LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLIII: MONDIALE 2016
Il percorso totalmente pianeggiante lasciava intendere un mondiale noioso, votato alla volata finale. Invece il tratto in linea iniziale attraverso il deserto si rivela elettrizzante e decisivo a causa del vento, selezionando il gruppetto di una ventina di corridori che andrà a giorcarsi la maglia iridata sul circuito di Doha. I velocisti più attesi riescono a rimanere nella prima parte del gruppo, ma sul rettilineo d’arrivo non ci sarà nulla da fare: Sagan li anticipa tutti conquistando il suo secondo mondiale
CHILOMETRO 70: IL MONDIALE ESPLODE E SAGAN FA IL BIS
E’ stato un ventaglio aperto dai belgi al chilometro 70 a portar via il gruppo che si è andato a giocare l’edizione 2016 dei mondiali di ciclismo su strada. Eliminati dai giochi i pericolosi alemanni, belgi e italiani hanno tentato di fare la corsa ma, nella volata conclusiva, si è imposto perentoriamente Peter Sagan, che ha messo dietro anche il fortissimo velocista mannese Cavendish ed ha imitato l’impresa di Bugno del 91/92, mettendo la ciliegina su una stagione da incorniciare.
Il caldo, la distanza, il vento; queste le tre principali difficoltà di un tracciato che si presentava come un tavolo da biliardo, senza neppure un metro di salita. Una scelta certamente discutibile che ragioni di natura economica, per quanto rilevanti, non possono del tutto giustificare. Fortunatamente, ci hanno pensato i corridori a sfruttare al massimo le tre difficoltà del percorso per fare corsa dura. Ne è venuta fuori una gara emozionante, esplosa già a più di 170 Km dalla conclusione quando, su un’accelerazione dei britannici, i belgi aprono un ventaglio molto stretto che rende difficile l’ingresso, tanto che moltissimi corridori di primissimo piano, tra cui gli alfieri della corazzata tedesca, rimangono fuori, costretti ad aprire altri ventagli che provocano ulteriore selezione.
Altro aspetto da sottolineare è certamente la desolante assenza di pubblico, che solo nei pressi dell’arrivo si è minimamente animato, composto comunque di sostenitori quasi tutti europei. In un territorio come quello in cui si svolgeva la rassegna iridata non c’è la benché minima tradizione ciclistica ed era quindi del tutto prevedibile che non ci sarebbe stata una gran risposta da parte della popolazione. Anche se il deserto ed il caldo hanno dato ai più coraggiosi l’occasione di far esplodere la corsa da molto lontano, non si può comunque non ribadire la sostanziale negatività di un tracciato che tecnicamente rimane povero, anche se ha offerto momenti tattici davvero importanti e pregevoli.
Dopo l’apertura del ventaglio, infatti, la corsa ha vissuto sostanzialmente di tatticismo, con quelli davanti che andavano a tutta – tirati particolarmente dai corridori della nazionali più rappresentate, Belgio e Italia – e quelli dietro intenti ad inseguire, con il grosso del lavoro sulle spalle dei tedeschi, disturbati in continuazione dai due belgi rimasti dietro con il compito di rompere i cambi.
In definitiva, chi scrive ritiene che, nonostante la corsa di oggi si stata oggettivamente appassionante, sarebbe opportuno evitare percorsi del genere, sia per l’ambientazione singolare in relazione ad uno sport come il ciclismo, sia per la assenza totale di difficoltà altimetriche in grado di scompigliare i piani.
Passando alla cronaca, si devono registrare i primi scatti fin dal via ufficiale. Nonostante l’andatura iniziale si presentasse comunque elevata, sono Ryan Roth (Canada), Anas Ait El Abdia (Marocco), Rene Corella (Messico), Nick Dougall (Sud Africa), Natnael Berhane (Eritrea), Sergei Lagkuti (Ucraina) e Brayan Ramírez Chacón (Colombia) che riescono ad evadere dal gruppo dopo 7 chilometri di corsa. Andata via la fuga, il gruppo rallenta notevolmente, lasciando che i battistrada riescano a mettere all’attivo un vantaggio che arriva a superare gli 11 minuti. Una prima reazione la abbozza Kanstantin Siutsou (Bielorussia) che, con una accelerazione dei ritmi, comincia a erodere il vantaggio dei fuggitivi della prima ora. L’andatura sale ulteriormente in prossimità del giro di boa con il ritorno verso Doha, cambio di direzione repentino che porterà il vento laterale sulla corsa, con la conseguente probabilità di formazione di ventagli. I favoriti cercano, ovviamente, di mantenersi davanti e questo provoca l’ulteriore erosione del vantaggio dei battistrada, che cercano di resistere aumentando a loro volta i ritmi e provocando la capitolazione di Corella, che non riesce a mantenere il ritmo.
Proprio nei pressi del cambio di direzione gli inglesi impongono un’accelerazione, ma sono i belgi che, in contropiede, vanno ad aprire un ventaglio molto stretto dal quale rimane fuori l’australiano Ewan che cerca, tanto disperatamente quanto invano, di non perdere questo treno. Nulla da fare: il ventaglio è troppo stretto, chi non si è fatto trovare pronto è rimasto inesorabilmente tagliato fuori e costretto a cercare di aprire altri ventagli per inseguire. Il frazionamento è massimo e si formano numerosi gruppetti divisi da pochi secondi. Per colpa di una caduta perdono contatto Luke Durbridge (Australia), Fernando Gaviria (Colombia) e Luka Mezgec (Slovenia). Per i colombiani la caduta di Gaviria, che rimane dolorante a bordo strada, rappresenta il tramonto delle poche speranze che potevano nutrire ai nastri di partenza.
Spezzata la corsa, si fa l’appello e davanti a rispondere “presente” ci sono William Bonnet, (Francia), Oliver Naesen, Jens Keukeleire, Tom Boonen, Jasper Stuyven, Greg Van Avermaet, Jurgen Roelandts (Belgio), Mathew Hayman, Michael Matthews (Italia), Daniele Bennati, Jacopo Guarnieri, Giacomo Nizzolo, Elia Viviani (Italia), Niki Terpstra, Tom Leezer (Paesi Bassi), Edvald Boasson Hagen, Alexander Kristoff, Truls Korsaeth (Norvegia), Sam Bennett (Irlanda), Magnus Cort Nielsen (Danimarca), Peter Sagan, Michael Kolář (Slovacchia), Mark Cavendish e Adam Blythe (Gran Bretagna).
Mancano nomi altisonanti, come tutti i componenti della temuta corazzata tedesca (a partire da Degenkolb, Kittel e Greipel) e i francesi Bohuanni e Démare. L’andatura è elevatissima e, per lunghi tratti, la velocità è prossima ai 70 Km/h. In una situazione del genere un minimo problema meccanico significa la sostanziale compromissione della corsa: le vittime sono Magnus Cort Nielsen e Sam Bennett, che devono abbandonare l’allegra compagnia dell’avanguardia del gruppo, nel frattempo popolatasi dei sei battistrada iniziali, che vengono riassorbiti e cercano di rimanerne accodati.
