GOCCE DI PINOT: THIBAUT SIGNORE DI LOMBARDIA
Dopo aver fallito per il secondo anno consecutivo l’assalto al Giro Thibaut Pinot risolleva le sorti della sua stagione conquistando una delle più prestigiose corse disputate nella sua amata Italia. Lo scalatore francese centra l’obiettivo del Giro di Lombardia, che vince in solitaria precedendo sul traguardo di Como di 32 secondi Vincenzo Nibali
21 anni dopo l’accoppiata Milano–Torino – Giro di Lombardia di Jalabert, un francese torna a vincere l’ultima classica monumento della stagione 2018 dopo aver tagliato braccia al cielo anche il traguardo di Superga, dominando il cosiddetto trittico d’Autunno. Grandissima prova di Vincenzo Nibali, vincitore morale della “Classica delle foglie morte” che, dopo le sofferenze patite in seguito alla frattura rimediata al Tour de France, risponde all’attacco sul Muro di Sormano e, raggiunto a tre chilometri dall’arrivo, riparte a tutta prendendosi la seconda posizione.
E’ sempre una grande emozione seguire una corsa come il Giro di Lombardia arrivata all’edizione numero 112, seconda solo alla Roubaix in questa speciale classifica. È anche una della più antiche classiche, seconda in Italia solo alla corsa più vetusta del mondo, quella Milano-Torino che, insieme alla Gran Piemonte ed al Lombardia, costituisce il cosiddetto trittico d’autunno. E’ proprio il trittico d’autunno che, dopo 21 anni, vede un transalpino vincere sia la più antica classica del mondo, sia l’ultima prova monumento della stagione. Ci era riuscito Laurent Jalabert nel 1997 e ci è riuscito quest’anno Thibaut Pinot (Groupama – FDJ), che ha individuato un finale di stagione straordinario con le vittorie ai Laghi di Covadonga e ad Andorra alla Vuelta, il secondo posto alla Tre Valli Varesine e infine la doppietta nel trittico d’Autunno. Il francese – che era uscito a pezzi dal Giro d’Italia, finendo addirittura ricoverato in ospedale dopo la paurosa crisi patita nella tappa di Cervinia, quando era in lotta per il podio della corsa rosa – è tornato lentamente alla corse per ritrovare la forma migliore, arrivata in questo finale di stagione. Con le dovute differenze, anche Vincenzo Nibali (Bahrain Merida), secondo al traguardo di Como e altro grande protagonista di questa meravigliosa corsa, ha vissuto una situazione simile. Dopo la caduta alll’Alpe d’Huez, la frattura della vertebra e l’operazione chirurgica Vincenzo ha fatto una grande fatica alla Vuelta per cercare di ritrovare la condizione per il campionato del mondo, condizione che non è purtroppo arrivata in quella occasione. Oggi, la situazione è apparsa in netto miglioramento, ma lo “Squalo” non ha ancora trovato il top della condizione e, dopo numerose accelerazioni di Pinot sul Civiglio, ha ceduto proprio nelle rampe finali dell’ascesa comasca. Nibali, però, ha mostrato il carattere e la classe che lo contraddistinguono proprio quando è stato raggiunto da un gruppo di contrattaccanti, nel quale era presente anche un elemento di primissimo piano come Daniel Martin (UAE-Team Emirates): esattamente nel momento in cui è stato raggiunto è ripartito subito a tutta, nonostante fosse stanchissimo e senz’acqua, riuscendo a staccare gli altri ed a prendersi il secondo posto. Al termine di una corsa di 241 chilometri sono le doti di fondo a fare la differenza nel finale e oggi lo ha dimostrato proprio Nibali, corridore che di queste doti ha sempre fatto il proprio punto di forza e che è riuscito a sfruttare proprio la stanchezza degli uomini che avevano dato fondo a tutte le loro energie nel tentativo di inseguirlo e raggiungerlo.
Negative, invece, sono state le prove di Alejandro Valverde (Movistar) e di Romain Bardet (AG2R La Mondiale). Quest’ultimo è naufragato inesorabilmente sul Muro di Sormano anche (ma non solo) a causa di un urto con uno spettatore, mentre il neocampione del mondo ha alzato bandiera bianca sul Civiglio. Il mondiale durissimo ha evidentemente lasciato il segno sui corridori giunti al primo ed al secondo posto. L’ultimo uomo a conquistare la Classica delle foglie morte in maglia iridata rimane quindi il nostro Paolo Bettini, che tagliò il traguardo in lacrime, indicando il cielo in ricordo del fratello scomparso pochi giorni prima.
La grandezza di una corsa come il Lombardia è stata evidente nella edizione di quest’anno, con l’attacco decisivo partito sul Muro di Sormano, quando mancavano ancora 50 chilometri alla conclusione, per iniziativa di Primož Roglič ( Team LottoNL-Jumbo) dopo il forcing dei suoi compagni di squadra per riprendere la fuga nata prima dell’inizio della salita verso Sormano. Lo sloveno ha accelerato riuscendo a guadagnare qualche metro sulle terribili pendenze ed il primo a riportarsi su di lui è stato proprio Nibali. Pinot ha capito a quel punto che anche a cinquanta chilometri dall’arrivo un’azione con Nibali non andava sottovalutata e si è inserito nel tentativo, che ha visto partecipare anche Egan Bernal (Sky), tornato alle corse dopo il grave incidente alla Clásica San Sebastián che lo aveva costretto a rinunciare alla Vuelta. Le corse di lusso come il Lombardia riservano anche queste cose, come un tentativo nato a cinquanta chilometri dall’arrivo composto da 4 “pezzi da novanta!. Gli altri big sono riusciti a riassorbire Bernal e Roglič, andati in crisi sul Civiglio e, nel finale, anche a riprendere Nibali, che però li ha ristaccati con grande classe. Buona parte del merito va anche a Domenico Pozzovivo ed Ion Izagirre (Bahrain Merida), perfetti nel ruolo di stopper, e di Franco Pellizzotti, alla sua ultima corsa in sella prima di salire in ammiraglia nella veste di direttore dportivo.
La corsa è partita da Bergamo a ritmi davvero elevati, tanto che si sono registrati sei ritiri nei primi venti chilometri ed i primi due tentativi di fuga – promossi da Florian Sénéchal (Quick-Step Floors) il primo e da Manuel Senni (Bardiani-CSF) e Johann Van Zyl (Dimension Data) il secondo – non hanno avuto vita lunga. Miglior fortuna hanno avuto Davide Ballerini (Androni Giocattoli Sidermec), Umberto Orsini e Alessandro Tonelli (Bardiani-CSF), di nuovo Sénéchal, Franck Bonnamour (Fortuneo Samsic), Jhonatan Restrepo (Katusha Alpecin), Michael Storer (Team Sunweb) e Marco Marcato (UAE Team Emirates), che sono invece riusciti ad evadere ed a guadagnare sino a 6 minuti sul gruppo nel tratto pianeggiante iniziale. Il gruppo, guidato da Movistar e Groupama – FDJ, ha tenuto la fuga sotto controllo assestando il vantaggio sui 4 minuti mezzo sino alla salita del Ghisallo, sulla quale il ritmo è salito in vista della aperture delle ostilità. Sulle rampe verso il santuario dei ciclisti il gruppo di testa si sfalda, mentre un gruppo di contrattaccanti con Matteo Montaguti (Ag2r La Mondiale), Carlos Verona (Mitchelton-Scott), Sergio Henao (Sky) e Matej Mohorič (Bahrain-Merida) viene stoppato dal gruppo principale. Jack Haig (Mitchelton-Scott) riesce, invece, a sfuggire al controllo del gruppo ed a riportarsi su Jan Hirt (Astana), che si era avvantaggiato in precedenza. Orsini passa primo sul Ghisallo allungando in vista del prestigioso scollinamento, ma viene subito ripreso. Nel corso dell’avvicinamento alla salita di Sormano la Lotto Nl-Jumbo forza il ritmo in testa al gruppo e riprende uno ad uno tutti gli attaccanti. Si tratta di un’azione nata per spianare la strada all’attacco di Roglič, che guadagna qualcosa sul gruppo, ma non riesce a prendere il largo. Ci riescono, invece, Nibali e Pinot che raggiungono e staccano Roglič, venendo poi ripresi da quest’ultimo e da Bernal lungo la discesa, mentre il gruppo di Valverde, orfano di Bardet, insegue ad oltre 40 secondi.
La situazione giù dalla Colma di Sormano vede quindi al comando Pinot, Nibali, Roglič e Bernal, inseguiti da Ion Izagirre, Pellizotti, Pozzovivo, Dario Cataldo e Sergey Chernetski (Astana), Dylan Teuns (BMC), Rafał Majka (Bora-Hansgrohe), Sébastien Reichenbach (Groupama-FDJ), Tim Wellens (Lotto Soudal), Adam Yates e Mikel Nieve (Mitchelton-Scott), Valverde, Enric Mas (Quick-Step Floors), Rigoberto Urán, Michael Woods e Daniel Felipe Martínez (EF-Drapac Cannondale), George Benett (LottoNL-Jumbo) e Daniel Martin (UAE Emirates Team).
I componenti dei gruppo di Valverdem, però, invece di organizzare un inseguimento strutturato si scattano in faccia senza riuscire a guadagnare sulla testa della corsa, mentre i Bahrain-Merida fanno buona guardia andando a stoppare ogni tentativo.
