chi ha recuperato meglio e chi meno? Chi è più prossimo al fondo del barile, ma soprattutto, al fondo del fondo, che barile ha più fondo? Dai cicloamatori che si dicono sempre gli uni gli altri di aver fatto meno km e di aver più kg del dovuto, sempre a corto di un pizzico di forma, fino ai grandi campioni che devono scoprire le proprie carte per scoprire quelle altrui. Ma nel ciclismo, e non solo, la conoscenza ha un prezzo. E il prezzo consiste nel risucchiare le energie di chi vuole sapere, svelare: appunto, andare a vedere. La strada che ha da andarsi per arrivare a quel “vedere” è lunga e aspra più di ogni salita. Ciliegina sulla torta, alla fine di quella strada molte volte da vedere c’è solamente l’abisso.

Dunque la Jumbo Visma si immola intera nella fornace pirenaica. Alla bocca di Plateau de Beille si attende solo che emerga dal crogiuolo il profeta Vingegaard trasfigurato al calor bianco. Jorgenson come un San Giovanni battezza il gruppo con pedalate sferzanti e impietose, ultimo gregario in un gruppetto in cui di gregari ce ne sono davvero pochi. Non sono più i tempi d’oro dei quattro compagni di squadra su nove uomini di ben altri trenini, pure rivisitati dalla stessa Jumbo in anni recenti. Almeida, luogotenente di Pogacar, si è staccato presto, prestissimo (poi sarà clamorosamente quinto dopo una cronoscalata in autonomia, impresa delle sue, da diesel col pace maker). Con Pogi c’è solo Yates. Con Evenepoel c’è solo Landa. Parentesi d’obbligo: che fenomeno pazzesco Mikel Landa, quarto assoluto di tappa, unico corridore abbondantemente sopra i 30 anni nelle prime venti e passa posizioni sia di giornata, sia della generale; le sue mani basse sul manubrio, un punto fermo delle salite attraverso quattro “generazioni” di ciclismo, mette all’angolo Contador, tira il collo a Froome sia da gregario sia da rivale, spalleggia Carapaz nell’interregno, e ora è ancora il primo degli umani, quando la strada sale, alle spalle dei Mazinga della Generazione Z. Carlos Rodríguez, il leone timido di casa INEOS, ha De Plus davanti dalla fuga.

Poi veramente il nulla. Tocca ammetterlo, perché a differenza dell’era Merckx ma perfino a differenza di quelle di Froome o Armstrong, o anche Indurain, qui c’è la rivalità fra due arcinemici con superpoteri, con Remco e Rogla potenziali spalle a bordo ring, ma il cast dei comprimari è, con rispetto parlando, alquanto modesto. La “lotta” per la top ten, diciamo quella misera dozzina di atleti che per ora (!) resistono al di sotto della mezzoretta buona di distacco, è costituita per 8/12 da UAE (3), Jumbo Visma (2), INEOS (1), Soudal Quickstep (2), sostanzialmente gli uomini che siamo andati nominando finora. Gli altri quattro sono l’italiano Ciccone per la Trek, lo svizzero Felix Gall per la Decathlon, il colombiano Buitrago della Bahrain e il canadese Gee per la squadra israeliana. Salvo Buitrago che forse (forse) ha ancora margini di crescita, sarebbero tutti atleti piuttosto maturi, sia pure con carriere un po’ segnate da peripezie varie, ma senza alcun pedigree nella classifica generale dei Grandi Giri. Ciccone e Gee non hanno mai visto una top ten nemmeno col cannocchiale, Buitrago ha come miglior esito un decimo posto finale in CG e Gall un ottavo. Atleti rispettabilissimi di squadre assolutamente solide, carenate e solventi, team senza complessi di inferiorità. Ma, francamente, ciclisti lontanissimi dalla categoria di talento necessaria per giocarsi un grande giro, contro chiunque, non solo contro gli Z-men. Addirittura ancora lontani dalla possibilità di vincere una corsa a tappe di una sola settimana. Sudare duro per le tappe, quello sì, per le maglie secondarie. Eppure dietro a quella dozzina di protagonisti, capitani o gregari, appartenenti ai suddetti Superteam (e tolti, ovviamente, i fuggitivi del mattino) i migliori per la tappa e per la generale sono proprio questi poco-fantastici quattro, i Meravigliosi Mestieranti. Poi si esce dai venti… primi venti arrivati, e primi venti minuti, quasi, con Carlos Verona.

Questa analisi, oltre a rendere giustizia, sebbene impietosamente, degli altri atleti comunque in lizza per una top ten del TDF, permette di comprendere un’altra questione cruciale. La Jumbo Visma ha fatto il possibile per quasi 200 km, ma erano letteralmente solo loro. Il resto del gruppo, fatti i propri conti, era in modalità sopravvivenza e risparmio. Le salite di tappa sono state affrontate a ritmo allegro, ma sempre un minuto almeno sopra ai relativi record, appartenenti quasi tutti a epoche diverse del ciclismo dagli anni 2000 in qua. Tempi comparabili o peggiori di quelli di un Barguil, di un Kessiakoff, di un Rolland, di un Pineau, di un Malori, se proprio vogliamo perfino di uno Wiggins o di un Voeckler miracolati.

Evidentemente la Jumbo Visma non è più quella capace di spompare con attacchi a raffica e trenate dei gregarioni il Pogi 2022. Tocca allora a Vingegaard l’onere di riscuotere la scommessa. Il Vingegaard 2023 non aveva avuto bisogno del team per abbattere Pogacar con un primo jab sul Marie Blanque e poi un unico diretto ben assestato a crono. Il danese e il suo team attendono questo momento messianico con fede piena, come deve essere. Il mantra recita: fatica tanta, caldo troppo, salita lunga. E Vingegaard esegue il rito a perfezione, allungando ai -10 km dalla fine. Sforzo prolungato, grande salita. Passo asfissiante. Non è che il danese vada piano. Proprio no. Evenepoel capisce subito l’andazzo e va del suo passo. Ma anche un Adam Yates in formissima si ritira subito di scena.
Vingo tira, Pogi a ruota. Implacabile, imparziale, imperturbabile come il karma, giustizia e cattiveria. È finita l’ora dei cambi dati a gratis dopo esser stato ripreso sul Perthus. È finita l’ora delle ruote ciucciate dal danese (e ben a ragione!) sulla polvere degli sterrati. Ora a ruota ci sta lo sloveno, all’altro il compito di stanarlo, scuoterlo, svuotarlo. Vingegaard tira, e tira, e tira. Tira forte, fortissimo, mentre Pogacar s’innaffia di borracce, anche senza mani quasi strafottente, non molla un centimetro. Lo si vede soffrire di tanto in tanto. Oscilla le spalle. China il capo. Sempre ruota a ruota, incollato. O salta lui, o salto io. Ad ogni modo, Vingegaard non vede nulla, né la strafottenza e la sicumera né i cedimenti e la bocca ritorta. Guarda solo avanti, come dev’essere: avanti, dentro di sé, nell’abisso.

Fino a che a un certo punto Vingegaard si volta. Novello Orfeo, ha rotto l’incantesimo, rimarrà solo e non più in coppia. Dopo un quarto d’ora menando, nel mezzo del cammin fra l’attacco e la vetta, Jonas guarda indietro. E, come la moglie di Lot, rimane di sale. Basta quello. Uno sguardo indietro. Pogacar lo vede, lo attacca. E se ne va. Non è un attacco bruciante come altre volte, più una progressione, ma è subito chiaro che il gioco è finito. Se (questo) Pogacar ha dei limiti, non è (questo) Vingegaard a poterli scoprire, a poterli portare allo scoperto. Non oggi, non qui, non ora. Il prezzo da pagare sono altri cinque chilometri di sofferenza solitaria, di abisso.

