Clicca qui per tornare alla Home Page...
Clicca qui per tornare alla Home Page...
Ciclismo
on line
GIOVENTU' PREGIATA a cura di Cristina Manzolini
IL GIRO DI CENT'ANNI FA di M. Facoltosi
Diario di talento*
ISCRIVITI
Parole da cercare
In
Tipo di ricerca
Archivio/1



Miloty Suiveurs
Sito realizzato con

Vuoi un sito esportal?
Altri siti Esportal
Canottaggio Vero
Genoasamp
Liguria Sport

Visita Genova
Zenazone
Home:  >  News Istituzioni
GIRO - ANALISI FINALE
TUTTI I PREGI DELLE TRE SETTIMANE DI CORSA

.: Nella foto, Vasil Kiryienka, una delle sorprese in positivo del 91esimo Giro d'Italia e vincitore della frazione più entusiasmante della corsa rosa, con arrivo sul Monte Pora.

di Federico PETRONI

Il Giro dei tatticismi? Dell´equilibrio e della paura? Delle bronchiti e delle rovesci (meteo e di classifica)? Della regolarità e delle fughe? Di Contador e di Cavendish? Di Sella e di Bennati? Su una cosa, tutti concordano. È stato un Giro importante. Per il suo rilancio, sicuro. Per il movimento, forse. Analizziamo dunque, grazie al prezioso aiuto del forum di salite.ch, i pregi e i difetti della 91° edizione della corsa rosa. Nella puntata di oggi, i motivi di orgoglio.

Internazionalità. Combattività. Suspense. Duelli. Pulizia. A riavvolgere il lungo film del 91° Giro d´Italia vengono i brividi, tante emozioni ha regalato, condensate nella piccola esistenza di tre settimane. Abbiamo visto di tutto ma sulle labbra degli appassionati di ciclismo si leggono queste cinque parole. Sono pronunciate non in modo polemico, invocandole ma in maniera estatica, salutandole. Salutano soprattutto un´inversione di tendenza rispetto agli anni scorsi. Il Giro si è avviato su un sentiero proficuo che ne rilancerà l´immagine. Lungo, però, dissestato, in salita. D´altronde, la salita è il pane del ciclismo. Senza fatica e sudore, non avrebbe altrettanto fascino.

Il successo di Alberto Contador è la punta di un iceberg che solca acque internazionali. È il primo di uno straniero dopo 12 anni. Il movimento italiano ha sempre prodotto fulgidi talenti, nessun dubbio. Dal 1996 (Tonkov), però, era parso, in numerose occasioni, di assistere più ad un trofeo rionale che alla seconda gara a tappe più importante al mondo. I più seri pretendenti stranieri si acquattavano nel ruolo di gregari o di semplici comparse al Tour de France. Né i nostri portacolori riuscivano ad emergere in terra francese, Basso e Cunego (speriamo) esclusi. Quest´anno la classifica generale s´è fregiata, oltre a quello del vincitore, del lustro di Denis Menchov, due volte re di Spagna e della speranza di Jurgen Van den Broeck, come Andy Schelck orchidea sbocciata nell´orto italico, come pure la pianta carnivora, delle volate però, di Mark Cavendish, con tutta la sua muta di dalmati della High Road. La sola scelta dell´americana Slipstream invece che delle solite compagini provinciali mostra la determinazione nel rilanciare il Giro come evento mondiale.

Il numero delle vittorie straniere (7 su 21 tappe) non può essere addotto come spia di una spartizione tra conterranei dei successi, se è vero il carattere di crogiolo dei popoli delle fughe. I tentativi da lontano hanno visto ogni giorno un tessuto inestricabile di bandiere diverse. Verso Contursi e Monte Pora, gli italiani erano addirittura assenti dalle azioni decisive. Le squadre francesi hanno riservato qualche chicca, come dimostra il secondo posto di Mickael Buffaz nella classifica del più combattivo, accompagnato dalla vena d´attacco di Veikkanen e Roy (FdJ), di Mangel e Nocentini (AG2R). L´organizzazione dovrà sconfiggere l´atarassia della Rabobank (impresentabile, Menchov escluso) e cercare di richiamare i nomi di spicco della squadre transalpine, per rilanciare una visibilità all´estero già in questa edizione in forte impennata, come dimostra l´entusiasmo iberico per il nuovo duce Contador.

La combattività di una corsa spesso nasce da un lotto multietnico. Decisivo per una gara a tappe annoiare il meno possibile nelle frazioni di trasferimento. Il percorso del Giro ha dato una grossa mano, inserendo trappole nelle giornate più camomillose, specie nella prima settimana, la cui nervosità ha inciso sulla stanchezza dei grandi protagonisti. Dopo il vino e tarallucci siciliano (o meglio, cannoli e passito), ogni giorno pancia a terra e cinquanta all´ora nelle battute iniziali. Verso Pescocostanzo, una fuga di una quarantina di atleti ha tenuto alta l´andatura, rischiando di mandarne fuori tempo massimo altri trenta. Per la prima volta dopo anni, al traguardo, facce da minatori devastati dalla fatica. Il dislivello occulto mina le gambe e l´orografia italiana consente, come è stato fatto, di raggiungere dislivelli elevati sin dai primi giorni, superando i 2000m, a differenza di corse come il Tour. Ottima la decisione di inserire strappi nel finale, per aggiungere sapori importanti, oltre che di contorno, alle zuppe di antipasto. La media generale è stata inferiore (37.8km/h) a quella degli anni scorsi. Può sembrare paradossale. In verità, partire a tutta rende più stanchi e impedisce di menare troppo nel finale. In questa luce si innesta la manzonianità dell´ultimo Giro. La Provvidenza rimette le cose a posto e ricompensa l´onesto della fatica. L´alto numero di fughe vincenti (otto), ha permesso di premiare, oltre che di raccontare, storie di vita lontane dai riflettori del grande circo. La ricompensa di Brutt. La finestra di Visconti. La scampata Chernobyl di Kirienka. La generosità di Bettini.