Sulla salita di Civiglio cede subito Roglič, mentre Bernal cerca stoicamente di non perdere troppo, ma il ritmo della coppia di testa, sollecitato soprattutto da Pinot, si rivela troppo elevato anche per lui. Nel gruppetto inseguitore proseguono gli scatti ed è Valverde a farne le spese, con l’Embatido che alza bandiera bianca ai -16. Pinot accelera spesso ed alla fine riesce a staccare Nibali, che inizialmente sembra piantarsi, mentre Martin da dietro si avvantaggia sugli altri e sembra avvicinarsi pericolosamente al siciliano. Nella discesa successivo Pinot, che negli ultimi anni è migliorato molto su questo terreno, in passato il suo punto debole, riesce a mantenere il vantaggio di circa 25 secondi su uno specialista delle picchiate come Nibali per poi incrementare il vantaggio sullo strappo di Monte Olimpino, che permette a Majka, Martin, Teuns, Urán, Pozzovivo, Izagirre e Wellens di riportarsi su Nibali. Anzichè scoraggiare il siciliano, il ricongiugimento moltiplica le sue energie e lo “Squalo” riparte a tutta, staccando il drappello dei contrattaccanti, sfiniti dall’inseguimento e andando a cogliere la seconda posizione con grande caparbietà.
La volata del gruppo vale per il gradino più basso del podio ed è Dylan Theuns a conquistarla.
Nibali, nonostante si sia trovato a competere con un corridore con una condizione nettamente migliore della sua, non si è dimostrato soddisfatto dopo il traguardo, pur nella consapevolezza di aver dato il massimo.
Questo è l’atteggiamento giusto, la mentalità vincente del campione che punta sempre al massimo risultato ed è anche grazie a quest’atteggiamento che si ottengono i migliori risultati e si riescono a valorizzare le qualità fisiche.
Questa edizione della classica delle foglie morte è stata, quindi, la degna conclusione di una meravigliosa stagione ciclistica ricca di emozioni, nella quale l’unica corsa eccessivamente chiusa è stata ancora una volta il Tour de France. L’auspicio di tutti gli appassionati è che la prossima edizione della Grande Boucle, che sarà presentata tra meno di due settimane, regali quelle emozioni che da troppi anni la principale corsa a tappe del mondo non riesce ad offrire.
Benedetto Ciccarone

Pinot riporta in terra di Francia il Giro di Lombardia dopo aver fatto il "pieno" alla Milano-Torino (foto Bettini)
02-11-2023
novembre 3, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
TOUR DU FASO
Il marocchino Adil El Arbaoui (nazionale marocchina) si è imposto nella settima tappa, Koudougou – Boromo, percorrendo 122.8 Km in 2h52h55′, alla media di 42.610 Km/h. Ha preceduto allo sprint i belgi Sam Van de Mieroop e (Team Flanders) e Rutger Wouters (Team Flanders). Nessun italiano in gara. Il burkinabè Paul Daumont (nazionale burkinabè) è ancora leader della classifica con 22″ su Wouters e 1′00″ sul marocchino Achraf Ed Doghmy (nazionale marocchina)
01-11-2023
novembre 2, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
TOUR DU FASO
Il burkinabè Paul Daumont (nazionale burkinabè) si è imposto nella sesta tappa, Ouagadougou – Koudougou, percorrendo 120.6 Km in 2h59h01′, alla media di 40.42 Km/h. Ha preceduto allo sprint il marocchino Achraf Ed Doghmy (nazionale marocchina) e il belga Wannes Heylen (Team Flanders). Nessuna italiano in gara. Daumont è ancora leader della classifica con 26″ sul belga Rutger Wouters (Team Flanders) e 1′00″ su Ed Doghmy
GOCCE DI PINOT: LA MILANO-TORINO PRIMA DEL LOMBARDIA
Ora Pinot ha nel mirino il Giro di Lombardia, che non viene vinta fa corridore francese dal 1997. Per preparare al meglio l’appuntamento con la “Classica delle Foglie Morte” Thibaut sceglie le strade della Milano-Torino, che ben si adattano alle sue doti di scalatori per via del diffilcile arrivo in salita a Superga. E sarà proprio Pinot a tagliare per primo la linea d’arrivo tracciata a due passi dalla basilica, trionfo in solitaria con 10 secondi di vantaggio sul più immediato avversario
PINOT SUPER A SUPERGA, IL FRANCESE CONQUISTA LA MILANO-TORINO
Thibaut Pinot (Groupama FDJ) vince la Milano-Torino grazie ad un’ottima tattica di squadra, sempre presente a difesa del francese negli ultimi 30 km di corsa, grazie alle ottime prove di Sébastien Reichenbach e David Gaudu. Il francese scatta a meno di 2 km dall’arrivo e sopravanza un buon Miguel Ángel López (Astana), tradito da una caduta nel momento in cui Gaudu terminava il lavoro per Pinot. Chiude il podio Alejandro Valverde (Movistar), che ha pagato il finale ma che è stato protagonista nelle fasi cruciali della corsa.
Il calendario italiano è il grande protagonista nella settimana che si conclude sabato 13 Ottobre con l’atteso Giro di Lombardia. Dopo la Tre Valli Varesine di ieri, oggi è in programma la Milano – Torino, giunta quest’anno alla 99a edizione e ricca di nomi importanti. Basti pensare che ai nastri di partenza è presente il neo campione del mondo Alejandro Valverde (Movistar). Delle 15 formazioni World Tour in gara, da tenere in grande considerazione la Trek-Segafredo con Bauke Mollema e Toms Skujiņš, vincitori delle ultime due corse disputate in Italia, il GP Beghelli e la Tre Valli Varesine. Il percorso è lungo 200 km e prevede la doppia scalata finale al colle di Superga, ormai tradizionale arrivo di questa corsa che è anche la più vecchia dell’intero panorama internazionale, visto che la prima edizione è datata 1876. Dopo la partenza da Magenta sotto un timido sole iniziavano immediatamente gli attacchi e la fuga di giornava prendeva forma dopo una decina di chilometri grazie all’azione di Umberto Orsini (Bardiani-CSF), Willie Smit (Katusha Alpecin), Thomas De Gendt (Lotto Soudal) e Krists Neilands (Israel Cycling Academy). Il gruppo lasciava andare la fuga che in poco tempo aumentava il proprio vantaggio. Dopo 70 km il vantaggio del quartetto di testa era di oltre 5 minuti e mezzo. In testa al gruppo, che procedeva ancora blandamente, si alternavano a tirare gli uomini della Groupama-FDJ e della Mitchelton-Scott, a disposizione rispettivamente per i capitani di oggi, Thibaut Pinot ed Adam Yates. A 40 km dall’arivo il gruppo si era ulteriormente avvicinato a quattro di testa, con le due squadre sopra citate ancora molto attive a dettare i tempi dell’inseguimento; a questo punto il ritardo del gruppo sulla fuga era di circa 2 minuti e 30 secondi. A 30 Km dal traguardo il gruppo, ormai lanciatissimo, aveva poco più di un minuto di ritardo sulla fuga. All’inizio della prima ascesa verso Superga usciva dal gruppo Luca Wackermann (Bardiani-CSF) che raggiungeva in testa alla corsa Smit, ultimo fuggitivo ad arrendersi. Tra i nomi “caldi” ad alzare subito bandiera bianca c’erano Roman Kreuziger (Mitchelton Scott), Damiano Caruso (BMC) e Giovanni Visconti (Bahrain Merida). A 21 km dall’arrivo era Valverde a prendere l’iniziativa ed a scattare, più che altro per saggiare la forma in ottica Giro di Lombardia. Il primo scollinamento sul colle di Superga vedeva al comando un gruppetto formato da Pinot e David Gaudu (Groupama-FDJ), Valverde e Rafał Majka (Bora Hansgrohe). Miguel Ángel López (Astana) era il primo a raggiungere i quattro in testa nel corso della discesa ed altri ciclisti riuscivano successivamente a ricongiungersi prima dell’inizio della scalata finale verso Superga. AI meno 7 si formava in testa un drappello di tre uomini, composto da Daniel Martinez (Team EF Educational First), Jakob Fuglsang (Team Astana) e l’onnipresente David Gaudu. I tre attaccavano l’ascesa finale Superga con una quindicina di secondi di vantaggio sui diretti inseguitori. Tra questi ultimi Adam Yates (Mitchelton Scott) scattava e riprendeva i battistrada a meno di 4 km dall’arrivo. Prima Pinot e poi Valverde raggiungevano la testa della corsa. A 2 km dall’arrivo la vittoria sembrava una cosa a cinque tra la coppia Groupama-FDJ Gaudu-Pinot, la coppia Astana Fuglsang-López e, soprattutto, il campione del mondo Valverde. Fuglsang perdeva, però, contatto ed anche Valverde rallentava l’andatuta in un ripido tornante sulla sinistra. Contemporaneamente López si voltava per controllare Valverde e nel farlo si scontrava con Gaudu, che aveva appena terminato il lavoro per Pinot. Il francese ed il colombiano cadevano a terra e proprio in quell’istante partiva Pinot, che approfittava dell’ultimo chilometro e mezzo di salita per andare a conquistare una vittoria meritata. López giungeva secondo a 10 secondi ma doveva recriminare e non poco quella caduta che gli aveva impedito di combattere ad armi pari con Pinot fino al traguardo. Dopo 28 secondi chiudeva il podio Valverde, in calo nel finale. Mattia Cattaneo (Androni Giocattoli – Sidermec), quarto a 36″, era il primo degli italiani. Pinot ottiene così la terza vittoria stagionale dopo aver fatto sue la quindicesima e la diciannovesima tappa della Vuelta a España; considerando la forma attuale, il corridore transalpino si candida come uno dei principali favoriti per il Giro di Lombardia di sabato. Domani è in programma il Gran Piemonte che quest’anno rivoluziona il percorso, piatto come un fuso e adatto perciò ad una conclusione in volata.
