Clicca qui per tornare alla Home Page...
Clicca qui per tornare alla Home Page...
Ciclismo
on line
GIOVENTU' PREGIATA a cura di Cristina Manzolini
IL GIRO DI CENT'ANNI FA di M. Facoltosi
Diario di talento*
ISCRIVITI
Parole da cercare
In
Tipo di ricerca
Archivio/1



Miloty Suiveurs
Sito realizzato con

Vuoi un sito esportal?
Altri siti Esportal
Canottaggio Vero
Genoasamp
Liguria Sport

Visita Genova
Zenazone
Home:  >  News Istituzioni
L'APPROFONDIMENTO
RICCO': PICCOLI CUCCIOLI CRESCONO

di Federico PETRONI

La Sicilia è la tavolozza di un pittore. Un macchiaiolo, interprete del vero, più che un impressionista, figlio del sentimento. Una gamma di colori semplici, umili, preferendo le tonalità sfumate, le nuances, a quelle accese, nette. L’ocra dei campi riarsi dal sole; il rosso delle distese di papaveri, macchie di sangue sparse sull’entroterra siculo; il verde oliva, grondante dagli arbusti della macchia mediterranea. Balza dunque agli occhi come un raggio di sole nel cielo plumbeo il passaggio del Giro d’Italia, sciame di api variopinte. Tra il celeste dell’Astana, il fucsia della Lampre e l’arancio dell’Euskadi, il pugno nell’occhio più vistoso lo dà la Saunier Duval, con il suo giallo lampante il colore dell’oro, materiale di cui sono fatti i desideri dello sport e del ciclismo in particolare. Se è vero che i nomi sono conseguenza delle cose, almeno il colore della maglia è conseguenza dei propri sogni. E Riccardo Riccò sogna in grande, specie dopo l’affermazione nella Valle dei Templi, dove il tempo non si misura con l’orologio ma con le vite degli uomini. Con i suoi 24 anni, l’esuberante scalatore modenese non è che un decimo di secondo nella meridiana della Storia, eppure, a dimostrazione di come ogni concetto sia relativo, impara in fretta, ruba il mestiere, accumula esperienza e rielabora i dati con la precisione di un computer. Riccò affina il talento. Nato scattista, di quelli che, quando li vedi partire, l’acido lattico inonda anche il cervello, si trova nella bambagia negli arrivi su brevi salite, dove la pendenza magari non regge a lungo la doppia cifra, ma i cui continui cambi di ritmo rendono la scalata un inferno. Se rispolveriamo le vittorie con cui ha fatto irruzione nel mondo dei grandi (Macerata e Civitanova, Tirreno 2007), impossibile non notare la perfetta scelta di tempo nel piazzare la stoccata, suppergiù sotto la flame rouge dell’ultimo chilometro. Ma al talento delle gambe deve abbinarsi la lucidità della mente. E sullo strappo di Agrigento, Riccò ha dimostrato di possedere questa qualità. Invece di cedere all’esuberanza, ha atteso che Rodriguez si finisse, sfruttando il lavoro di cesello di Savoldelli, per poi infilare Di Luca allo sprint. La bruciante volata del figlioccio della Bassa Padana è un inno alla pazienza, virtù del forte. Riccò promette e mantiene. Quando percepisce la tonicità del muscolo e la consistenza del respiro, non fa mistero delle proprie tattiche, conscio del fatto che, nel ciclismo, la strategia la puoi sbandierare ai quattro venti, tanto il tuo filo d’Arianna sarà seguito solo da chi avrà la forza di seguirti. Emblema del fegato dell’ex pupillo di Simoni, la Sanremo 2007, quando, alla vigilia, aveva indicato il preciso punto in cui sarebbe scattato. Lo ha fatto. È di qualche giorno fa una profetica confidenza: “Ad Agrigento, ce la vedremo Di Luca ed io.” Non solo rassicura, ma si fa oracolo delle altrui virtù, specie quando è in preda della trance agonistica che in qualche modo lo mette in contatto con i tirannici dei del ciclismo. Tale apparente chiaroveggenza affonda le radici nell’acume di Riccò. Due chilometri all’arrivo. Alle spalle, l’eterno tempio di Giunone. Di fronte, l’ara del talento. Il baroncino rampante scorrazza su e giù per il gruppo di testa, osservando con interesse da lettino psichiatrico i caratteri somatici degli avversari. Scorge l’affanno di Bettini, la grinta di Di Luca, la serafica tranquillità di Rebellin, la dedizione di Savoldelli. Gli basta un’occhiata per affibbiare patenti che pesano come le sentenze dell’Inquisizione, dall’alto della maschera di freschezza di quello che non è il bluff ben orchestrato del pavido in cerca di salvare il salvabile, ma la disarmante realtà. È lo studio del Cobra. Riccò ciondola, in bicicletta, come il sinuoso serpente che esegue una danza prima del morso letale, stavolta a scoppio ritardato ma quanto mai letale. Riccò sfoga la grinta, scaccia la iella, fuga meschini pensieri. Proprio alla Tirreno, corsa in cui aveva imparato a volare, aveva inizio un breviario di incidenti da fare impallidire l’ANAS. Due cadute e una bici rotta in Italia, scivolone ai Paesi Baschi, febbre nelle Ardenne, forature alla Freccia Vallone. La vittoria di Agrigento, al di là di un morale comunque mai in picchiata, funge da toccasana in vista della rincorsa ad una maglia rosa forse inaccessibile ancora per questa stagione ma di innegabile fascino e richiamo. Alla biforcuta lingua del Cobra di Formigine sembra essere stata messa la sordina. Niente proclami altisonanti, niente frecciatine al curaro ai colleghi, niente giuramenti in stile “mano sulla Bibbia” alla vigilia del Giro d’Italia. Cos’ha, sta male? Vi sbagliate, adulatori del pepe fine a se stesso, dello spettacolo senza sostanza. Riccardo Riccò sta crescendo.

Federico Petroni

  Indietro
Il Diario del nostro Damiano Cunego con cui 'Il Ciclismo.it' è nato e cresciuto


La Redazione

Risultati
Tutti i sondaggi
Copyright © Il Ciclismo
Powered by Zenazone snc - Tel. 010 86.05.630