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Paolo Tiralongo a IlCiclismo.it: "Il mio obiettivo? Vincere il Giro con Damiano"

Un'intervista a tutto campo con quello che è diventato uno dei punti di riferimento per Cunego alla Lampre: Paolo Tiralongo. Alla vigilia del debutto al fianco del suo capitano, il corridore siciliano ripercorre le tappe della sua carriera e anticipa a IlCiclismo.it programmi e obiettivi della stagione. Intervista a cura di Francesco Sulas.

.:Nella foto, Damiano Cunego e Paolo Tiralongo al termine di una corsa

di Francesco SULAS

Paolo, la stagione ormai è iniziata, come procedono gli allenamenti?

Bene, fortunatamente in questi mesi non ho avuto nessun problema, nessun malanno, quindi sono già in forma.

Con quali corse esordirai nel 2007, nella marcia di avvicinamento al Giro d’Italia?

Esordirò alla Vuelta Valenciana e alla Vuelta Murcia, anche se non sappiamo ancora se quest’ultima verrà disputata. Poi sicuramente sarò alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali, al Giro dei Paesi Baschi, alla Liegi e correrò una tra il Giro del Trentino ed il Romandia, ma decideremo più avanti. Infine ci sarà il Giro.

Giro in cui il tuo compito sarà quello di scortare Cunego ed aiutarlo a fare meglio possibile.

Certo, non solo al Giro, ma anche nelle altre corse stare vicino a Damiano era e rimane il mio compito.

Voi due siete compagni di stanza ed avete un bellissimo rapporto. Raccontaci com’è nato.

Già da prima che corressi con lui in Lampre tra noi era nato un rapporto di amicizia e stima reciproca; ci capiamo con un solo sguardo e c’è una grande fiducia tra noi due. Io ho il compito di proteggerlo e di non fargli mancare mai nulla e lui ha capito che lo so fare nel migliore dei modi.

Il vostro rapporto d’amicizia va oltre la corsa, vero?

Naturalmente, ci frequentiamo spesso anche con le famiglie, ci alleniamo insieme. L’anno scorso tra preparazione per il Giro svolta assieme, ricognizioni nelle tappe più importanti e corse varie ho passato quasi più tempo con Damiano che con la mia famiglia… E faremo questi identici lavori anche in vista del prossimo Giro.

Parliamo del Giro 2007, dunque. Quali pensi che possano essere le tappe favorevoli a Damiano per la classifica generale?

Beh, quello di quest’anno è un Giro molto più bello di quello dell’anno scorso, si adatta molto di più alle caratteristiche di Damiano. L’anno scorso c’era la cronometro lunga, piatta e tappe che sulla carta erano disegnate in un modo e poi si sono rivelate molto diverse… Invece quest’anno ci sono alcune belle tappe come quella dello Zoncolan, quella delle Tre Cime di Lavaredo ed anche quella che arriva al santuario vicino a Genova (Madonna della Guardia, ndr). Inoltre non mi sentirei di escludere nemmeno le cronometro, sulle quali Damiano sta lavorando molto; credo che si vedranno molto presto i miglioramenti.

Parliamo un po’ di te. Hai iniziato a correre in Sicilia all’età di 7 anni, ma in seguito sei dovuto venire nel nord Italia per trovare una squadra. Com’è la situazione attuale del sud per chi voglia fare agonismo?

La situazione del sud è un po’ critica, c’è un po’ di crisi in tutto il settore ciclistico e la Sicilia soprattutto, ma in generale il sud Italia, ne risente maggiormente. I corridori, come hai detto, sono costretti ad emigrare. Per questo sto cercando di creare una struttura in Sicilia tramite il mio fan’s club. Vorrei che i corridori rimanessero giù a studiare e che nel contempo avessero la possibilità di disputare qualche gara, anche quelle più importanti che si corrono al nord. E’ inutile infatti mandare un corridore che vive in Sicilia ed ha dei buoni numeri al nord, per poi perderlo perché magari non trova la compagnia o non si adatta a stare lontano dalla famiglia. La Sicilia offre tanti talenti e buoni corridori che negli ultimi anni sono passati professionisti ed hanno dimostrato di avere i numeri, come Nibali e Visconti. Sarebbe un peccato non sfruttarli.