Giuseppe Scarfone

Thibaut Pinot all'attacco sul Colle di Superga (foto Bettini)
GOCCE DI PINOT: ALLA RICERCA DI UN RISCATTO ALLA VUELTA
Dopo la delusione di un Giro d’Italia che l’ha visto costretto ad un precipitoso ritiro alla vigilia dell’ultima tappa Pinot è costretto a ricalcolare i suoi obiettivi stagionali indirizzandoli verso la Vuelta di Spagna e il Giro di Lombardia. Dopo aver concluso in terza posizione il Giro di Polonia Pinot si schiera ai nastri di partenza della corsa iberica con l’intenzione di “vendicare” la sfortuna che l’aveva colto alla corsa rosa. Ce la farà in maniera parziale perchè in classifica non andrà oltre la sesta posizione finale a quasi sei minuti da Simon Yates, ma otterrà due successi di tappa di peso in cima alla prestigiosa salita dei Lagos di Covadonga e sul traguardo pirenaico della Rabassa, nel Principato d’Andorra
COVADONGA DI STUDIO E AZZARDI: VINCE PINOT, BRILLA LÓPEZ, CONSOLIDA YATES
Dopo due intere settimane di gara, arriva la prima salita vera alla Vuelta, e regala subito una lotta ben più sfaccettata e appassionante, anche se il livellamento dei valori e le modeste difficoltà previe ne ridimensionano l’impatto.
Splendida salita, quella ai laghi di Covadonga, per i paesaggi che traspaiono fra le nubi basse ma anche per una struttura tecnica assai articolata che si presta a sorprese e rivolgimenti di fronte: una durezza costante lascia il passo a un segmento mortirolesco e senza respiro, prima di un finale che alterna muri e contropendenze. Uno dei pochi veri classici della Vuelta a España, anche se, sostanzialmente, mai accompagnata da un tracciato di tappa all’altezza. Quest’anno si nota un piccolo sforzo in tal senso, con la doppia salita al Mirador de Fito e addirittura il sofisticato avvicinamento per il colle di San Martín de Bada, uno strappo tortuoso su per una stradina secondaria e soprattutto una discesa assai tecnica. Ma non basta: troppo intervallate fra loro le altre asperità, e di caratura troppo inferiore rispetto a quella finale.
Le novità valgono giusto per consentire un bel palcoscenico al bravo García Cortina, enfant du pays che prende la fuga del mattino e poi se ne va in solitaria per sfilare per primo lungo la prima metà dei Lagos. Nessuna speranza per lui, e men che meno per la fuga, oggi, dopo le abbuffate della prima metà di Vuelta. Dietro infatti il gruppo è lanciato a un’andatura frenetica e spossante dall’Astana al gran completo, motivatissima a scommettere tutto sul proprio capitano, Superman López. Simon Yates è quasi isolato ma si gioca la carta Jack Haig sul Fito per dimostrare il proprio simbolico contributo alla causa, dopo le pesanti critiche ricevute per l’atteggiamento passivo del team quando, in tappe precedenti, già aveva vestito la maglia di leader. Il gemello, provato dal Tour, sembra in recupero e riesce a rimanere in zona più a lungo, ma senza mai davvero incidere nelle dinamiche di corsa. Non che ce ne sia necessità. Un’Astana così l’avevamo già vista al Giro, convinta e travolgente come uno schiacciasassi.
Il forte scalatore Omar Fraile mena le danze nella prima sezione dei Lagos, facendo stragi: d’altronde il suo cognome, “frate” in spagnolo, non potrebbe essere più adatto alle vicinanze del santuario di Covadonga. Fanno la loro parte, seppur brevemente, anche Bilbao, Hirt e Cataldo (gli altri, da Stalnov, a Villella e fino alla zeta di Zeits) si erano svenati in precedenza. Superman, però, non vede l’ora di fare da solo, e quasi rinuncia in toto al contributo degli ultimi gregari per lanciarsi in volo solitario da “lontanissimo”, almeno per gli standard del ciclismo moderno, a quasi otto km dal traguardo, più di venti minuti di sforzo in vista.
Alle sue spalle la Movistar gioca la carta dell’ecuadoregno Carapaz, un altro giovane di buone prospettive che brillò al Giro: il gruppo dei favoriti si screma ma López resta là davanti, benché mantenuto comunque a tiro. Kelderman e Gallopin cedono prestissimo, già sotto il flagellante ritmo di Fraile, poi è il turno di Buchmann e Izaguirre, Urán cerca di tenersi incollato al coda del gruppetto, ma soffre in una tira e molla infinito. Di fatto appena cede Carapaz alla caccia di López restano solo in sei: gli altri protagonisti della lotta per il podio, leggasi Simon Yates, Quintana e Valverde; il baby fenomeno Enric Mas che sta meglio ogni giorno che passa, man mano i suoi fastidi di salute scemano e le salite crescono; il solidissimo Kruijswijk, che conferma quanto di buono fatto vedere, seppur a sprazzi, in passato; e, infine, un altro grande personaggio forse leggermente sottovalutato del ciclismo contemporaneo, Thibaut Pinot, pure lui in rimonta dopo un inizio di Vuelta complicato e, com’è nel suo carattere, restio ad arrendersi, anzi arrembante, perfino quando la gamba non è pienissima.
Siamo alle porte della Huesera, l’Ossario, un drittone che ondeggia fra mezze curve e onde d’asfalto che si alzano improvvise facendo schizzare la pendenza. Il nome sinistro e suggestivo gli viene dalle rocce biancastre che emergono fra i pascoli come scheletri di titani o bestie mitologiche ormai estinte. È una delle sezioni chiave.
Quintana prende in mano la situazione, e si riporta su López, ma gli altri non lo mollano. Tutti assieme. D’altro canto Nairo si gira spesso per controllare la situazione di Valverde, in apnea e spesso sganciato.
Appena si conclude la Huesera, ecco un altro momento chiave: si tira il fiato per un istante e si attacca la ripidissima sezione del Mirador de la Reina. Pinot intuisce che si è in una fase di studio, e azzarda un attacco violentissimo, anche se al traguardo mancano ancora più di 5 km. Il francese, lo dichiarerà, è conscio che il distacco subito nella prima metà di questa Vuelta gli concede un margine di libertà: non è un sorvegliato speciale per la classifica. Yates prova a tallonarlo, probabilmente più pensando a una collaborazione fruttuosa per entrambi più che per stopparlo, ma non riesce ad arrivargli a ruota: anzi, da dietro a chiudere su Yates ci pensa Valverde, rientrato a pieno titolo nel gruppetto proprio quando si rifiatava dopo la Huesera.
Nessuno si azzarda a prendere l’iniziativa, finché Enric Mas, che sta sentendo la tappa sfuggirgli tra le dita, si lancia in una serie di accelerazioni disperate, a tutta, con lo sguardo perso nel vuoto: a farne le spese sono Valverde e Kruijswijk. Ma è tutto provvisorio. Il quartetto formato da Quintana, Yates, López e l’ormai riagganciato Mas tende a studiarsi, con frequenti stoccate dell’uno o dell’altro che però non vengono mai portate davvero a fondo. Tutto ciò consente a un tenacissimo Valverde di rientrare: conosce a menadito la salite ed è un vero cagnaccio.
Proprio in questo momento ci avviciniamo all’ultimo km, e tocca una delle contropendenze che contraddistinguono questo peculiarissimo finale. Ignorando gli inviti alla prudenza dei colleghi, Superman López ci si butta alla disperata, infilando curve e controcurve nella nebbia sempre più fitta. Il capitano Astana riesce a creare un buco, ma gli vale solo il secondo posto: Pinot trionfa con quasi trenta secondi di vantaggio, forte di un finale fatto a tutta senza tatticismi di sorta. Emblematico invece veder Yates che se la prende con Quintana rimproverandolo per non tirare all’inseguimento di Pinot o di López, quando Quintana è a sua volta convintissimo che dovrebbe essere Yates, semmai, a tirare, in quanto leader. E non ha tutti i torti.
L’impresa di Pinot è comunque di enorme valore tecnico: difficile fare confronti perché il percorso della salita ha subito alcuni aggiustamenti nel corso della storia, però il suo tempo è senza alcun dubbio fra i migliori dieci di sempre, se non addirittura fra i cinque. Una prestazione sfavillante, ancor più perché maturata in solitaria per ben cinque km abbondanti, senza cambi.
Al gruppetto dei migliori resta solo lo sprint verso la linea: Yates mostra la propria brillantezza quasi chiudendo su López sullo slancio, e portandosi a casa un piccolo abbuono grazie al terzo posto. Valverde si conferma dotato di un finale strepitoso perché a propria volta quasi tiene la ruota di Yates, benché abbia sofferto molto di più la salita. Probabilmente potremmo dire che l’inglese, assieme al francese Alaphilippe che proprio in questi giorni si porta a casa la generale del Tour of Britain, è un possibile erede del fuoriclasse spagnolo, per polivalenza ed esplosività, anche se sembra decisamente più garibaldino e meno attendista.
A sorpresa segue Kruijswijk, solidissimo, poi i pesi leggeri Mas e Quintana, meno brillanti in questa fase di discese e repentini allunghi che viene coronata dallo sprint. Ma le differenze sono davvero minime.
La classifica è apertissima, anche se Yates va consolidando la propria presa sulla maglia rossa. Dietro di lui, comunque, c’è la coppia Movistar di Valverde e Quintana, entrambi a una trentina di secondi circa, poco più dietro López. Sarà un fattore chiave vedere come la Movistar saprà interpretare il dualismo fra le proprie punte: le premesse non sono entusiasmanti, se pensiamo al Tour 2015, sperperato in nome del podio di Valverde, sacrificando una vittoria di Quintana che prende sempre di più la fisionomia di un’occasione unica nella vita. In generale un eccesso di parità nel trattamento fra due capitani non paga grandi dividendi, che sia per dettami di sponsor (la televisione spagnola, dai commentatori alle pubblicità, è tutta per Valverde!), per amicizia o perfino per legami di sangue. Anzi, la cosiddetta “sindrome di Schleck”, caratterizzata da frequenti torcicolli oggi e non solo esibiti da Quintana, tende a produrre prevalentemente coppie di paggetti che scortano sull’uno o sull’altro podio un vincitore di altra squadra, che avrebbe invece potuto essere messo in mezzo da due atleti forti e disposti o a sacrificarsi completamente l’uno per l’altro, oppure a lanciarsi in tattiche creative da lontano, con i relativi rischi, certo.
