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TRE BUONI MOTIVI PER...VEDERE LA CRONO URBINATE

Perchè la classifica subirà il primo vero scossone e perchè dai ritmi di oggi si decideranno i destini di domani. Come stanno gli Astana? Di Luca guadagnerà su Riccò e sugli altri scalatori? Questi sono i verdetti che affidiamo alla prova contro il tempo di Urbino e che il nostro Gabriele Bugada riassume nei suoi "Tre buoni motivi per...".

di  Gabriele BUGADA

Tre buoni motivi per... aver visto Benna (e Bettini) volare.

PRIMO PER LO SPRINT
Nonostante l’andatura a lungo soporifera il finale s’incattivisce e bastona le ambizioni dei nuovi venuti - per non dirli malignamente parvenu - dell’arte della volata, una di quelle arti che si nobilitano nello sconfinare verso l’artigianato, verso il mestiere "lungo", seppur consumato in istanti brevi. Contano il fondo incallito, l’esperienza ben limata, più che la dinamite. Così scivola indietro il promettente Cavendish, e cede il passo a Bennati: il velocista paziente, giardiniere di tappe ultime o edificate in fuga, perfino. A Bettini, capace di essere un giorno il quasi-migliore di tutti su uno strappo divenuto scalata (Piepoli, Di Luca, Pellizotti, Riccò...) superato solo dal grimpeur più in forma, il giorno dopo il quasi-migliore di tutti in una volata biliardo, superato solo dal velocista più in forma. Semplicemente straordinario, come la sua maledizione iridata. A McEwen, che si sta pian piano preparando a timbrare il cartellino come il più metodico degli impiegati, prima di licenziarsi in vista delle montagne. A Zabel, lui sì davvero giunto al Giro senza serio preavviso: ma non si può definirlo perciò impreparato, o colto "in vacanza", perché Zabel in vacanza non ci va mai... Per chiudere proprio sulla Milram: senza togliere un briciolo di fiducia, appunto, al campione tedesco, non sarebbe il caso, talvolta, di provare qualche soluzione alternativa al treno per questi finali? Anche solo per l’effetto sorpresa? Un buco in stile Spagna mondiale, un fuoco di fila di sparate da finisseur da parte di atleti che comunque il km lanciato ce l’hanno e così via. O chiedo troppa fantasia perché la digerisca il teutonico sponsor lattaio?

SECONDO PER L’ANATOMIA DI UN’AZIONE
Bettini prova sul San Carlo, rispondono Sella e Riccò. Bell’esempio da scuola di ciclismo di come può andare o non andare un attacco. Bisogna scattare, ma non con troppa veemenza, perché se troppo pochi sono in grado di accodarsi - come in questo caso - l’azione non troverà in sé le risorse per resistere i km necessari all’impeto del peloton. Tanto più che se lo strappo è selettivo, duretto, a fine gara, col gruppo lanciato, si rischia che gli unici ospiti in grado di accettare l’invito puzzino peggio del pesce e ben prima di tre giorni: uomini in forma, uomini di classifica; col solo esito di raddoppiare le forze degli inseguitori, senza aumentare in proporzione quelle dei fuggitivi, perché un uomo di classifica raramente si spreme alla morte (magari Riccò lo avrebe anche fatto, tra tutti, ma il problema nelle sue linee generali resta tal quale). D’altro canto se si parte poco convinti si guadagna troppo poco, si sperperano energie per un nulla: il margine conquistato verrà eroso da un fiume straripante e ogni centimetro, ogni secondo potrebbe essere prezioso; per non dire del fondamentale effetto psicologico generato dalla violenza con cui si spalanca il distacco. Insomma: la giusta misura di prepotenza e magnanimità, di impegno e gestione, è una sottile sezione del bersaglio, ben difficile da centrare. Oggi, come diceva Bettini, è andata ben così. Ma oltre ai motivi di Bettini ce ne sono altri, quelli dei mondi possibili: ma vi immaginate se arrivando Riccò e Bettini, il primo avesse fulminato il secondo un’altra volta, e dopo essersi inserito in fuga in modo magari non inopportuno, ma certo "ineducato" da parte di chi cura la classifica? Oppure se Sella avesse perso ancora in prossimità della linea? No, no: meglio una serena volata, altrimenti oltre alla Real Tv sul povero Savini avremmo avuto in omaggio un’altra bella puntata della Grande Sorella pronta a raccogliere ogni lacrima o stilla di veleno sparsa dai corridori esasperati.