A questo punto, la battaglia si restringe ad un duello a distanza tra il primo gruppo, che tenta di aumentare il proprio vantaggio, ed il secondo, che tenta disperatamente di rientrare. In un primo momento, il vantaggio sembrava essersi stabilizzato sui 30/40 secondi ma, quasi subito, si assesta sul minuto. Dopo l’ingresso nel circuito finale, da ripetere sette volte, il gap si allarga ulteriormente, sostanzialmente per due fattori. Infatti, davanti Belgio e Italia collaborano nel tenere un’andatura il più possibile elevata, mentre dietro i due belgi rimasti nelle retrovie cercano di favorire i sei connazionali di testa andando a rompere i cambi e provocando l’ira di Degenkolb, visibilmente contrariato, che va quasi a minacciare i due portacolori del Belgio. Il vantaggio arriva a superare i due minuti, circostanza che porta Degenkolb e Kittel a mollare il colpo ed a ritirarsi.
Nei chilometri successivi non ci sono particolari note di cronaca da segnalarfe, con il gruppo davanti che continua la marcia di avvicinamento alla fasi finali e con la tensione che comincia a trasparire fuori dai caschi e dagli occhiali.
Ci si gioca tutto all’ultimo giro, nel corso del quale quelli che hanno tirato tutto il giorno, tra cui l’ottimo Daniele Bennati, si staccano e davanti rimane un drappello più ridotto. E’ Terpstra che prova per primo a muoversi, ma il suo allungo, immediatamente stoppato da Van Avermaet, è estremamente timido e lo stesso olandese desiste immediatamente dal tentativo. L’andatura si alza ulteriormente per le trenate di quelli che voglio evitare gli scatti ed arrivare allo sprint ma, in un momento di esitazione, parte molto deciso Tom Leezer che guadagna subito qualche metro. Complice una prima indecisione su chi dovesse prendersi l’incarico di inseguire, il vantaggio aumenta fino ad arrivare ad una consistenza di oltre 150 metri. Ad un certo punto si ha l’impressione che l’olandese, che passa in testa sotto il triangolo rosso, possa farcela, ma la fatica si fa sentire e, poche centinaia di metri prima dell’arrivo, Leezer deve capitolare. Quasi in contemporanea Guarnieri cerca di lanciare la sprint di Nizzolo, che viene infilato proprio vicino alle transenne da Peter Sagan che poi va ad imporsi su Cavendish e su Tom Booonen, uno dei principali responsabili della situazione di corsa che si era venuta a creare nel deserto e, sicuramente, uno di quelli che poteva trarne i maggiori vantaggi. Il massimo risultato, però, è andato a Sagan che, pur trovandosi di fronte velocisti puri come Cavendish, ha fatto valere la maggior capacità di reggere la fatica di una corsa di 257 chilometri, disputata in un gruppo ristretto che ha corso a tutta per la maggior parte del tracciato. Alla fine, la fatica, complice anche il caldo, si è fatta sentire ed è venuta fuori la classe e la resistenza dello slovacco che non solo va a bissare il successo dell’anno scorso, come fece Bugno nei primi anni ‘90, ma corona anche una stagione da incorniciare con un Tour de France corso veramente da fuoriclasse.
Gli italiani non sono riusciti ad arricchire il nostro parco medaglie ma hanno corso con generosità, alimentando attivamente l’azione del gruppo davanti in cui erano in 4, inferiori in numero solo ai belgi. Nel finale Viviani sembrava tormentato dai crampi, mentre Nizzolo ha provato a lanciare lo sprint lungo ma, contro la brillantezza di Peter Sagan, che si è infilato in una strozzatura tra Nizzolo e le transenne, non c’è stato nulla da fare ed alla fine il campione italiano è rimasto un po’ intrappolato ed ha chiuso in quinta posizione.
E’ stato un mondiale obbiettivamente appassionante, grazie alla situazione creatasi già a 170 Km dalla conclusione ma, come si diceva in apertura, questo non è abbastanza per dare la sufficienza ad un percorso che lascia comunque molte perplessità.
Benedetto Ciccarone

Al termine di una gara più emozionante di quel che lasciava presagire il tracciato, Peter Sagan ''espolde'' e fa sua la maglia iridata, la seconda consecutiva dopo quella conquistata a Richmond l'anno passato (foto Tim de Waele/TDWSport.com)
20-12-2023
dicembre 21, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
VUELTA CICLISTA INTERNACIONAL A COSTA RICA
Il costaricense Kevin Rivera (7C – Economy – Lacoinex) si è imposto nella quinta tappa, San Ramón – Berlin, percorrendo 99.9 Km in 3h03′06″, alla media di 32.736 Km/h. Ha preceduto di 41″ il costaricense Sebastián Moya (Colono Bikestation Kölbi) e di 46″ il colombiano Juan Diego Alba (Movistar – Best PC). Nessun italiano in gara. Il costaricense Sergio Arias (Colono Bikestation Kölbi) è il nuovo leader della classifica con 1′10″ su Rivera e 1′26″ su Alba
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLII: ENECO TOUR 2016
Il mondiale del 2016 è stato spostato in avanti in calendario di un paio di settimane per evitare ai corridori il caldo del Qatar e così i corridori che vogliono puntare alla maglia iridata sono obbligati a un piccolo cambio di programma, cercando l’iscrizione a corse più vicino all’appuntamento. Dopo l’infelice esperienza dell’anno precedente Sagan sceglie di non tornare alla Vuelta e di optare per una diversa marcia d’avvicinamento, che passa prima per le corse canadesi del World Tour e per il campionato europeo e poi per una breve gara a tappe, l’ENECO Tour. La corsa disegnata a cavallo tra Belgio e l’Olanda è l’ideale per affinare la preparazione in vista di un mondiale dal percorso completamente pianeggiante e Sagan coglie l’occasione per andare a segno su un paio di traguardi
3a TAPPA: BLANKENBERGE – ARDOOIE
SEMBRA TOMBA, MA E’ SAGAN
Altra incredibile vittoria del campione del mondo che, dopo che i 5 fuggitivi di giornata sono stati ripresi in vista del traguardo, slalomeggia letteralmente tra gli avversari sul rettilineo finale di Ardooie e si impone davanti a Danny Van Poppel e Nacer Bouhanni, portandosi a 3” da Rohan Dennis in classifica generale. Migliore degli azzurri ancora Giacomo Nizzolo che bissa il 6° posto ottenuto a Bolsward.
La terza tappa dell’Eneco Tour, 182,3 km da Blankenberge ad Ardooie, si presentava come una classica frazione per velocisti, che già in passato nella cittadina delle Fiandre Occidentali divenuta traguardo fisso della breve corsa a tappe del Benelux l’hanno fatta da padrone con Tom Boonen che si è imposto in due occasioni, ultima delle quali nel 2015, al pari di André Greipel.
