GOCCE DI PINOT: QUARTO AL GIRO, PRIMATTORE AD ASIAGO
Sogna rosa Thibaut Pinot al Giro del 2017 e non andrà molto lontano dall’esaudire le sue ambizioni, concludendo la corsa italiana al quarto posto, appena giù dal podio, con poco più di un minuto di ritardo dallo specialista delle cronometro Tom Dumoulin. Per lui la soddisfazione di imporsi nell’ultima tappa di montagna, quella di Asiago, e di esser stato tra i protagonisti della tappa del giorno prima a Piancavallo, nella quale gli avversari erano riusciti a mettere in leggere crisi il cronoman olandese.
PINOT COGLIE L’ULTIMA OCCASIONE QUINTANA GUADAGNA SECONDI: BASTERANNO?
Verdetto finale rimandato alla cronometro di domani. Dopo il forcing sul grappa della Katusha, il gruppo, momentaneamente esploso, si ricompone e la battaglia va in scena sulla salita di Foza, con Dumoulin che resiste per diversi chilometri prima di staccarsi. Le differenze però sono minime e le energie al lumicino, come dimostrato dal tratto in falsopiano che lascia quasi invariati i distacchi.
Le energie rimaste nel serbatoio saranno la chiave di volta per la vittoria di questo Giro d’Italia. Sulla carta Dumoulin è favorito per le sue doti a cronometro molto superiori rispetto a quelle degli avversari che lo precedono in classifica generale. Come sappiamo, però, la tappa a cronometro finale vede spesso i livelli appiattiti rispetto a quelle che sono le doti e le caratteristiche dei corridori quando essi sono al top della condizione. Ricordiamo tutti Pantani a Lugano nel 1998 quando, se a Trieste aveva perso oltre due minuti da Tonkov, nella cronometro del penultimo giorno aveva viaggiato sugli stessi tempi del russo che si era sfinito nel tentativo di resistere alle sue accelerazioni verso Montecampione.
Nell’intervista rilasciata subito dopo il traguardo Dumoulin ha detto di essersi “ucciso” per cercare di rimanere il più vicino possibile ai suoi avversari in classifica generale che, per il momento, lo hanno messo giù dal podio. In realtà Dumoulin è riuscito a limitare i danni anche grazie all’aiuto di Mollema e Yates, ma soprattutto a quello di un passistone di razza come Jungels. Tuttavia anche lui ha dovuto fare la sua parte e, quando gli avversari davanti hanno trovato l’accordo ed hanno cominciato ad andare pancia a terra, il distacco, che si era ridotto al lumicino, è tornato a salire a dimostrazione del fatto che sono tutti stanchi e che le differenze potrebbero essere molto minori di quanto non ci si aspetti.
Nairo Quintana, che oggi avrebbe dovuto far di tutto per distanziare il più possibile Tom Dumoulin, non ha sferrato neppure in quest’ultima occasione un attacco deciso. Tale comportamento potrebbe avere una duplice lettura: potrebbe essere segno di una condizione che non è delle migliori, anche perché l’intenzione di tentare la doppietta potrebbe aver indotto Quintana a prepararsi in modo da essere al meglio nella parte centrale del Giro per poi riuscire a recuperare la condizione in tempo per il Tour. Questa prima lettura ha dalla sua il distacco che Quintana è riuscito a dare a tutti nella tappa con arrivo sulla Majella, distacchi che non è parso in grado di infliggere agli avversari sulle successive salite.
L’altra lettura possibile è quella che Quintana abbia tentato di risparmiarsi proprio per cercare di conservare energie da mettere sulla strada nella cronometro di domani. Anche questa seconda lettura ha dalla sua alcuni elementi. Ieri, quando è rimasto indietro per un breve problema meccanico, è stato lestissimo a riportarsi, con uno dei suoi proverbiali scatti, sugli avversari in accelerazione ed in particolare su Vincenzo Nibali ed oggi si metteva davanti per pochi metri e poi chiedeva subito il cambio, come a voler cercare di fare meno fatica possibile proprio per risparmiarsi.
Dumoulin e Quintana non sono gli unici pretendenti alla vittoria finale di questo Giro e gli aspiranti al podio sono almeno cinque, con l’ovvia conseguenza che due di essi resteranno a bocca asciutta. Pinot, che fino a qualche anno fa aveva evidenti problemi contro il tempo, è migliorato moltissimo, tanto da conquistare il titolo nazionale di specialità, e sembra in crescendo di condizione rispetto al giorno dello Stelvio. Anche la buona difesa sul Blockhaus ha contributo all’ottima posizione in classifica che il francese vanta. Nibali, dal canto suo, è uno che a cronometro si difende abbastanza bene, anche se non è certo uno specialista. Come si diceva prima, bisognerà vedere la brillantezza che gli è rimasta. Nella cronometro del Tour de France 2014, vinta da Tony Martin, Nibali aveva pagato venti secondi a Dumoulin in 54 Km. Dumoulin è molto migliorato rispetto al 2014, ma la distanza sulla quale si correrà domani è enormemente inferiore.
Paradossalmente quello che rischia di più il podio domani è proprio Nairo Quintana che, tra i vari pretendenti, è quello che ha la caratteristiche meno adatte per fare una buona prova, anche se in certe occasioni è anche riuscito a difendersi abbastanza.
Per tutte queste ragioni è difficile fare previsioni su cosa succederà domani.
Anche oggi, la tappa è stata disputata a grande velocità e, sul Grappa, gli uomini di classifica hanno cercato di far stancare Dumoulin per poi staccarlo sulla salita finale.
Ciò ha impedito alla fuga che si era formata di decollare. Il tentativo si era formato dopo 15 chilometri di scatti e controscatti ed era composto da Dylan Teuns (BMC), Tom-Jelte Slagter (Cannondale-Drapac), Mathieu Ladagnous (FDJ), Dries Devenyns (Quick-Step Floors), Maxim Belkov (Katusha-Alpecin) e Filippo Pozzato (Wilier – Selle Italia).
I sei ricevono, poco dopo la loro uscita, il via libera dal gruppo, dopo un po’ di bagarre sul muro di Ca’ del Poggio. Il vantaggio arriva anche oltre i 7 minuti, mentre Simone Andreetta (Bardiani-CSF) e Gregor Mühlberger (Bora-Hansgrohe), che si erano lanciati al contrattacco, non riescono ad agguantare la testa della corsa.
Lungo la salita del Monte Grappa sono Teuns e Devenyns che se ne vanno da soli, lasciando che i compagni di avventura vengano ripresi da un gruppo in forte rimonta grazie al ritmo imposto di Ilnur Zakarin, ritmo che miete diverse vittime e per molti chilometri non si fa altro che vedere corridori che perdono contatto. Anche Tom Dumoulin in qualche tratto sembrava affaticato nel restare con il gruppetto dei migliori, ma è riuscito con grande carattere a restare attaccato.
Il versante scelto per l’ascesa al Monte Grappa presenta comunque numerosi tratti in contropendenza ed è proprio sfruttando questi tratti che corridori anche importanti come Mollema riescono a rientrare in gruppo. Proprio in vista del GPM prova un allungo Cataldo che verrà ripreso alcuni chilometri dopo. Sono vari quanto vani i tentativi di alcuni corridori di avvantaggiarsi nella tecnica discesa del Monte Grappa.
