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MENCHOV VOLA… MA VOLA E A ROMA VINCE KONOVALOVAS

Il Giro d’Italia è vinto solo all’ultimo metro. Menchov dimostra quanto di vero ci sia in questo luogo comune volando a terra tradito dal porfido umido e perfido proprio presso la flamme rouge. Inevitabile, una caduta, per un corridore capace di finire per terra addirittura in salita, mentre ascendeva solitario verso Prato Nevoso al Tour 2008. L’arbitro di tappa, e quasi dell’intero Giro, è stato Giove Pluvio, che ha battezzato arbitrariamente con i propri spruzzi vincitori e sconfitti di giornata.

.:nella foto (Ap Photo – Tarantino), il passaggio di Menchov da Piazza San Pietro

Vorremmo avere un fantascientifico psicoscopio, per poter ammirare in diretta lo spettacolo più pirotecnico che questa tappa possa aver offerto: quel che sia passato per la testa di Menchov mentre si rendeva conto di star scivolando a terra, a un chilometro suppergiù dal suo trionfo di tappa e, per conseguenza, nel Giro Centenario. Quel che sia passato nella testa di Di Luca, mentre seguiva gli avvenimenti sul monitor.
Il margine era rassicurante, comunque, perché il russo non si è limitato a controllare sparagnino, ma ha voluto provare ad apporre sul Giro un sigillo in maglia rosa: e tutto lasciava pensare che ce l’avrebbe fatta, visto che stava stracciando tutti dopo essere partito (molto relativamente) tranquillo, e questo nonostante Di Luca si fosse lanciato a razzo fin dal via – al punto di dominare la classifica del primo intertempo – esattamente allo scopo di mettere sotto pressione l’avversario.
Onore al merito a Di Luca, quindi, per aver tentato di sfruttare anche una tappa di scarso respiro in modo astuto, giocando a proprio favore il fatto che il rivale potesse conoscere i tempi di chi correva poco innanzi: ottima la scelta tattica di forzare per indurre Menchov a fare altrettanto, con tanto di rischi supplementari ben maggiori per chi, ormai è comprovato, ha come principale punto debole una capacità di guida non esattamente sopraffina.
Onore al merito anche a Menchov – dunque – per non essersi fatto irretire né dalla tentazione di ciondolare in parata verso il traguardo per schivare le cadute (come han fatto invece altri nomi illustri) ma per non aver neppure ceduto alle provocazioni cronometriche gettate lì da Di Luca. Una crono in crescendo, fredda ma piena di passione e determinazione, come tutto il Giro del russo. Una crono che avrebbe sancito il duplice trionfo, senza le insidie della pioggia, bastevoli a storpiare la classifica di giornata ma non quella generale.
La pioggia infatti ruba un misero secondo a Wiggins, il secondo che separa l’inglese dal primato di giornata che sarebbe stato ampiamente pronosticabile (Menchov a parte); ruba qualcosa in più a Boasson Hagen, altro corridore a dir poco perfetto per una frazione ad alta velocità, ma pure esigente in termini di continui rilanci e feeling con i fondi petrosi. Con queste premesse non ci stupiamo troppo nell’ammirare le buone prestazioni di altri atleti che sono sbocciati in primavera, come Devenyns o Tjallingii, men che meno di Gilbert. Tutti nomi che vanno ad alternarsi con quelli più ovvi degli uomini da cronometro che hanno cercato fin in quest’ultima occasione la vittoria di tappa per sé e per il proprio team, quali Popovych (quarto), Bruseghin (quinto) e Visconti (sesto: lo mettiamo nel numero dei cronomen per le sue più che discrete prestazioni nonostante un fisico non banalmente predisposto, nonché per la dedizione personale verso la disciplina). Garzelli conferma una forma mostruosa arrivando nei dieci nonostante le fatiche delle tre settimane, e la sua prestazione può essere affiancata a quella non così esaltante di Pinotti per confermare che il percorso si addiceva a chi avesse gambe brillanti e reattive più che ai regolaristi come spesso sono i cronomen puri.
Non abbiamo detto del vincitore, il beniamino del cielo di Roma: Konovalovas va a impreziosire il bottino Cervélo. È giovane, ben piantato (1,90 per 75kg), senza grandi risultati alle spalle se non una serie di testimonianze del suo valore contro il tempo: ne sentiremo ancora parlare?
In classifica, alle spalle dei due dominatori di questo Giro di cui abbiamo parlato in apertura, non succede praticamente nulla. Si confermano fondamentalmente gli andamenti tendenziali di forma, con Garzelli e Pellizotti che dimostrano un fisico ben rodato allungando rispetto a chi gli stava sotto, ma senza muoversi significativamente all’insù. Basso si giova di un Sastre spentissimo per avvicinarlo parecchio, ma senza poter combinare niente di che a fronte di una propria prestazione non eccelsa (idiosincrasia ormai appurata nelle crono, su un tracciato peraltro, come detto, poco adatto).
Lasciamo ai prossimi giorni gli approfondimenti su vincitori e sconfitti nelle varie maglie collaterali, sostanzialmente immutate da una conclusione come quella odierna: dove, lo ripetiamo per l’ennesima volta, sono stati i protagonisti – in primis Di Luca e, a suo modo, Menchov – a rendere divertente, emozionante, interessante, un percorso che poco offriva ai valori tecnici specifici.

Gabriele Bugada

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