Tuttavia il copione solo in extremis ha potuto essere rispettato e non per via del vento, che non ha rappresentato un’insidia come si paventava alla vigilia, ma perchè, nonostante almeno una dozzina di squadre abbiano collaborato all’inseguimento, i fuggitivi di giornata – Stijn Steels (Topsport Vlaanderen), Jesper Asselman (Roompot), Mark McNally (Wanty), Yukia Arashiro (Lampre-Merida) e un Martin Elmiger (Iam Cycling) che ha quantomeno fatto incetta di secondi di abbuono negli sprint intermedi che gli hanno consentito di portarsi a 14” dal leader Rohan Dennis (Bmc) in classifica generale – hanno resistito alla grande al ritorno del gruppo, colpevole di aver inizialmente lasciato loro troppo spazio, con un vantaggio massimo che ha superato i 7′. Se non avessero cincischiato dopo un tentativo di allungo del giapponese in vista dell’ultimo chilometro, i cinque ardimentosi si sarebbero certamente giocati il successo. Così, invece, non è stato e a disputarsi la vittoria sono stati gli sprinter con Peter Sagan (Tinkoff), i cui compagni peraltro non si erano mai fatti vedere in testa al gruppo in precedenza, autore di un vero e proprio show nelle ultime centinaia di metri in cui, nonostante la sede stradale piuttosto stretta e l’ostacolo rappresentato dagli ex battistrada che procedevano molto più lentamente degli altri sul rettilineo finale, ha messo insieme potenza e abilità di guida della bicicletta slalomeggiando letteralmente tra gli avversari fino a mettere le ruote davanti a tutti, portandosi a quota 11 successi stagionali. Alle spalle dello slovacco si è piazzato un po’ a sorpresa Danny Van Poppel (Team Sky) che ha preceduto Nacer Bouhanni (Fdj) e il vincitore della tappa di Bolsward Dylan Groenewegen (Lotto NL-Jumbo) mentre Giacomo Nizzolo (Trek-Segafredo) ha confermato il 6° posto ottenuto l’altroieri ponendosi tra i reduci della fuga McNally ed Elmiger e davanti agli ancora deludenti Marcel Kittel (Etixx-QuickStep) ed André Greipel (Lotto Soudal).
Con questo successo Sagan si porta a soli 3” da Dennis in classifica generale, scavalcando Jos Van Emden (Lotto NL-Jumbo), ora 3° a 5”, e distanziando chi segue con Jasha Sütterlin (Movistar) ed Elmiger 4° e 5° ambedue a 14” e Wilco Kelderman (Lotto NL-Jumbo) e Matthias Brändle (Iam Cycling) rispettivamente 6° e 7° a 15” e ponendo le basi per conquistare la maglia biancorossa di leader al termine della quarta tappa, 201,4 km da Aalter a St-Pieters-Leeuw che, nonostante le sei “côtes” da scavalcare dovrebbe, sulla carta dovrebbe vedere ancora gli sprinter alla ribalta, anche se in chiave successo finale le cose per lo slovacco potrebbero complicarsi al termine della quinta frazione, una cronosquadre di 20,9 km in quel di Sittard che vede la Tinkoff meno attrezzata rispetto a molte dirette rivali.
Marco Salonna
4a TAPPA: AALTER – SINT-PIETERS-LEEUW
SAGAN, WHAT ELSE? TAPPA E MAGLIA ALL’IRIDATO
Ennesima prova di forza del fuoriclasse slovacco, al quarto successo nelle ultime due settimane malgrado una concorrenza sempre di altissimo livello, che si aggiudica allo sprint anche la tappa di St-Pieters-Leeuw davanti ad André Greipel, rinvenuto forte negli ultimi metri ma non a sufficienza per superarlo, e ad Alexander Kristoff, balzando in vetta alla classifica generale con 7” su Rohan Dennis, che però potrebbe riprendersi il primato al termine della cronosquadre di Sittard. Ancora una volta il migliore dei nostri è Giacomo Nizzolo, che non va oltre il 9° posto, mentre una caduta nel finale costringe al ritiro Tom Boonen.
Anche la quarta tappa dell’Eneco Tour, 201 km da Aalter a St-Pieters-Leeuw, si è conclusa allo sprint come era prevedibile alla vigilia, ma rispetto alle precedenti frazioni in linea di Bolsward e Ardooie si è assistito a una corsa decisamente più combattuta, complice un percorso leggermente più impegnativo che prevedeva diversi tratti in pavè e alcuni muri, comunque non paragonabili ai più duri che si affrontano al Giro delle Fiandre, tra i quali spiccavano quelli di Alsemberg e di Bruine Put, inseriti nel circuito finale di 32 km da ripetere tre volte. La prima fuga di giornata, che ha visto protagonisti Mark McNally (Wanty-Groupe), ancora in avanscoperta dopo essere stato ripreso solo sul rettilineo finale in quel di Ardooie, Bert Van Lerberghe (Topsport Vlaanderen) e il duo della Roompot-Oranje composto da Brian Van Goethem e Sjoerd Van Ginneken, è stata infatti annullata dal gruppo in coincidenza con il primo passaggio sotto la linea del traguardo, quando ancora alla conclusione mancavano 64 km. Da quel momento si sono susseguiti gli scatti: un primo tentativo di una ventina di corridori – tra i quali il leader della generale Rohan Dennis (Bmc), Edvald Boasson Hagen (Dimension Data) e il bresciano Matteo Bono (Lampre-Merida) – è stato tempestivamente rintuzzato dagli uomini della Tinkoff di Peter Sagan, mentre decisamente più spazio ha avuto l’azione della coppia dell’Astana Grivko – Gruzdev, che ha guadagnato una trentina di secondi e a lungo ha resistito non solo al ritorno del gruppo – nel quale diversi corridori e squadre si sono alternati all’inseguimento, anche se il grosso del lavoro è stato compiuto dal trentino Daniel Oss (Bmc) – ma anche a quello di due tra i più forti cronomen in circolazione, al di là della giornata no avuta da entrambi nella prova contro il tempo di Breda, Tom Dumoulin (Giant-Alpecin) e Tony Martin (Etixx-QuickStep), che si sono portati a ridosso dei due ex sovietici al comando ma poi hanno dovuto desistere e sono stati riassorbiti da un plotone dal quale, strada facendo, hanno perso contatto alcuni tra i velocisti meno avvezzi alle salite come Caleb Ewan (Orica-Bike Exchange) e Andrea Guardini (Astana), oltre a un’ulteriore cinquantina di atleti.
Sull’ultimo passaggio sul muro di Bruine Put, con Grivko e Gruzdev ormai prossimi a essere ripresi, è stato Jasper Stuyven (Trek-Segafredo) a provare a dare nuova linfa all’azione, riportandosi sui due uomini dell’Astana per poi tirare dritto ai -3 dal traguardo. Anche per il passista veloce belga non c’è stato nulla da fare e sono iniziate le grandi manovre in vista della volata, cui non ha preso parte Michael Matthews (Orica-Bike Exchange), che ha innescato una caduta di massa nella quale è stato coinvolto anche Tom Boonen (Etixx-QuickStep), poi costretto al ritiro. Davanti si sono portati Roy Curvers (Giant-Alpecin) e William Bonnet (Fdj), a sostegno dei rispettivi capitani John Degenkolb e Arnaud Démare che, però, hanno atteso qualche attimo di troppo prima di partire e ne hanno così approfittato Alexander Kristoff (Katusha), che è stato il primo a lanciarsi, e soprattutto il solito Sagan che, dopo aver impressionato ancora una volta per la facilità con cui ha risalito il gruppo senza l’apporto di alcun compagno di squadra e nonostante qualche spallata di troppo con Démare, ha saltato con facilità il norvegese ed è andato a cogliere il secondo successo consecutivo, il dodicesimo stagionale, malgrado il disperato tentativo di rimonta di André Greipel (Lotto-Soudal), la cui formazione ha, come spesso accaduto in questa stagione, sbagliato i tempi lasciandolo da solo quando ancora mancavano diverse centinaia di metri al traguardo. Sul gradino più basso del podio si è piazzato Kristoff davanti a Démare, a Dylan Groenewegen (Lotto NL-Jumbo) e a Degenkolb mentre Giacomo Nizzolo (Trek-Segafredo), un altro che in questo Eneco Tour non può contare su una squadra in grado di supportarlo al meglio negli ultimi metri, è stato nuovamente il migliore degli azzurri ma non è andato oltre il 9° posto.
