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MÀNIE… DI PERSECUZIONE

Mauro Facoltosi ha realizzato un reportage sulla Milano – Sanremo, che quest’anno riproporrà il tracciato dell’anno scorso, con quella salita che sicuramente farà venire le… “mànie” di persecuzione ai velocisti. Favorevoli o contrari? Sicuramente loro si schiereranno tra i secondi, mentre promuovono questa novità diversi personaggi dell’ambiente. Abbiamo sentito la gente del ciclismo, iniziando con i corridori e gli ex vincitori della classicissima, interpellando poi giornalisti, organizzatori e, buoni ultimi, i tifosi che ogni giorno esprimono le loro opinioni sulle pagine dei principali forum italiani.

CORRIDORI ED EX CORRIDORI

Gianni Bugno
Secondo me, il fascino della Milano San Remo è dato dal percorso che rende l’esito della corsa incerto fino alla fine. Aggiungere un’altra salita toglierebbe dalla lista dei probabili vincitori un gran numero di velocisti, i più accredidati a vincere questa classica. Con l’aggiunta delle Manie ci sarà una probabile selezione del gruppo, anche se la salita è lontana dall’arrivo (e questo permetterà ai corridori staccati di rientrare in gruppo).

Damiano Cunego
La Milano-Sanremo è una corsa dal fascino assoluto: per un corridore italiano rappresenta un sogno correrla e avere la possibilità di lottare per la vittoria. L’attrattività di questa gara è dovuta in gran parte alla sua tradizione, alla sua storia: elementi che racchiudono anche una certa classicità del percorso. Bisogna, però, considerare che il ciclismo è molto cambiato nel corso degli anni e le conseguenze si sono fatte sentire sulla gara: le modifiche apportate negli anni al percorso sono state dettate da queste ragioni.
Logicamente, per un corridore con le mie caratteristiche sarebbe meglio affrontare una Milano-Sanremo più dura possibile. L’anno scorso è stata introdotta la salita de Le Manie: a quanto dicono, è una salita "vera", che può fare selezione; è un po’ lontano dal traguardo, sarà quindi interessante vedere quanto inciderà nell’economia della gara. Potrebbe essere una novità molto interessante in grado di aggiungere più spettacolarità alla corsa e dare più chance a corridori con la propensione per l’attacco.

Maurizio Fondriest
Sono d’accordo sull’inserimento di una nuova salita nel finale, come la Pompeiana, purchè questa non sia un’operazione fatta per stravolgere le caratteristiche di questa corsa e trasformarla in una gara per scalatori. È innegabile che, dopo lo spostamento del traguardo da Corso Cavallotti a Via Roma, sia diventato più difficile riuscire a sfuggire ai velocisti (ci riuscimmo io e Jalabert nel 1995 e poi pochissimi altri) e che queste oramai consuete conclusioni in volata incrinino un po’ il prestigio della Sanremo. Concordo anche sul fatto che i corridori non siano più abituati a distanze di quasi 300 Km e questo sia causa di una minor lucidità in volata, col rischio d’incappare in rovinose cadute, evento già verificatosi due volte negli ultimi dodici anni.
Dunque, sì ad un cambiamento di percorso, se fatto in un’ottica di sicurezza e per aumentare leggermente il potere selettivo del tracciato, senza andare ad intaccare pesantemente le peculiarità di una corsa come la classicissima.

Alessandro Petacchi
Mi sento un po’ troppo di parte nel rispondere a questa domanda e chiaramente mi dico contrario.
Contrario perchè la Sanremo ha comunque un fascino particolare e vince sì un velocista, ma un velocista di fondo e che in salita si difende. Sarebbe difficile, infatti, tenere gli scatti, prima sulla Cipressa e poi sul Poggio, dopo 300 chilometri. Diciamo che è una corsa per atleti che hanno una grande condizione fisica. L’anno scorso, tra l’altro, hanno aggiunto una salita duretta, anche se a 100 chilometri dal traguardo. Ma, se in quella giornata uno non sarà al top, gli resterà sulle gambe. Poi ci sono tante altre classiche molto più dure e forse dal risultato più scontato. Chi aspetta sul traguardo della classicissima penso che respiri un’aria d’incertezza affascinante. Può esserci un colpo di mano, un attacco da lontano, una volata ristretta. E comunque una volata dall’esito incertissimo. Insomma la Sanremo, a mio parere, è bellissima così.