Pogacar gigantesco: nel vedere la classifica di giornata, i commentatori TV la scambiano per quella generale, per il cumulativo di due settimane intere di Tour. No, ragazzi, è una vita in una salita. Jumbo sconfitta. Vingegaard sconfitto. Seccamente, senza appello. Errori tattici? Forse. Col senno di poi. Ma bisognava provare. Un punto a favore del ciclismo che non ha tutto nero su bianco previamente ben calcolato nel retrobottega. E poi, stando così le cose, va bene così. Stando così le cose un minuto, due o tre è la stessa cosa. Non esiste una differenza atletica a favore di Vingegaard su nessun terreno, punto. Ergo, la differenza va fatta fuori dal terreno delimitato dall’atletismo. Nelle sorprese, nelle invenzioni. Questo era l’ultimo spartito razionale, ed è stato suonato fino in fondo. Ora si tratta di inoltrarsi nel terreno della lucida pazzia. La principale speranza per noi, per il pubblico, è che la gara non venga a risolversi, ora che le gerarchie sono delineate, per fattori esterni o interni di tipo accidentale: cadute, crisi inopinate non provocate dai rivali, problemi di salute estemporanei, esibizionismo poliziesco o giudiziario, ripicche, vendette. Per il resto, ci siamo divertiti e continuiamo a divertirci parecchio. Grazie Pogacar, grazie Vingegaard. La grandezza, per entrambi, sta ed è stata più nel lottare quando si è o si era in condizioni di inferiorità, piuttosto che non nei numeri da record. E un altro giorno toccherà parlare pure di questo fenomenale Remco Evenepoel.

Gabriele Bugada

Pogacar vince a Plateau de Beille e blinda il Tour (www.cyclingnews.com)

Pogacar vince a Plateau de Beille e blinda il Tour (www.cyclingnews.com)

LONGO BORGHINI REGINA D’ITALIA, IL GIRO WOMEN È SUO

luglio 15, 2024 by Redazione  
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Capolavoro di Elisa Longo Borghini che rintuzza tutti gli attacchi della sua diretta avversaria Lotte Kopecky per poi staccarla sul rettilineo finale. Ultima tappa a Kimberley (Le Court) Pienaar, prima atleta mauriziana a vincere una tappa. Podio di giornata per Ruth Edwards e Franziska Koch, arrivate con la vincitrice.

Finalmente Longo Borghini!!! Finalmente Elisa Longo Borghini (Lidl – Trek) ha scritto il suo nome nella storia del Giro d’Italia Women e lo ha fatto vestendo il simbolo del primato dalla prima all’ultima tappa. Rischiando di perderla, ma senza mai avere paura che questo accadesse veramente. La sua avversaria più forte, la belga Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime), ha messo sulla strada tutta la sua classe e le sue capacità, che sono veramente tante. Ma la Longo Borghini vista in queste otto tappe è stata fredda quando occorreva, calcolatrice, quasi ragioniera all’occorrenza e forte, terribilmente forte e motivata come oggi, quando dopo aver francobollato la ruota dell’avversaria per tutto il giorno l’ha staccata negli ultime centinaia di metri di questo Giro per tagliare il traguardo da sola. E poco importava se la tappa era già stata vinta da Kimberley (Le Court) Pienaar (AG Insurance – Soudal Team), che aveva regolato le compagne di viaggio Ruth Edwards (Human Powered Health) e Franziska Koch (Team dsm-firmenich PostNL).
La vincitrice di tappa, prima atleta provenuiente dalle isole Mauritius ad aggiudicarsi una tappa del Giro, ha detto dopo l’arrivo: “Non ho parole per quello che ho fatto. Era un sogno partecipare a una gara come questa e ora sono qui, con una vittoria di tappa. Ho perso molto tempo in classifica generale, quindi oggi l’intenzione era quella di divertirmi. Ho dato tutto perché non avevo nulla da perdere. È stata una sensazione pazzesca tagliare il traguardo per prima, non la dimenticherò mai. Ancora non ci credo! Non siamo venute al Giro con grandi aspettative perchè la nostra leader Ashleigh Moolman Pasio è caduta al Catalunya e quindi eravamo qui con una squadra molto giovane. Ho provato a tenere in classifica ma poi ho avuto una giornata storta e mi sono concentrata sulle tappe. E’ andata bene così. E’ un grandissimo risultato per il mio paese e spero possa ispirare più persone ad iniziare a praticare questo sport splendido”.
Questa ultima tappa era facilmente ipotizzabile come un lungo duello che vedeva le due prime della classifica, divise alla partenza da un solo secondo. La disponibilità degli abbuoni poteva favorire la belga mentre la determinazione e un’eventuale fuga tornavano a vantaggio della ragazza di Ornavasso. Un “all in” appassionante, che strada facendo sembrava sempre più emozionante e aperto a tutte le soluzioni. La Kopecky pesta sui pedali come solo una campionessa del suo calibro può permettersi. La Longo Borghini tiene botta, risponde ad ogni attacco e non molla mai la ruota della sua diretta avversaria. L’italiana ha interesse che la fuga arrivi, la belga non solo deve annullare la fuga ma deve mettere la propria bici davanti a quella dell’avversaria. I chilometri finali passano veloci e il vantaggio della fuggitive si riduce e perdono anche qualche pezzo per strada. La Kopecky insiste, Longo Borghini resiste. Le fuggitive arrivano e si giocano la tappa, la Longo Borghini da una botta, una sola, e non ce n’è più per nessuno; arriva quarta, da sola, e corona finalmente il suo sogno rosa. Elisa Longo Borghini conquista il Giro d’Italia Women 2024 targato RCS.
“E’ stato l’epilogo incredibile di una settimana perfetta. Mi piace vivere questo tipo di situazioni, essere sotto pressione, lottare gomito a gomito. Sono partita con un secondo di vantaggio ma ero motivatissima a dare tutto, e nel team tutti mi hanno supportato. Vestire la Maglia Rosa finale è qualcosa di speciale, sono orgogliosa di ciò che ho fatto, anche se mi servirà del tempo per metabolizzarlo – poi ha continuato – Questa vittoria è frutto del duro lavoro, perchè non sono nata fenomeno ma nonostante ciò non ho mai smesso di crederci, superando anche momenti difficili, infortuni, periodi in cui volevo riconsiderare la mia carriera. Anche in questa corsa ci sono stati momenti critici come nella terza tappa, in cui ho sofferto il caldo sulla salita finale. Oggi invece ero molto tranquilla, la fuga aveva un buon margine e questa situazione ha portato Kopecky a scoprirsi. Ero un po’ infastidita dal finale di ieri e oggi volevo dimostrare tutto il mio valore. Il mio prossimo obiettivo sono le Olimpiadi ma prima voglio godermi questo successo e la Maglia Rosa che ho tanto sognato e che ora posso finalmente definire mia”.
Onore della armi per la seconda classificata, che può onorarsi di essere la prima atleta belga a salire sul podio della corsa rosa: “E’ bello tornare sul podio di un Grande Giro anche se il margine che mi ha separato dal successo era veramente minimo. – sono state le sue parole – Oggi è stata una tappa durissima, devo ringraziare le mie compagne di squadra che hanno fatto il possibile per aiutarmi. Rispetto molto Elisa, è stata una grande avversaria. Sono soddisfatta e orgogliosa di ciò che ho fatto”.
L’ultimo giorno di un grande Giro è quello delle emozioni ma anche quello dei consuntivi.
Come già detto e ripetuto la maglia rosa è andata alla Longo Borghini con 21″ sulla Kopecky mentre terza a 1′16″ si è piazzata l’australiana Neve Bradbury (Canyon//SRAM Racing) grazie all’impresa del giorno prima nel tappone del Blockhaus.
La maglia rossa della classifica a punti se la porta a casa l’indomabile Kopecky grazie ai numerosi piazzamenti precendendo di 86 lunghezze la Longo Borghini con 68 e di 95 la neozelandese Niamh Fisher-Black (Team SD Worx – Protime), vincitrice a Toano del primo arrivo in salita.
La maglia azzurra dei Gran Premi della Montagna se l’aggiudica la belga Justine Ghekiere (AG Insurance – Soudal Team) davanti alla connazionale Kopecky, mentre la maglia bianca di miglior giovane è andata alla Bradbury, terza in classifica generale. Infine, la miglior formazione è risultata la Liv AlUla Jayco che, messi assieme i tempi delle loro atlete, ha sopravanzato di quasi 10 minuti la Lidl – Trek della maglia rosa.
Il Giro d’Italia Femminile, che nella sua storia ha cambiato più volte nome fino all’odierno Giro d’Italia Women, vanta nel suo palmares solo 5 atlete italiane sul gradino più alto del podio: Maria Canins (1988), Roberta Bonanomi (1989), Michela Fanini (1994), Fabiana Luperini (1995-1998, 2008) e da oggi anche Elisa Longo Borghini.

