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GIRO DI LOMBARDIA
CAPOLAVORO CUNEGO
DOPPIETTA SERVITA

Il traguardo di Como celebra il trionfo di Damiano Cunego che si impone nella Classica delle foglie morte a tre anni di distanza dalla prima affermazione. Quella del nostro Damiano è una gara perfetta: conrolla Schleck sul Civiglio, attacca in discesa, tiene a bada Riccò sul San Fermo e poi lo regola con facilità in uno sprint a due. Out i super favoriti della vigilia: Bettini non ha la gamba e Schleck, distratto, cade a dieci chilometri dal traguardo. Il racconto dell'exploit del Piccolo Principe, di Marco Ferri.

.: Nella foto (Bettini), Damiano Cunego esulta sul traguardo di Como per il secondo successo in carriera nel "Mondiale d'autunno". Alle sue spalle un deluso Riccardo Riccò.

di  Marco FERRI

Dolce come il risveglio tra le braccia dell’amata, perentorio come un punto esclamativo. Non è tornato semplicemente perchè non se n’era mai andato.Da lui si attendevano ulteriori risposte dopo la prestazione, ai più soprendentemente positiva, del Campionato del Mondo e quella, buona ma non fuori dall’ordinario, del Giro dell’Emilia che aveva fatto da preludio al successo al Gp Beghelli. "Va forte - dicevano - ma non sa più vincere e se vince lo fa in gare di secondo piano". Ed allora quale piatto più invitante se non quello dell’ultima recita di gruppo? I più forti tutti insieme per celebrare il Mondiale d’Autunno. Chilometro dopo chilometro, harakiri dopo harakiri, ha capito che erano proprio gli avversari a servirgli su un piatto di platino l’occasione di cogliere il bis nella corsa che tre anni fa segnò su di lui, in maniera inestinguibile, le stimmate del campione.
Ghisallo, Civiglio e San Fermo: saranno loro gli chef pronti a cuocere a puntino le gambe dei coraggiosi pronti a sfilare e a sfidarsi per il Gran Galà. Ad ambire alla portata principale sono in tanti. Da chi, come Bettini, la vorrebbe come dessert dopo aver ribadito al mondo intero di essere il più forte di tutti nelle corse di un giorno e vorrebbe sfruttarla anche per cogliere uno storico tris, a chi dopo aver divorato la prima portata sabato scorso al Giro dell’Emilia - vero Schleck? - oggi è pronto a saziarsi con il secondo per poi sedersi a digerire il ricco spuntino nei mesi invernali. C’è poi chi, un po’ come Rebellin, giura di convincere tutti di non essere ancora arrivato all’ammazzacaffè e di poter duellare ancora con i giovani scalpitanti. A chiudere il lotto dei favoriti più gettonati c’è poi proprio Cunego, che in questo 2007 non può dirsi sazio ed è pronto a banchettare con la Classica delle foglie morte per poi far pagare il conto ai tanti, troppi, detrattori.
7 IN FUGA, LAMPRE RAPPRESENTATA - Scaramucce iniziali: dopo una caduta che vede coinvolti Szmyd e Mejias, si sgancia la fuga giusta. Sono in 7: Tosatto, Possoni, Kohl, Losada ai quali si aggiungono in seconda battuta Del Nero, Lastras e Perez Lazaun. Le squadre di Bettini, Rebellin e Cunego, coperte nella fuga, possono stare buone a ruota almeno finchè il vantaggio non arriva a sfiorare gli undici minuti al chilometro 75. E’ allora la Lampre a prendere in mano la situazione dimezzando il gap ben prima del momento chiave della gara, l’ascesa del Ghisallo con picchi al 14% di pendenza ai piedi della quale cercano l’accelerazione dapprima Thomas Dekker e poi Andy Schleck. Il ritmo sulle rampe del Ghisallo non è forsennato come sarebbe lecito attendersi ed il tempo della scalata risulta addirittura di 40’’ superiore rispetto alla passata edizione. Eppure la prima vittima c’è ed è la più illustre: Paolo Bettini infatti cede di schianto nel chilometro e mezzo prima dello scollinamento ma riesce tuttavia a colmare il distacco di un minuto nel primo tratto verso il Civiglio. La Csc, come da pronostico, è la squadra più rappresentata: sono 6 i portacolori del colosso alla caccia di Tosatto ormai rimasto solo.
GIU’ DAL GHISALLO, CSC PADRONA -Si muove inizialmente Kroon, già in evidenza sulle strade verso Tours domenica scorsa, braccato talmente da vicino da Szmyd da finire a terra portandosi dietro l’ignaro polacco. Raggiunti, Kroon prova ancora e raggiunge uno sfinito Tosatto sulle prime rampe del Civiglio. Quando l’olandese è ormai a tiro, la Csc cala la carta Kolobnev, vice-campione iridato sulla cui ruota si portano lestamente Mori e Marzano, stopper in favore di Riccò e Cunego. Ma quando è il favorito assoluto dopo Bettini (che ha ormai definitivamente alzato bandiera bianca), Frank Schleck, a muoversi con determinazione ed impeto, allora ecco che il Piccolo Principe ed il Cobra mollano gli ormeggi, ringraziano i mozzi e si gettano a capofitto all’avventura. Il lussemburghese picchia forte ai fianchi ma i due, tanto giovani quanto smaliziati, non cedono un metro e scollinano col fiato sul collo della medaglia di legno di Stoccarda, raggiunti da un Evans che ha sputato l’anima sul manubrio pur di non farsi lasciar lì solo.