Giuseppe Saronni
Il fascino della Milano-Sanremo deriva dalla sua grande tradizione, ma questo non vuol dire che non sia corretto apportare ogni tanto delle modifiche che portino la corsa al passo con i tempi di un ciclismo sempre più dinamico. Quest’anno il percorso proporrà per la seconda volta la salita delle Manie, asperità impegnativa che potrà cambiare il modo di correre di atleti e squadre: le pendenze sono buone, quindi i velocisti dovranno difendersi, fare sforzi per mantenere la posizione. Non sarà il momento dove si deciderà la corsa, però questa nuova difficoltà inciderà nell’economia generale di una gara lunga 300 km. Potrebbe rendere più spettacolare, incerta e aperta la gara, penso quindi che possa essere una novità positiva. Ben vengano i cambiamenti che, nel solco della tradizione, rendono le gare più interessanti.

GIORNALISTI

Matteo Patrone (ilpolitico.it, ex direttore ilciclismo.it)

Il punto di partenza di ogni ragionamento dev’essere come la Sanremo sia grande soprattutto per la sua tradizione storica. Al fine di preservare il valore di questa corsa è dunque necessario difendere questo “bagaglio”. Che, vedremo, ha un’incidenza diretta anche sul suo “rendimento” tecnico e agonistico attuale. Per ciò che riguarda il percorso, su cui ragioniamo, due sono le caratteristiche che contribuiscono (con la loro presenza “storica”) a definirlo: alcuni dei suoi passaggi-chiave (il Turchino, i Capi, più recentemente Cipressa e Poggio); l’adeguatezza, direi, a qualsiasi soluzione possibile per una corsa in linea (volata, azione da finisseur, attacco sulle asperità che non si trovano di solito in coincidenza con il traguardo, attacco da lontano), mantenuta costante con un progressivo cambiamento in funzione dell’evoluzione dei caratteri (atletici, tecnici, agonistici) del gruppo.
Nessuno, mi pare, vuole toccare gli elementi che ci sono ma si discute se, semmai, aggiungerne di nuovi. Considerato allora che l’evoluzione del gruppo può essere più o meno accelerata ma, come appare evidente, continua ad essere costante, è probabilmente ancora una volta in un equilibrio tra quella conservazione, certo, ma anche una forma di cambiamento che si gioca il mantenimento del valore assoluto della Classicissima.
Per stabilire in concreto se c’è davvero qualcosa da fare e, nel caso, cosa fare bisogna prima di tutto appunto verificare se l’evoluzione dei “caratteri” del gruppo (e quindi del nostro ciclismo) abbia “superato”, in qualche modo, la rispondenza e l’adeguatezza del percorso.
Il risultato dell’”impatto” tra gruppo e percorso si vede nella forma degli esiti che una corsa acquisisce nel corso degli anni; nel caso della Sanremo si registra, di recente, l’alternanza tra volate “pure” (con la partecipazione dei grandi velocisti, campioni, corridori di spessore ma, comunque, velocisti puri) e soluzioni da finisseur da… ultimi due-tre chilometri; non ci sono invece più state azioni (che siano riuscite) da lontano o che siano nate sui Capi, sulla Cipressa o sul Poggio (per andare ai luoghi-“chiave” della storia più recente della corsa), se si eccettua quella di Bettini (che anticipò comunque di poco il gruppo) del “lontano” 2003, quando peraltro si percorse un tratto in salita in autostrada. Si può dunque dire, semplificando, e attribuendo una fetta uguale a ciascuna possibile soluzione (come detto volata, azione da finisseur, attacco sulle asperità, attacco da lontano), che la Sanremo continui a rispondere coerentemente con la propria storia per un 50% dei modi nei quali lo ha fatto, appunto, storicamente.
D’altra parte l’azione da lontano è una rarità più in generale, in uno sport nel quale le differenze atletiche e tecniche e quindi anche agonistiche (in parte) tra corridori di maggiore o minore spessore sono sempre meno marcate o in cui c’è una tensione comune a ricavare il massimo, in quei due sensi (atletico e tecnico), e in cui perciò c’è meno spazio per fare, appunto, la differenza. Su Cipressa e Poggio, poi, continua ad esserci bagarre, e a prodursi una certa selezione, insufficiente solo a coronare lo sforzo con una conclusione fino in via Roma. Diciamo allora applicando lo stesso schema che, tolta la fetta dell’azione da lontano, la Sanremo continua ad essere se stessa per un 66 per cento (e più) delle proprie caratteristiche storiche.
E’ dunque vero che la Classicissima ha perso qualcosa di sé, e tuttavia - appare evidente - continua ad essere in larga parte se stessa. Noi dobbiamo rispondere, perciò, ad una perdita di tradizione che si misura in poco più che una sfumatura, e che abbiamo visto essere però costante nel tempo (ancor’oggi). E’ allora, probabilmente, in un intervento limitato e mirato oggi, in vista di ulteriori aggiustamenti magari sempre più marcati domani, che si trova la soluzione ai “problemi” (a dire il vero piccolini) di una Sanremo che voglia sempre mantenere il proprio splendore storico.
Il ventaglio di soluzioni è vasto, e questo sito ha l’onore di avere in questo campo il… massimo riferimento assoluto, in Italia, che è poi l’autore-curatore di questa inchiesta. Non si sente proprio la necessità, quindi, che mi metta a dare indicazioni particolarmente precise, dicendo cosa si deve aggiungere e cosa no, se e quando.
Ciò che si può dire è che soluzioni di minimo cambiamento come l’introduzione di salite medie e lontane dal traguardo come le Manie (o l’autostrada, di cui si è detto, del 2003) possano essere sufficienti, per ora, a compensare l’”invecchiamento” della Classicissima. Ma è probabile che, fra qualche anno, con il progredire ulteriore appunto dell’evoluzione dei caratteri del gruppo, si renda necessario un intervento più radicale. E allora, a quel punto, non vedo controindicazioni all’inserimento di un’altra, grande salita nel finale, che possa acquisire col tempo quel valore storico che i Capi, Cipressa, Poggio, si sono anche loro dovuti guadagnare sul campo (perché non va dimenticato che nessuno di essi era nato con la Sanremo). E la Pompeiana, baluardo ideale anche per la sua collocazione (che oltre tutto restituirebbe smalto al Poggio, e dunque andrebbe ancora di più nel senso di mantenere la storia di questa corsa, cambiando senza cambiare), potrebbe essere davvero la chiave giusta. Non subito però. Le vere rughe sono ancora di là dal comparire.