A favore di Valverde – e di Yates – c’è da dire che questa Vuelta a stento presenta montagne vere, e solo in un caso in successione: ma proprio quella tappa, la penultima e decisiva, misura appena 98 km, e dunque, di nuovo, non spiana certo il cammino ai fondisti veri. Vuelta di strappi e da cacciatori di classiche, per ribaltarla potrebbe volerci un gesto di coraggio folle da parte di quei diesel che comunque ancora restano in alta classifica, non solo Quintana (che dovrebbe ricordare che la maggior parte dei suoi successi sono maturati con attacchi da lontano!), ma anche un Kruijswijk o perfino un Pinot. Sarebbe un vero rovesciamento dei valori, a fronte di un percorso che riserva molto suspense ma fondamentalmente grazie al fatto che non accada mai nulla di decisivo: a tutt’oggi, alle porte dell’ultima settimana, con solo quattro tappe “vere” da correre, tutta la top ten sta in poco più di tre minuti. Covadonga è stata comunque combattuta e appassionante, e questo dovrebbe suggerire qualche riflessione a chi ha inserito muretti dietro muretti con molte pendenze in doppia cifra, anzi oltre la doppia decina, ma ben poco valore aggiunto in chiave tecnica.
Gabriele Bugada
BIS DI PINOT AL PRINCIPATO, YATES ROSSO FUOCO MA ATTENZIONE A DOMANI
Thibaut Pinot bissa il successo dei Lagos di Covadonga riuscendo a levarsi di ruota all’ultimo chilometro uno scatenato Simon Yates che, con un attacco deciso, è riuscito a distanziare un Alejandro Valverde in grande difficoltà, al quale l’aiuto di Quintana non è bastato a limitare i danni. Kruijswijk si riprende il podio e potrebbe rappresentare un’insidia per domani.
Alejandro Valverde (Movistar), con le sue 38 primavere sulle spalle, appare intramontabile, tanto che lo troviamo ancora nelle zone più alte delle generale in un grande giro, addirittura davanti al suo capitano Nairo Quintana, la cui stella perde sempre più luminosità. Il murciano, però, si sa, non è esattamente il professionista dei grandi attacchi, piuttosto un corridore che riesce a guadagnare negli ultimi metri degli arrivi in salita, un po’ come ha fatto nella tappa basca dell’altro ieri. Vista la mala parata di oggi e il distacco rimediato da Simon Yates (Mitchelton-Scott) sul primo dei due traguardi del Principato di Andorra, appare difficile ipotizzare il ribaltone da parte dell’Embatido nella giornata di domani. Vero è che Yates patì una grave cotta al Giro d’Italia, ma è anche vero che la Vuelta da un lato non è il Giro d’Italia, dall’altro che Yates non ha avuto e non ha avversari del calibro di quelli presenti al Giro che, tanto per gradire, hanno fatto podio anche al Tour nella stessa stagione e appaiono oggi i due maggiori corridori da corse a tappe.
Se Valverde (anche potendoselo permettere visto il suo palmarès), non sembra poter attaccare da lontano, le cose stanno diversamente per quanto riguarda Steven Kruijswijk (Team LottoNL-Jumbo). In realtà, l’olandese avrebbe molto più da perdere rispetto al murciano, non avendo ancora centrato il podio in un grande giro, ma è anche vero che è in grado di tentare azioni di largo respiro, come ha dimostrato al Giro 2016 con l’attacco sul Falzarego (grazie al quale staccò di parecchio anche Nibali, che poi quel Giro lo vinse) e con l’attacco sull’Alpe d’Huez di poco meno di due mesi fa, al Tour de France. Ovviamente perché tale azione vada a termine serve che Yates vada in difficoltà ed il discorso a questo punto è analogo a quello fatto per Valverde. Non bisogna, però, sottovalutare un aspetto psicologico perchè quanto accaduto al Giro d’Italia nella tappa di Bardonecchia potrebbe mettere Yates in una brutta situazione psicologica in caso di attacco da lontano e, in tale situazione, trabocchetti come quello orchestrato oggi dalla Movistar, che ha aperto un ventaglio mentre la maglia rossa si trovava in coda al gruppo, potrebbe avere un esito diverso dal nulla di fatto andato in scena oggi.
La giornata ha visto due tentativi di fuga, il primo dei quali è durato poco perché Simon Clarke (Team EF Education First-Drapac p/b Cannondale), Amanuel Gebrezgabihier (Dimension Data) e Michał Kwiatkowski (Team Sky), andati in avanscoperta dopo 30 Km, venivano ripresi al km 60 grazie al ritmo dei Movistar. Poco dopo però, evadono Tom Van Asbroeck (Team EF Education First-Drapac p/b Cannondale), Jonathan Castroviejo (Team Sky) e Benjamin Thomas (Groupama-FDJ), i quali, se si eccettua Van Asbroeck che si rialza quasi subito, riusciranno a restare in fuga fino a poco prima dell’inizio della salita finale. La polverizzazione del vantaggio di circa 2 minuti e mezzo avviene proprio quando la Movistar, accortasi della presenza di Yates in coda al gruppo, riesce ad aprire un ventaglio, spezzando il plotone in due tronconi con Yates intrappolato nel secondo. E’, però, questione di pochi minuti perché la seconda parte del gruppo riesca a riportarsi sotto. Ripresi i battistrada la battaglia sulla salita finale è dedicata unicamente alla sfida tra i big.
Il primo a gettare il guanto della sfida è Quintana, che viene tosto raggiunto da Kruijswijk, pilotato da George Bennett in un primo momento e da Thibaut Pinot in un secondo momento. Gli uomini di Yates accennano un inseguimento, ma è proprio la maglia rossa in prima persona a rompere gli indugi ed a riportarsi sulla testa della corsa con una bella progressione. Quintana, a questo punto, viene fermato per aiutare Valverde, ma anche la sfortuna ci mette lo zampino perchè il colombiano fora ed è costretto a fermarsi per cambiare la ruota in un momento molto delicato.
Nel gruppo di Valverde è presente anche Enric Mas (Quick-Step Floors), che vede il proprio podio provvisorio minacciato da Kruijswick, che davanti risponde alle accelerate di Pinot, mentre Yates si riporta sotto in progressione senza violenti cambi di ritmo. Tra l’altro, quando tra Pinot e Kruijswijck cessano le schermaglie è la maglia rossa a fare il ritmo, ovviamente con sommo interesse per il buon esito dell’attacco.
Dietro Quintana si riporta sul gruppetto degli inseguitori, ma la fatica dovuta alla rientro in gruppo fa sì che il colombiano debba alzare presto bandiera bianca, lasciando solo Valverde a tirare. A questo punto, Mas, Miguel Ángel López (Astana) e Rigoberto Urán (Team EF Education First-Drapac) lo attaccano e riescono a staccarlo. Nell’ultimo chilometro Pinot stacca prima Kruijswijk e poi anche Yates, che può però sorridere visto che l’avversario che più temeva, Valverde, patirà all’arrivo un distacco non indifferente.
Ora Yates ha un buon margine su Valverde e su Kruijswijk, anche se non si tratta di un distacco incolmabile. Il podio, invece, è ancora tutto da decidere con Kruijswick che potrebbe tentare, oltre ad un difficile assalto alla maglia rossa, anche di prendersi il secondo posto, mentre Mas e López saranno in agguato per tentare di salire sul podio ai danni dell’olandese o del murciano.
E’ l’ultima occasione, i tatticismi a questo punto stanno a zero, ci sono i presupposti per un tappone finale davvero spettacolare.
Benedetto Ciccarone

Pinot taglia per primo lo storico traguardi dei laghi di Covadonga (foto Michael Steele/Getty Images)
31-10-2023
novembre 1, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
TOUR DU FASO
Il burkinabè Paul Daumont (nazionale burkinabè) si è imposto nella quinta tappa, Tenkodogo – Zorgho, percorrendo 75.4 Km in 1h33h27′, alla media di 48.411 Km/h. Ha preceduto allo sprint l’ivoriano Abou Sanogo (nazionale ivoriana) e il marocchino Achraf Ed Doghmy (nazionale marocchina). Nessuna italiano in gara. Daumont è ancora leader della classifica con 16″ sul belga Rutger Wouters (Team Flanders) e 56″ su Ed Doghmy
GOCCE DI PINOT: RE DELLE ALPI PRIMA DI UN FALLIMENTARE GIRO
Dopo la positiva esperienza dell’anno prima anche nel 2018 Pinot decide di incentrare la sua stagione sul Giro d’Italia, scegliendo la stessa marcia d’avvicinamento, il Tour of The Alps. Se nel 2018 aveva dovuto accontentarsi del secondo posto per l’inezia di sette secondi, stavolta va decisamente meglio perchè lo scalatore francese, pur non vincendo nessuna tappa, primeggia in classifica precedendo di 15″ il nostro Pozzovivo. Così Pinot si presenta ai nastri di partenza con un’iniezione di fiducia che s’infrangerà contro l’impresa di Froome nel tappone di Bardonecchia, dopo la quale il britannico si issa al vertice della classifica con 40″ sulla maglia rosa del 2017 Tom Dumoulin e 4′17″ su Thibaut. Il podio finale sembrerebbe assicurato a sole 48 ore dalla conclusione, ma l’indomani una pesante disidratazione lo colpirà verso Cervinia, facendogli perdere quasi un’ora dai primi e costringendolo al ritiro e un tempestivo ricovero in ospedale alla vigilia della passerella finale di Roma
1a TAPPA: ARCO – FOLGARIA
CHE PELLO IN TRENTINO! A BILBAO SUBITO TAPPA E MAGLIA
Pello Bilbao (Astana) attacca nel finale di una tappa appassionante e fa sua la prima frazione del Tour of the Alps 2018 sul traguardo di Folgaria. In seconda posizione si piazza il compagno di squadra Luis León Sánchez mentre chiude il podio di giornata Iván Sosa (Androni Giocattoli). Domani ne vedremo ancora delle belle sull’Alpe di Pampeago.