Il tratto in discesa tra il Civiglio ed il San fermo, se ben sfruttato, può chiudere la gara e Cunego, che oltre a conoscere il percorso a menadito è un discesista coi fiocchi, prova a lanciarsi giù a tutta e guadagna subito 10’’. Dietro, Evans sbanda pericolosamente un paio di volte mentre Samuel Sanchez si getta a capofitto e riporta anche Gusev tra gli inseguitori, con il gruppo capeggiato da Rebellin che rimane a qualche centinaia di metri.
SCHLECK CADE: ADDIO SOGNI DI GLORIA - Il secondo colpo di scena piomba sui fuggitivi a dieci chilometri dal traguardo, prima dell’imbocco del San Fermo. Schleck controlla prima a sinistra e poi a destra gli eventuali attacchi degli avversari e finisce col centrare in pieno la ruota posteriore di Gusev, finendo rovinosamente a terra. Pochi metri più avanti si fermerà anche il russo ma Cunego e Riccò, sorpresi da troppa grazia non trovano l’accordo con Evans e Sanchez e da dietro rinviene il gruppo Rebellin.
FORCING RICCO’, DAMIANO C’E’ - Tra i superstiti, Damiano e Riccò avrebbero le carte in regola per giocarsi il successo allo sprint. Di mezzo, però, Rebellin fa sempre paura e Sanchez in discesa può sorprendere tutti. Così, dopo aver approcciato il San Fermo a ritmi blandi e dopo che la Csc perde anche la pedina Kolobnev bloccato da un guaio meccanico, Riccò accende la miccia con uno scatto secco sulla sinistra della sede stradale. Cunego, che in questo tratto soffrì le stilettate di Basso tre anni fa, incarna oggi la perfezione. Battezza il Cobra di Formigine come avversario più pericoloso e si muove subito per rispondere al primo attacco. Quando il nuovo delfino di Simoni rallenta consentendo agli altri di rientrare, lui gli rimane francobollato a ruota pronto a rispondere di nuovo. E così, al terzo attacco di un Riccò indiavolato, i due se ne vanno in solitaria guadagnando 9’’ allo scollinamento e tirando dritti di comune accordo in discesa. Sanchez non è quello dell’anno scorso, anche perchè davanti in due si fa meno fatica e l’accelerazione veemente dello spagnolo consente agli immediati inseguitori di guadagnare soltanto 2’’ nel tratto a testa in giù. 
CUNEGO LUCIDO CALCOLATORE - Quando, superata la flame rouge i due Fratelli d’Italia cominciano a controllarsi, viene da pensare che da dietro qualcuno possa rientrare. Invece, sorprendentemente, i sei delusi fanno il gioco della coppia al comando e così ai 500 metri dal traguardo la gara è virtualmente chiusa. Cunego è una sfinge: ancora bello in viso, resta a ruota nell’ultimo tratto. Giovane sì, ma mica fesso. Riccò, da par suo, dopo averci provato a Sanremo ed essere stato raggiunto ai meno due dal traguardo, è alla sua prima volta al cospetto di una signora così matura. Guarda la linea e vi si getta, ingordo, quando manca ancora un po’ troppo. Damiano lo affianca e gli insegna come si fa: elegante, veemente, agile e potente allo stesso tempo, guadagna subito quei 10 metri che lo fanno risultare imprendibile. Varca il traguardo ed alza al cielo il pugno destro, sollevandolo dal manubrio. Poi è la volta del sinistro e di un urlo liberatorio che ricorda con impressionante assonanza, il gesto del 2004. Eppure di quel gesto è solo il lontano parente: allora vinse col talento e la sfrontatezza del più giovane, del campioncino in erba al quale le cose riescono con naturalezza, come per magia. Oggi ha vinto correndo da interprete navigato, da "sfiancatore" a "controllatore", da gatto e da topo. E poco importa se ancora qualcuno, leggi Riccò, prova a rovinargli la festa affermando di essere arrabbiato perchè convinto di aver dimostrato in gara "di essere il più forte" e perchè Cunego non gli avrebbe "dato una grande mano". Per vincere non occorre solo essere il più forte, o convincersi di esserlo: in uno sport di fatica, spesso, vince anche il più astuto.
Cunego si ritrova dopo il traguardo con lo sguardo di chi ha la pancia piena e la voglia di stendersi per un meritato riposino. Ti racconta che "vincere qui è un sogno e che il merito è della squadra" con la quale intende festeggiare, prima di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Ora che è davvero finita, può anche riposare tranquillo e godersi magari le chiacchiere da bar di chi lo vedrebbe meglio nelle gare di un giorno piuttosto che nei grandi giri. Peccato siano gli stessi che nel maggio del 2004 lo celebravano come il nuovo Pantani e come il dominatore dei grandi giri del futuro. Può sedersi e godersi il complimento più bello della giornata, quello che arriva da Pozzato che con lui condivide anno e mese di nascita, talento cristallino e critiche a bizzeffe: "Stamattina avevo detto a Damiano che avrebbe vinto, perchè quando sta bene così non lo prende nessuno". Amen.
Può sedersi e gustarsi sazio e rilassato, con un sorriso ironico, lo chiacchiere di quanti spenderanno mesi e mesi indicandogli la strada da seguire. Grideranno ai quattro venti di un ritorno miracoloso. Sbagliando. Perchè, in fondo, lui non se n’era mai andato.

Marco Ferri    [m.ferri@ilciclismo.it]

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