Con i 10” di abbuono conquistati Sagan è balzato al comando della classifica generale mettendo importante fieno in cascina e, infatti, ora guida con 7” su Dennis, 12” su Jos Van Emden (Lotto NL-Jumbo), 20” su Grivko, risalito a sua volta dopo aver fatto incetta di abbuoni nei tre sprint intermedi presenti in rapida successione nel cosiddetto ”Chilometro d’Oro”, e 21” su Jasha Sütterlin (Movistar) e Martin Elmiger (Iam Cycling). Difficilmente il fuoriclasse slovacco potrà confermarsi in maglia biancorossa al termine della quinta tappa, una cronosquadre di 20,9 km con partenza e arrivo a Sittard, ma se la Tinkoff riuscirà a limitare i danni rispetto a Bmc, Lotto NL Jumbo e Movistar, che sembrano essere le compagini maggiormente attrezzate, ha tutte le carte in regola per riprendersi il primato nelle due frazioni conclusive, adattissime alle sue caratteristiche.
Marco Salonna

Ci ha ricordato le prodezze di Alberto Tomba quanto fatto vedere dal campione del mondo Peter Sagan sul rettilineo di Ardooie (foto Tim de Waele/TDWSport.com)
19-12-2023
dicembre 20, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
VUELTA CICLISTA INTERNACIONAL A COSTA RICA
Il costaricense Brian Salas (Team CostaFrut – GoRigoGo – Giant) si è imposto nella quarta tappa, Liberia – Naranjo, percorrendo 172.3 Km in 4h45′48″, alla media di 36.172 Km/h. Ha preceduto di 43″ il colombiano Juan Diego Alba (Movistar – Best PC) e il connazionale Leandro Varela (7C – Economy – Lacoinex). Nessun italiano in gara. Il costaricense Donovan Ramírez (7C – Economy – Lacoinex) è ancora leader della classifica con 1′42″ sul connazionale Sergio Arias (Colono Bikestation Kölbi) e 3′24″ sull’ecuadoriano Santiago Montenegro (Movistar – Best PC)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLI: EUROPEO 2016
È una maglia che non potrà indossare quella di campione europeo perchè quella iridata ha la “prelazione” su tutte e Sagan mira, un mese più tardi, ha riconquistarla nel mondiale qatarino. Ma è comunque un prestigioso trofeo da conservare in bacheca, anche per il fatto che chi la vincerà avrà l’onore di inaugurare l’albo d’oro del campionato europeo di ciclismo su strada, gara già presente in calendario sin dal 1995 ma che solo dal 2016 viene aperta ai professionisti. E il campione slovacco non si fa trovare impreparato sul rettilineo in salita di Plumelec, dove svernicia il corridore di casa Julian Alaphilippe e lo spagnolo Daniel Moreno
E’ SAGAN IL PRIMO CAMPIONE EUROPEO
Lo slovacco campione del mondo in carica va a prendersi anche il primo titolo di campione europeo dello storia del ciclismo, precedendo nettamente Alaphilippe e Moreno in volata al termine di una corsa combattuta sino alla fine, con gli italiani, in particolare Moser e Villella, che hanno messo in scena belle azioni, purtroppo non andate a buon fine
La prima edizione dei campionati europei di ciclismo aperta ai professionisti (esclusi fin dall’edizione del debutto, disputata nel 1995) impone una riflessione su tale corsa. Sicuramente quella di istituire questa corsa è una buona idea, specialmente in chiave storica. Il ciclismo è stato, infatti, per la maggior parte della sua storia uno sport prettamente europeo, con i soli Stati Uniti e Colombia che sono riusciti a portare nelle corse più importanti uomini di un certo spessore. Al giorno d’oggi, tuttavia, la situazione volge verso un cambiamento. Se, infatti, sono sempre gli atleti europei quelli numericamente più presenti nelle grandi corse, è pur vero che sempre più frequentemente si affacciano sulla scena corridori dei vari continenti.
A questo aspetto positivo ne fanno fronte due negativi, che caratterizzano però questa edizione e sono quindi suscettibili di miglioramenti.
In primo luogo, è infelice la collocazione in calendario di questa particolare edizione, posta a ridosso dei mondiali e non troppo lontana dal termine della Vuelta. I partecipanti sono stati così costretti a scegliere tra europei e mondiali, senza contare quei corridori che non hanno ancora smaltito le fatiche di una corsa a tappe di tre settimane come quella spagnola. Ovviamente non c’è confronto di importanza tra europei e mondiali e sono i primi a pagarne le spese, con una partecipazione inferiore a quella che potrebbe registrare una corsa del genere collocata meglio in calendario. Va, però, detto che finora i campionati europei si correvano a luglio, in concomitanza con il Tour, o talvolta ad agosto e la collocazione settembrina dell’edizione 2016, la prima aperta ai professionisti, è stata stabilita anche per non scontrarsi con le Olimpiadi, che hanno provocato lo “slittamento” di altre corse, come l’Eneco Tour, che prenderà il via domani, con un mese di ritardo rispetto alla data tradizionale.
L’altro aspetto negativo è il percorso, un circuito di 14 chilometri, da ripetere 17 volte, privo di difficoltà altimetriche sostanziali, se si eccetta la salita che conduceva al traguardo, la Côte de Cadoudal (1,7 Km al 6,2%), affrontata in diverse occasioni anche al Tour de France. Come spesso succede anche in occasione dei campionati del mondo, quello proposto è risultato un percorso troppo facile perché i corridori talentuosi negli attacchi possano offrire un numero degno di una competizione che aspira ad un certo livello.
Nonostante il nome altisonante del vincitore e i tentativi che pure ci sono stati, la corsa alla fine è arrivata allo sprint. Ciò non significa comunque che i corridori non abbiano cercato di interpretare al meglio un circuito che non offriva particolari spunti interessanti.
Dopo 6 chilometri di corsa si forma la fuga che caratterizzerà gran parte della prova e nella quale entrano Bert – Jan Lindeman (Paesi Bassi), Pirmin Lang (Svizzera), Andrii Bratashchuk (Ucraina) e Risto Raid (Estonia). Il gruppo prosegue sornione, lasciando che i battistrada si allontanino concedendo loro un vantaggio massimo di oltre 11 minuti. Sono Italia, Belgio e Francia ad imporre una accelerazione in gruppo che comincia ad erodere poco alla volta il vantaggio dei fuggitivi.
A cinque giri dalla fine, provano a lanciarsi al contrattacco Alexandre Geniez (Francia), Enrico Gasparotto (Italia), Jelle Vanendert (Belgio), David De La Cruz (Spagna), Emanuel Buchmann (Germania), Łukasz Owsian (Polonia) e Tobias Ludvigsson (Svezia) ma senza trovare la necessaria collaborazione, così che il gruppo non tarda a riportarsi su di loro.