Il ribaltamento della prevedibilità delle fughe è stato dovuto anche al tatticismo. Proprio il marcamento tra i grandi ha conferito suspense all´esito finale, una decina di atleti ancora a giocarsi potenzialmente la maglia rosa nelle battute conclusive. Ogni giorno, il menu proponeva l´ansia per un risultato diverso, sconvolto dai tonfi e dai trionfi del giorno prima: i riallineamenti Astana, il crollo di Simoni, l´evasione di Di Luca. Risiko multilaterale, tutti-contro-tutti hobbesiano, guerra civile internazionale, il pronostico aperto ha spremuto le meningi circa chi dovesse fare cosa, chi fosse l´alleato giusto, chi reagisse a cosa. Peccato solo siano mancati Kloden e Soler. Il turbinio di tattiche ne sarebbe uscito sconvolto. Un marcamento spasmodico avrebbe strangolato corsa, tifo, emozioni. Questo Giro ha saputo bilanciare lo studio e l´attacco, la carota e il bastone, anche per le energie al lumicino, prosciugate da un percorso massacrante, trionfo del fondo sul mero scatto, primi cinque posti (Riccò escluso) docunt.

Ampiamente positivo il disegno del percorso. Salite ben distribuite, tappe mosse adatte a palati forti, sprint equilibrati e mai del tutto scontati (due piattoni padani sono forse esagerati). L´unico appunto va mosso alle cronometro. Servirebbe una prova contro il tempo più lunga e più piatta a centro Giro, magari nell´intervallo tra le montagne. L´unico modo per spronare i campioni nostrani a rispolverare una specialità colpevolmente obliata è obbligare a correrla nelle gare italiane. Non abbia paura, il Giro, di sfavorire gli atleti italiani. Il rilancio della disciplina e l´internazionalità della corsa vanno a braccetto. L´elevato numero di chilometri contro il tempo (103) di questa edizione lascia sperare per un´inversione di tendenza.

Combattere, da che mondo è mondo, significa incrociare le spade. Ma, considerata l´eterogeneità di obiettivi dei duecento partenti, il Giro si può considerare un duello collettivo. Duelli a sessanta orari, Bennati vs. Cavendish, anteprima del prossimo bipolarismo degli sprint. Duelli al ralenty, tanti, con le centinaia di chilometri all´insù e il fioccare di pretendenti alla rosea. Duelli verbali, infiniti. Kloden vs. Di Luca; Simoni pastore vs. gruppo pecorone; Riccò lingualunga vs. Sella "io? guai mai!". Duelli di massa: treni, corazzate, guerriglieri. Duelli a distanza. Bruseghin vs. Pellizotti o Contador vs. di tutto un po´, tra vacui attacchi e resistenze appese ad un filo. Il pubblico ha risposto bene, incollato al televisore o all´asfalto per tre settimane. Cigli e marciapiedi: queste sono le tribune naturali del ciclismo, a maggio assiepate di eterni cordoni sanitari di gente in festa, sette milioni si dice, settantamila dei quali sul panettone del Plan de Corones. Milano, di solito freddo capolinea, ha sorpreso quanto a calore appassionato.

Tifo entusiasmato anche per la sofferenza letta sui volti dei corridori, riarsi dalle intemperie. Il primo inverno di controlli antidoping a tappeto sembra dare succosi frutti. Ricordiamo la sostanza del passaporto biologico, profilo fisiologico dell´atleta costruito su una serie di controlli, a sorpresa e non, e imperniato su cinque parametri: ematocrito, emoglobina, reticulociti, emoglobina plasmatica libera e indice di stimolazione. Dopo anni di terremoti alla vigilia delle grandi corse a tappe e di scosse di assestamento a volte ancor più gravi durante il loro svolgimento, non si è parlato di doping. Lungi dal ritenere la ripulitura ultimata: siamo solo all´inizio. Eppur si muove. Alcuni dati (medie e VAM, ad esempio) dimostrano come si vada più piano. Lo stesso equilibrio tra le forze testimonierebbe un livellamento verso il basso dei valori in campo, senza la possibilità di compiere exploit fantastici senza pagarne duramente le conseguenze (vedi Di Luca crollato).

La retorica più bieca proclama la svolta per ogni Giro, Tour, anno ciclistico. Non sappiamo se il vento abbia preso a soffiare in poppa. Ci troviamo ancora nell´occhio del ciclone. Passata la prima folata di tempesta, dobbiamo aspettare la seconda, quella di assestamento. I miglioramenti (specie combattività e internazionalità) potranno essere valutati nel giro di anni e paragonando altre manifestazioni come Tour e Vuelta. Non sappiamo se il 91° Giro d´Italia rappresenti una svolta. Spiacenti, non siamo qui per vendere entusiasmi. Qui si valuta, si analizza, si auspica. Ma non si smette di sperare in un ciclismo migliore che già questo Giro d´Italia sembra avere abbozzato.

Federico Petroni 

  Indietro
Il Diario del nostro Damiano Cunego con cui 'Il Ciclismo.it' è nato e cresciuto


La Redazione

Risultati
Tutti i sondaggi
Copyright © Il Ciclismo
Powered by Zenazone snc - Tel. 010 86.05.630