TERZO PER LA TOSCANA
Commento di uno spettatore la cui identità mi è stato vietato di rivelare per motivi di privacy (e per non scadere nella sindrome del Grande Fratello di cui sopra): "vedere i ciclisti che corrono nel mezzo di questo paesaggio mi fa venir voglia di piangere". In senso positivo, s’intende!

Tre buoni motivi per... vedere la crono urbinate.

PRIMO PER MILANO
La classifica generale subirà il primo serio scossone, e questa è un’ovvietà; pur ovvio è già un motivo più che buono per assistere alla tappa. Ma ancor più interessante in questo caso sarà scoprire la misura dei distacchi, e la loro collocazione sul tracciato (sperando in ciò di essere assistiti da una regia accettabile): il percorso è assai arduo da interpretare, oltre ai settori da specialisti presenta infatti tre strappi via via più brevi e più aspri - minimo ma con punte al 12-13% quello nel centro storico. Saranno dei veri e propri termometri della forma, che non è affatto detto si volgano in favore degli scalatori - se non adeguatamente preparati a questa tipologia di prove: una distribuzione inadeguata degli sforzi renderebbe fatali le ultime rampe.

SECONDO PER CESENA
L’esito della cronometro condizionerà pesantemente la tappa dell’indomani, che può oscillare lungo tutte le variabili tra un destino da tappa epica e indimenticabile o un’inamovibile copione da trasferimento con o senza fuga seria. I fattori strategici - che non sono i soli, ma contano - saranno principalmente tre: il risultato della crono in termini... cronometrici, ovvero il posizionamento in classifica, o fuori, di atleti forti con ambizioni di risalita in generale o di successo parziale (comunque seguiranno due tappe di recupero, non dimentichiamolo); il risultato della crono in termini di conseguenze fisiche, perché si tratterà di sottoporre il corpo - comunque vadano le cose - a sforzi estremi quanto peculiari e potenzialmente imprevedibili, ovvero l’esercizio contro il tempo e una tappa letteralmente senza un metro di pianura. Infine, il risultato della crono in termini di "messaggio" agli altri atleti: non ci sarà necessariamente trasparenza tra risultato apparente e stato di forma, poiché qualche atleta esperto o utile a tattiche di squadra potrebbe artatamente salvare qualcosa per sparare più seccamente a Cesena, o viceversa spremersi per salvare l’immagine, intimorire gli avversari, ma pagare un conto salato sul Carpegna.

TERZO PER URBINO
Bellissima città, bellissima cronometro: il vincitore di tappa, o anche solo chi dovesse ben figurare, merita tutta la considerazione tecnica possibile in relazione ad una specialità assolutamente da rilanciare nelle nostre strade e contrade. La cronometro distilla il ciclismo, ne sacrifica l’amalgama perfetta di sport a tutto tondo per trarne un campionamento che, pur perdendo qualcosa in termini di estetica "letteraria", guadagna insospettatamente sul versante dell’estetica propria delle scienze matematiche. Semplicità, rigore, astrazione. Se la cronosquadre esalta il team, nella prova individuale l’uomo solo è solo quant’altri mai, che sia al comando o meno. Forza distribuita. Calcolo degli equilibri, tanto più redditizio quanto esatto, tanto più disastroso e irrimediabile quando s’inganna. Nessun compagno a sostegno, nessuna discesa per rientrare sulle scie del gruppo. Forza pura e pura mente, non applicata all’intuizione delle intenzioni altrui, ai guanti di sfida caratteriali, ai sussulti d’orgoglio, ma solo al fare di sé una "machina optima", perfetta, rotante, implacabile. Guai ai vinti.

Gabriele Bugada

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