Meglio strutturata è l’azione che va in scena nel giro successivo, composta da Karol Domagalski (Polonia), Sergey Lagutin (Russia), Jan Polanc (Slovenia), Redi Halilaj (Albania), Nicolas Edet, Cyril Gautier (Francia), Ben Hermans, Jelle Vanendert (Belgio), Davide Villella, Fabio Aru (Italia), Sam Oomen (Paesi Bassi), Fabian Lienhard (Svizzera), Karel Hnik (Rep. Ceca), Simon Geschke (Germania), Peeter Pruus (Estonia), David De La Cruz, Omar Fraile (Spagna) e Sergio Paulinho (Portogallo). Questo gruppo riesce a guadagnare sino a 1′30 su quello inseguitore ma anche costoro faticano a trovare la giusta tabella di marcia e vengono ripresi, mentre i battistrada vedono il loro vantaggio ridursi a soli 30 secondi che, a seguito di un nuovo cambio di ritmo del gruppo, si polverizzano in men che non si dica.
Nel corso della discesa dalla Côte de Cadoudal finiscono a terra Gianni Moscon (Italia), Alexandre Geniez (Francia) e Rubén Fernández (Spagna); la confusione che ne segue favorisce il formarsi di un drappello al comando formato da Philippe Gilbert, Tiesj Benoot, Ben Hermans (Belgio), Moreno Moser, Giovanni Visconti, Fabio Aru (Italia), Paul Martens, Paul Voss (Germania), Cyril Gautier (Francia), Diego Rubio (Spagna), Huub Duyn, Sam Oomen (Paesi Bassi), Mathias Frank, Sébastien Reichenbach (Svizzera), Karol Domagalski (Polonia), Matija Kvasina (Croazia) e Sergey Lagutin (Russia). L’italia ha tre ottimi elementi davanti, ma dietro sono Portogallo e Slovacchia, che non hanno uomini in fuga, a tirare; anche Francia e Spagna, che hanno un solo uomo davanti, decidono di dare una mano nell’inseguimento, che ha termine all’inizio dell’ultima tornata, ma Moser tenta nuovamente l’attacco, stavolta da solo. Il tentino riesce a guadagnare un vantaggio di una trentina di secondi che sembra restare stabile, finché non è Peter Sagan in prima persona ad imporre un cambio di ritmo al gruppo e, nel tratto più duro della salita finale, il gruppo piomba su Moser. Gli uomini di Cassani, però, non mollano ed è Villella a provare la stoccata vincente, ma anch’egli si vede ripreso a soli 400 metri dall’arrivo. La volata non ha offerto alcuna emozione dato che Sagan si è imposto sugli avversari con una facilità disarmante. Pronostico rispettato, dunque.
L’italia, nonostante non abbia raccolto molto, si è mossa bene, in tutte le azioni pericolose gli uomini di Cassani sono stati presenti e, nel finale, sono stati in due a provarci con l’azione di Moser, che è stata davvero pregevole.
Benedetto Ciccarone

Sagan si impone con facilità anche nella prima edizione dei campionati europei destinata ai professionisti (foto Bettini)
18-12-2023
dicembre 19, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
VUELTA CICLISTA INTERNACIONAL A COSTA RICA
Il team costaricense 7C – Economy – Lacoinex si è imposto nella terza tappa, cronometro a squadre Bagaces – Curubandé, percorrendo 41.3 Km in 52′19″, alla media di 41.16 Km/h. Ha preceduto di 1′10″ il team costaricense Colono Bikestation Kölbi e di 55′07″ il team ecuadoriano Movistar – Best PC. Nessun italiano in gara. Il costaricense Donovan Ramírez (7C – Economy – Lacoinex) è ancora leader della classifica con 40″ sul connazionale Gabriel Francisco Rojas (7C – Economy – Lacoinex) e 1′50″ sul connazionale Sergio Arias (Colono Bikestation Kölbi)
17-12-2023
dicembre 18, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
VUELTA CICLISTA INTERNACIONAL A COSTA RICA
Il costaricense Donovan Ramírez (7C – Economy – Lacoinex) si è imposto nella seconda tappa, Cañas – Liberia, percorrendo 160.5 Km in 3h53′59″, alla media di 41.16 Km/h. Ha preceduto di 54″ il connazionale Luis Esteban Murillo (CMC-Prefabricados San Carlos) e il guatemalteco José David Canastuj (nazionale guatemalteca). Nessun italiano in gara. Ramírez è il nuovo leader della classifica con 38″ sul connazionale Pablo Mudarra (BCT – Arroz Ezio – Team Montoya) e 40″ sul connazionale Sergio Arias (Colono Bikestation Kölbi)
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XL: QUÉBEC 2016
Non c’è solo il bis al Mondiale nei programmi stagionali di Peter Sagan. Il 2016 è, infatti, anche l’anno del primo campionato europeo e lo slovacco ha messo nel mirino anche questo obiettivo, scegliendo un strada diversa rispetto a quella percorsa l’anno prima, quando aveva deciso di correre la Vuelta dopo il Tour. L’esperienza spagnola nel 2015 si era conclusa, però, con una brutta caduta dopo pochi giorni e così stavolta preferisce non correre rischi, optando per un paio di corse in linea oltreoceano, che di solito gli hanno sempre portato bene. È andrà così anche stavolta, con Sagan che va a cogliere la vittoria in Canada al Grand Prix Cycliste de Quebec
CHE BEL SAGAN IN QUÉBEC. PETER VINCE IN CANADA CON CLASSE E POTENZA
Peter Sagan (Team Tinkoff) ritorna al ciclismo su strada dopo la partecipazione alla gara olimpica della mountain-bike e sfodera una bella vittoria nel Grand Prix Cycliste de Québec battendo in una volata ristretta Greg Van Avermaet (Team BMC) e Anthony Roux (Team FDJ.fr). Da segnalare le buone prove di Matteo Trentin (Team Etixx) e Gianni Moscon (Team SKY) che hanno provato ad animare gli ultimi chilometri di corsa, caratterizzata da una fuga inizialle di 8 ciclisti, tra cui Valerio Agnoli (Team Astana), e da molti attacchi negli ultimi 40 km. Domenica si attende il bis a Montréal.