Ai piedi della salita di Foza il vantaggio della coppia di testa sul gruppo maglia rosa è intorno ai 2 minuti e mezzo, mentre Teuns prova a staccare il compagno d’avventura. In gruppo, è Nibali uno dei primi a tentare una sollecitazione e, già su quest’azione, si vede che Dumoulin perde qualche metro, riuscendo però a rientrare come suo solito grazie al ritmo regolare ma sostenuto che riesce a mantenere. Gli avversari non sembrano, però, in grado di scavare un solco apprezzabile e, dopo il rientro di Dumoulin, c’è un generale rallentamento che permette al gruppo di rinfoltirsi.
L’attacco successivo è di Zakarin e Pozzovivo, con il russo che cerca il podio ed il lucano alla caccia di una vittoria di tappa. I due vanno via abbastanza bene e Quintana allunga con un po’ di ritardo, portandosi dietro Vincenzo Nibali e chiedendogli frequentemente il cambio. Dumoulin non risponde, ma i due faticano a guadagnare mentre Pinot, che in un primo tempo era rimasto sorpreso, accortosi che il suo compagno di squadra non è in brado di dargli una mano decide di riportarsi tutto solo sulla maglia rosa e su Nibali, riuscendoci abbastanza agevolmente.
Il terzetto fa molta fatica nel tentativo di riavvicinare gli avversari, anche perché non c’è un accordo eccezionale tra i tre mentre, dietro, Dumoulin trova la collaborazione del connazionale Mollema, oltre che della maglia bianca Yates e del lussemburghese Jungels. Con la sola eccezione di Mollema, che potrebbe essere intenzionato a cercare di raggiungere Pozzovivo a cronometro domani, non si comprende la verve di Jungels e Yates nel tirare. Essi, infatti, sono entrambi molto attardati in classifica generale dal corridore che li precede e sono in lotta per aggiudicarsi la maglia bianca. Pertanto, sarebbe stato più saggio da parte loro cercare di risparmiarsi per poi dare tutto nella cronometro. Questo aiuto del tutto inaspettato sarà fondamentale per Dumoulin, che ringrazierà pubblicamente i colleghi dopo il traguardo.
Dopo il GPM c’erano, infatti, 14 chilometri per andare all’arrivo, molti dei quali in falsopiano, tratti in cui è fondamentale trovarsi insieme ad altri corridori che si danno cambi. Davanti, però, dopo il ricongiungimento tra il terzetto Pinot-Nibali-Quintana e la coppia di testa non c’è un grande accordo, nonostante tutti abbiano l’interesse a distanziare Dumoulin. In effetti, il colombiano corre molto al risparmio e gli altri si indispettiscono un po’, poiché è proprio il corridore in maglia rosa quello che ha il maggior interesse e distanziare il secondo in generale. Probabilmente Quintana si sente inferiore a cronometro anche rispetto a Nibali e Pinot e non vuole trovarsi a corto di energie domani.
Nell’ultimo tratto del falsopiano finalmente davanti ritrovano la collaborazione ed il vantaggio, che si era quasi annullato, torna a salire nonostante le grandi trenate dei passistoni all’inseguimento.
Alla fine il vantaggio sarà di 15 secondi, con Pinot che coglie la vittoria prendendosi l’abbuono maggiore davanti a Zakarin e Nibali, che rosicchiano così qualche secondo al capoclassifica in vista della crono di domani. Dumoulin è sembrato molto affaticato nel finale, ma può considerarsi tutto sommato soddisfatto per essere riuscito, anche grazie all’aiuto di Jungels e Yates, a difendersi molto bene. Nibali è secondo e potrebbe superare Quintana nella crono di domani, ma dovrà guardarsi da Pinot e sarà difficile riuscire a impedire il rientro di Dumoulin, che è provvisoriamente giù dal podio.
Questo Giro, chiunque vincerà domani, è stato avvincente più per gli imprevisti che per il percorso. Un percorso, torniamo a dire, sbilanciato in favore del grande passista della cronometro. Con il livellamento generale che regna nel ciclismo moderno, la cronometro rimane l’unico terreno nel quale fare distacchi di un certo peso e si è visto in questo giro nella tappa del Sagrantino con minuti volati tra gli uomini di classifica.
Per bilanciare queste tappe ci vorrebbero molti tapponi con salite ripide e indigeste ai cronoman come i rettifili faccia al vento lo sono per gli scalatori. In questo Giro, il tappone vero è stato solo quello di Bormio, mentre le altre tappe presentavano salite tutto sommato comode per i passisti. Non a caso sono state proprio le ascese del Blockhaus e di Piancavallo, che presentavano le pendenze maggiori, a provocare qualche problema al cronoman più forte. Quella del Blockhaus, arrivando nella prima parte di Giro, ha permesso a Dumoulin di difendersi molto bene, mentre quella di Piancavallo, benché complessivamente meno dura, è risultata più indigesta perché arrivata in fin di Giro e ventiquattrore dopo la frazione dolomitica dei cinque passi. L’impressione è che se oggi ci fosse stata una tappa con un’accoppiata di montagne con pendenze più severe, al livello per esempio di Gavia e Mortirolo, i distacchi sarebbero stati molto più elevati.
La classifica corta, infatti, per quanto riguarda Dumoulin, dipende certamente dalla sosta forzata nella tappa di Bormio che ha causato alla maglia rosa un distacco di oltre 2 minuti.
Considerando il ritmo al quale l’olandese ha percorso l’Umbrail si può affermare che, senza quell’imprevisto, Dumoulin sarebbe ora in maglia rosa con un buon vantaggio ed un’altra cronometro a disposizione. La sola crono del Sagrantino gli sarebbe stata sufficiente a vincere il Giro. L’olandese è stato bravo a difendersi in salita ed addirittura ad attaccare ad Oropa, ma non si può negare che le salite dure nella terza settimana, che avrebbero potuto metterlo in difficoltà, sono mancate completamente. Il tappone di Bormio era indovinato, ma ad esso andavano affiancate altre tappe con salite dure.
In ogni caso, le energie al lumicino per tutti i contendenti saranno il sale della tappa a cronometro di domani che servirà ad incoronare il vincitore della prestigiosa edizione numero 100 che, una volta terminata, lascerà negli appassionati quel sentimento di nostalgia che inevitabilmente sopraggiunge alla fine di una corsa comunque molto emozionante.
