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L'APPROFONDIMENTO
VAN DEN BROECK: A TU PER TU COL TALENTO CHE FA SOGNARE IL BELGIO

Da perfetto sconosciuto alla partenza da Palermo, a vera sopresa, insieme a Pozzovivo, della corsa rosa. Federico Petroni ha incontrato Jurgen Van Den Broeck, 25enne portacolori della Silence-Lotto, ripercorrendo con lui le tappe che lo hanno portato dal titolo iridato juniores a cronometro fino ai fasti dei giorni d'oggi passando per le difficoltà incontrate dopo il grande salto nel mondo dei 'pro.

di Federico PETRONI

Il Monte Carpegna è avvolto dalla nebbia. Cascate di pioggia trasformano l´asfalto in rapide pericolose. Le rampe della salita fiammeggiano i muscoli, induriti dalla gelida giornata. Il ritmo si alza. La bandiera bianca è issata sull´albero dei più. Uno squarcio d´azzurro rischiara la tempesta del Montefeltro. Due occhi, grandi come il cielo, strabuzzati come un esausto minatore, sparuti come un bimbo smarrito. Jurgen Van Den Broeck pedala agile a ruota di Spezialetti. Per anni, quattro per l´esattezza, ha ingoiato l´amaro boccone di vedere sfilare le ruote dei migliori, senza trovare le forze per resistere alle loro mazzate. Ora è lì, davanti, manco s´accorge d´essere rimasto con i grandi, quelli che vanno a giocarsi il Giro d´Italia. Le acque si placheranno, nella traversata appenninica verso Cesena, ma quegli occhi affaticati e sinceri hanno incuriosito il grande pubblico. 9° in classifica a 4´26", 12° a Plan de Corones e 13° a Urbino, ottime difese sulle Dolomiti. Al riparo dai fasti e dai clamori nazionalisti per Sella e Pellizotti, il giovane Jurgen può essere considerato la sorpresa più lieta (e silenziosa) della corsa rosa.

Nella fresca e piacevole notte stellata di San Vigilio, siamo andati a conoscere il 25enne portacolori della Silence-Lotto, alloggiato presso l´albergo Almhof-Call. Il trasferimento dalla Marmolada ha richiesto più tempo del previsto e la squadra è ancora a cena, quando, imploranti, chiediamo il favore di una chiacchierata a Roberto Damiani. L´ora è tarda ma dopo qualche resistenza il diesse della squadra belga accondiscende. Arriva Van Den Broeck. Ci sediamo in un salottino di dubbio gusto kitsch, pelli zebrate al posto delle tende. Le gote di Jurgen sono paonazze. Non è la timidezza, sono i segni della battaglia, ben visibili dopo ore sotto la pioggia battente, frustati dal vento gelido. "È un Giro durissimo - sospira -, per tutti. Nessuno emerge, nessuno fa l´affondo decisivo, nessuno sa quali siano i propri limiti. Forse per questo sono ancora in corsa!"

Le qualità in salita del nativo di Morkhoven, pochi chilometri fuori Bruxelles, hanno impressionato gli appassionati più attenti. "Sono sempre stato keen on, ferrato, quando la strada saliva. In Belgio, però, questo terreno manca, ci sono solo strappi, duri finché si vuole, ma per nulla simili alle ascese che si incontrano nei Grandi Giri. Quando militavo alla Discovery Channel, non potevo esprimere tutto il mio potenziale per questo motivo. Passato alla Lotto, ho trovato uno staff che mi ha seguito di più. Roberto Damiani, ad esempio, ha insistito molto sulle mie prestazioni in salita, cercando di potenziare l´agilità. Mi ha dato un consiglio utilissimo. Qualche mese all´anno, infatti, mi trasferisco in Italia, in Toscana, a casa di Dario Cioni, mio compagno alla Lotto. E lì, ci si può sbizzarrire!"

Il 33enne anglo-italiano, nativo di Reading, è un ottimo maestro per l´apprendista stregone della Lotto. Oltre a difendersi egregiamente in salita (4° al Giro del 2004), Cioni è anche un valente cronoman, avendo conquistato il titolo di campione italiano a cronometro. L´altro grande amore di Van Den Broeck sono infatti le lancette solitarie. "Da juniores, ho vinto un mondiale contro il tempo a Lisbona, nel 2001, al mio ultimo anno nella categoria. Una gara pazzesca, quella del podio racchiuso in 78 centesimi (Kvachuk e Scheunemann i battuti, N.d.R.)."

La carriera di Van Den Broeck non conosce brusche impennate. Passato dilettante nel 2002 alla corte di Patrick Lefevre, Quick Step Espoirs, riusciva a cogliere tre vittorie e doveva confrontarsi con un fastidioso infortunio. Nel 2004, a soli 21 anni, la chiamata di Johan Bruyneel alla US Postal gli offre l´opportunità di maturare con calma, al riparo da troppe attenzioni. Una strada controversa, battuta come lui da Pozzato, Cancellara e Cunego. "Io non mi ritengo però un talento esplosivo. Ho ancora bisogno di tempo per trovare la mia strada. Finora, la vittoria mi manca, il migliore risultato che ho colto risale al 2006, secondo posto dietro a Iglinsky in una tappa del Giro di Germania. C´era un circuito impegnativo, con una salita dalle pendenze mostruose che ha confermato il mio feeling con gli strappi. Però, in volata, battei Ballan, non proprio fermo allo sprint. Grandi Giri o classiche: sarà la strada a decidere."

Gli occhi, quegli occhi tanto curiosi e speranzosi che avevano attirato la nostra attenzione, tradiscono eccitazione per il Giro d´Italia. "Devo difendermi, non conosco ancora i miei limiti, la crisi potrebbe essere dietro l´angolo. Chi sa come me la caverò sul Mortirolo. Mi hanno detto che, in italiano, la prima parte del nome della salita evoca la morte. In squadra non mi hanno messo pressione. Sanno che le mie qualità sia a crono che in salita potrebbero essermi d´aiuto in futuro nelle lunghe corse a tappe." È indeciso, Jurgen. La sensazione è che Damiani, il suo guru, creda molto in lui. Sa di avere scovato un diamante nella miniera d´oro del ciclismo belga: tanti talenti, ma poca attenzione verso le corse da tre settimane. La vena aurea dei Merckx e dei Van Impe latita da tempo immemore. Van Den Broeck, lo dice anche il nome che in fiammingo significa Del Ponte, potrebbe fare da tramite e rinverdire la gloriosa tradizione. Come insegna Battiato, "non domandarti dove porta la strada, seguila e cammina soltanto". Per ora, la strada porta a Milano.

Federico Petroni

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