Giunto alla sua sesta edizione, il Grand Prix Cycliste de Québec, insieme al GP di Montréal che si correrà domenica, rappresenta uno dei più prestigiosi appuntamenti del calendario World Tour. Nonostante il contemporaneo svolgimento del Giro di Spagna e del Tour of Britain, i nomi alla partenza delle corse canadesi sono di tutto rispetto e non mancheranno sicuramente di suscitare interesse tra gli appassionati d’oltreoceano. Il percorso resta immutato rispetto agli scorsi anni, con il circuito della città vecchia di Québec, lungo 12,6 kmm da ripetere 16 volte per un totale di 201,6 km. Tre le asperità principali, brevi ma insidiose e tutte concentrate negli ultimi 4 km: la Côte de la Montagne, la Côte de la Potasse e la Montée de la Fabrique. In costante ascesa anche l’ultimo chilometro sulla Grande Allée, dove i ciclisti dovranno impegnarsi nello sforzo finale, tra finisseurs e velocisti, che rende la corsa canadese incerta fino all’ultimo – e ricordiamo proprio l’ultima edizione del 2015 dove Rigoberto Urán scattò proprio all’inizio dell’ultimo chilometro e riuscì a mantenere un vantaggio risicato ma decisivo sul gruppo, regolato da Michael Matthews. Due nomi, questi ultimi, presenti anche al via dell’edizione 2016 insieme, tra gli altri, al campione del mondo su strada Peter Sagan ed al campione olimpico Greg Avermaet. Dopo la partenza si formava una fuga composta da sei ciclisti – Lars Bak (Lotto Soudal), Maxim Belkov (Katusha), Valerio Agnoli (Astana), Twan Castelijns (Lotto NL Jumbo), Matt Brammeier (Dimension Data) e Alexandre Pichot (Direct Énergie) – ben presto raggiunti da Jan Bárta (Bora Argon 18) e Nicolas Masbourian (Silber Pro Cycling). Alla fine del primo giro la testa della corsa aveva circa un minuto e mezzo di vantaggio. Al termine del secondo giro il vantaggio della fuga era aumentato a 4 minuti e mezzo mentre nel gruppo inseguitore ci si iniziava a organizzare per l’inseguimento, per evitare che il vantaggio della fuga si dilatasse troppo. Tra le squadre maggiormente impegnate si segnalavano l’Orica BikeExchange e la Etixx. La corsa viveva una fase di stanca nei successivi tre giri, con il vantaggio della fuga che si assestava intorno a 4 minuti e mezzo. Al termine del settimo giro il vantaggio della fuga era sceso sotto i 4 minuti, sintomo che il gruppo stava pian piano recuperando. Alla fine dell’ottava tornata, quindi a metà corsa, il gruppo aveva ancora recuperato qualcosa alla fuga che adesso conduceva con un vantaggio di 3 minuti e mezzo. Il gruppo era ormai in progressiva rimonta e dopo 10 giri il vantaggio della fuga era di soli 2 minuti e mezzo. L’andatura del gruppo si alzava decisamente e Peter Sagan si faceva notare per essere nelle retrovie del gruppo, proprio lui che dopo l’esperienza della prova olimpica in mountain bike era tornato a gareggiare su strada soltanto poco giorna fa in Francia, nella Bretagne Classic, corsa che lo aveva visto ritirato. Davanti la fuga si spezzettava e Lars Bak restava il solo a crederci fino in fondo, mantenendo un vantaggio inferiore al minuto quando ancora mancavano circa 45 km all’arrivo. Bak veniva ripreso a poco meno di 40 km dal traguardo da Julian Alaphilippe (Team Etixx) e Luke Rowe (Team SKY), che provavano ad andarsene e tagliavano la linea del 13° giro con 40 secondi di vantaggio sul gruppo. Alaphilippe si avvantaggiava su Rowe lungo la terzultima ascesa verso la Côte de la Montagne, ma il gruppo non lasciava spazio e raggiungeva il francese ai meno 28. Il gruppo iniziava il penultimo giro molto sfilacciato, con l’impressione che non ci fosse una squadra di riferimento che riuscisse a tenere chiusa la corsa. Si formava in testa un gruppo costituito da una quindicina di ciclisti, fra i quali si segnalava la presenza di Fabio Aru (Team Astana). L’azione di questo drappello non sembrava, però, molto convinta e infatti il gruppo annullava anche quest’altro tentativo. Matej Mohoric (Team Lampre) era l’ultimo ciclista ad essere ripreso ai meno 15, quandio Sagan si faceva vedere per la prima volta nelle prime posizioni del gruppo. Ai meno 14 km dall’arrivo Paul Voss (Team Bora 18) provava un altro attacco e iniziava l’ultimo giro con circa 20 secondi di vantaggio. Il tedesco veniva raggiunto ai meno 10 da Oliver Naesen (Team IAM Cycling), recente vincitore della Classica di Amburgo. Il generoso tentativo del belga si esauriva a meno 3 km e mezzo dalla linea bianca. Alaphilippe riprovava l’attacco sulla Côte de la Montagne, a meno 3 km dall’arrivo, trainando con sé il compagno Matteo Trentin e Gianni Moscon (Team SKY). Ma il gruppo anche stavolta riprendeva quest’ennesimo tentativo di attacco; provava quindi, a un chilometro dall’arrivo, Rigoberto Urán, tentando un “remake” della scorsa edizione. Questa volta, però, il colombiano non riusciva a imprimere la necessaria potenza per imporsi sugli avversari; infatti, era proprio Peter Sagan che si involava ai meno 200 metri con uno scatto repentino, che univa classe e potenza. Il campione del mondo vinceva così abbastanza nettamente, precedendo Greg Van Avermaet (Team SKY) e Anthony Roux (Team FDJ.fr). Da segnalare positivamente il quarto posto di Alberto Bettiol (Team Garmin Cannondale) mentre chiudeva la top five Michael Matthews (Team Orica BikeExchange). Nella top ten si piazza anche Diego Ulissi (Team Lampre Merida), classificatosi 7°. Il week end in Canada prosegue domenica con il GP de Montréal, corsa che vedrà ai nastri di partenza le stesse squadre e, per grandi linee, gli stessi protagonisti del GP de Québec.
Giuseppe Scarfone

Quasi con naturalezza Sagan si ''beve'' l'edizione 2016 del Grand Prix Cycliste de Québec (foto Tim de Waele/TDWSport.com)
16-12-2023
dicembre 17, 2023 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
VUELTA CICLISTA INTERNACIONAL A COSTA RICA
Il costaricense Pablo Mudarra (BCT – Arroz Ezio – Team Montoya) si è imposto nella prima tappa, Heredia – Cañas, percorrendo 151.5 Km in 3h35′41″, alla media di 42.15 Km/h. Ha preceduto di 2″ i connazionali Gabriel Francisco Rojas (7C – Economy – Lacoinex) e Sergio Arias (Colono Bikestation Kölbi). Nessun italiano in gara. Mudarra è il primo leader della classifica con 2″ su Rojas e Arias
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XXXIX: TOUR DE FRANCE 2016
Dopo il magro bottino al Tour dell’anno precedente, nel quale si era imposto “solo” nella classifica a punti dopo un’infinita sequela di piazzamenti, Peter Sagan torna alla vittoria sulle strade della Grande Boucle, dimostrando ancora di esser riuscito ancora a spezzare, almeno per questa stagione, la maledizione della maglia iridata. Alla fine porterà a casa tre vittorie di tappe oltre alla maglia verde, sua per il quinto anno consecutivo.
2a TAPPA: SAINT-LÔ – CHERBOURG-EN-COTENTIN
TINKOFF, INFERNO E PARADISO: CONTADOR CROLLA, A SAGAN TAPPA E MAGLIA
Giornata in chiaroscuro per la corazzata russa, protagonista assoluta nel bene e nel male: Sagan spezza il digiuno e torna a vincere al Tour dopo tre anni, conquistando anche la maglia gialla; Contador cade di nuovo, sulla spalla già ammaccata ieri, e paga negli ultimi 3 km, cedendo 48’’ ai migliori. Ancor più pesante il passivo di Porte, che perde 1’45’’ a causa di una foratura. In lieve ritardo (11’’) anche Nibali e Pinot.
Dopo un digiuno durato 57 tappe, dove vittorie annunciate sono sfumate in ogni modo immaginabile, è stato lo strappo verso Cherbourg-en-Cotentin a riportare Peter Sagan al successo sulle strade del Tour de France, con annessa prima maglia gialla in carriera. Una giornata perfetta macchiata soltanto dalla mancata soddisfazione dell’alzata di braccia sul traguardo. Non perché esistessero dubbi sull’esito dello sprint, nel quale Sagan, facendo tesoro della sconfitta di ieri, ha saggiamente atteso che fosse Alaphilippe ad uscire dalla sua ruota e a prendere l’iniziativa, per poi incollarsi al francese e saltarlo negli ultimi 50 metri; bensì perché, nella confusione degli ultimi chilometri, il campione del mondo non si era reso conto che tutti i fuggitivi della prima ora erano stati riassorbiti, ed era convinto di lottare per la terza piazza.