Benedetto Ciccarone

Lo sprint vinto da Pinot al termine dell'ultima, elettrizzante tappe di montagna del Giro d'Italia 2017 (foto Tim de Waele/TDWSport.com)
29-10-2023
ottobre 30, 2023 by Redazione
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TOUR DU FASO
Il belga Rutger Wouters (Team Flanders) si è imposto nella terza tappa, circuito di Ouagadougou, percorrendo 140 Km in 3h09h28′, alla media di 44.33 Km/h. Ha preceduto allo sprint i marocchini Achraf Ed Doghmy (nazionale marocchina) ed El Houcaine Sabbahi (nazionale marocchina). Nessuna italiano in gara. Wouters è il nuovo leader della classifica con 3″ sul burkinabè Paul Daumont (nazionale burkinabè) e 17″ su Sabbahi
VUELTA FEMENINA AL ECUADOR
L’ecuadoriana Natalia Vasquez (Movistar – Best PC) si è imposta nella quarta ed ultima tappa, circuito di Riobamba, percorrendo 65.2 Km in 1h25′58″, alla media di 45.506 Km/h. Ha preceduto di 29″ la connazionale Marcela Itzae Peñafiel (Movistar – Best PC) e di 30″ la connazionale Esther Jessica Galarza (Eagle Bikes). Nessuna italiana in gara. La Galarza si impone in classifica con 1′01″ sulla Peñafiel e 1′42″ sulla Vasquez
GOCCE DI PINOT: UN BRINDISI IN VISTA DEL GIRO
Nel 2017 Thibaut Pinot decide di partecipare al Giro d’Italia, una corsa che ha sempre dichiarato di preferire al Giro e questo gli provocherà qualche attrito con la dirigenza della squadra. In vista della Corsa Rosa lo scalatore transalpino si schiera ai nastri di partenza del Tour of The Alps, la gara che fino all’anno prima si chiamava Giro del Trentino e dove Pinot porta a casa la vittoria nella conclusiva tappa di Trento, fallendo per soli sette secondi la vittoria nella classifica finale. Per Thibaut è una bella iniezione di fiducia in ottica Giro, ottenuta davanti ad alcuni tra i grandi favoriti per la lotta per la Maglia Rosa: tra loro c’è Michele Scarponi, che proprio il giorno successivo perderà drammaticamente la vita in un incidente in allenamento.
PINOT BRINDA A TRENTO, MA IL TOUR OF THE ALPES È DI THOMAS
Thibaut Pinot (FDJ) vince a Trento l’ultima tappa del Tour of The Alps 2017 battendo in una volata più che ristretta Brent Bookwalter (BMC) e Geraint Thomas (Sky) dopo una tappa caratterizzata da una fuga di nove ciclisti che si è disintegrata sull’ultimo GPM del Monte Bondone, su cui sono rimasti i migliori della classifica generale. Thomas si aggiudica così la breve corsa alpina dimostrando un’ottima condizione in vista del Giro d’Italia.
L’ultima tappa del Tour of The Alps 2017, la più lunga di questa edizione, prendeva il via da Smarano per arrivare a Trento dopo quasi 200 Km. Da segnalare, tra i non partenti, Damiano Caruso (BMC), Davide Villella e Davide Formolo (Cannondale Drapac). Dopo 11 km dalla partenza Ian Boswell (Sky) era anch’esso costretto al ritiro dopo una caduta. La tappa si animava intorno al km 20, quando iniziavano gli attacchi di diversi ciclisti per riuscire a portare via la fuga di giornata ed al km 30 finalmente questa si concretizzava grazie all’azione di sei ciclisti: Ben Gastauer (AG2R), Joey Rosskopf (BMC), Nicola Bagioli (Nippo Vini Fantini), Daniel Martínez (Wilier Triestina), Francesco Manuel Bongiorno e Paolo Totò (Sangemini – MG.Kvis). Al km 40 ai sei fuggitivi si univano Steve Morabito (FDJ), Sergej Černeckij (Astana), e Francesco Gavazzi (Androni Giocattoli). Al km 45 i nove fuggitivi avevano 3 minuti e 45 secondi di vantaggio sul gruppo tirato dalla Sky. Sul Passo Durone, primo GPM di giornata, era Bongiorno a transitare per primo. I fuggitivi avevano un vantaggio di 2 minuti e 40 secondi sulla coppia della Bardiani formata da Stefano Pirazzi e Simone Sterbini, che avevano a loro volta provato l’attacco mentre il gruppo era segnalato a quasi 5 minuti dai fuggitivi. Gavazzi vinceva lo sprint intermedio di Arco al km 117 mentre i due ciclisti intercalati venivano ripresi dal gruppo poco prima dell’inizio della salita verso il Monte Bondone, secondo e ultimo GPM di giornata, a 34 km dall’arrivo. Gavazzi era uno dei primi fuggitivi a staccarsi dalla fuga e ad essere ripreso dal gruppo e, pian piano, sotto l’impulso della Sky la fuga si sbriciolava. Iniziavano gli attacchi degli uomini di classifica e tra i più attivi erano Thibaut Pinot (FDJ) ed Egan Bernal (Androni Giocattoli). Proprio quest’ultimo allungava nel tratto finale della salita transitando in prima posizione sotto lo striscione del GPM con una ventina di secondi sul primo gruppo inseguitore, comprendente tutti i migliori. Il colombiano veniva ripreso nella discesa verso Trento. Una decina di ciclisti, tutti i più forti, si giocavano quindi la vittoria nel capoluogo regionale. Era Thibaut Pinot che, dopo la delusione di ieri, riusciva ad avere la meglio su Brent Bookwalter (BMC) e Geraint Thomas (Sky). Il francese otteneva così la seconda vittoria stagionale dopo essersi imposto nella seconda tappa della Vuelta a Andalucía. La classifica generale finale vede Thomas prevalere su Pinot per 7 secondi e su Domenico Pozzovivo (Team AG2R) per 20 secondi. Chiudono la top five Michele Scarponi (Astana) e Mikel Landa (Sky), rispettivamente staccati di 26 e 42 secondi. Buone sensazioni anche per il lucano e per il marchigiano in attesa del Giro d’Italia. Per quanto riguarda le altre classifiche, Pascal Ackermann (Bora-Hansgrohe) si aggiudica quella dei traguardi volanti, Alexandr Foliforov (Rusvelo-Gazprom) fa sua quella dei GPM ed infine Egan Bernal (Androni Giocattoli) vince quella del miglior giovane. Adesso, dopo la fine della campagna delle Ardenne con la Liegi-Bastogne-Liegi di domenica ed il Giro di Romandia che inizia martedì prossimo, le attenzioni degli appassionati di ciclismo saranno tutte concentrate sul Giro d’Italia che partirà dalla Sardegna il 5 Maggio.
Giuseppe Scarfone

Si è conclusa con uno sprint tra i primi della classifica la prima edizione del Tour of the Alps (foto Bettini)
28-10-2023
ottobre 29, 2023 by Redazione
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TOUR DU FASO
Il burkinabè Paul Daumont (nazionale burkinabè) si è imposto anche nella seconda tappa, Nioryida – Ziniaré, percorrendo 107.2 Km in 2h25h45′, alla media di 44.13 Km/h. Ha preceduto allo sprint i belgi Wannes Heylen (Team Flanders) e Rutger Wouters (Team Flanders). Nessuna italiano in gara. Daumont è ancora leader della classifica con 9″ su Wouters e 19″ sul marocchino El Houcaine Sabbahi (nazionale marocchina).