Marco Grassi (Cicloweb)
Mi pare che l’ultima edizione della Milano-Sanremo abbia dissipato ogni dubbio: nel gruppetto di superstiti che si sono giocati il successo c’erano finisseur, passisti, uomini che vanno bene in salita, velocisti. Una varietà che ci ha regalato un finale appassionante.
Il merito di questo rimescolamento delle carte è da ascrivere all’occasionale inserimento della salitella delle Mànie lungo il tracciato? Indubbiamente sì: una fatica in più che ha tagliato le gambe a molti gregari, lasciando monche le squadre dei velocisti, che in tal modo non hanno più potuto esercitare il loro controllo.
E in questo modo i velocisti più forti (nel caso, nel finale c’erano Freire e Hushovd) arrivano comunque in fondo con le loro possibilità di vittoria intatte. Ma sarei anche più drastico: perché non inserire, ad anni alterni, una salita ancora più vicina al finale di gara? Un anno sì e uno no: gli anni pari gara riservata ai finisseur, ancor più di quanto avvenuto sabato 22; gli anni dispari gara riservata ai velocisti, col percorso com’era fino al 2007.
Chi se ne dovrebbe dolere?

Giampaolo Ormezzano (La Stampa)
Io farei disputare una Sanremo sul percorso classico, col Turchino e i tre capi liguri, senza Cipressa e Poggio, poi vedrei come va a finire. A metà percorso o sul Turchino, metteri in palio un premio enorme per chi passa da solo con almeno un tot di vantaggio. Idem per almeno il Capo Berta. Se s’inseriscono nuove salite si rischia l’attendismo del gruppo, lo schizzetto di due o tre finisseurs in vista del traguardo, sai che bello, e soprattutto si rischia di dover far partire la Sanremo a 100 chilometri da Milano, quando invece il ciclismo ha bisogno di coinvolgere le grandi città, a costo di fare sacramentare gli automobilisti (che ormai sono una razza in crisi). E poi, chi ha deciso che una volatona è brutta?