Un dubbio in realtà più che legittimo, poiché per molti chilometri si è creduto che l’azione di Paul Voss – già all’attacco ieri e in cerca di punti per conservare la maglia a pois –, Vegard Breen, Cesare Benedetti e Jasper Stuyven fosse destinata al successo. Il gruppo ha infatti aspettato i 50 km all’arrivo per avviare un inseguimento convinto, quando i battistrada potevano gestire ancora quasi 6 minuti, su un terreno nervoso e tortuoso. Ci sono voluti quasi 30 km per dimezzare quel margine, e in cima allo strappo di Octeville, a meno di 8 km dal traguardo, Stuyven, sbarazzatosi nel frattempo dei compagni di viaggio, vantava ancora 90 secondi circa.
Tinkoff, BMC, Etixx e Lotto-Soudal, su tutte, hanno contribuito a rimettere in gioco le sorti della tappa, che ai piedi della Côte de La Glacerie, a 3 km e spiccioli dal termine, sembravano comunque ancora pendere dalla parte del leader, in vantaggio di un minuto abbondante.
L’azione di Stuyven, però, si è arenata sul più bello, e in vetta, a 1400 metri dal traguardo, il forcing di Roman Kreuziger aveva ridotto il divario a poche decine di metri, colmate nel breve tratto di lieve discesa precedente l’ultima rampa di 700 metri.
Nessuno – tralasciando un timido allungo sulla Glacerie di Slagter, forse intenzionato soltanto ad alzare il ritmo e lasciato solo dall’affanno di chi gli era a ruota – ha provato ad anticipare la volata, e così è stata questione fra i soliti sospetti. Alaphilippe è stato il primo a lanciare lo sprint, Sagan lo ha marcato e saltato, relegandolo alla piazza d’onore; Valverde, che in finali del genere sospettiamo possa essere competitivo fino a 55 anni e con una gamba sola, ha completato il podio; Daniel Martin, che avrebbe avuto forse bisogno di salite un po’ più esigenti per esprimersi al meglio, ha chiuso quarto; Matthews, per il quale vale il discorso opposto, si è dovuto accontentare del quinto.
Malgrado il bottino pieno di Sagan, dubitiamo che in casa Tinkoff sarà festa grande questa sera; perché se il grande vincitore di giornata è lo slovacco, il grande sconfitto è Alberto Contador. Dopo la caduta di ieri, lo spagnolo ha bissato oggi, finendo a terra e battendo la stessa spalla ammaccata ventiquattro ore fa quando all’arrivo mancavano 122 km, in un tratto dove il gruppo viaggiava fortunatamente ad andatura contenuta.
Il massiccio lavoro profuso dalla Tinkoff aveva autorizzato ad ipotizzare che il madrileno fosse in condizioni almeno discrete; invece, subito dopo la volata, la regia francese ha mostrato la mesta immagine di un Contador in evidente difficoltà, scortato dai pochi compagni che non erano rimasti al fianco di Sagan e non avevano perso contatto in precedenza. Il ritardo di 48’’, se maturato in altre circostanze, non comprometterebbe nulla in chiave successo finale, ma la chiara sofferenza fisica fa pensare che servirà un recupero prodigioso per evitare di salutare ogni ambizione di maglia gialla già mercoledì, sul Massiccio Centrale.
Il campione di Pinto non è il solo a vedere crollare le proprie quotazioni dopo la tappa di oggi: peggio ancora – almeno a livello cronometrico – è andata infatti a Richie Porte, vittima di una foratura a 5 km e mezzo dall’arrivo e incredibilmente abbandonato a se stesso dalla BMC, che sembra dunque aver già compiuto la propria scelta fra il tasmaniano e Van Garderen.
Undici secondi li hanno lasciati per strada anche Nibali, forse più sincero di quanto si sperasse circa le due modeste ambizioni per questo Tour, e Pinot, più a sorpresa. Per loro vale un discorso analogo a quello fatto per Contador: il distacco cronometrico è di per sé quasi irrilevante, ma una conferma della tendenza mercoledì potrebbe già significare una prematura uscita dai piani alti della classifica.
Matteo Novarini
11a TAPPA: CARCASSONNE – MONTPELLIER
FROOME COME CONTADOR NEL 2013, GUADAGNA SECONDI CON I VENTAGLI
Christopher Froome, che nel 2013 si vide infliggere un minuto da un Contador non al meglio in una tappa pianeggiante a causa dei ventagli formatisi sul tracciato, ha evidentemente imparato la lezione ed oggi ha sfruttato la situazione e, grazie alla sua potenza, è riuscito ad andarsene a 11 Km dall’arrivo, rifilando 5 secondi (più l’abbuono del secondo posto) a tutti i suoi avversari per la vittoria che, a questo punto, hanno peccato anche di disattenzione, anche se comincia a farsi strada l’idea di una superiorità del britannico un po’ su tutti i terreni. Sagan vince la tappa e tenta di tenere Oleg Tinkoff nel mondo del ciclismo.
Nella nostra rubrica “Anteprima Tour” si era detto che la tappa di oggi sarebbe finita in volata e che l’unico elemento che avrebbe potuto scongiurare un similare esito sarebbe stato il vento.
In effetti, è stato proprio il vento che ha dato sale alla tappa, sia durante le fasi centrali della frazione sia nel finale che ha visto il leader della generale andarsene con il campione del mondo ed un compagno di squadra per ciascuno. Il bottino per il keniano bianco, alla fine, non è stato particolarmente succulento dal punto di vista strettamente cronometrico, tuttavia il colpo psicologico agli avversari non è da poco. Dopo quello messo a segno da Froome nella discesa del Peyresourde, di per sé non particolarmente tecnica, il numero di oggi ha un altro significato.
Fermo restando che un uomo di classifica al Tour di France non può e non deve farsi sorprendere come hanno fatto Quintana e compagnia nella discesa pirenaica, oggi non c’è più neppure la scusa di un qualcosa di inaspettato. Si è capito che Froome ha in animo di sfruttare tutte le occasioni che si presentano per guadagnare secondi e, visto quanto il britannico aveva imparato a proprio spese nel 2013, ci si poteva aspettare grande attenzione da parte sua. In un Tour de France che Froome aveva saldamente in mano Alberto Contador, in stato di forma non ottimale, riuscì a staccare con la squadra il keniano bianco in una tappa di pianura, proprio sfruttando un ventaglio. Era quindi ovvio che, in questo Tour, che Froome ha preparato meticolosamente e che ha dimostrato di correre con molta attenzione, il britannico non solo non si sarebbe fatto sorprendere una seconda volta, ma avrebbe anche tentato di guadagnare sui diretti avversari, qualora se ne fosse presentata l’occasione. Gli avversari di Froome, invece, si sono fatti mettere nel sacco un’altra volta, con la maglia gialla che, pian pianino, si presenta alla vigilia della tappa sulla carta a lui più favorevole con un vantaggio che comincia ad avere una certa consistenza, soprattutto se si pensa che, nei piani alti della classifica, non ci sono uomini in grado di impensierirlo più di tanto a cronometro.
La corsa di oggi è stata caratterizzata, sin dall’inizio, dal vento che, fino ad un certo punto, ha spirato in senso favorevole alla marcia dei corridori con conseguenti velocità molto alte.