VUELTA FEMENINA AL ECUADOR
L’ecuadoriana Marcela Itzae Peñafiel (Movistar – Best PC) si è imposta anche nella terza tappa, circuito di Riobamba, percorrendo 85.3 Km in 3h06′03″, alla media di 27.509 Km/h. Ha preceduto di 36″ la connazionale Esther Jessica Galarza (Eagle Bikes) e di 1′23″ la connazionale Natalia Vasquez (Movistar – Best PC). Nessuna italiana in gara. La Galarza è ancora leader della classifica con 1′04″ sulla Peñafiel e 2′12″ sulla Vasquez
GOCCE DI PINOT: FESTA ANDALUSA PER TIBÒ
La stagione 2017 di Thibaut Pinot inizia col piede giusto. Alla sua terza gara, la Vuelta a Andalucía, vince la tappa più impegnativa con arrivo in salita sulla Peña del Águila e poi conclude la corsa iberica al terzo posto, preceduto di pochi secondi dai corridori di casa Alejandro Valverde e Alberto Contador
ANDALUCÍA, CONTADOR BRINDA CON PINOT
Il tracciato odierno aveva fatto preventivare una tappa divertente ed interessante. La salita finale ha visto un superlativo Contador ben supportato dai suoi. L’attacco del “Pistolero” ha portato alla causa del portacolori della Trek-Segafredo soltanto la conquista della leadership in classifica, poichè la vittoria di tappa è andata a Thibaut Pinot. Terzo è arrivato Alejandro Valverde, dopo un momentaneo appannamento in corrispondenza dell’attacco di Contador: ottima la comunque sua reazione, non sufficiente però alla difesa della maglia di leader.
Dopo la tappa di ieri, anche quella odierna aveva tutti i presupposti per essere una frazione fondamentale per la conquista finale della breve ma storica corsa a tappe spagnola.
E infatti, l’inedita e ripida salita finale verso la Peña del Águila, è stata decisiva per l’esito della tappa. Il più in forma e deciso è sembrato fin dalle primissime rampe è stato Alberto Contador (Trek – Segafredo), che ha preso subito in mano la corsa. Già aveva messo davanti la squadra, incaricando Fabio Felline, reduce del successo al Laigueglia, di alzare ulteriormente il ritmo e di fare il forcing. Esaurito il lavoro del piemontese è stato il corridore di Pinto a salire in cattedra ed involarsi in solitudine. La risposta di Valverde (Movistar Team) in maglia di leader non è tardata, ma il murciano ha capito fin da subito di non essere in grado di tenere le ruote del “saltellante” avversario. Chiunque segua il ciclismo sa, infatti, che quando Contador saltella sui pedali in quel modo l’unica cosa è lasciarlo fare. Così i migliori alle spalle dello spagnolo si sono dimostrati i due corridori della Sky Landa e Rosa e il francese Pinot (FDJ). Un gradino sotto si trovavano Valverde, Ion Izagirre (Bahrain Merida) e Poel (Team Sky), che oggi gareggiava con la maglia “amarillo” della classifica a punti, in realtà spettante a Valverde che, però, correva con indosso le insegne del leader della classifica generale.
Ad un certo punto, però, la salita ha chiesto a Contador un esborso di energie maggiore di quello che gli era permesso dal suo attuale stato di forma. E così nell’ultimo chilometro il “Pistolero” ha via via perso la baldanza dei primi momenti dell’attacco, l’eleganza della sua posizione in sella ed anche l’efficacia delle sue pedalate. L’insieme di cose ha favorito il sopraggiungente Thibaut Pinot, che è così andato a cogliere il successo di tappa con 2″ sul madrileno. Nelle immediate retrovie Alejandro Valverde recuperava intanto morale ed energie e riusciva a chiudere al terzo posto, 5 secondi dietro il connazionale, ottenendo un posto sul podio di giornata che non è stato sufficiente a salvare la leadership in classifica, che ora vede Contador in testa con 3″ su Pinot e 5″ sul murciano.
Con i big che aspettavano di sfidarsi sull’ultima ascesa di giornata, le fasi iniziali della tappa sono state animate dalla fuga nata al settimo chilometro di gara e che ha visti protagonistid Felix Grosschartner (CCC Sprandi Polkowice), Georg Preidler (Team Sunweb), Xandro Meurisse (Wanty-Groupe Gobert), Tim Wellens (Lotto Soudal) e Antonio Nibali (Bahrain Merida), il fratello minore dello “Squalo dello stretto”, che nel corso della frazione ha conquistato uno dei GPM intermedi, l’Alto Valle Puerto Viejo. Strada facendo questa lunga fuga si è ridotta al solo Tim Wellens, che con un vantaggio superiore ai 6’ ai meno 45 deve aver cullato più di un sogno di gloria prima di esser ripreso all’attacco della salita finale.
Domani a Lucena l’unica tappa a cronometro prevista dovrebbe dare la definitiva sistemata alla classifica. Le due rimanenti tappe, infatti, non sembrano influenti e con tutta probabilità termineranno entrambe con il sigillo di un velocista.
Mario Prato

Il francese Pinot precede di una manciata di secondi Contador sulla breve ma esigente salita della Peña del Águila (foto F. Faugere/L'Equipe)
27-10-2023
ottobre 28, 2023 by Redazione
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TOUR DU FASO
Il burkinabè Paul Daumont (nazionale burkinabè) si è imposto nella prima tappa, Ouagadougou – Pô, percorrendo 144 Km in 3h38h35′, alla media di 39.527 Km/h. Ha preceduto allo sprint il belga Rutger Wouters (Team Flanders) e il marocchino El Houcaine Sabbahi (nazionale marocchina). Nessuna italiano in gara. Daumont è il primo leader della classifica con 3″ su Wouters e 9″ su Sabbahi
VUELTA FEMENINA AL ECUADOR
L’ecuadoriana Marcela Itzae Peñafiel (Movistar – Best PC) si è imposta nella seconda tappa, circuito di Guano, percorrendo 71 Km in 2h32′, alla media di 28.03 Km/h. Ha preceduto di 6″ le connazionali Esther Jessica Galarza (Eagle Bikes) e Natalia Vasquez (Movistar – Best PC). Nessuna italiana in gara. La Galarza è ancora leader della classifica con 1′25″ sulla Vasquez e 1′40″ sulla Peñafiel
GOCCE DI PINOT: AL DELFINATO PER PREPARARE IL TOUR 2016
Dopo aver vinto il tappone dell’Alpe d’Huez l’anno prima, nel 2016 Thibaut Pinot ha nel mirino la classifica del Tour. Per preparare l’assalto alla corsa di casa lo scalatore della FDJ si schiera ai nastri di partenza del Criterium del Delfinato, dove però si trova a perder parecchio tempo in tutte le frazioni chiave, cogliendo soltanto una buona giornata nel tappone di Méribel, che vince davanti al connazionale Barder. Andrà peggio al Tour dove, dopo esser andato in crisi sui Pirenei, sarà costretto al ritiro alla 13a tappa a causa di una fastidiosa bronchite
LE GRANDI MANOVRE FALLISCONO: FROOME RESISTE A MERIBEL
Gli avversari della maglia gialla ci provano nella seconda e più impegnativa delle tre frazioni alpine, con Contador addirittura già all’attacco sulla Madeleine, prima di metà percorso. Il Team Sky, però, non lascia spazio, ed è anzi lo stesso Froome ad incrementare leggermente il proprio vantaggio con un allungo all’ultimo chilometro, insieme a Daniel Martin. La tappa va a Pinot, vittorioso in una volata a due con Bardet, che grazie ad una fuga di oltre 70 km risale al secondo posto in classifica.
