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L'APPROFONDIMENTO
L'IMPERATOR E CAPITAN CORAGGIO

Il duopolio che ha caratterizzato la prima settimana rosa incorona Riccò, capace grazie ai due successi di tappa di rovesciare le sorti della cronosquadre e di avvicinarsi all'abruzzese nella platonica classifica dei big. Ma non è tutto oro quello che luccica. Sulla testa del modenese pendono infatti i dubbi di un possibile calo di rendimento nella terza settimana. Nell'approfondimento odierno, Federico Petroni ritorna anche sulle tattiche di una Lpr nella quale Di Luca sfodera gli artigli per fronteggiare una condizione non ancora al top.


Nella foto (Bettini), Di Luca e Riccò in azione sulla salita di Pietransieri nella tappa di ieri


di Federico PETRONI



Prima di designare il titolo di sovrano assoluto, il termine Imperator, in latino, era l´appellativo dato al comandante delle truppe romane. Il duce, il condottiero, il capo carismatico dell´esercito. Scipione, il nemico di Annibale, era Imperator; Cesare era Imperator. Riccardo Riccò è un Imperator. Basta un´occhiata al terreno di combattimento, per trarre il dado e dare il comando di attaccare. Basta un cenno e le sue schiere, seppur zeppe di giovani leve o gregari di seconda mano, si apprestano al combattimento, stringendo una temporanea alleanza con i nemici di ventura. Basta un´intesa di sguardi e il fidato luogotenente, l´immenso Leonardo Piepoli, screma il gruppo con il suo incedere claudicante e ciondolante all´apparenza ma tremendamente efficace.

Tivoli, Villa Adriana. Presso questo fiore all´occhiello dei Monti Tiburtini, l´Imperatore Adriano posava le membra stanche della battaglia e della politica in Roma. Presso le rovine dell´augusta dimora, nel frattempo impreziosite da altre mirabili costruzioni, anche Riccardo Riccò asciuga la madida fronte e scorre il film di una tappa capace di riservargli il titolo di dominatore della prima settimana. Una bolgia. La stanchezza è visibile negli occhi, nelle gambe, perfino nel respiro dei corridori, dopo una volata a 44km/h durata 208km, su di un percorso mai banale. Non basta gettare l´occhio sull´altimetria della tappa per capirne la sinuosità. L´assenza di vere salite è stata sostituita con strade vallonate, capaci di appannare la lucidità di uomini veloci. È questo il ciclismo che piace a Riccò: corsa dura, per infilzare tutti allo sprint. È questo il ciclismo che piace agli appassionati: gara di resistenza, dove lo scatto è corollario, non legge.

La Ciociaria è una terra solo all´apparenza povera. Fertile di boschi e misteri, feconda di storia e intrecci di potere. Ad Anagni, nel 1302, Papa Bonifacio VIII subì l´affronto (il celebre schiaffo) di essere incarcerato dagli sbirri del Re di Francia, preludio della "cattività avignonese". Oggi, lo schiaffo lo ha dato Riccò, rosicchiando ai diretti concorrenti venti secondi, il cui peso specifico, stando alle entusiastiche dichiarazioni dei protagonisti, eguaglia quello del piombo, in un Giro ancora congelato. Potere temporale di questo debutto di Giro d´Italia (freschezza in salita e opportunismo da faina), il modenese s´impossessa del potere spirituale, dell´anima della corsa. Subisce più di tutti lo smacco il detentore del roseo soglio, Danilo Di Luca.

Al portacolori della LPR, languente in centesima posizione a 1500m dal traguardo, la grinta non manca, ne ha fatto il cavallo di battaglia capace di reggerlo al Giro del 2005 e al sorprendente trionfo dello scorso anno. L´abruzzese è l´emblema vivente di come questo sport non sia solo una mera questione di forza, velocità e resistenza. Quando le gambe vacillano, il campione ci mette la testa. Di Luca non è lo stesso dell´anno scorso o, meglio, non lo è ancora. Lo si vede dall´espressione tirata, da un ghigno non sadico ma sofferente, quantunque grintoso. Oggi, l´appannamento è stato evidente, nonostante abbia cercato di fare lo gnorri, dichiarando che "non sempre si corre per vincere" e che aveva "corso nelle retrovie per non rischiare cadute". Ripresosi dall´ingolfamento, Di Luca ha poi mostrato i muscoli con uno scatto da lustrarsi gli occhi, scacciando incubi (per lui) e sogni (per Riccò & Co.).

Qualora dovesse caracollare sulle montagne, potrà comunque contare su una squadra leale e tonica. Già, perché, nonostante la fiumana di critiche abbattutasi sulla LPR, i verdargentei scudieri dell´abruzzese hanno sin qui corso un Giro impeccabile. La necessità di gareggiare con il naso avanti è semmai la spia di come Di Luca non dia le stesse certezze dello scorso anno, lungi però da essere un conclamato errore tattico e una palese mancanza di fiducia in un capitano su cui si è investito (e si investirà) un´ingente somma di denaro. Qualcuno avrebbe voluto fermare Bosisio, nella fuga di ieri verso Pescocostanzo. Meglio cinque secondi guadagnati o una vittoria di tappa, specie per una squadra Continental? Non sembra un quesito da un milione di dollari. E come non sottolineare l´abnegazione di Savoldelli, magari non in palla come ai bei tempi, ma disposto a sacrificarsi per il capitano, come ad Agrigento?

Riccò contro Di Luca; Di Luca contro Riccò. Il duello delle settimane a venire pare essere già annunciato. Bisogna fare attenzione a molteplici variabili. Se dell´ultima maglia rosa vanno verificate le condizioni (per scongiurare un remake più soft della debacle del 2006), sul modenese si apre un vasto dibattito. La terza settimana non è una passeggiata come lo è stata quella del 2007. Lo scorso anno, Riccò ha avuto crisi di rendimento, normali per un pulzello di 24 anni, specie in salite lunghe, secche e costanti (Agnello e Zoncolan). Inoltre, paga dazio a crono, più di Cunego, pure recalcitrante contro il tempo. Per nulla al mondo, pesate queste variabili, va persa la cronometro di Urbino, cartina tornasole delle aspirazioni di tanti massi erratici (a cominciare da Menchov e Leipheimer) e delle reali (che potrebbero diventare regali) ambizioni di un pezzo da novanta, come Kloden, boogeyman dei sogni di Di Luca.


Federico Petroni

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