I tecnici che ti hanno cresciuto, Locatelli, Ferretti, Reverberi, sono quasi tutti dei personaggi carismatici, talvolta i loro metodi sono discussi. Potresti dirci che opinione ti sei fatto di loro? Iniziamo da Locatelli.

Locatelli l’ho avuto tra i dilettanti e mi ha insegnato moltissimo. Quello che prima delle corse diceva lui si avverava quasi sempre, nel senso che era capace di farti la tattica grazie alla sua esperienza. Magari si disputava una gara che lui aveva corso per dieci anni di seguito, ne conosceva già il percorso e sapeva che in quel dato punto sarebbe andata via una fuga. E così poi accadeva... Tecnicamente mi sono trovato molto bene, era un duro, uno esigente, perché ti spronava, ti faceva reagire per affrontare la fatica e dovevi tirare fuori da te tutto se volevi diventare un corridore. Inoltre ti metteva sempre in guardia, perché basta poco per ammalarsi e mandare all’aria un lavoro per il quale hai faticato per mesi. Per questo intendo che era molto rigido. Però alla fin fine mi ha insegnato tanto, ricordo che mi diceva sempre: “Se io ti rimprovero adesso, un giorno mi ringrazierai, perché tra i professionisti nessuno ti rimprovera, devi saper fare già tutto”. Ed alla fine questo è vero.

Poi sei passato professionista alla Fassa Bortolo di Ferretti.

E quello è stato un impatto proprio duro. Lui è un battagliero, con lui si doveva sempre andare all’attacco, inoltre in corsa rivoluzionava una tattica cento volte perché magari voleva che si attaccasse e tu dovevi farlo anche se non ne avevi più. E’ un guerriero, insomma. Con lui si andava in guerra, non si andava a correre. Negli ultimi anni non condividevo le cose che faceva in corsa e così me ne sono andato io via da lui, non il contrario.

Ferretti ha avuto tanti talenti nelle sue squadre, non ultimi due giovani nostrani come Basso e Pozzato, che però hanno dovuto cambiare squadra per affermarsi a grandi livelli. Come te lo spieghi?

Perché aveva troppi capitani ed io sono dell’opinione che in una squadra più di due capitani non possano convivere, altrimenti i risultati non arrivano. Con le squadre che aveva Ferretti negli ultimi anni si sarebbero potute vincere molte più corse di quelle che ha portato a casa.

Tutt’altra cosa è la Panaria e Reverberi…

Assolutamente sì. Lì eri uno di famiglia, è tutto più omogeneo. Purtroppo nei miei tre anni in Panaria ho avuto un periodaccio, con un incidente alla schiena che mi ha costretto a stare fermo a lungo. Anche in quei brutti momenti Bruno (Reverberi, ndr) mi ha sempre sostenuto, non mi ha mai messo pressione, mai spinto a correre o a forzare più del dovuto. Con lui c’era e c’è tuttora un rapporto di amicizia, basta che andavi forte e non c’erano problemi. Certo, non eravamo uno squadrone, però al Giro ci comportavamo sempre bene ed infatti le squadre di Reverberi al Giro una vittoria la ottengono sempre. Dovessi consigliare ad un giovane con chi passare professionista direi senza dubbio Reverberi. Lì non hai troppe pressioni come si possono avere in una squadra Pro Tour, in cui devi essere competitivo e metterti in evidenza sempre.

Ecco, cosa pensi dei tanti, troppi passaggi dai dilettanti ad una squadra Pro Tour?