Malgrado ciò che la piattissima diretta televisiva potrebbe lasciare intendere, la sesta e penultima tappa del Delfinato 2016 è stata tutto ciò che doveva essere: attacchi da lontano, grandi manovre di squadra, Team Sky messo alla frusta e costretto all’inseguimento sin dalle battute iniziali. Disgraziatamente, il tardivo inizio del segnale internazionale ha fatto sì che le fasi più avvincenti di gara, coincise perlopiù con la scalata al Col de la Madeleine, intorno a metà percorso, si svolgessero a telecamere spente.
Quando alle non sempre impeccabili informazioni dell’organizzazione si sono affiancate le immagini, infatti, era già al comando il gruppetto dal quale sarebbero usciti i primi due nomi dell’ordine d’arrivo, nonché il nuovo primo inseguitore di Froome in classifica generale: Thibaut Pinot, che dopo una serie di sconcertanti controprestazioni ha dato un senso al suo Delfinato conquistando il quinto successo stagionale, e Romain Bardet, che si è dovuto arrendere in uno sprint a due al non amatissimo connazionale, ma che, dopo aver a lungo assaporato la maglia gialla virtuale, si è installato al secondo posto della generale, a soli 21’’ dal leader.
Pinot aveva attaccato addirittura sulla prima ascesa di giornata, il Col de Champ-Laurent, entrando a far parte di una maxi-fuga comprendente il suo compagno di squadra Roy, Hermans della BMC, Kiserlovski e Kreuziger della Tinkoff, De Plus e Martin della Etixx, Chérel e Gastauer della Ag2r, Keukeleire della Orica, Van den Broeck della Katusha, Gallopin e Vervaeke della Lotto-Soudal, Pauwels e Teklehaimanot della Dimension Data, Soler della Movistar, Voeckler, Nauleau, Quéméneur e Sicard della Direct Energie, Bennett della LottoNL-Jumbo, Benedetti e Konrad della Bora-Argon e Grmay della Lampre, cui si sono poco dopo aggiunti Grivko e Luis Leon Sanchez della Astana e un terzo Ag2r, Jan Bakelants. Il massiccio gruppo è scollinato con un vantaggio superiore ai tre minuti nei confronti del plotone, nel quale il Team Sky, anche alla luce delle rappresentanze delle squadre di tutti i rivali di Froome fra i battistrada, è stato dunque costretto a dare il la all’inseguimento.
La situazione è rimasta stabile fino all’attacco della Madeleine, quando Contador, ancora sulle prime rampe, lanciato da Jesper Hansen (questa volta metaforicamente, non all’americana come tre giorni fa), si è mosso in prima persona. Aru, Rodriguez, Dayer Quintana e Thurau hanno risposto, andando a costituire un drappello che ha costretto il Team Sky a schierarsi al completo al comando del gruppo. Il vantaggio di Contador e compagni si è mantenuto stabile, intorno al mezzo minuto, per più di metà dell’interminabile scalata, prima che la compattezza del trenino nero avesse la meglio, neutralizzando l’offensiva a 4 km dal Gran Premio della Montagna.
Un istante dopo il ricongiungimento, Aru è ostinatamente ripartito; poco dopo è iniziata l’avventura di Bardet, lanciatosi all’inseguimento del sardo, raggiunto poco dopo lo scollinamento. I due pagavano allora poco meno di un minuto rispetto alla testa della corsa, occupata da Pinot, Chérel e Vervaeke, e vantavano un margine più o meno analogo sul gruppo, scremato ad una ventina di unità da un’ulteriore stilettata di Contador, in vista della cima.
Come sempre, in giornate con tante salite, il momento più difficile della giornata di Pinot è arrivato in discesa, quando il ventiseienne di Mélisey ha perso le ruote dei compagni di viaggio ed è stato scavalcato da Pauwels, a sua volta riportatosi su Chérel e Vervaeke.
Ai piedi della successiva Montée des Frasses, inserita del tutto a sproposito fra le due ascese più dure di giornata, la situazione in testa alla corsa si era in ogni caso normalizzata, grazie al ricompattamento generale fra i vari plotoncini sparsi davanti al gruppo principale. Quest’ultimo, sempre pilotato dal trenino Sky, ha affrontato la salita senza particolare affanno, lasciando che il gruppo Bardet, rimasto nel frattempo orfano di un Aru ancora deficitario, arrivasse a sfondare la barriera dei tre minuti di vantaggio.
La pedalabile discesa ha visto un lieve riavvicinamento del gruppo, prima che, all’inizio della scalata verso Méribel, Landa accelerasse la rimonta. Ben presto, la conquista della maglia gialla da parte di Bardet, distante 1’34’’ da Froome in classifica e rimasto in compagnia del solo Pinot a 10 km dal traguardo, è diventata un’eventualità assai improbabile; la mancanza di bagarre fra i migliori sull’ultima salita, e il contemporaneo affievolirsi dell’azione dello stesso Landa, rimasto al comando fino ai -4, ha però fatto sì che il recupero rallentasse, lasciando aperta la questione fino agli ultimi 2 km.
Soltanto in vista dell’ultimo chilometro, quando anche Henao ha terminato il proprio lavoro, Froome è entrato in azione in prima persona, senza però dare l’impressione di spingere troppo a fondo. Tanto che quando Daniel Martin, a 700 metri dal traguardo, ha provato l’allungo, il keniano bianco è stato il solo a trovare la forza di replicare, distanziando Contador, Porte e tutti gli altri.
Il duo francese, riuscito a conservare un bottino sufficiente ad evitare un revival della beffa di Cummings all’ultimo Tour de France, ha dato vita ad una volata senza grande storia, nella quale Pinot ha sfruttato l’interesse dell’avversario a guadagnare più tempo possibile in classifica, evitando dunque il surplace, per cominciare la volata da dietro e passare agilmente a 100 metri dal traguardo.
Martin, intanto, negli ultimi metri riusciva a scollarsi di ruota anche la maglia gialla, che doveva rinunciare così ai 4’’ di abbuono destinati al terzo classificato, ma poteva consolarsi con gli 8’’ guadagnati nei confronti di Contador, giunto in compagnia di Meintjes, e i 14’’ rifilati a Porte, arrivato con Alaphilippe, leggermente attardato rispetto all’ancora ottimo Rosa e a Yates.
Nell’ultima tappa, che offrirà ai coraggiosi le ascese del Col de Moissière e del Col du Noyer, prima della breve scalata finale verso Superdévoluy, Froome partirà così con 21’’ da amministrare su Bardet e Porte, 30’’ su Daniel Martin, e 35’’ su Contador, che difficilmente si accontenterà del piazzamento. Qualcuno certamente ci proverà, ma la forma dimostrata da Froome e la solidità del Team Sky rendono piuttosto improbabile la prospettiva di un ribaltone.