La fuga di giornata, composta da Arthur Vichot (FDJ) e Leigh Howard (IAM Cycling), non decolla dato che il vantaggio massimo si attesta sui 4 minuti ed il ricongiungimento con il gruppo avviene a 50 Km dalla conclusione.
Dietro, tuttavia, è una battaglia continua per tenere le posizioni di testa, cosa che causa anche numerose cadute che coinvolgono anche nomi illustri, come quelli di Thibaut Pinot e Luis Leon Sanchez.
Negli ultimi 80 Km il vento si fa laterale e questo, oltre a provocare il rapido dissolversi del vantaggio dei fuggitivi, comincia a favorire la formazione dei temuti e pericolosi ventagli con la Tinkoff e la Sky molto attente davanti.
A 13 chilometri dall’arrivo scatta l’azione decisiva, con il campione del mondo che rompe gli indugi e se ne va, affilandosi al compagno di squadra Maciej Bodnar che si produce in un’accelerazione impressionante. A quel punto, Froome decide di riportarsi sullo slovacco utilizzando lo stesso metodo, ovvero l’aiuto del compagno di squadra Geraint Thomas che ha buone doti di potenza. Gli altri leader del gruppo restano sorpresi da quest’azione e perdono il momento buono per affilarsi. La squadra dei velocisti mettono in scena l’ultimo disperato tentativo di chiudere, ma ormai è troppo tardi. Joaquim Rodriguez (Katusha) e Louis Meintjes (Lampre – Merida) restano addirittura attardati in un gruppetto che arriverà al traguardo con un ritardo superiore al minuto.
Al traguardo nessuno osa disputare uno sprint contro Peter Sagan che va a vincere senza problemi con Froome a ruota che incassa l’abbuono del secondo posto, mentre il gruppo piomba sul traguardo 6 secondi più tardi.
Come si era già detto, il vantaggio, in termini cronometrici, non è stato granché, ma gli avversari potrebbero accusare il colpo e l’idea che battere il britannico sia impossibile potrebbe cominciare a farsi pericolosamente strada.
Purtroppo è notizia dell’ultima ora, anche se il sentore era nell’aria sin dal primo pomeriggio, che domani a causa del forte vento non si potrà salire sul Ventoux. Dopo che folate fino a 100 Km/h avevano ribaltate le transenne già allestite sul “Gigante della Provenza” e che le previsioni meteo per la giornata di domani non lasciavano illusioni di miglioramento, a malincuore gli organizzatori hanno annunciato in serata che il traguardo sarà collocato a Chalet Reynard, salvando almeno i primi 9 Km dell’ascesa, comunque impegnativi perchè dotati di una pendenza media superiore al 9%, decisamente più nutrita di quella della salita affrontata domenica scorsa ad Arcalis
Benedetto Ciccarone
18a TAPPA: MOIRAINS-EN-MONTAGNE – BERNA
SAGAN TERZO CENTRO. ED ORA CHE FARA’ OLEG TINKOFF?
In un arrivo particolarmente adatto alle sue caratteristiche, Sagan riesce a vincere per un nonnulla su Kristoff allo sprint, mentre nel finale il gruppo si spezza in diversi tronconi. Nulla da fare per la fuga di giornata tutta Etixx e per il successivo tentativo di Rui Costa. Allo sprint si rivede davanti anche Degenkolb.
Oleg Tinkoff, dopo la prima vittoria di Sagan, aveva annunciato che avrebbe ritirato il proprio addio al ciclismo in caso di ulteriori due vittorie di Sagan.
Lo slovacco ha accontentato il patron, conquistando oggi la sua terza tappa a questo Tour de France. Oggi lo sprint è stato veramente all’ultimo sangue con Alexander Kristoff, anch’egli adatto a questo tipo di arrivi. Inizialmente, dall’inquadratura, sembrava avesse vinto Kristoff, come anche l’esultanza del norvegese sembrava suggerire. E’ necessario il fotofinish per chiarire, senza equivoci, la vittoria dello slovacco, bravissimo a trovare ik colpo di reni al momento giusto.
La fuga di giornata è stata inscenata da una coppia Etixx, composta da Tony Martin e Julian Alaphilippe. Molti altri tentano di agganciare questo treno, ma la velocità che Tony Martin è in grado di sviluppare sul passo rende impossibile a tutti il rientro. Il gruppo, in effetti, dovrà sudare sette camice per riuscire a chiudere, cosa che è resa palese dall’estremo allungamento del plotone in fila indiana nelle fasi più concitate dell’inseguimento. Lo stesso Alaphilippe avrà non poche difficoltà stare insieme al compagno di squadra, impegnato a menare a tutta.
Dopo i tentativi falliti di singoli corridori di portarsi sui due di testa, ci provano in quattro – Timo Roosen (LottoNL-Jumbo), Lawson Craddock (Cannondale), Vegard Breen (Fortuneo-Vital Concept) e Nicolas Edet (Cofidis) – e per diversi chilometri la corsa resta divisa in tre, con i due di testa che non si fanno riprendere dal quartetto che, dopo essere riuscito ad erodere il distacco sino a 2 minuti, sono costretti pian piano a cedere fino ad essere riassorbiti dal gruppo che progressivamente alza la velocità, sgretolando il vantaggio della coppia di testa. Tutto ciò avviene con notevole fatica di coloro che tirano in testa al gruppo perché Tony Martin, con le sue straordinarie doti di passista, è uomo non facile da andare a riprendere. In ogni caso, lodi ai due fuggitivi che, dopo essere stati ripresi a ventidue chilometri dalla conclusione, si incaricano di cercare, purtroppo per loro invano, di riportare in gruppo Kittel che aveva perso contatto sulle facili rampe dell’unico GPM in programma nella frazione odierna. Martin e Alaphilippe si possono consolare con il premio riservato al più combattivo di giornata ed eccezionalmente assegnato ad entrambi-
Ai meno venti è lodevole anche il tentativo dell’ex campione del mondo Rui Costa, che riesce a staccare il gruppo ed a mantenere a lungo un vantaggio nell’ordine dei 10/15 secondi fino ad essere ripreso a 4 chilometri dalla conclusione. L’attacco era davvero difficile da portare all’arrivo perché composto da un uomo solo, partito da molto distante e con l’intero gruppo dietro a tirare; in ogni caso Rui Costa ha dimostrato coraggio, inscenando un tentativo davvero pregevole che ha costretto il gruppo ad andare a tutta per chiudere.
Dopo il tramonto del tentativo di Rui Costa, c’è bagarre per prendere in testa lo strappetto che termina a 1 Km dalla conclusione ed è proprio in questa fase che il gruppo si spezza in diversi tronconi, con gli uomini di classifica comunque davanti. Sagan resta per tutto lo strappo nelle prime posizioni, ma il primo a lanciare lo sprint è addirittura Alejandro Valverde, sul quale parte in contropiede Kristoff che rimane in vantaggio fino a pochissimo prima della linea del traguardo, venendo superato dal campione del mondo con un colpo di reni. Ora si aspetta l’annuncio ufficiale di Oleg Tinkoff. Domani giorno di riposo alla vigilia del finale sulle Alpi. Già mercoledì è prevista la tappa con arrivo a Finhaut Emosson, con la Forclaz a rendere il finale un invito agli attacchi che si spera finalmente di riuscire a vedere tra i big.
Benedetto Ciccarone

Sagan e Alaphilippe spalla a spalla sul rettilineo finale di Cherbourg (foto Getty Images Sport)