Mario Prato

Il podio del Giro dItalia Women 2024 (Getty Images)

Il podio del Giro d'Italia Women 2024 (Getty Images)

14-07-2024

luglio 14, 2024 by Redazione  
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TOUR DE FRANCE

Lo sloveno Tadej Pogačar (UAE Team Emirates) si è imposto anche nella quindicesima tappa, Loudenvielle – Plateau de Beille, percorrendo 197.7 Km in 5h13′55″, alla media di 37.787 Km/h. Ha preceduto di 1′08″ il danese Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) e di 2′51″ il belga Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step). Miglior italiano Giulio Ciccone (Lidl – Trek), 13° a 6′29″. Pogačar è ancora in maglia gialla con 3′09″ su Vingegaard e 5′19″ su Evenepoel. Miglior italiano Ciccone, 8° a 15′48″

GIRO D’ITALIA WOMEN

La mauriziana Kimberley (Le Court) Pienaar (AG Insurance – Soudal Team) si è imposta nell’ottava ed ultima tappa, Pescara – L’Aquila, percorrendo 117 Km in 3h19′08″, alla media di 35.253 Km/h. Ha preceduto allo sprint la statunitense Ruth Edwards (Human Powered Health) e la tedesca Franziska Koch (Team Dsm-Firmenich PostNL). Miglior italiana Elisa Longo Borghini (Lidl – Trek), 4° a 25″. La Longo Borghini si impone in classifica con 21″ sulla belga Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime) e 1′16″ sull’australiana Neve Bradbury (Canyon//SRAM Racing)

GIRO DELL’APPENNINO

L’elvetico Jan Christen (UAE Team Emirates) si è imposto nella corsa italiana, Novi Ligure – Genova, percorrendo 198.5 Km in 4h58′47″, alla media di 39.862 Km/h. Ha preceduto di 56″ gli italiani Simone Velasco
(Astana Qazaqstan Team) e Diego Ulissi (UAE Team Emirates)

TOUR DE L’AIN

L’ecuadoriano Jefferson Alexander Cepeda (EF Education – EasyPost) si è imposto nella seconda tappa, Saint-Vulbas – Lélex (Monts-Jura), percorrendo 155.3 Km in 3h50′20″, alla media di 40.454 Km/h. Ha preceduto di 28″ l’italiano Stefano Oldani (Cofidis) e il francese Rudy Molard (Groupama – FDJ). In gara anche l’italiano Davide Cimolai (Movistar Team), 68° a 21′50″. Cepeda è il nuovo leader della classifica con 32″ su Oldani e 33″ su Molard. Cimolai 63° a 22′00″

TOUR OF QINGHAI LAKE (Cina)

L’uruguaiano Eric Antonio Fagúndez (Burgos – BH) si è imposto nell’ottava ed ultima tappa, circuito di Menyuan, percorrendo 120.6 Km in 2h27′41″, alla media di 48.997 Km/h. Ha preceduto di 1″ il polacco Marcin Budziński (Mazowsze Serce Polski) e lo spagnolo Rodrigo Álvarez (Burgos – BH). Miglior italiano Filippo Magli
»VF Group – Bardiani CSF – Faizanè), 5° a 1″. L’ecuadoriano Jefferson Alveiro Cepeda (Caja Rural – Seguros RGA) si impone in classifica con 1′31″ sull’uruguaiano Guillermo Thomas Silva (Caja Rural – Seguros RGA) e 2′07″ sull’italiano Manuele Tarozzi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè)

GP INTERNACIONAL TORRES VEDRAS – TROFÉU JOAQUIM AGOSTINHO (Portogallo)

Il portoghese Afonso Eulálio (ABTF Betão – Feirense) si è imposto nella terza ed ultima tappa, Atouguia da Baleia – Alto de Montejunto, percorrendo 171 Km in 4h08′37″, alla media di 41.268 Km/h. Ha preceduto di 18″ il portoricano Abner González (Efapel Cycling) e lo spagnolo Fernando Barceló (Caja Rural – Seguros RGA). Nessun italiano in gara. Il venezuelano Orluis Aular (Caja Rural – Seguros RGA) si impone in classifica con 13″ su Eulálio e 23″ sul russo Artem Nych (Sabgal / Anicolor)

GROTE PRIJS CHW BEVEREN (Donne)

La belga Fien Van Eynde (Fenix-Deceuninck Development Team) si è imposta nella corsa belga, circuito di Beveren, percorrendo 138 Km in 3h32′42″, alla media di 38.928 Km/h. Ha preceduto allo sprint le connazionali Anna Vanderaerden (Fenix-Deceuninck Development Team) e Febe Poppe (Proximus – Cyclis CT). Due italiane in gara: Gaia Tortolina (A.S.D. Women Cycling Project) 16°, Martina Puiatti (Torelli) non ha terminato la corsa.

LA TAPPA DEL GIORNO (e altro ancora): LOUDENVIELLE – PLATEAU DE BEILLE

luglio 14, 2024 by Redazione  
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Seconda ed ultima giornata del Tour sulle strade pirenaiche. La frazione che terminerà a Plateau de Beille sarà la prima di questa edizione della Grande Boucle a potersi fregiare del titolo di “tappone”, forte di oltre 5000 metri di dislivello e di ben sei ascese, anche se solo sull’ultima vedremo rinnovarsi lo spettacolo della sfida tra i primattori della classifica generale.

Alla prima razione pirenaica ne segue immediatamente una più consistente, letteralmente da “cavallo”. Percorrendo i 198 Km che da Loudenvielle condurranno al Plateau de Beille i corridori dovranno sorbirsi ben 5071 metri di dislivello, il più elevato previsto in questa edizione da una singola frazione, un vero e proprio tappone caratterrizato da ben sei salite. I riflettori saranno quasi unicamente puntati, però, su quella conclusiva, vista la disposizione delle altre ascese, con le prime tre concentrate entro i 65 Km iniziali e le altre due piazzate a una settantina di chilometri dall’arrivo. Lasciato il raduno di partenza subito inizierà l’ascesa verso un altro mitico colle del Tour, il Peyresourde (7 Km al 7.8%), seguita dalla discesa sulla nota stazione termale di Luchon e dal tratto pianeggiante che terminerà ai piedi del Col del Mentè (9 Km al 9.3%). Immediatamente dopo si percorreranno i 4.3 Km al 9.6% del Col de Portet-d’Aspet, transitando al cospetto del monumento che ricorda Fabio Casartelli, per poi imboccare il semplice tratto centrale della tappa, una sessantina di chilometri totalmente privi di difficoltà altimetriche. A questo punto si tornerà a salire per affrontare l’impegnativa ascesa del Col d’Agnès (10 Km al 7.2%), seguita dal breve e pedalabile Port de Lers (4.4 Km al 5.4%) e poi da un altro abbondante tratto sgombro di salite, quasi 35 Km che tireranno idealmente la volata all’attesa salita conclusiva, diretta alla stazione di sport invernali di Plateau de Beille. È qui che, percorsi 16 Km al 7.8%, Marco Pantani il 22 luglio del 1998 pose la prima pietra della sua vittoria finale al Tour, un successo che riporterà il nome di un italiano al vertice della Grande Boucle 33 anni dopo l’affermazione di Felice Gimondi. È qui che, il 14 luglio del 2024 sicuramente vivremo un’altra pagina di grande agonismo: Pogacar affonderà ulteriormente sugli avversari o questi sapranno prendersi la rivincita in una giornata nella quale anche i corridori francesi vorranno prendersi la loro parte, per celebrare al meglio la festa nazionale?