Matteo Novarini

Pinot e Bardet impegnati nella volata per il successo di tappa (foto Tim De Waele/TDWSport.com)
26-10-2023
ottobre 27, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
VUELTA FEMENINA AL ECUADOR
L’ecuadoriana Esther Jessica Galarza (Eagle Bikes) si è imposta nella prima tappa, circuito a cronometro di Calpi, percorrendo 19 Km in 30′47″, alla media di 36.975 Km/h. Ha preceduto di 1′04″ la connazionale Maria Paula Pazmino (Team Toscana) e di 1′24″ la connazionale Natalia Vasquez (Movistar – Best PC). Nessuna italiana in gara. La Galarza è la prima leader della classifica con 1′04″ sulla Pazmino e 1′24″ sulla Vasquez
ECCO IL TOUR 2024 SENZA PARIGI: PARTENZA DA FIRENZE, ARRIVO A NIZZA
Come ormai annunciato da tempo, il Tour 2024 partirà con tra tappe italiane e finirà con una cronometro a Nizza. Per la prima volta, la Grande Boucle non finirà a Parigi, sfrattata dalla capitale dalla rassegna a cinque cerchi. La crono finale manca dal 1989 quando, proprio all’atto conclusivo, Greg Lemond superò Laurent Fignon, vincendo il Tour con un vantaggio di soli 8 secondi.
La partenza in Italia era già stata svelata ed anche il fatto che la Grande Boucle non sarebbe finita a Parigi, per evitare la paralisi della città che sarà già invasa per l’imminenza dei giochi olimpici, e che si sarebbe conclusa con una tappa a cronometro era un’informazione già in possesso degli appassionati.
Oggi, con la presentazione del tracciato integrale, si possono fare le valutazioni vere e proprie sul percorso.
Innanzitutto va detto che ci sono 5 tappe oltre i 200 Km a fronte di 3 sotto i 150 (escluse ovviamente le prove contro il tempo). Questo, a prima vista, può rappresentare un fatto positivo, tuttavia ad uno sguardo più attent si può notare che le tre tappe sotto i 150 Km siano proprio le tappe di montagna più dure. Neppure quest’anno, quindi, ci saranno i tapponi che uniscono distanze over 200 alla presenza di 5 o 6 colli.
Il secondo dato è che, a fronte di un discreto numero di tappe di montagna, mancano le tappe intermedie. L’inizio in Italia presenta due tappe insidiose ma poi, dopo la tappa con il rientro in Francia e il Galibier, ci sarà una girandola di tappe per velocisti intervallate da una cronometro e da una tappa con 14 settori di sterrato a concludere la prima settimana.
Nella seconda ci sarà un arrivo sul Massiccio centrale e due tappe sui Pirenei, mentre le altre tre tappe saranno dedicate alle ruote veloci.
Nella terza settimana avremo tre tappe sulle Alpi Marittime, una cronometro e due tappe interlocutorie, una per velocisti e una più adatta alle fughe.
Certamente positiva la presenza di due cronometro, anche se il collocamento della seconda cronometro all’ultima tappa, seppur disegnata molto bene, rovina un po’ l’interesse. La crono della settima tappa, che sarebbe stata perfetta per dare vantaggio a un buono cronoman come Evenepoel, che si sarebbe poi potuto difendere in salita, è di soli 25 km, anche se va detto che se ci si ritrova un Vingagaard che infligge enormi distacchi a tutti anche la questione del collocamento delle cronometro perde un po’ la sua importanza. In ogni caso, 59 Km a cronometro tornano ad essere una distanza accettabile.
Andando nel dettaglio della tappe, non si può che accogliere positivamente la prima tappa, che è una cavalcata di oltre 200 Km nell’appennino tosco-emiliano per finire sulla costa romagnola. Dopo 48 chilometri dal via da Firenze il Tour va già a sfiorare i 1000 metri di altitudine sul Colle dei Tre Faggi e poi si affronteranno i colli delle Forche, di Spinello, del Barbotto, di San Leo, di Montemaggio e di San Marino. L’ultima salita termina a 26 chilometri dall’arrivo di Rimini ed è la meno difficile, ma attenzione anche alla discesa di 9 Km: la tappa è per attaccanti e non per uomini di classifica, tuttavia una tappa di 206 chilometri con 7 salite al primo giorno di corsa potrebbe risultare indigesta anche a qualche uomo che nutre speranze in classifica generale. Il giorno successivo, il Tour renderà omaggio a Marco Pantani, partendo da Cesenatico, quello stesso Tour che, negli ultimi anni di carriera del Pirata, gli fece un grave sgarbo non invitando lui, che era un recente vincitore della corsa, preferendo squadre meno consistenti della Mercatone. La tappa, lunga 200 Km, sarà caratterizzata da strappi brevi, a bassa quota, ma attenzione alle pendenze perché già la salita di Gallisterna a metà frazione presenta inclinazioni in doppia cifra e soprattutto nel finale si scalerà due volte il San Luca, con pendenze severissime, specie sulla proverbiale Curva delle Orfanelle. Il secondo passaggio sarà a soli dodici chilometri dall’arrivo di Bologna , con un percorso piuttosto movimentato prima di rientrare in città. Qui, viste le pendenze, sarà possibile vedere anche la stoccata di un uomo di classifica. Pogacar è l’uomo che più di tutti predilige questo tipo di attacchi ed è in grado di portarli a termine positivamente.
La terza tappa da Piacenza a Torino sarà la prima occasione per le ruote veloci e la frazione più lunga del Tour con i sui 230 Km.
La quarta tappa ripartirà da Pinerolo in ricordo di quella che molti considerano la più grande impresa ciclistica della storia, la leggendaria Cuneo – Pinerolo del 1949 con la vittoria di Fausto Coppi dopo un attacco sferrato sulla prima salita. Si tratta di una tappa di montagna con la salita del Sestriere da Pinerolo lunga ben 40 km, quindi Monginevro e Galibier. Questa leggendaria salita sarà affrontata dal versante meno duro, pedalabile fino al Colle di Lautaret, decisamente più duro negli ultimi 9 Km fino ai 2627 metri della cima. Complessa è anche la discesa tecnica verso il traguardo di Valloire. La vetta dista 20 Km dall’arrivo ma l’attacco è possibile, anche perché la tappa presenta 70 Km di salita su 138 totali. Pensando a ciò che abbiamo visto nell’edizione 2023 si può sperare in una battaglia totale tra i big già in questa frazione, anche perché per le prossime occasioni ci sarà da aspettare.
Nella quinta frazione, da Saint-Jean-de-Maurienne a Saint-Vulbas, si abbandonano le Alpi e ci sarà spazio per le ruote veloci, visto che le due salite del percorso non saranno tali da eliminare gli sprinter. Ancor più adatta ai velocisti la sesta tappa da Mâcon a Digione , 163 chilometri totalmente pianeggiante a parte una sparuta collinetta dopo 10 km dal via.
La prima prova contro il tempo sarà collocata alla settima tappa, 25 Km da Nuits-Saint-Georges a Gevrey-Chambertin, complessivamente per specialisti ma con la parte centrale mossa.
Ottava tappa da Semur-en-Auxois a Colombey-les-Deux-Églises mossa con vari mangia e bevi, ma complessivamente per velocisti.