Anche quest’anno il Tour of The Alps, ex Giro del Trentino, serve da preparazione all’imminente Giro d’Italia e presenta una starting list di livello, a cominciare a Chris Froome (Sky), vera star della manifestazione. A far da cornice di lusso si schierano al via altri attesi protagonisti della corsa rosa come Thibaut Pinot (Groupama FDJ) e Fabio Aru (UAE Emirates), quest’ultimo alla sua prima corsa dopo il ritiro al Giro dei Paesi Baschi per alcuni fastidi fisici. Sono in tutto nove le squadre World Tour che si daranno battaglia tra Trentino-Alto Adige e Austria, dove la corsa terminerà a Innsbruck percorrendo un tratto dell’atteso mondiale su strada di Settembre. Anche le altre squadre Professional e Continental cercheranno di farsi vedere sul percorso che si compone di cinque tappe, ciascuna delle quali contiene insidie altimetriche da non sottovalutare. Si comincia con una prima tappa già impegnativa da Arco a Folgaria, 134 km e mezzo nei quali saranno protagoniste due salite sulle quali gli uomini di classifica già si faranno vedere, il Valico di Andalo e quella di Serrada, GPM posti rispettivamente al km 50 e al km 128. La fuga di giornata partiva dopo alcuni chilometri dal via grazie all’azione di nove ciclisti: Aleksejs Saramotins (Bora Hansgrohe), Natnael Berhane (Dimension Data), Aleksey Rybalkin (Gazprom Rusvelo), Davide Ballerini (Androni Giocattoli), Matthias Krizek (Felbermayr Simplon Wels), Pascal Eenkhoorn (LottoNL-Jumbo), Joan Bou (Nippo Vini Fantini), Marco Friedrich (Tirol Cycling Team) e Alex Turrin (Team Wilier Triestina). Il gruppo teneva la fuga nel mirino e in testa tiravano Sky e Groupama – FDJ con il vantaggio della fuga non superava i 2 minuti mentre la corsa affrontava il primo GPM del Valico di Andalo. Era Berhane a scollinare per primo, poi era EEnkhoorn ad aggiudicarsi il successivo traguardo volante di Rovereto. La fuga perdeva pezzi e sull’ultimo GPM di Serrada in testa restavano Martinelli, Berhane, Krizek, Bou e Turrin. Il gruppo, tirato ora dalla Groupama per Pinot imponeva un ritmo più elevato. A 20 km dall’arrivo il vantaggio del quintetto di testa era di poco più di un minuto sul gruppo. La fuga veniva ripresa ai meno 13, con Krizek ultimo ad arrendersi. Iniziavano subito gli scatti dei nuovi attaccanti, tra i quali si segnalavano Giulio Ciccone (Bardiani CSF), Sébastien Reichenbach (Groupama – FDJ) e Nikita Stalnov (Astana). Era poi lo stesso Pinot a scattare ed a riportarsi sul compagno di squadra. Sky e Astana reagivano e raggiungevano il francese, mentre a sua volta Ciccone riusciva a guadagnare una decina di secondi di vantaggio sul gruppo. Quando le pendenze aumentavano leggermente negli ultimi 3 km il gruppo principale si riduceva ad una trentina di ciclisti. Ciccone scollinava in prima posizione mentre al suo inseguimento si portavano Froome, George Bennett (LottoNL-Jumbo), Domenico Pozzovivo (Bahrain Merida) e lo stesso Pinot. In discesa si compattava in testa alla corsa un gruppetto di una decina di ciclisti, dai quali Pello Bilbao (Astana) si avvantaggiava di una cinquantina di metri a circa 3 km dall’arrivo. Nessuno sembrava in grado di ricucire sullo spagnolo, che andava a vincere con autorità. Al secondo posto si piazzava a 6 secondi Luis León Sánchez (Astana) che anticipava Iván Ramiro Sosa (Androni Giocattoli), mentre il risicato gruppetto dei migliori veniva regolato da Pinot dopo 10 secondi. Bilbao ottiene la sua prima vittoria del 2018 ed è ora primo in classifica generale con 10 secondi di vantaggio su Sánchez e 12 su Sosa. Domani è in programma la seconda tappa da Lavarone all’Alpe di Pampeago, che prevede tre GPM sui quali spicca il durissimo arrivo in salita già affrontato più volte in passato al Giro d’Italia e che garantirà altro spettacolo, con la certezza che la classifica generale subirà ulteriori scossoni.
Giuseppe Scarfone
2a TAPPA: LAVARONE – ALPE DI PAMPEAGO
LÓPEZ SUPER SULL’ALPE DI PAMPEAGO. SOSA IN MAGLIA FUCSIA
L’Alpe di Pampeago non si smentisce ed offre grande spettacolo nel finale della seconda tappa del Tour of the Alps 2018. E’ Miguel Ángel López ad ottenere la vittoria, seconda per l’Astana in due giorni. Thibaut Pinot (Groupama FDJ) è secondo e Iván Sosa (Androni Giocattoli) terzo. Proprio quest’ultimo è ora primo in classifica generale. Domani tappa altimetricamente meno complessa di quella odierna ma con le Alpi di mezzo mai dire mai.
La seconda tappa del Tour of the Alps 2018 può essere già decisiva in ottica vittoria finale. Sono tre i GPM che i ciclisti dovranno affrontare, due dei quali di prima categoria, il Passo Redebus e l’Alpe di Pampeago, sede d’arrivo. L’ultima è una salita tosta e vera, per uomini di classifica da grandi giri. Vedremo se Pello Bilbao (Astana), attuale leader dopo la bella vittoria nella prima tappa, riuscirà a confermarsi, anche se immaginiamo che uno squadrone come la Sky scriverà la maggior parte dello spartito nella tappa di oggi. Dopo la partenza da Lavarone si formava intorno al km 25 la fuga di giornata, che aveva come protagonisti Quentin Jauregui (A2GR La Mondiale), Stephan Rabitsch (Felbermayr Simplon Wels), Óscar Rodríguez (Euskadi – Murias), Marco (Team Androni Giocattoli), Omer Goldstein (Israel Cycling Academy) e Jacopo Mosca (Wilier Triestina). Lungo il GPM del Passo Redebus la fuga arrivava ad avere quasi 5 minuti di vantaggio sul gruppo tirato da Team Astana, Sky e Groupama – FDJ. Rabitsch scollinava in prima posizione mentre il gruppo rintuzzava il distacco sui fuggitivi e transitava dal Rebebus con poco meno di 4 minuti di ritarto dalla testa della corsa. Frapporti si aggiudicava lo sprint intermedio di Sover al km 91, mentre Goldstein era il primo a venire ripreso dal gruppo, il cui ritardo sulla fuga a una cinquantina di km dall’arrivo si manteneva sui 4 minuti. Il secondo GPM di Cavalese se lo aggiudicava Frapporti. L’attesa era ormai tutta per l’ascesa finale verso l’Alpe di Pampeago. Ai meno 20 il vantaggio della fuga era ancora intorno ai 4 minuti. Jauregui e Goldstein restavano in testa ai meno 17. Frapporti, però, non si dava per vinto e ritornava sulla coppia di testa ai meno 16. Ai meno 15 il vantaggio dei fuggitivi era di 3 minuti. In testa al gruppo si facevano vedere anche gli uomini dell’UAE Team Emirates. Ai meno 10 il terzetto di testa aveva 2 minuti e 10 secondi di vantaggio sul gruppo. All’imbocco della salita verso l’Alpe di Pampeago il vantaggio dei tre di testa era di 1 minuto e 40 secondi. Tra i nomi più gettonati, era Chris Froome (Sky) a patire le pendenze in doppia cifra della salita e tutta la sua squadra di metteva al suo servizio per riportarlo verso la testa della corsa, che nel frattempo aveva messo nel mirino Jauregui, ultimo dei fuggitivi rimasto in testa. Ai meno 4 il gruppo principale, o almeno ciò che rimaneva di esso (non più di 30 ciclisti) riprendeva il corridore francese e affrontava l’ultima parte dell’ascesa, la più dura con pendenze costantemente superiori al 10%. La Sky ritornava in testa a fare il ritmo. A meno di 3 km dall’arrivo era Jan Hirt (Astana) a scattare per primo. Il ciclista ceco era seguito da Riccardo Zoidl (Felbermayr Simplon Wels) mentre il leader della classifica Pello Bilbao restava nelle retrovie del gruppo. Kenny Elissonde (Sky) riportava il gruppetto dei primi sui due di testa e all’ultimo chilometro scattava Froome. Gli rispondevano prima Thibaut Pinot (Gropama-FDJ) e poi Domenico Pozzovivo (Bahrain Merida). La volata tra i pochi ciclisti superstiti premiava Miguel Ángel López (Astana) che aveva la meglio su Thibaut Pinot, terzo era Iván Sosa (Androni Giocattoli) mentre chiudevano la top five Froome e Pozzovivo. López ottiene così la seconda vittoria stagionale dopo quella conseguita nella tappa regina del Tour of Oman e risale la classifica generale. In prima posizione si trova ora il colombiano Sosa con 6 secondi di vantaggio su Pinot e, appunto, Lopez. Domani terza tappa da Ora a Merano per poco pià di 138 km. Il Passo della Mendola al km 91 ed il Passo Palade al km 112 attendono i ciclisti che, però, negli ultimi 25 km troveranno la strada quasi costantemente in discesa. A meno di clamorosi attacchi che possano sconvolgere la classifica generale, riteniamo che potrebbe arrivare la fuga oppure che sarà il gruppo dei migliori a giocarsi la tappa per provare a raggranellare gli abbuoni in palio sul traguardo finale.