METEO TOUR

Loudenvielle : sereno, 26°C, vento moderato da SO (9-37 Km/h), umidità al 39%
Marignac (traguardo volante – Km 37): nubi sparse, 28°C (percepiti 30°C), vento moderato da N (9-25 Km/h), umidità al 57%
Col du Portet d’Aspet (GPM – Km 65.4): nubi sparse, 26°C (percepiti 27°C), vento moderato da NO (10-28 Km/h), umidità al 60%
Aulus-les-Bains (Km 127.8): sereno, 28°C, vento moderato da N (9-32 Km/h), umidità al 52%
Tarascon-sur-Ariège (Km 172.1): pioggia debole (0.3 mm), 28°C (percepiti 30°C), vento moderato da N (7-28 Km/h), umidità al 59%
Plateau de Beille: pioggia debole (0.1 mm), 20°C, vento moderato da N (9-32 Km/h), umidità al 63%

GLI ORARI DEL TOUR

11.30: inizio diretta su Eurosport
12.05: partenza da Loudenvielle e inizio salita del Peyresourde
12.20-12.30: GPM del Col de Peyresourde
12.55-13.10: traguardo volante di Marignac
13.05-13.15: inizio Col de Mentè
13.15-13.30: GPM del Col de Menté
13.35-13.50: inizio Col du Portet d’Aspet
13.40-14.00: GPM del Col du Portet d’Aspet
14.45: inizio diretta su Rai2 (dopo la diretta del Giro d’Italia Femminile, dalle 14.00)
15.20-15.45: inizio Col d’Agnès
15.45-16.15: GPM del Col d’Agnès
16.35-17.15: inizio salita finale
17.20-18.05: arrivo al Plateau de Beille

LA FOTORICOGNIZIONE DEL FINALE

http://www.ilciclismo.it/2009/?p=73617

RASSEGNA STAMPA

Italia

Show di Pogacar, mani sul Tour! Travolgente sui Pirenei, dà 39″ a Vingegaard e 1′10″ a Evenepoel

Gazzetta dello Sport

Slovenia

Tadej Pogačar v velikem slogu dobil prvo pirenejsko bitko (Tadej Pogačar vinse con stile la prima battaglia dei Pirenei)

Delo

Danimarca

Formidable Pogacar sætter Vingegaard på plads på den første etape i Pyrenæerne (Il formidabile Pogacar mette Vingegaard al suo posto nella prima tappa nei Pirenei)

Politiken

Regno Unito

Pogacar wins in high mountains to deal blow to Vingegaard and extend Tour de France lead (Pogacar vince in alta montagna per assestare un duro colpo a Vingegaard e aumentare il vantaggio del Tour de France)

The Daily Telegraph

Francia

Le coup de force de Pogacar (Il colpo di stato di Pogacar)

L’Équipe

Spagna

Pogacar no se cansa de atacar (Pogacar non si stanca mai di attaccare)

AS

Belgio

Pogacar deelt op eerste aankomst bergop ferme tik uit aan Vingegaard, Evenepoel wordt knap derde (Pogacar sferra un duro colpo a Vingegaard al primo arrivo in salita, Evenepoel arriva terzo)

Het Nieuwsblad

Paesi Bassi

Pogacar deelt tik uit (Pogacar sferra un pugno)

De Telegraaf

Germania

Entfesselter Pogacar gewinnt erste Pyrenäen-Etappe – Vingegaard büßt Zeit ein (Pogacar scatenato vince la prima tappa dei Pirenei – Vingegaard perde tempo)

Kicker

Stati Uniti

Pogacar wins mountainous 14th stage of Tour de France to extend overall lead over Vingegaard (Pogacar vince la quattordicesima tappa montuosa del Tour de France estendendo il vantaggio su Vingegaard)

The Washington Post

Colombia

Pogacar atacó a Vingegaard en la montaña, en un día agridulce para los colombianos (Pogacar ha attaccato Vingegaard in montagna, in una giornata agrodolce per i colombiani)

El Espectador

Ecuador

​¡Intratable! Tadej Pogacar gana la etapa 14 y es líder indiscutible del Tour de Francia; Richard Carapaz asciende en la general (Intrattabile! Tadej Pogacar vince la tappa 14 ed è il leader indiscusso del Tour de France; Richard Carapaz sale in classifica generale)

El Universo

Australia

Pogacar takes Tourmalet stage win to extend Tour lead (Pogacar vince la tappa del Tourmalet per estendere il vantaggio del Tour)

The West Australian

TOURALCONTRARIO

Ordine d’arrivo della quattordicesima tappa, Pau – Saint-Lary-Soulan (Pla d’Adet)

1° Cees Bol
2° Mark Cavendish s.t.
3° Gerben Thijssen s.t.
4° Davide Ballerini s.t.
5° Arnaud Démare a 31″

Classifica generale

1° Bram Welten
2° Gerben Thijssen a 13′18″
3° Jarrad Drizners a 17′19″
4° Davide Ballerini a 18′27″
5° Mark Cavendish a 18′52″

I MISTERI DELLA CASSAPANCA

L’angolo degli strafalcioni dei telecronisti

Cassani: “Il giorno primo”
Garzelli: “Fabio Aru ha smesso troppo presto, perché un corridore che ha vinto la Vuelta ha smesso”
Garzelli: “E’ una tappa lunghissima l’Olimpiade”
Garzelli: “Oggi è iniziato il Tour de France”
Pancani: “43 secondi rimediati a Vingegaard”
Televideo RAI: “Plateau Beille” (Plateau de Beille)
Sport Mediaset: “Kwiatowski” (Kwiatkowski)
Sport Mediaset: “si staccano con l’avvicinamento al secondo muro (Col d’Horquette d’Ancizan)” (8 Km al 5%, tutto tranne che un muro)

CASA RICORDI: TOUR DE FRANCE 1948

La partenza del Tour da Firenze ci riporta con la memoria al Tour del 1948, l’ultimo dei due vinti dal fiorentino Gino Bartali, conquistato nei drammatici giorni dell’attentato al leader del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti. Riviviamo quei giorni attraverso i titoli del quotidiano “La Stampa”

16 LUGLIO 1948 – 14a TAPPA: BRIANÇON – AIX-LES-BAINS (263 Km)

PRIMO E SOLO ANCHE AD AIX-LES-BAINS – GINO BARTALI RICONQUJISTA LA MAGLIA GIALLA – COME BARTALI HA VINTO TRA I TURBINI DELLE ALPI

Nella sosta dì Aix-les-Bains non si parla che di Gino – Conserverà il primato fino a Parigi? – Vittoria memorabile negli annali del Tour

Il “Bobet del ‘38” si chiamava Vervaecke

TRISTE BILANCIO E INQUETUDINE POLITICA

Dopo due giorni di sciopero generale – De Gasperi annuncia alla Camera le nuove leggi sugli scioperi – Le condizioni di Togliatti

“Bisogna poter lavorare in tranquillità; l’Italia non vuole più alcuna dittatura” – Violenti incidenti e pugilato generale tra l’estrema sinistra ed il centro – Accuse al Governo di Nenni e Di Vittorio – Gli organi offesi dai tre proiettili – Le trasfusioni di sangue – Le complicazioni bronco-polmonari