La nona tappa sarà un anello con arrivo e partenza a Troyes e 14 tratti di sterrato per un totale di 32 chilometri da percorrere su strade bianche con l’ultimo settore a 10 Km dalla conclusione. Questa tappa è disegnata molto bene, perché è lunga 200 Km e presenta tanti settori si sterrato distribuiti uniformemente sul tracciato ed è certamente superiore a quella proposta al Giro, nella quale i settori di sterrato probabilmente non incideranno minimamente. Qui, in caso di problemi, si può perdere contatto dai migliori anche molto lontano dal traguardo e a quel punto il rischio è quello di naufragare. Del resto, questo timore traspare dalle parole del manager della Jumbo Richard Plugge, che ha criticato la scelta proprio per il rischio di incorrere in incidenti meccanici che potrebbero rivelarsi decisivi. Questa critica mostra come le squadre più ricche che puntano forte al Tour abbiano una visione distorta e monotona del ciclismo. Gli imprevisti, i trabocchetti, le insidie, i rischi sono il sale del ciclismo, sono gli elementi che lo rendono uno sport imprevedibile e affascinante, mentre per costoro questi sono solo ostacoli fastidiosi che possono scombinare i loro piani precostituiti e preconfezionati di tappe da controllare con lo squadrone.
Dopo il giorno di riposo ad Orléans e una tappa per velocisti diretta a Saint-Amand-Montrond cco il primo arrivo in salita, sul Massiccio Centrale. In realtà, la vetta dell’ultimo GPM è a 2 km e mezzo dal traguardo, ma comunque si arriva in quota ai 1242 metri di Le Lioran. La tappa è lunga (211 Km) e gli ultimi 50 Km sono molto complicati: la prima salita, il Col de Neronne, è molto breve (3,8 Km) ma la pendenza media è del 9%; il Puy Mary sarà la salita più dura di giornata con i suoi 5,4 Km all’8,1% medio per arrivare ai 1589 metri del Pas de Peyrol; dopo la discesa non ci sarà alcun tratto interlocutorio e si attaccherà subito il Col du Pertus (4,4 Km al 7,9%) e quindi l’ultima salita, che è la meno difficile, verso il Col de Font-de-Cère (3,3 Km al 5,8%). Il finale propone diverse opzioni tattiche e le seconde linee potrebbero provare l’attacco di lungo respiro già dal Puy Mary, mentre i big potrebbero aspettare anche il Col du Pertus, che scollina ai -15.
Dopo due tappe per velocisti (Aurillac – Villeneuve sur Lot e Agen – Pau), ecco i Pirenei, dove si affronteranno due tappe con arrivo in salita. La prima sarà piuttosto corta, 152 Km da Pau a Pla d’Adet con il Tourmalet, l’Horquette d’Ancizan e la salita finale di 10 Km al 7,9% di pendenza media: sembra la classica tappa in cui fare grande ritmo sulle prime due salite per poi sferrare l’attacco nel finale.
La seconda tappa pirenaica presenta la salite distanti tra loro, però misura quasi 200 Km e le salite da superare saranno sei e tutte difficili: sono previsti il Peyresourde subito dopo la partenza da Loudenvielle, il Menté, il Portet d’Aspet (in ricordo di Fabio Casartelli) e, dopo un lungo tratto interlocutorio, il Col d’Agnès con il quasi contiguo Port de Lers e, dopo un altro tratto pianeggiante, la salita finale di Plateau de Beille, che gli italiani associano alla vittoria del Pirata che qui guadagnò quasi due minuti su Jan Ullrich nell’indimenticabile Tour de France del 1998.
Visto il lungo tratto che separa la vetta del Col d’Agnès dall’inizio della salita finale, che è anche molto lunga e difficile da gestire, è lecito aspettarsi attacchi solo nel finale, ma la fatica del chilometraggio elevato e delle tante salite unite a quelle del giorno precedente si farà sentire, specie se, come accade spesso sui Pirenei, il caldo si farà asfissiante.
Dopo il giorno di riposo ed una tappa interlocutoria da Gruissan a Nîmes ecco la prima delle tre tappe sulle Alpi Marittime, la numero 17 che da porterà da Saint-Paul-Trois-Châteaux alla stazione sciistica di SuperDévoluy. La salita finale non è per nulla difficile ed è anche breve, ma attenzione alla penultima salita, il Col du Noyer (1664 metri), che prevede 7,5 Km all’8,4% con scollinamento a 8 km dall’arrivo, e non si dovrà sottovalutare nemmeno il precedente Col Bayard (6,8 Km al 7,3%). Il Noyer sarà certamente teatro di attacchi, perché qui si può riuscire a fare la differenza tra i big e, nella successiva discesa e negli ultimi 3,8 km, si può puntare ad aumentare il gap.
L’ultima tappa interlocutoria porterà i corridori da Gap a Barcelonnette. Sarà una frazione da fughe con diverse salite, mentre per i big dovrebbe essere una giornata d’attesa prima del terribile trittico finale.
La tappa numero 19, nonostante il ridotto chilometraggio (solo 145 Km) è davvero tosta. Si va da Embrun a Isola 2000 con tre GPM tutti sopra i 2000 metri. Dopo il Col de Vars quasi in partenza ecco il valico automobilistico asfaltato più alto d’Europa, i 2802 metri del Col de la Bonette: sappiamo bene che quando si superano i 2000 metri molti corridori perdono brillantezza e in questo caso ci si avvicina addirittura ai tremila ed i chilometri percorsi a quote elevate con ossigeno ridotto saranno davvero tanti. La salita misura 23 chilometri e presenta pendenze regolari, ma che al tempo stesso non danno occasione di tirare il fiato. La salita finale è quella del Colle della Lombarda, anche se non si arriverà lassù. Si affronteranno comunque i primi 16 Km sino alla stazione invernale di Isola 2000, che presentano una pendenza media del 7%. In questa tappa, s percorreranno 54 chilometri in salita e si andrà sopra i duemila per ben tre volte, ci sarà sicuramente grande battaglia anche perché a questo punto le energie cominceranno ad essere scarse e verranno fuori i fondisti.
L’ultima tappa di montagna sarà molto breve solo 133 Km, ma ci saranno quattro salite di tutto rispetto, anche se non terribili come quelle della frazione appena passata.
Dopo la partenza da Nizza in rapida successione e senza tratti interlocutori si affronteranno il Col de Braus (1000 m, 10 Km 6,6%), il Col de Turini (1607 m, 20,7 Km al 5,7%), il Col de la Colmiane (1500 m, 7,5 Km al 7,1%) e la salita finale verso il Col de la Couillole (1678 m, 15,7 Km al 7,1%.) Qui ci si può sbizzarrire. Chi deve recuperare molto tempo può anche tentare l’azzardo e partire nei chilometri finali del Turini, dopo aver fatto fuori i gregari con la squadra sul Braus, oppure provare ad avvantaggiarsi nelle discese. Per le posizioni in bilico, invece, la battaglia si vedrà sulla salita finale, ma attenzione a non prosciugare del tutto il serbatoio perché l’ultima tappa stavolta non sarà la passerella parigina ma una novità assoluta: una crono 34 Km con partenza a Monaco e arrivo a Nizza. e due salite da superare. La prima (La Turbie) è molto pedalabile, ma misura comunque 8 km ed è tortuosa, mentre la seconda, il Col d’Èze, (un classico della Parigi. Nizza), è breve ma presenta un chilometro in doppia cifra, un vero e proprio muro. Giunti in vetta si incontreranno due chilometri pianeggianti e poi una lunga discesa verso gli ultimi 6 km, nuovamente piatti.
Spesso la cronometro dell’ultimo giorno vede i corridori stanchi e può essere difficile fare la differenza, ma si tratta di una prova difficile che potrebbe comunque ribaltare le sorti di una classifica non ancora blindata.