Per me è un’operazione sbagliata per un ragazzino fragile ed ancora immaturo, che non è abituato a sopportare certi sforzi. D’accordo che al primo anno disputeranno poche corse, corse minori, ma è comunque un impatto troppo violento. Poi logicamente c’è il talento che piano piano emerge, si ritaglia un suo spazio, ma c’è anche tanta gente che non ce la fa e sparisce inevitabilmente. Sono assolutamente contrario a questo trend, c’è un età per tutto, anche per arrivare al professionismo. Devi fare il tuo percorso passo passo, uno scalino alla volta. Magari arriverai un po’ più tardi ma certo potrai durare di più.

Parliamo della tua esperienza, ormai di un anno, alla Lampre di Martinelli. Come ti trovi ed in cosa la Lampre si differenzia da una realtà minore come la Panaria?

Intanto in Lampre la squadra si costruisce in inverno, già da ora si crea il gruppo che prenderà parte alla campagna del nord ed il gruppo per il Giro, quello di Damiano. A partire da ora, con un lavoro graduale ma mirato giungiamo al Giro, o all’evento a cui si punta, con ogni particolare che viene curato, ogni compito è assegnato nel dettaglio, così sarà più facile metterlo in pratica durante la corsa. Si programma tutto: ci si esercita a cronometro, si prendono i tempi sulle salite… E’ un lavoro più di tecnica e di preparazione mentale, ecco.

Dopo il Giro Damiano non dovrebbe fare il Tour, quest’anno. Quali sono invece i tuoi programmi.

Il Tour non è nei miei programmi, in quelli di Damiano è da decidersi. Ora la mente è puntata sul Giro, vogliamo fare il Giro e vincerlo, possibilmente. Se poi Damiano volesse fare anche il Tour lo farà, ma è ancora tutto da decidere e penso che il nodo verrà sciolto a Giro concluso.

In un intervista sempre Reverberi ha detto del tuo passaggio alla corte di Damiano: ”Tiralongo è un ottimo corridore perché ha capito che era adatto a fare la spalla di un grande capitano e non si è impuntato su altri obiettivi, come spesso fanno altri”. Come e quando hai capito ciò e perché altri ragazzi non capiscono qual è il loro ruolo migliore?

Perché tanti ragazzi alla fine sono orgogliosi. Io non dico di non essere orgoglioso di me stesso, per carità, ma ho fatto più di venti secondi posti, piazzamenti vari ed una sola vittoria in una cronosquadre. Allora ho pensato: “Ma quante corse ho fatto vincere davvero ai miei capitani? Da Bartoli a Casagrande, a Belli e Frigo…”. Quando Saronni mi ha proposto di andare alla Lampre in appoggio a Damiano ho valutato l’offerta e, visto che ne valeva la pena, non ho avuto dubbi a dare la mia disponibilità. Fare il gregario è sempre una grande responsabilità, è come dover vincere una corsa. Hai a fianco uno come Damiano e sai che a lui non deve mancar niente, che quando entrerà in azione dovrai essere lì in prima persona per metterlo nelle migliori condizioni possibili. Ma è un lavoro che mi piace e mi viene bene. Comunque fare il gregario come lo faccio io, come hanno fatto Conti o Scirea, ad esempio, è una cosa che devi avere dentro, devi essere un po’ altruista e pensare un po’ agli altri. Se inizi a pensare a te stesso ed a fare l’orgoglioso ecco che è finita.

Pensando per un attimo a te stesso, dato che da professionista ancora non hai vinto, se dovessi scegliere una vittoria quale corsa sceglieresti?

Io punto sempre ad una tappa al Giro. Ogni anno ci vado vicino, spero che prima o poi arrivi. Naturalmente qualsiasi corsa che dovessi vincere potrebbe farmi soltanto piacere, però quest’anno voglio vincere il Giro con Damiano, e basta. Poi se la vittoria personale arriva bene, ma se vince il Giro Damiano sarà come se avessi vinto io.

Grazie ed in bocca al lupo per la stagione!

Crepi il lupo!

Francesco Sulas [
f.sulas@iliclismo.it]

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