Il Plateau de Beille e l’altimetria della quindicesima tappa (www.ariegepyrenees.com)

Il Plateau de Beille e l’altimetria della quindicesima tappa (www.ariegepyrenees.com)

GIRO D’ITALIA WOMEN: NEVE BRADBURY VINCE SUL BLOCKHAUS, PER UN SECONDO LONGO BORGHINI È ANCORA IN ROSA

luglio 13, 2024 by Redazione  
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Neve Bradbury (Canyon//SRAM Racing) ha vinto la settima tappa del Giro d’Italia Women, la Lanciano-Blockhaus di 120 km. Al secondo e terzo posto si sono classificate rispettivamente Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime) e Elisa Longo Borghini (Lidl – Trek), divise ora da un solo secondo in classifica

Neve… un nome perfetto per vincere una tappa di montagna. Così si chiama la Bradbury, l’australiana portacolori della Canyon//SRAM Racing. La sua vittoria sul Blockhaus, la salita più dura del Giro d’Italia Women, è nata grazie ad un’attacco portato in solitaria al gruppetto delle migliori che conducevano le fasi salienti sella tappa. “Sono esausta ma felice. – sono state le sue parole dopo il traguardo – Non penso di aver spinto così tanto in vita mia. Quando ho attaccato pensavo soprattutto alla vittoria di tappa ma adesso la situazione si fa interessante anche in ottica Maglia Rosa. Domani ci proverò, non voglio pormi limiti”.
La sua dichiarazione a caldo può sembrare un po’ azzardata, ma grazie all’impresa odierna l’australiana è salita al terzo posto della classifica generale, sempre condotta da Elisa Longo Borghini (Lidl – Trek), oggi terza alle spalle della campionessa del mondo Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime), sua diretta rivale in chiave maglia rosa. Questa coppia di “stelle” ha chiuso la tappa del Blockhaus 44” dopo l’arrivo dell’australiana.
La vittoria della Bradbury è stata fondamentale per la lotta alla maglia rosa perchè l’abbuono di 10” per il primo posto se conquistato dalla Kopecky le avrebbe permesso di passare in testa alla classifica. I restanti abbuoni di 6” e 4” hanno, invece, fatto sì che la belga conquistasse ancora terreno, ma non abbastanza per scavalcare la campionessa italiana, in Rosa dalla prima tappa.
Ovviamente le protagoniste della tappa odierna non sono state solo le prime tre dell’ordine d’arrivo, che in ordine inverso sono anche quelle che occupano i primi tre posti della generale, distante rispettivamente di un secondo e di 1′12″. Tornando all’ordine d’arrivo in quarta posizione dopo 1’07” si è piazzata Pauliena Rooijakkers (Feix-Deceuninck), a 2′02″ Antonia Niedermaier (Canyon//SRAM Racing) e Juliette Labous (Team dsm-firmenich PostNL), a 2′05″ Niamh Fisher-Black (Team SD Worx – Protime), a 2′15″ Gaia Realini (Lidl – Trek), a 4′20″ Mareille Meijering (Movistar Team), Mavi García (Liv AlUla Jayco) e Cecilie Uttrup Ludwig (FDJ – SUEZ). Nella top20 si sono piazzate altre tre italiane: tredicesima Monica Trinca Colonel (Bepink – Bongioanni); quattordicesima Erica Magnaldi (UAE Team ADQ) e dicianovesima Barbara Malcotti (Human Powered Health).
La classifica generale come già scritto vede Longo Borghini e Kopecky divise da un solo secondo, seguite dalla vincitrice odierna, che ha conquistato 8 posizioni e ora è a 1’12”. Nella TopTen troviamo inoltre a 2′01″ la Rooijakkers, a 2′11″ la Labous, a 2′28″ la Niedermaier, a 2′54″ la Fisher-Black, a 3′59″ la Realini, a 4′18″ la Ludwig (FDJ – SUEZ) e a 5′13″ la García
Nelle interviste di rito la prima a prendere la parola è stata la vincitrice di tappa, che ha aggiunto a quanto detto dopo il traguardo: “Sono orgogliosa di me stessa. Non avrei mai creduto di poter vincere una tappa al Giro, e per questo sono estremamente felice. Oggi è stata una giornata molto dura, probabilmente la più difficile che ho passato in bicicletta. Ho attaccato per cercare di vincere la tappa, ma ora tutto cambia anche in ottica classifica generale. Domani farò del mio meglio”.
La Longo Borghini, ben cosciente che la sua maglia rosa è sempre più insidiata dalla campionessa del mondo, ha dichiarato: “E’ stata una giornata durissima, ma sono ancora in maglia rosa. Sapevo che Lotte Kopecky sarebbe andata forte, era migliorata molto in salita già l’anno scorso. La nostra è una sfida su molti terreni, lei è più veloce di me e oggi ha sfruttato questa sua qualità. Domani sarà un altro capitolo, voglio riposarmi e provare a rilassarmi il più possibile”.
Ultima a prendere la parola è stata la Kopecky, che indossa anche la maglia rossa, di leader della classifica a punti: “Quello tra me e Elisa è un duello molto emozionante. Oggi ho cercato di guadagnare qualche secondo sprintando nel finale, ma lei è stata molto forte. Sono molto contenta della mia prestazione su questa salita, in una giornata durissima. Domani ho un’altra chance, il percorso mi piace, soprattutto il finale. Cercheremo di controllare la corsa e se avrò le gambe cercherò di conquistare la maglia rosa”.
L’ultima sfida è stata lanciata, la partita a scacchi tra le due prime donne di questo Giro d’Italia Women si concluderà lungo i 117 Km della Pescara-L’Aquila di domani. La tappa presenta un tracciato impegnativo, un classico saliscendi appenninico con il finale cittadino caratterizzato da brevi salite con pendenza anche in doppia cifra, un traguardo più volte utilizzato anche al Giro d’Italia dei “maschietti”

Mario Prato

Neve Bradbury vince la tappa regina del Giro dItalia Women (Getty Images)

Neve Bradbury vince la tappa regina del Giro d'Italia Women (Getty Images)

13-07-2024

luglio 13, 2024 by Redazione  
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TOUR DE FRANCE

Lo sloveno Tadej Pogačar (UAE Team Emirates) si è imposto nella quattordicesima tappa, Pau – Saint-Lary-Soulan (Pla d’Adet), percorrendo 151.9 Km in 4h01′51″, alla media di 37.685 Km/h. Ha preceduto di 39″ il danese Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease a Bike) e 1′10″ il belga Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step). Miglior italiano Giulio Ciccone (Lidl – Trek), 5° a 1′23″. Pogačar è ancora in maglia gialla con 1′57″ su Vingegaard e 2′22″ su Evenepoel. Miglior italiano Ciccone, 8° a 9′09″

GIRO D’ITALIA WOMEN

L’australiana Neve Bradbury (Canyon//SRAM Racing) si è imposta nella settima tappa, Lanciano – Blockhaus, percorrendo 120 Km in 4h17′34″, alla media di 27.954 Km/h. Ha preceduto di 44″ la belga Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime) e l’italiana Elisa Longo Borghini (Lidl – Trek). La Longo Borghini è ancora in maglia rosa con 1″ sulla Kopecky e 1′12″ sulla Bradbury

TOUR DE L’AIN

L’australiano Fergus Browning (Trinity Racing) si è imposto nella prima tappa, Laiz – Bourg-en-Bresse, percorrendo 137.3 Km in 3h04′48″, alla media di 44.578 Km/h. Ha preceduto allo sprint il neozelandese Laurence Pithie (Groupama – FDJ) e il tedesco Tobias Müller (Rad-Net Oßwald). Due italiani in gara: Davide Cimolai (Movistar Team) 5°, Stefano Oldani (Cofidis), 6°. Browning è il primop leader della classifica con 7″ su Pithie e 9″ su Müller. Cimolai 6° a 13″, Oldani 7° a 13″.