Insomma, nel complesso si tratta di un buon tour con tante salite inedite o comunque poco frequentate, le difficoltà ben distribuite e un discreto chilometraggio. Di margini di miglioramento ce ne sono ancora e forse qualche tappa con trabocchetti in più non avrebbe guastato.
In ogni caso, non manca il terreno per attaccare o per orchestrare imboscate e sarà interessante capire come vorranno muoversi le squadre su un percorso molto esigente sin da subito e negli ultimi tre giorni.
Benedetto Ciccarone

La Cima della Bonette, tetto del Tour 2024 (rioclar.com)
GOCCE DI PINOT: A CRONO ANCHE AL ROMANDIA
Le affermazioni al campionato nazionale del 2015 e il mese precedente al Critérium International non sono state un caso e la conferma arriva a fine aprile, quando Thibaut Pinot vince la tappa di Sion al Giro di Romandia
Dopo essersi aggiudicato la crono del Critérium International il francese della FDJ, di fronte a una concorrenza molto più qualificata, fa il bis in quella del Giro di Romandia imponendosi in quel di Sion con 2” sullo specialista Tom Dumoulin e balzando al secondo posto in classifica generale alle spalle del colombiano che, chiudendo buon 6° a 9” alle spalle di Bob Jungels, di un ritrovato Chris Froome e di Jérôme Coppel, allunga su Ilnur Zakarin e Ion Izagirre, suoi più diretti inseguitori, e ipoteca il successo finale. Miglior azzurro di giornata Manuele Boaro, 10° a 25”, mentre perde molto terreno Davide Formolo che cede la maglia bianca di miglior giovane a Damien Howson.
Contariamente a quanto avvenuto nelle edizioni precedenti del Giro di Romandia, in cui una prova contro il tempo di analoga lunghezza veniva posta alla conclusione della corsa, gli organizzatori hanno scelto di posizionare una cronometro di 15,5 km con partenza e arrivo a Sion nel quarto giorno di gara, inframezzata tra la tappa con arrivo in salita a Morgins e la frazione regina che si concluderà a Villars-sur-Ollon, ma comunque fondamentale per dare un’ulteriore impronta a una classifica generale rivoluzionata nella giornata precedente con la salda leadership di Nairo Quintana (Movistar).
Ad aggiudicarsi la prova è stato Thibaut Pinot (Fdj), che ha fatto la differenza nel tratto in salita, con una pendenza media intorno al 6%, posto tra il km 5 e il km 9 di gara, in cima al quale è transitato con 8” di margine su Quintana e 10″ sullo specialista Tom Dumoulin (Giant-Shimano), per poi conservarne 2″ sull’olandese sotto la linea del traguardo. E’ vero che il percorso gli si addiceva e che il francese aveva già dimostrato grandi progressi in questa stagione contro il tic-tac, aggiudicandosi ad esempio la breve crono di Porto-Vecchio al Critérium International (dove però il campo partenti era molto meno qualificato rispetto a quello del Romandia), ma il suo successo rimane comunque stupefacente anche alla luce della sua prestazione a Morgins, dove non era riuscito a fare la differenza, e gli ha consentito di balzare al secondo posto nella classifica generale. Un altro che ha compiuto un bel passo avanti nella graduatoria dopo aver sofferto nell’ascesa del giorno prima è stato proprio Dumoulin, che ha preceduto quattro corridori che hanno fatto tutti segnare un tempo superiore di 9” a quello di Pinot. Per il gioco dei centesimi 3° si è piazzato Bob Jungels (Etixx-QuickStep), atteso da molti come possibile sorpresa anche in chiave classifica generale al Giro d’Italia, 4° il redivivo Chris Froome (Team Sky), tornato a buoni livelli dopo il clamoroso crollo di Morgins, 5° Jérôme Coppel (Iam Cycling), che nelle ultime stagioni ha abbandonato le velleità di aggiudicarsi una grande corsa a tappe specializzandosi nelle prove contro il tempo, e 6° Quintana che ha così allungato sui suoi due più diretti contendenti per la maglia gialla, ovvero Ilnur Zakarin (Katusha) e il suo compagno della Movistar Ion Izagirre, rispettivamente 7° a 17” e 8° a 18” dal vincitore; hanno chiuso la top ten Steve Morabito (Fdj) – 9° a 22” e che insieme ad Alexandre Geniez, 12° a 26”, e Sébastien Reichenbach, 15° a 33”, ha completato l’ottima giornata per la compagine di Marc Madiot – e il nostro Samuele Boaro (Tinkoff), che è stato in assoluto il più veloce dopo Dumoulin nei 6 km conclusivi a lui più congeniali, portandosi al 10° posto finale con un distacco di 25”. Per quanto riguarda gli altri uomini di classifica, senza infamia e senza lode sono state le prestazioni di Tejay Van Garderen (Bmc), 11° anch’egli a 25”, e Mathias Frank (Iam Cycling), 19° a 38” appena dietro Moreno Moser (Cannondale), mentre hanno abbastanza deluso Simon Spilak (Katusha), 17° sempre con 38” di ritardo, e Rui Costa (Lampre-Merida), 24° a 45”, stesso tempo di un atleta meno quotato di lui in questo format di gara come Rafal Majka (Tinkoff), che a questo punto difficilmente saliranno sul podio finale come avevano fatto entrambi nelle ultime tre edizioni del Giro di Romandia. Ancor peggio è andata a Wilco Kelderman (Lotto-Jumbo) e Geraint Thomas (Team Sky), già apparsi spenti nella tappa di Morgins, rispettivamente 31° a 54” e 36° a 59”, a Rigoberto Urán (Cannondale), che non ha dato seguito ai buoni segnali del giorno precedente chiudendo 69° a 1′32”, e al nostro Davide Formolo (Cannondale), tutt’altro che uno specialista ma che con il suo 91° posto a 1′50” ha dovuto cedere la leadership nella classifica dei giovani a Damien Howson (Orica-GreenEdge).
Per quanto riguarda la lotta per la maglia gialla Quintana, anche alla luce di una Movistar molto competitiva a suo sostegno, sembra aver messo un’ipoteca pressochè definitiva sul successo finale, dal momento che ha portato il suo vantaggio a 23” su Pinot, a 26” su Zakarin e a 29” su Izagirre, mentre ben più staccati sono Dumoulin (5° a 50”), Frank (6° a 1′06”), Spilak, (7° a 1′11”) e Rui Costa (8° a 1′12”). Ci sarà comunque il terreno per provare a ribaltare la situazione nella quarta tappa, 172,7 km da Conthey a Villars-sur-Ollon con cinque gran premi della montagna tra cui spiccano il Col des Planches, forse in assoluto la salita più dura del giorno (posta però a metà percorso), e l’ascesa che porta al traguardo che sarà ripetuta per due volte, con il primo scollinamento posto ai -32 e che è lunga circa 10 km con pendenze talvolta anche in doppia cifra nei primi 7 per poi spianare decisamente nei 3 conclusivi.
Marco Salonna

Dopo aver conquistato la breve crono del Critérium International, il francese Pinot si ripete al Tour de Romandie (foto Jean-Christophe Bott - Keystone)