di FRANCESCO CHICCHI Il secondo giorno dopo lo shock ci ha visti ancora protagonisti in gara. Prima con Kuchynski in una fuga a tre, poi con Nibali e Kreuziger nel gruppo di testa. Se loro si trovavano a loro agio su queste salite, per me è stata una faticaccia. Sin dall’inizio, oltretutto, perché non c’era modo di far partire una fuga. Poi, quando alcuni impavidi (tra cui Kuchy) ce l’hanno fatta, il ritmo è diminuito. Anche io mi sono messo a tirare, per circa 5 chilometri, poco prima della salita. Quando è cominciata, però, insieme agli altri colleghi velocisti ci siamo staccati: il nostro passo non ci permetteva certo di stare con i migliori. In discesa abbiamo recuperato qualcosa, anche perché era particolarmente tecnica, piena di curve e tornanti da tagliare, e noi sprinter (che siamo più spericolati) l’abbiamo sfruttata. Davanti c’era chi la strada la conosceva già, mentre chi stava dietro cercava di sfruttare la scia per faticare meno. Il pubblico ai lati strabordava e due occhi non bastavano. Alla fine siamo arrivati con 28 minuti di ritardo: bene così! Le sensazioni finali sono buone. La gamba resiste e spero proprio di cogliere il primo obiettivo del mio Tour: arrivare a Parigi. Oggi ho anche tre fatti da annotare. Il primo riguarda l’Euskatel che, dopo la caduta di Evans, ha continuato a tirare fortissimo. Le leggi non scritte del gruppo impongono che se un uomo di classifica cade, si eviti di partire in fuga o tirare a tutta. Purtroppo è accaduto l’inverso e il gesto non fa molto onore alla squadra basca. Secondo, sempre riguardante l’Euskatel, ma questa volta per la generosità dei suoi tifosi, sempre pronti a dar da bere a tutti a bordo strada. Terzo, una nota positiva rispetto al Giro: la gente, invece che darti pacche sulla schiena, usa le mani per applaudire e incitare. Una bella abitudine che ci starebbe bene anche in Italia…
Francesco Chicchi |