TOUR OF QINGHAI LAKE (Cina)

Il turco Ahmet Örken (Spor Toto Cycling Team) si è imposto nella settima tappa, Qilian – Menyuan, percorrendo 168.5 Km in 3h32′44″, alla media di 47.524 Km/h. Ha preceduto allo sprint il mongolo Tegsh-bayar Batsaikhan (Roojai Insurance) e l’olandese Martijn Rasenberg (Parkhotel Valkenburg). Miglior italiano Riccardo Lucca (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè), 4°. L’ecuadoriano Jefferson Alveiro Cepeda (Caja Rural – Seguros RGA) è ancora leader della classifica con 1′44″ sull’uruguaiano Guillermo Thomas Silva (Caja Rural – Seguros RGA) e 2′20″ sull’italiano Manuele Tarozzi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè)

GP INTERNACIONAL TORRES VEDRAS – TROFÉU JOAQUIM AGOSTINHO (Portogallo)

Il venezuelano Orluis Aular (Caja Rural – Seguros RGA) si è imposto nella seconda tappa, Silveira – Torres Vedras, percorrendo 170.2 Km in 4h26′49″, alla media di 38.273 Km/h. Ha preceduto allo sprint il portoghese Afonso Eulálio (ABTF Betão – Feirense) e di 9″ lo spagnolo Fernando Barceló (Caja Rural – Seguros RGA). Nessun italiano in gara. Aular è ancora leader della classifica con 29″ sul portoghese Tiago Antunes (Efapel Cycling) e 38″ sullo spagnolo Francisco Galván (Equipo Kern Pharma)

GRAND PRIX ALTINKALE

Il britannico Maximilian Stedman (Istanbul Büyükșehir Belediye Spor Türkiye) si è imposto nella corsa turca, circuito di Altınkale, percorrendo 134 Km in 3h26′22″, alla media di 38.96 Km/h. Ha preceduto di 3″ l’iraniano Hasan Seyfollahifard (nazionale iraniana) e di 4″ il turco Ferhat Emisci (nazionale turca). Nessun italiano in gara.

­SUPER TADDEO, ATTACCA SUI PIRENEI E AUMENTA IL VANTAGGIO IN GENERALE

luglio 13, 2024 by Redazione  
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Pogacar manda in avanti Yates come apripista e, dopo il solito scatto violento con cui apre il buco su Vingagaard, lo raggiunge e riprende fiato prima di sparare tutto su pendenze non troppo arcigne e quindi più congeniali ad un corridore potente come lui piuttosto che ad uno scalatore leggero come il danese.

Chi pensa che il Tour sia finito sbaglia di grosso. Può ancora succedere di tutto a partire dalla tappa di domani, dura e lunga, e con tutte le Alpi ancora da affrontare.
Oggi però Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) oltre che incrementare il vantaggio in classifica è stato tatticamente perfetto perché ha sfruttato in contemporanea le sue caratteristiche fisiche (il suo scatto violentissimo, irresistibile per chiunque), la squadra (che ha controllato la corsa alla perfezione e Adam Yates che gli ha fatto da punto di appoggio per permettergli di rifiatare) e le caratteristiche del percorso che, negli ultimi chilometri, presentava pendenze decisamente più adatte alla sua potenza piuttosto che alla leggerezza di un corridore come Jonas Vingegaard (Visma)
Ha funzionato tutto alla perfezione e, forse, oltre le più rosee aspettative della maglia gialla e del suo team.
La squadra ha controllato la fuga senza esagerare, senza sfinire del tutto gli uomini, senza imporre ritmi impossibili, tanto che il gruppo maglia gialla è rimasto abbastanza folto sino all’ultima salita.
Dopo una lunga conversazione tra il capoclassifica e Yates c’è stato l’allungo del britannico, cosa che ha costretto la Visma a mettere in testa al gruppo l’unico uomo disponibile per il danese, Matteo Jorgenson, che non è però uno scalatore ed infatti il ritmo imposto non era affatto vertiginoso, tanto che Yates, senza dannarsi troppo, ha guadagnato in breve 20 secondi.
Pogacar, quando le pendenze erano ancora elevate, è riuscito a creare il buco su Vingegaard e Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step) con la sua classica rasoiata violenta e a portarsi su Yates.
Il compagno di squadra lo ha aiutato a rifiatare, impedendo però a Vingegaard di chiudere il gap.
Quando ormai le pendenze stavano per calare e Yates era sfinito Pogacar è andato via da solo ed è riuscito ad incrementare il suo vantaggio su Vingegaard che, nel frattempo, aveva staccato Evenepoel.
Su pendenze non troppo elevate si riesce a fare velocità e in questo Pogacar è certamente superiore a Vingegaard, tanto che è riuscito ad incrementare il vantaggio molto più che nella prima parte dell’attacco. Al contrario di quanto accaduto sul Massiccio Centrale, quando forse Pogacar si era anche alimentato male, non solo Vingegaard non è riuscito a chiudere il gap, ma ha tagliato il traguardo con 40 secondi di ritardo.
A 1′10″ è arrivato Evenepoel che, alla prima prova sulle grandi salite, sta dimostrando di essere molto migliorato anche su questo terreno.
In questa tappa Pogacar non ha utilizzato la squadra solo per tirare e controllare la corsa, ma ha capito che poteva sfruttare la superiorità del suo team anche in altro modo e è riuscito infatti a finalizzare l’attacco di Yates anche perché Jorgenson, che era stato utilissimo a Vingegaard sugli sterrati, non è certo al livello di Yates in montagna.
Venendo alla cronaca odierna, la corsa prevedeva un lungo tratto pianeggiante nel quale ci sono stati subiti moltissimi attacchi, che non riescono però a dar vita alla fuga.
Intorno a chilometro 40 riescono ad avvantaggiarsi Bryan Coquard (Cofidis), Mathieu Van Der Poel (Alpecin-Deceuninck), Arnaud De Lie e Cedric Beullens (Lotto Dstny), preso raggiunti da Oier Lazkano (Movistar), Magnus Cort (Uno-X Mobility), Kévin Vauquelin e Raul Garcia Pierna (Arkéa-B&B Hotels). Il gruppo sembra calmarsi e questo porta altri corridori a decidere di inseguire i battistrada. Il gruppo dei contrattaccanti è formato da Christopher Juul-jensen (Team Jayco AlUla), Michał Kwiatkowski (Ineos Grenadiers), Bruno Armirail (Decathlon Ag2r La Mondiale Team), Marco Haller (Red Bull-Bora-hansgrohe), David Gaudu (Groupama-FDJ), Jasper Philipsen (Alpecin-Deceuninck), Rui Costa, Ben Healy e Sean Quinn (EF Education-EasyPost), Victor Campenaerts (Lotto Dstny), Simon Geschke (Cofidis), Louis Meintjes e Biniam Girmay (Intermarché-Wanty), Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan Team) e Fabien Grellier (TotalEnergies)
L’inseguimento viene portato a termine sulle prime rampe del Tourmalet ma, naturalmente, poco dopo l’inizio della salita molto uomini iniziano a perdere contatto, mentre dietro il gruppo viaggia con 4 minuti di ritardo e con la UAE in testa che controlla abbastanza tranquillamente, mentre Pogacar non si trova nella scia dei compagni di squadra bensì nella pancia del gruppo.
Al GPM, dedicato come sempre al ricordo di Jacques Goddet, Lazkano riesce a distanziare Gaudu in un duello che avrà esito opposto sul successivo GPM di Horquette d’Ancizan.
Su questa seconda salita di giornata, però, il gruppo alza il ritmo con l’intervento in testa di Marc Soler (UAE Team Emirates) e anche il gruppetto dei battistrada si riduce grazie all’azione di Healy che si porta dietro Kwiatkowski, Meintjes, Gaudu e Lazkano, con quest’ultimo che disegna della orribili traiettorie quadrate in discesa e perde contatto dagli altri per rientrare in un momento successivo.
Sull’ultima salita il ritardo del gruppo è ormai ridotto a poco più di un minuto ed in testa si portano prima Pavel Sivakov (UAE Team Emirates) poi Joao Almeida (UAE Team Emirates), mentre davanti Healy va via da solo.
Almeida resta davanti per poche centinaia di metri perché a quel punto parte Yates e in gruppo è Jorgenson a mettersi davanti, fino all’affondo di Pogacar che si appoggia a Yates per rifiatare prima di ripartire a tutta. Vingegaard, che in un primo momento riesce a contenere il gap come al solito negli 8-9 secondi, inizia a perdere sempre di più con il passare dei chilometri, tanto che nell’ultimo chilometro accusa un distacco identico a quello accumulato in oltre 3 km e giunge al traguardo con 39 secondi di ritardo.
Attualmente il danese è a quasi 2 minuti dalla maglia gialla, mentre Evenepoel perde la seconda posizione e scende al sul terzo gradino provvisorio con un ritardo di 2′22″, ma può essere soddisfatto della sua prova.
Buona la gara di Giulio Ciccone (Lidl – Trek), che giunge al traguardo con 1′23″ di ritardo e mantiene la posizione in top ten, ottavo con poco più di 9 minuti di ritardo.
Oggi è andata in scena una bellissima tappa, ma le emozioni non sono finite perché domani ci sarà un altro tappone pirenaico con partenza in salita e 5 colli da affrontare prima dell’arrivo sul Plateau de Beille, dove Pantani sferrò un attacco nell’anno che lo avrebbe poi visto firmare l’ultima doppietta Giro-Tour, obiettivo che Pogacar vuole raggiungere in questa stagione