Giuseppe Scarfone
3a TAPPA: ORA – MERANO
A MERANO O’CONNOR BEFFA TUTTI. PINOT NUOVA MAGLIA FUCSIA
Ben O’Connor (Dimension Data) attacca sul Passo della Mendola insieme a Domenico Pozzovivo (Bahrain Merida) e Thibaut Pinot (Groupama FDJ), sfrutta le sue doti di passista e si invola da solo nell’ultima discesa, andando a vincere meritatamente. Pinot, secondo di tappa , approfitta della caduta di Iván Sosa (Androni Giocattoli) e diventa il nuovo leader della classifica generale a due tappe dalla conclusione.
Sono poco più di 138 i km da percorrere nella terza tappa del Tour of the Alps da Ora a Merano, la più facile della breve corsa alpina. Dopo le insidie altimetriche del finale poste nelle prime due tappe, oggi ai ciclisti è concessa un po’ di tregua, visto che il Passo della Mendola e il Passo Palade sono relativamente distanti dal traguardo e non hanno le pendenze che ieri hanno fatto scoppiare la corsa sull’Alpe di Pampeago. Da Ora Iván Sosa (Androni Giocattoli) partiva in maglia fucsia, meritatamente conquistata grazie ai due terzi posti conseguiti nelle prime due tappe. Dopo una trentina di chilometri dalla partenza, percorso il tratto iniziale ad un ritmo molto elevato, si formava la fuga di giornata composta da Giovanni Visconti (Bahrain Merida), Matteo Montaguti (AG2R), Stephan Rabitsh (Felbermayr Simplon Wels) e Manuel Senni (Bardiani CSF). Era proprio quest’ultimo ad aggiudicarsi il traguardo volante di Laives posto al km 44. Il gruppo era tirato dagli uomini dell’Androni Giocattoli. La fuga iniziava l’ascesa verso il Passo della Mendola, primo GPM in programma, con oltre 3 minuti e mezzo di vantaggio sul gruppo. Proprio su questa salita il vantaggio degli attaccanti si riduceva a poco più di un minuto, perchè dietro erano iniziate le schermaglie tra i big, con Thibaut Pinot (Groupama FDJ) e Domenico Pozzovivo (Bahrain Merida) molto attivi. Tant’è che il francese e l’italiano raggiungevano i fuggitivi ed era proprio Pozzovivo a scollinare in prima posizione sulla Mendola. Il gruppo maglia fucsia inseguiva a circa 45 secondi di ritardo mentre davanti la fuga prendeva vigore e iniziava la salita verso il Passo delle Palade con un minuto di vantaggio sul gruppo inseguitore, tirato da Astana e Sky. Pinot scollinava in prima posizione, poi una caduta nel corso della lunga discesa verso Merano, per fortuna senza conseguenze, tagliava fuori il leader Iván Sosa. Grazie all’azione in prima persona di Chris Froome (Sky), il drappello degli inseguitori raggiungeva gli uomini di testa a circa 14 km dall’arrivo, con Ben O’Connor (Dimension Data) che restava davanti. Nonostante gli sforzi il gruppetto alle sue spalle non riusciva a raggiungere il corridore australiano, che faceva valere le sue qualità di passista e vinceva a braccia alzate sul traguardo di Merano. Pinot regolava il gruppo dei battuti a 5 secondi, mentre terzo era Pozzovivo. O’Connor ottiene così la vittoria più prestigiosa della sua carriera da professionista mentre Pinot è il nuovo leader della classifica generale con 15 secondi su Pozzovivo e López Moreno (Astana) quest’ultimo arrivato al traguardo con qualche secondo di ritardo dal gruppo dei primi dopo essersi spremutosi nel finale tirando a favore dell compagno di squadra Luis León Sánchez. Per il francese, invece, si prospetta un’occasione importante per provare ad imporsi in una corsa a tappe di spessore a due giorni dalla conclusione. Domani la quarta e penultima tappa da Chiusa a Lienz, in Austria, presenta due GPM di seconda categoria che non dovrebbero sconvolgere più di tanto la classifica generale, anche se il Bannberg a 10 km dall’arrivo qualcosina potrebbe dirla.
Giuseppe Scarfone
4a TAPPA: CHIUSA – LIENZ
SÁNCHEZ A LIENZ NEL NOME DI SCARPONI. PINOT ANCORA CAPOCLASSIFICA
Un allungo a due chilometro dall’arrivo sotto il naso del gruppetto dei migliori permette a Luis León Sánchez (Astana) di vincere la quarta tappa della breve corsa alpina. Sono già tre su quattro le vittorie della squadra kazaka, tutte dedicate alla memoria di Michele Scarponi. Thibaut Pinot (Groupama FDJ) mantiene la maglia fucsia alla vigilia dell’ultima tappa di Innsbruck che prevede la triplice ascesa dell’Olympia Climb, salita simbolo del mondiale su strada di Settembre.
La quarta tappa del Tour of the Alps 2018 da Chiusa a Lienz non raggiunge i 135 km di lunghezza ed è la più breve dell’intera corsa italo-austricaco. Eppure il tracciato nervoso – che presenta due GPM di seconda categoria, l’ultimo dei quali a 10 km dall’arrivo – potrebbe dare qualche sussulto alla classifica generale, che vede al comando Thibaut Pinot (Groupama FDJ) con soli 15 secondi di vantaggio sui diretti inseguitori. Proprio il francese ieri è stato l’artefice di attacchi e contrattacchi che gli hanno permesso di vestire la maglia fucsia, anche se la caduta di Iván Sosa (Andronoi Giocattoli) è stata decisiva per il cambio di leader. Dopo la partenza da Chiusa il gruppo restava compatto per alcuni chilometri e solo all’inizi della salita verso Terento, primo GPM di giornata, cominciavano gli scatti. I primi attacchi erano portati da Ben Hermans (Israel Cycling Academy) e Hubert Dupont (AG2R). Era il belga scollinare in prima posizione, mentre alle loro spalle provavano ad inserirsi altri contrattaccanti. Ai due di testa riuscivano così ad accodarsi altri sette ciclisti: Mikel Bizkarra (Euskadi – Murias), Louis Meintjes (Dimension Data), David De La Cruz (Sky), Kristijan Đurasek (UAE Emirates), Mark Padun (Bahrain Merida), Felix Grossschartner (Bora Hansgrohe) e Davide Villella (Astana). Il gruppo non dava troppo spazio alla fuga che non superava mai i 2 minuti di vantaggio. Allo sprint intermedio di Dobbiaco, posto al km 77, era ancora Hermans a transitare in prima posizione. A 30 km dall’arrivo, dopo essere entrati in territorio austriaco, il vantaggio della fuga era sceso a 45 secondi sul gruppo. Villella e Bizkarra provavano a lasciare la compagnia ma il gruppo non dava spazio e sotto l’impulso dell’UAE Team Emirates si avvicinava sempre di più alla testa della corsa, che veniva infine raggiunta a 20 km dall’arrivo, prima dell’ascesa verso il Bannberg, secondo e ultimo GPM di giornata. L’uomo più attivo sulle prime rampe del Bannberg era Fabio Aru (UAE Team Emirates) che, insieme a Nicola Conci (Nazionale Italiana) e Pello Bilbao (Astana), prova a raggiungere Koen Bouwman (Team LottoNL-Jumbo), che nel frattempo aveva preso qualche decina di metri di vantaggio. A 13 km e mezzo dall’arrivo il quartetto di testa aveva una ventina di secondi sul gruppo, dove si scatenavano i primi della classifica generale, tra i quali i soliti noti Chris Froome (Sky), Domenico Pozzovivo (Bahrain Merida), Miguel Ángel López (Astana) e Pinot). Pozzovivo scollinava in prima posizione sul Bannber e iniziava così la ripida discesa verso il traguardo di Lienz. Ai 2 km dall’arrivo usciva dal gruppo Luis León Sánchez (Astana), che guadagnava un centinaio di metri sul resto della compagnia. Lo spagnolo sfruttava al meglio la superiorità numerica della squadra kazaka e si imponeva agevolemente con 6 secondi su George Bennett (Team LottoNL-Jumbo) e 11 secondi sul gruppetto dei migliori, regolato al terzo posto da Koen Bowman. Sánchez ottiene la seconda vittoria stagionale ma, soprattutto, porta all’Astana la terza vittoria su quattro tappe disputate al Tour of the Alps 2018. In classifica generale nulla cambia con Pinot sempre primo con 15 secondi di vantaggio sulla coppia Pozzovivo-López. Domani la breve corsa a tappe si concluderà con una frazione da percorrere interamente in territorio austriaco, da Rattenberg a Innsbruck per complessivi 164.2 Km. Si incontreranno strada facendo due GPM, anche se l’attesa Olympia Climb, salita che i ciclisti affronterano anche al mondiale di Settembre, dovrà essere ripetuto tre volte negli ultimi 45 km. Insomma, una tappa conclusiva che ci potrebbe riservare i classici fuochi d’artificio.
Giuseppe Scarfone
5a TAPPA: RATTENBERG – INNSBRUCK
PADUN VINCE AD INNSBRUCK, PINOT RE DELLE ALPI
A Innsbruck Mark Padun (Bahrain Merida) ottiene la prima vittoria da professionista attaccando a 4 km dall’arrivo e non venendo più ripreso dopo una tappa molto combattuta. In seconda posizione a 6 secondi George Bennett (Team LottoNL-Jumbo) anticipa Jan Hirt (Astana), Thibaut Pinot (Groupama-FDJ) vince il Tour of the Alps 2018 dimostrando complessivamente una superiorità evidente rispetto ai suoi avversari e si candida come uno dei ciclisti da seguire con maggior interersse al prossimo Giro d’Italia.
