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CHICCHI DI TOUR: 'IL DOPING, IL TOUR E IL LEONCINO'

di FRANCESCO CHICCHI

Non è semplice tornare a parlare di fughe, volate, gambe buone e fatica quando vivi da vicino un problema di doping. La cronaca dell’accaduto è già stata fatta dai giornali: tutto ciò che si sapeva è stato detto, compresa la totale estraneità della squadra sulla vicenda. Noi ciclisti abbiamo ora il compito di dimostrare coi fatti queste parole, e soprattutto la compattezza della nostra squadra di fronte alla difficoltà. Siamo un grande gruppo, quasi una famiglia vista la quantità di tempo che passiamo insieme. Già oggi, mettendoci davanti a tirare il gruppo al 110% delle nostre forze, abbiamo dato un segnale. E così faremo per il resto delle tappe del Tour.
Una vittoria avrebbe dato una mano al nostro tentativo, ma le difficoltà per fare una volata come vorrei sono tante. Come già avevo scritto giorni fa, la cosa fondamentale è quella di essere davanti quando i mancano pochi chilometri dalla fine. E qui, prendere le prime ruote, diventa una guerra. La velocità oggi era troppo sostenuta, circa 70 km/h, dunque era impossibile rimontare. Onore a Cavendish e alla sua squadra.
La vittoria è, ovviamente, la cosa che cerco di più dalla partenza a Brest: per me e per la mia squadra innanzitutto. Ma da qualche giorno ho un altro buon motivo: per avere la mascotte del Tour, un leoncino di peluche. Purtroppo non lo si può comprare e l’unico modo per averlo è vestire la maglia gialla. Si capisce che per me la cosa è praticamente impossibile. Fortuna vuole, però, che l’attuale leader Kim Kirchen sia un mio grande amico e ha promesso di regalarmelo. A condizione, però, di vincere una tappa. Dunque, forza e vigore: per me, per la squadra e per il leoncino!

Francesco Chicchi

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