Benedetto Ciccarone

La maglia gialla allattacco sulle strade della prima frazione pirenaica (Getty Images)

La maglia gialla all'attacco sulle strade della prima frazione pirenaica (Getty Images)

LA TAPPA DEL GIORNO (e altro ancora): PAU – SAINT-LARY-SOULAN (PLA D’ADET)

luglio 13, 2024 by Redazione  
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Arrivano i Pirenei che debuttano con due ascese classiche, il mitico Tourmalet e quella che condurrà i corridori al traguardo del Pla d’Adet.

Debuttano i Pirenei con un arrivo in salita classico per il Tour de France, già proposto in dieci occasioni. Il Pla d’Adet fu inserito nel tracciato per la prima volta nel 1974 e così quest’anno si celebrerà il cinquantennale di quella storica giornata, che coincise con l’ultima vittoria sulle strade della Grande Boucle di uno dei corridori più amati di Francia, l’indimenticato Raymond Poulidor. “Poupou” vinse al termine di una frazione che era partita dalla cittadina spagnola di La Seu d’Urgell, alle porte del principato d’Andorra, mentre quest’anno si arriverà dalla direzione opposta, affrontando un’altra storica ascesa del Tour, il mitico Colle del Tourmalet (2115 metri), che nel 2024 sarà scalato per l’86a volta nella storia. Sarà la prima delle tre salite di giornata, intrapresa dal versante più impegnativo, quasi 20 Km al 7.4% al termine dei quali sarà assegnato, oltre al GPM, uno speciale “souvenir” intitolato a Jacques Goddet, il giornalista che fu secondo direttore del Tour, incarico ricoperto dal 1947 al 1986. Ad una salita storica ne seguirà una meno tradizionale, perchè risale solo al 2011 – 101 anni dopo la scoperta ciclistica del Tourmalet – la prima ascensione all’Hourquette d’Ancizan, che sarà invece affrontata dal versante sulla carta più pedalabile, anche se il dato ufficiale di 8.2 Km al 5.1% è inficiato dalla presenza di un tratto intermedio in discesa (i primi 4 km sono i più tosti, al 7.2% di pendenza media). A quel punto mancheranno 28 Km e mezzo al traguardo, gli ultimi 11 dei quali nuovamente in salita, stavolta pedalando su una pendenza media del 7.9%: c’è spazio per far infiammare nuovamente la lotta tra Pogacar, Vingegaard e il terzo incomodo Evenepoel.

METEO TOUR

Pau : parzialmente nuvoloso, 21°C, vento moderato da NE (8-22 Km/h), umidità al 56%
Argelès-Gazost (Km 52): cielo coperto, 19°C, vento moderato da NE (9-27 Km/h), umidità al 78%
Luz-Saint-Sauveur (inizio Tourmalet – Km 70.6): : parzialmente nuvoloso, 24°C (percepiti 25°C), vento moderato da SO (4-41 Km/h), umidità al 62%
Col du Tourmalet (GPM – Km 89.6): : parzialmente nuvoloso, 20°C, vento moderato da O (0-31 Km/h), umidità al 65%
Saint-Lary-Soulan (Pla d’Adet): parzialmente nuvoloso, 19°C, vento forte da S (8-50 Km/h), umidità al 58%

GLI ORARI DEL TOUR

12.45: inizio diretta su Eurosport
13.20: partenza da Pau
14.45: inizio diretta su Rai2 (dopo la diretta del Giro d’Italia Femminile, dalle 14.00)
14.50-15.00: traguardo volante di Esquièze-Sère e inizio salita Tourmalet
15.40-16.05: GPM del Col du Tourmalet
16.00-16.30: inizio salita dell’Hourquette d’Ancizan
16.20-16.45: GPM dell’Hourquette d’Ancizan
16.40-17.10: inizio salita finale
17.15-17.50: arrivo al Pla d’Adet

LA FOTORICOGNIZIONE DEL FINALE

http://www.ilciclismo.it/2009/?p=73614

RASSEGNA STAMPA

Italia

Philipsen si impone in volata su Van Aert. Maxi caduta nel finale! Pogacar sempre in giallo

Gazzetta dello Sport

Slovenia

Konec Toura za Primoža Rogliča – Spet padec pred ciljem. Druga zmaga Philipsena (La fine del Tour per Primož Roglič – Un’altra caduta prima del traguardo. Seconda vittoria di Philipsen)

Delo

Danimarca

Philipsen tager anden Tour-sejr i år efter vild etape (Philipsen ottiene la sua seconda vittoria al Tour quest’anno dopo una tappa selvaggia)

Politiken

Regno Unito

Jasper Philipsen wins stage 13 in Pau after hefty late crash (Jasper Philipsen vince la tappa 13 a Pau dopo un violento incidente nel finale)

The Daily Telegraph

Francia

Dégâts et frustrations après la chute – Philipsen double la mise (Danni e frustrazione dopo la caduta)

L’Équipe

Spagna

Philipsen vuela al esprint en vísperas de los Pirineos (Philipsen vola allo sprint alla vigilia dei Pirenei)

AS

Belgio

Jasper Philipsen sprint oppermachtig naar tweede ritzege in Tour, Wout van Aert strandt alweer op… plek twee! (Jasper Philipsen scatta in modo straordinario verso la vittoria della seconda tappa del Tour, Wout van Aert è nuovamente bloccato al… secondo posto!)

Het Nieuwsblad

Paesi Bassi

Jasper Philipsen wint spectaculaire dertiende etappe in Tour de France (Jasper Philipsen vince la spettacolare tredicesima tappa del Tour de France)

De Telegraaf

Germania

Zum dritten Mal Dritter: Ackermann bei Philipsen-Sieg erneut geschlagen (Terzo tempo per la terza volta: Ackermann battuto ancora nella vittoria di Philipsen)

Kicker

Stati Uniti

Philipsen wins Stage 13 of Tour de France in sprint finish and Pogacar keeps overall lead (Philipsen vince la 13a tappa del Tour de France in volata e Pogacar mantiene la testa della classifica generale)

The Washington Post

Colombia

Jasper Philipsen se impuso en la etapa 13 del Tour de Francia (Jasper Philipsen ha vinto la 13a tappa del Tour de France)

El Espectador

Ecuador

Richard Carapaz pelea en la fuga de la etapa 13 del Tour de Francia, triunfo de Jasper Philipsen (Richard Carapaz lotta nella fuga della 13a tappa del Tour de France, vittoria per Jasper Philipsen)

El Universo

Australia

Philipsen sprints home as Pogacar retains control (Philipsen corre a casa mentre Pogacar mantiene il controllo)

The West Australian

TOURALCONTRARIO

Ordine d’arrivo della tredicesima tappa, Agen – Pau

1° Yves Lampaert
2° Jarrad Drizners a 43″
3° Louis Vervaeke s.t.
4° Kobe Goossens s.t.
5° Jan Hirt s.t.