Il Tour of the Alps 2018 giunge all’atto finale con la quinta ed ultima tappa da Rattenberg a Innsbruck. Il percorso della frazione conclusiva si colloca interamente collocato in territorio austriaco ed è impreziosito dalla triplice ascesa dell’Olympia Climb, salita che ritroveremo al mondiale su strada di Settembre. Sarà quindi una tappa con un finale spettacolare, visto che gli attacchi già visti fin qui si moltiplicheranno negli ultimi 50 km, anche in considerazione delle minime differenze in classifica generale, che vedono i primi 5 corridori racchiusi in una cinquantina di secondi. La tappa partiva subito forte con diversi attacchi tesi alla formazione di una fuga. Dopo 33 km e mezzo Pascal Eenkhoorn (Team LottoNL-Jumbo) transitava in prima posizione al traguardo volante di Mariastein. La fuga riusciva ad emergere intorno al km 40 grazie all’azione di nove ciclisti: Nicola Bagioli (Nippo Vini Fantini), François Bidard (AG2R), Óscar Rodríguez ( Euskadi – Murias ), Igor Antón (Dimension Data), Francesco Gavazzi (Androni Giocattoli), Guy Niv (Israel Cycling Academy), Jacopo Mosca (Wilier Triestina), Simone Andreetta e Manuel Senni (Bardiani CSF). Al km 57, quando iniziava la scalata al GPM di Alpbach il vantaggio della fuga sul gruppo era vicino ai 5 minuti e 30 secondi. Le dure pendenze, che raggiungevano anche il 14%, non sembravano scoraggiare gli uomini di testa che, anzi, aumentavano il vantaggio sul gruppo, che si dilatava a 8 minuti e mezzo. Rodríguez scollinava in prima posizione con il gruppo, tirato dalla Groupama-FDJ, che in cima rosicchiava un minuto alla fuga. A 90 km dall’arrivo il vantaggio della fuga sul gruppo era ulteriormente sceso a 6 minuti e mezzo, per poi calare di un altro minuto ai meno 75, a testimonianza che le squadre del leader di classifica e dei suoi più immediati inseguitori volevano fare la corsa nel finale. La fuga entrava nel circuito finale di Innsbruck, a 44 km dal termine, con un vantaggio di 2 minuti e 45 secondi, mentre dietro tiravano Sky e Groupama-FDJ. Ai 40 dalla fine la fuga si era ridotta a sei ciclisti, mentre David de la Cruz (Sky), uscito in avanscoperta dal gruppo principale, li raggiungeva al km 37. Anche Giovanni Visconti (Bahrain Merida) raggiungeva la testa della corsa a 34 km dal termine. Rodríguez, De La Cruz e Bagioli, ultimi a resistere, venivano ripresi dal gruppo dei migliori ai meno 29 grazie al forcing di Astana e Sky. Rodríguez faceva a tempo a scollinare in prima posizione sul secondo passaggio sull’Olympia Climb, valido come secondo GPM di giornata. Ai meno 20 Miguel Ángel López (Astana) e Giovanni Visconti provavano la sortita e guadagnavano una ventina di secondi di vantaggio, poi il corridore colombiano restava da solo al comando, toccando 35 secondi di vantaggio a 18 km dall’arrivo. Ai meno 15 si formava un nuovo terzetto in testa, formato dai primi tre della classifica generale, Thibaut Pinot (Groupama – FDJ), Domenico Pozzovivo (Bahrain Merida) e lo stesso López. I tre riuscivano a guadagnare una decina di secondi sugli inseguitori, che comprendevano anche Kenny Elissonde, Chris Froome (Sky) e George Bennett (Team LottoNL-Jumbo), mentre Fabio Aru (UAE-Team Emirates) era più dietro. I tre davanti percorrevano a tutta la discesa finale, guadagnando ulteriori secondi sul gruppetto degli inseguitori, ma poi rallentavano, permettendo al gruppetto inseguitore di ritornare su di loro. Ai meno 4 attaccava l’ucraino Mark Padun (Bahrain Merida), che manteneva la testa della corsa fin sul traguardo, dove trionfava a braccia alzate. Secondo a 6 secondi era Bennett mentre chiudeva il podio di tappa Jan Hirt (Astana). Nulla cambia nelle primissime posizioni della classifica generale e Pinot vince così il Tour of the Alps 2018 con 15 secondi di vantaggio su Pozzovivo e López. Chiudono la top five finale Froome in quarta posizione e Bennett in quinta, rispettivamente a 16 secondi e a un minuto da Pinot. Il Tour of the Alps evidenzia così l’ottima forma di Pinot in vista del Giro d’Italia. Ottimi segnali sono arrivati anche da parte di Pozzovivo e di López, mentre Froome e soprattutto Aru sono sembrati ancora imballati e dovranno migliorare la loro condizione in queste due settimane che mancano all’inizio della corsa rosa.
Giuseppe Scarfone

Sul podio finale del Tour of the Alps Pinot sembra guardare lontano... verso il Giro d'Italia (foto Tim de Waele/TDWSport.com)
30-10-2023
ottobre 31, 2023 by Redazione
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TOUR DU FASO
Il marocchino Achraf Ed Doghmy (nazionale marocchina) si è imposto nella quarta tappa, Ouagadougou – Koupéla, percorrendo 136.8 Km in 3h15h05′, alla media di 42.074 Km/h. Ha preceduto allo sprint il burkinabè Paul Daumont (nazionale burkinabè) e il belga Rutger Wouters (Team Flanders). Nessuna italiano in gara. Daumont è tornato leader della classifica con 3″ su Wouters e 22″ sul marocchino El Houcaine Sabbahi (nazionale marocchina)
GOCCE DI PINOT: QUARTO AL GIRO, PRIMATTORE AD ASIAGO
Sogna rosa Thibaut Pinot al Giro del 2017 e non andrà molto lontano dall’esaudire le sue ambizioni, concludendo la corsa italiana al quarto posto, appena giù dal podio, con poco più di un minuto di ritardo dallo specialista delle cronometro Tom Dumoulin. Per lui la soddisfazione di imporsi nell’ultima tappa di montagna, quella di Asiago, e di esser stato tra i protagonisti della tappa del giorno prima a Piancavallo, nella quale gli avversari erano riusciti a mettere in leggere crisi il cronoman olandese.
PINOT COGLIE L’ULTIMA OCCASIONE QUINTANA GUADAGNA SECONDI: BASTERANNO?
Verdetto finale rimandato alla cronometro di domani. Dopo il forcing sul grappa della Katusha, il gruppo, momentaneamente esploso, si ricompone e la battaglia va in scena sulla salita di Foza, con Dumoulin che resiste per diversi chilometri prima di staccarsi. Le differenze però sono minime e le energie al lumicino, come dimostrato dal tratto in falsopiano che lascia quasi invariati i distacchi.
Le energie rimaste nel serbatoio saranno la chiave di volta per la vittoria di questo Giro d’Italia. Sulla carta Dumoulin è favorito per le sue doti a cronometro molto superiori rispetto a quelle degli avversari che lo precedono in classifica generale. Come sappiamo, però, la tappa a cronometro finale vede spesso i livelli appiattiti rispetto a quelle che sono le doti e le caratteristiche dei corridori quando essi sono al top della condizione. Ricordiamo tutti Pantani a Lugano nel 1998 quando, se a Trieste aveva perso oltre due minuti da Tonkov, nella cronometro del penultimo giorno aveva viaggiato sugli stessi tempi del russo che si era sfinito nel tentativo di resistere alle sue accelerazioni verso Montecampione.
Nell’intervista rilasciata subito dopo il traguardo Dumoulin ha detto di essersi “ucciso” per cercare di rimanere il più vicino possibile ai suoi avversari in classifica generale che, per il momento, lo hanno messo giù dal podio. In realtà Dumoulin è riuscito a limitare i danni anche grazie all’aiuto di Mollema e Yates, ma soprattutto a quello di un passistone di razza come Jungels. Tuttavia anche lui ha dovuto fare la sua parte e, quando gli avversari davanti hanno trovato l’accordo ed hanno cominciato ad andare pancia a terra, il distacco, che si era ridotto al lumicino, è tornato a salire a dimostrazione del fatto che sono tutti stanchi e che le differenze potrebbero essere molto minori di quanto non ci si aspetti.
Nairo Quintana, che oggi avrebbe dovuto far di tutto per distanziare il più possibile Tom Dumoulin, non ha sferrato neppure in quest’ultima occasione un attacco deciso. Tale comportamento potrebbe avere una duplice lettura: potrebbe essere segno di una condizione che non è delle migliori, anche perché l’intenzione di tentare la doppietta potrebbe aver indotto Quintana a prepararsi in modo da essere al meglio nella parte centrale del Giro per poi riuscire a recuperare la condizione in tempo per il Tour. Questa prima lettura ha dalla sua il distacco che Quintana è riuscito a dare a tutti nella tappa con arrivo sulla Majella, distacchi che non è parso in grado di infliggere agli avversari sulle successive salite.
L’altra lettura possibile è quella che Quintana abbia tentato di risparmiarsi proprio per cercare di conservare energie da mettere sulla strada nella cronometro di domani. Anche questa seconda lettura ha dalla sua alcuni elementi. Ieri, quando è rimasto indietro per un breve problema meccanico, è stato lestissimo a riportarsi, con uno dei suoi proverbiali scatti, sugli avversari in accelerazione ed in particolare su Vincenzo Nibali ed oggi si metteva davanti per pochi metri e poi chiedeva subito il cambio, come a voler cercare di fare meno fatica possibile proprio per risparmiarsi.