Miglior italiano: Davide Formolo, 14° a 43″

Classifica generale

1° Bram Welten
2° Jarrad Drizners a 14′48″
3° Gerben Thijssen a 15′06″
4° Davide Ballerini a 20′15″
5° Mark Cavendish a 20′40″

I MISTERI DELLA CASSAPANCA

L’angolo degli strafalcioni dei telecronisti

Rizzato: “Ayuso non riusciva a muovere la bicicletta”
Rizzato: “Gruppo sempre spianato”
Rizzato: “C’è vento, si vede nella vegetazione”

CASA RICORDI: TOUR DE FRANCE 1948

La partenza del Tour da Firenze ci riporta con la memoria al Tour del 1948, l’ultimo dei due vinti dal fiorentino Gino Bartali, conquistato nei drammatici giorni dell’attentato al leader del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti. Riviviamo quei giorni attraverso i titoli del quotidiano “La Stampa”

15 LUGLIO 1948 – 13a TAPPA: CANNES – BRIANÇON (274 Km)

BARTALI DOMINATORE A BRIANÇON TENTA OGGI LA CARTA DECISIVA – SCHIANTATI BOBET E ROBIC SUL VARS E SULL’IZOARD

Un’impresa da leggenda ripetuta a dieci anni di distanza – La grande corsa che tutti aspettavamo – Da stamane all’attacco di altri colli alpini – Traguardo di Briançon

La “maglia gialla” ha tagliato ieri il traguardo con 18 minuti di ritardo e Robic con 24′ – Una maglia tricolore; tutti gridarono: Bartalì – Gino arrivò sorridente – Il pianto di Bobet e l’ansia per il verdetto del cronometro – Dominati da “Gino”

LO SCIOPERO GENERALE FINITO A MEZZOGIORNO

L’accordo tra il Governo e la C. G. I. L. raggiunto stanotte – Gli ultimi bollettini sulle condizioni di Togliatti

Milioni di lavoratori hanno partecipato alla manifestazione di protesta per il criminale attentato contro il “leader” comunista – Le situazioni più difficili, per gli incidenti occorsi in alcuni centri, saranno risolte d’intesa fra le due parti – Ritorno alla normalità: il lavoro già ripreso in varie città

Pla d’Adet e l’altimetria della quattordicesima tappa (www.saintlary.com)

Pla d’Adet e l’altimetria della quattordicesima tappa (www.saintlary.com)

GIRO D’ITALIA WOMEN: LIANE LIPPERT SI PRENDE LA SESTA TAPPA, LONGO BORGHINI TIENE LA MAGLIA ROSA

luglio 12, 2024 by Redazione  
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Successo della tedesca Liane Lippert che si è imposta sul terzetto che ha animato la fuga buona nel finale di gara. Podio di giornata per Ruth Edwards e Erica Magnaldi. Elisa Longo Borghini risponde ad un tentativo di attacco della Kopecky e mantiene la Maglia Rosa a due tappe dal termine

La fuga buona nata nelle fasi finali della tappa premia la tedesca Liane Lippert (Movistar Team), che si è imposta nella San Benedetto del Tronto-Chieti di 159 km, sesta tappa del Giro d’Italia Women. Al secondo e terzo posto si sono classificate rispettivamente Ruth Edwards (Human Powered Health) e Erica Magnaldi (UAE Team ADQ), ultime rimaste del drappello che era riuscito ad avvantaggiarsi insieme ad Ane Santesteban (Laboral Kutxa – Fundación Euskadi) dopo il GPM di Penne.
La vittoria della Lippert, senza nulla togliere al valore delle altre atlete impegnate nella corsa, ha un valore maggiore essendo stata vittima di un infortunio che l’ha tenuta lontano dalle corse per molto tempo, come si evince anche dalle sue dichiarazioni post gara: “E’ una vittoria dal valore immenso anche perchè l’inizio di Giro è stato molto complicato. Ho iniziato ad assaporarla dal momento in cui sono entrata nella fuga ma allo stesso momento dicevo a me stessa di rimanere concentrata. Ho passato dei mesi difficili a causa di un brutto infortunio e voglio ringraziare coloro che hanno creduto in me. Sono molto emozionata perché, dopo l’infortunio che ho avuto, cercavo una vittoria o un buon risultato da dedicare non solo a me stessa ma a tutti coloro che mi sostengono. È stata una giornata dura e calda, il ritmo era molto veloce, per fortuna sono riuscita a entrare nella fuga giusta. Quella di oggi era l’ultima possibilità per me di vincere ed ero molto motivata. Non volevo ripetere l’errore commesso ai Campionati Nazionali, quindi ho deciso di anticipare un po’ lo sprint. E’ andata bene, sono molto soddisfatta”.
Se quella di oggi era l’ultima possibilità per la tedesca di dire la sua, per le “stelle” di questo Giro la sesta tappa è stata la prima di una terna che le vedrà impegnate fino alla fine per la conquista della Maglia Rosa.
Dopo la volata vincente di ieri che ha permesso a Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime) di avvicinarsi alla vetta della classifica, oggi è stata la maglia rosa Longo Borghini (Lidl – Trek) ad aggiudicarsi il round della loro personalissima sfida. La piemontese ha, infatti, prontamente risposto ad un allungo della belga nel finale di gara e, non soddisfatta di averne spento le velleità, è anche andata a vincere la volata del gruppetto che inseguiva le tre di testa, chiudendo in quarta posizione. “Sono felice di aver vinto la volata per il quarto posto anche se non cambia niente per la classifica generale. Non è una sfida tra me e Lotte Kopecky, il livello della gara è molto alto e non si può escludere nessuna dalla sfida per la Maglia Rosa. Domani ci saranno distacchi elevati perchè il Blockhaus è una salita molto selettiva. L’ho provata in allenamento con Gaia Realini e credo che sarà decisiva”.
Domani il Giro d’Italia femminile ha in programma quella che si può definire “Tappa Regina”. Si partirà da Lanciano alla volta della celebre ascesa del Blockhaus, che si raggiungerà in 120 Km. La salita sarà presa di petto due volte, la prima fermandosi ai quasi 1300 metri del Passo Lanciano dopo 11 Km all’8.6%, la secondda prolungando l’ascensione di quasi 5 Km – in tutto sono 16 Km all’8.3% – per portarsi fino a quota 1654, nello stesso luogo dove nel recente passato sono terminate tre tappe del Giro riservato ai professionisti. Nell’occasione l’ascesa finale sarà intitolata ad Alfonsina Strada, la ciclista emiliana che corse tra il 1907 e il 1936 e nel 1924 presa parte, unica donna, al Giro d’Italia maschile: la ricorderà un’opera realizzata dallo street artist toscano Dela Vega e che sarà installata presso il punto culminante della strada asfaltata
del Blockhaus, a 2068 metri du quota, luogo dove nel 1967 era terminata la prima tappa del Giro arrivata lassù, vinta dal “cannibale” Eddy Merckx.

Mario Prato

Liane Lippert vince la sesta tappa del Giro dItalia femminile (Getty Images)

Liane Lippert vince la sesta tappa del Giro d'Italia femminile (Getty Images)

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