Dumoulin e Quintana non sono gli unici pretendenti alla vittoria finale di questo Giro e gli aspiranti al podio sono almeno cinque, con l’ovvia conseguenza che due di essi resteranno a bocca asciutta. Pinot, che fino a qualche anno fa aveva evidenti problemi contro il tempo, è migliorato moltissimo, tanto da conquistare il titolo nazionale di specialità, e sembra in crescendo di condizione rispetto al giorno dello Stelvio. Anche la buona difesa sul Blockhaus ha contributo all’ottima posizione in classifica che il francese vanta. Nibali, dal canto suo, è uno che a cronometro si difende abbastanza bene, anche se non è certo uno specialista. Come si diceva prima, bisognerà vedere la brillantezza che gli è rimasta. Nella cronometro del Tour de France 2014, vinta da Tony Martin, Nibali aveva pagato venti secondi a Dumoulin in 54 Km. Dumoulin è molto migliorato rispetto al 2014, ma la distanza sulla quale si correrà domani è enormemente inferiore.
Paradossalmente quello che rischia di più il podio domani è proprio Nairo Quintana che, tra i vari pretendenti, è quello che ha la caratteristiche meno adatte per fare una buona prova, anche se in certe occasioni è anche riuscito a difendersi abbastanza.
Per tutte queste ragioni è difficile fare previsioni su cosa succederà domani.
Anche oggi, la tappa è stata disputata a grande velocità e, sul Grappa, gli uomini di classifica hanno cercato di far stancare Dumoulin per poi staccarlo sulla salita finale.
Ciò ha impedito alla fuga che si era formata di decollare. Il tentativo si era formato dopo 15 chilometri di scatti e controscatti ed era composto da Dylan Teuns (BMC), Tom-Jelte Slagter (Cannondale-Drapac), Mathieu Ladagnous (FDJ), Dries Devenyns (Quick-Step Floors), Maxim Belkov (Katusha-Alpecin) e Filippo Pozzato (Wilier – Selle Italia).
I sei ricevono, poco dopo la loro uscita, il via libera dal gruppo, dopo un po’ di bagarre sul muro di Ca’ del Poggio. Il vantaggio arriva anche oltre i 7 minuti, mentre Simone Andreetta (Bardiani-CSF) e Gregor Mühlberger (Bora-Hansgrohe), che si erano lanciati al contrattacco, non riescono ad agguantare la testa della corsa.
Lungo la salita del Monte Grappa sono Teuns e Devenyns che se ne vanno da soli, lasciando che i compagni di avventura vengano ripresi da un gruppo in forte rimonta grazie al ritmo imposto di Ilnur Zakarin, ritmo che miete diverse vittime e per molti chilometri non si fa altro che vedere corridori che perdono contatto. Anche Tom Dumoulin in qualche tratto sembrava affaticato nel restare con il gruppetto dei migliori, ma è riuscito con grande carattere a restare attaccato.
Il versante scelto per l’ascesa al Monte Grappa presenta comunque numerosi tratti in contropendenza ed è proprio sfruttando questi tratti che corridori anche importanti come Mollema riescono a rientrare in gruppo. Proprio in vista del GPM prova un allungo Cataldo che verrà ripreso alcuni chilometri dopo. Sono vari quanto vani i tentativi di alcuni corridori di avvantaggiarsi nella tecnica discesa del Monte Grappa.
Ai piedi della salita di Foza il vantaggio della coppia di testa sul gruppo maglia rosa è intorno ai 2 minuti e mezzo, mentre Teuns prova a staccare il compagno d’avventura. In gruppo, è Nibali uno dei primi a tentare una sollecitazione e, già su quest’azione, si vede che Dumoulin perde qualche metro, riuscendo però a rientrare come suo solito grazie al ritmo regolare ma sostenuto che riesce a mantenere. Gli avversari non sembrano, però, in grado di scavare un solco apprezzabile e, dopo il rientro di Dumoulin, c’è un generale rallentamento che permette al gruppo di rinfoltirsi.
L’attacco successivo è di Zakarin e Pozzovivo, con il russo che cerca il podio ed il lucano alla caccia di una vittoria di tappa. I due vanno via abbastanza bene e Quintana allunga con un po’ di ritardo, portandosi dietro Vincenzo Nibali e chiedendogli frequentemente il cambio. Dumoulin non risponde, ma i due faticano a guadagnare mentre Pinot, che in un primo tempo era rimasto sorpreso, accortosi che il suo compagno di squadra non è in brado di dargli una mano decide di riportarsi tutto solo sulla maglia rosa e su Nibali, riuscendoci abbastanza agevolmente.
Il terzetto fa molta fatica nel tentativo di riavvicinare gli avversari, anche perché non c’è un accordo eccezionale tra i tre mentre, dietro, Dumoulin trova la collaborazione del connazionale Mollema, oltre che della maglia bianca Yates e del lussemburghese Jungels. Con la sola eccezione di Mollema, che potrebbe essere intenzionato a cercare di raggiungere Pozzovivo a cronometro domani, non si comprende la verve di Jungels e Yates nel tirare. Essi, infatti, sono entrambi molto attardati in classifica generale dal corridore che li precede e sono in lotta per aggiudicarsi la maglia bianca. Pertanto, sarebbe stato più saggio da parte loro cercare di risparmiarsi per poi dare tutto nella cronometro. Questo aiuto del tutto inaspettato sarà fondamentale per Dumoulin, che ringrazierà pubblicamente i colleghi dopo il traguardo.
Dopo il GPM c’erano, infatti, 14 chilometri per andare all’arrivo, molti dei quali in falsopiano, tratti in cui è fondamentale trovarsi insieme ad altri corridori che si danno cambi. Davanti, però, dopo il ricongiungimento tra il terzetto Pinot-Nibali-Quintana e la coppia di testa non c’è un grande accordo, nonostante tutti abbiano l’interesse a distanziare Dumoulin. In effetti, il colombiano corre molto al risparmio e gli altri si indispettiscono un po’, poiché è proprio il corridore in maglia rosa quello che ha il maggior interesse e distanziare il secondo in generale. Probabilmente Quintana si sente inferiore a cronometro anche rispetto a Nibali e Pinot e non vuole trovarsi a corto di energie domani.
Nell’ultimo tratto del falsopiano finalmente davanti ritrovano la collaborazione ed il vantaggio, che si era quasi annullato, torna a salire nonostante le grandi trenate dei passistoni all’inseguimento.
Alla fine il vantaggio sarà di 15 secondi, con Pinot che coglie la vittoria prendendosi l’abbuono maggiore davanti a Zakarin e Nibali, che rosicchiano così qualche secondo al capoclassifica in vista della crono di domani. Dumoulin è sembrato molto affaticato nel finale, ma può considerarsi tutto sommato soddisfatto per essere riuscito, anche grazie all’aiuto di Jungels e Yates, a difendersi molto bene. Nibali è secondo e potrebbe superare Quintana nella crono di domani, ma dovrà guardarsi da Pinot e sarà difficile riuscire a impedire il rientro di Dumoulin, che è provvisoriamente giù dal podio.
Questo Giro, chiunque vincerà domani, è stato avvincente più per gli imprevisti che per il percorso. Un percorso, torniamo a dire, sbilanciato in favore del grande passista della cronometro. Con il livellamento generale che regna nel ciclismo moderno, la cronometro rimane l’unico terreno nel quale fare distacchi di un certo peso e si è visto in questo giro nella tappa del Sagrantino con minuti volati tra gli uomini di classifica.
Per bilanciare queste tappe ci vorrebbero molti tapponi con salite ripide e indigeste ai cronoman come i rettifili faccia al vento lo sono per gli scalatori. In questo Giro, il tappone vero è stato solo quello di Bormio, mentre le altre tappe presentavano salite tutto sommato comode per i passisti. Non a caso sono state proprio le ascese del Blockhaus e di Piancavallo, che presentavano le pendenze maggiori, a provocare qualche problema al cronoman più forte. Quella del Blockhaus, arrivando nella prima parte di Giro, ha permesso a Dumoulin di difendersi molto bene, mentre quella di Piancavallo, benché complessivamente meno dura, è risultata più indigesta perché arrivata in fin di Giro e ventiquattrore dopo la frazione dolomitica dei cinque passi. L’impressione è che se oggi ci fosse stata una tappa con un’accoppiata di montagne con pendenze più severe, al livello per esempio di Gavia e Mortirolo, i distacchi sarebbero stati molto più elevati.
La classifica corta, infatti, per quanto riguarda Dumoulin, dipende certamente dalla sosta forzata nella tappa di Bormio che ha causato alla maglia rosa un distacco di oltre 2 minuti.
Considerando il ritmo al quale l’olandese ha percorso l’Umbrail si può affermare che, senza quell’imprevisto, Dumoulin sarebbe ora in maglia rosa con un buon vantaggio ed un’altra cronometro a disposizione. La sola crono del Sagrantino gli sarebbe stata sufficiente a vincere il Giro. L’olandese è stato bravo a difendersi in salita ed addirittura ad attaccare ad Oropa, ma non si può negare che le salite dure nella terza settimana, che avrebbero potuto metterlo in difficoltà, sono mancate completamente. Il tappone di Bormio era indovinato, ma ad esso andavano affiancate altre tappe con salite dure.
In ogni caso, le energie al lumicino per tutti i contendenti saranno il sale della tappa a cronometro di domani che servirà ad incoronare il vincitore della prestigiosa edizione numero 100 che, una volta terminata, lascerà negli appassionati quel sentimento di nostalgia che inevitabilmente sopraggiunge alla fine di una corsa comunque molto emozionante.
Benedetto Ciccarone

Lo sprint vinto da Pinot al termine dell'ultima, elettrizzante tappe di montagna del Giro d'Italia 2017 (foto Tim de Waele/TDWSport.com)
29-10-2023
ottobre 30, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
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