ORGANIZZATORI

Adriano Amici (GS Emilia)
Pur essendo da sempre favorevole a qualsiasi proposta che possa portare una ventata di novità nel mondo del ciclismo, per quanto riguarda l’eventualità di un cambiamento del finale della Sanremo mi ritengo un "conservatore". La Sanremo rientra tra quelle classiche "monumento" che hanno fatto, e faranno, la storia di questo sport. L’inserimento di una salita, soprattutto nelle fasi conclusive, andrebbe a "modificare" quella che è la vera natura di questa gara che ormai nelle ultime stagioni rappresenta uno degli appuntamenti principali per i velocisti. L’attuale finale piuttosto nervoso si presta benissimo a colpi di mano che conferiscono alla gara una suspense unica; proprio per questo ritengo che non debba essere applicata nessuna modifica all’attuale percorso. Grandi campioni come quelli che, nella storia recente, hanno scritto il proprio nome nell’albo d’oro della Sanremo non hanno mai avuto particolari occasioni di alzare le braccia sul traguardo di una classica di così grande e riconosciuta importanza; per tradizione, storia e spettacolo la classica dei fiori dovrebbe mantenare inalterato il proprio percorso. La carriera di grandi campioni del calibro di Zabel, Cipollini, Bettini, Petacchi, Pozzato, Freire non sarebbe sicuramente la stessa senza la Sanremo.

Giuseppe Bresciani (Brixia Tour)
La Milano-Sanremo è corsa classica, di apertura della stagione. E’ vero che i tempi sono cambiati ma è altrettanto vero che la Milano-Sanremo è corsa classica e, per tale motivo, credo sia doveroso rispettare il tradizionale tracciato. Non sarà il cambio di arrivo a stravolgere il risultato di tale bella gara. E’ vero che il traguardo di Via Roma da sempre ci ha proposto il suo fascino ma è altrettanto vero che la corsa la fanno i concorrenti. Il Poggio è ideale trampolino di lancio per chi ha gambe, forza ed intlligenza e la lunga storia della clacissima ci ha insegnato che il ciclismo è bello perchè imprevedibile nel suo insieme. E poi quei tremila metri conclusivi da sempre ci hanno offerto suspense tra colui che ha avuto il coraggio di osare ed il gruppo degli immediati inseguitori. Alla Milano Sanremo ci può stare la vittoria solitaria dell’uomo solo al comando che sa osare ed affondare da lontano il colpo vittoroso, ci può stare l’allungo sul Poggio o la volata a ranghi compatti. Dipende da come i concorrenti vorranno e sapranno interpretare la lunga corsa. Non dobbiamo dimenticare che il ciclista è un uomo, un essere umano e perciò a lui, solo a lui, spetta il programmarsi la corsa, la Milano-Sanremo, una gara che può rappresentare la storia, la vita ed il futuro di una semplice atleta. Il nome di spicco fa richiamo, lo sconosciuto lascia - per onore di cronaca - il tempo o meglio lo spazio che la "rosea" come gli altri quotidiani gli vorranno dedicare. Ma lui, il vincitore di questa classicissima, per un giorno si sentirà un "Re" e si sarà assicurato almeno per un paio di stagioni un buon stipendio. Ed anche questo è Milano-Sanremo, è ciclismo e, a mio modesto avviso, ciclismo vero.
E’ vero che noi organizzatori desideriamo e sogniamo in grande ma al tirare delle somme dobbiamo sottometterci al gioco dei concorrenti perchè loro e solo loro decidono le sorti di ogni gara.

Victor Cordero (ex direttore Vuelta)
Per rispetto verso i nostri amici e colleghi della RCS, non me la sento di esprimermi sull’eterno dibattito sorto attorno alla Milano-San Remo. Comunque, appoggio sia le argomentazioni dei riformisti, sia quelle dei conservatori. Mi limito a sottolineare che, per me, il Poggio é qualcosa di magico nel contesto di questa bella corsa: é un breve ma forte sentimento che non sento in altri luoghi del ciclismo. Inoltre, l´elemento determinante della classicissima é la distanza.

TIFOSI

83pirata – Forum dello Scalatore
Io sono favorevole all’inserimento della Pompeiana. Non farà grande selezione, poiché i velocisti moderni riescono a tenere abbastanza bene in salite non dure, ma di sicuro vivacizzerebbe ulteriormente la corsa nel finale e potrebbe rimanere nelle gambe di alcuni corridori quando si tratterebbe di scalare il Poggio, favorendo così chi ha una maggiore condizione e diminuendo le probabilità di un arrivo in volata di gruppo.

Gabriele – Forum dello Scalatore
Vincere la Milano-Sanremo deve continuare ad essere difficile: difficile sì per i velocisti, ma ancor più difficile per chi voglia vincerla in solitaria. Ciò che chiamiamo tradizione non è un’istantanea color seppia che s’imponga meramente per l’antichità lì cristallizzata, ma qualcosa di organico che cresce e prende forma col tempo: la Sanremo è stata una volta una corsa ad eliminazione, ma già dagli anni ’50 ha iniziato a concedersi a volate più o meno ristrette; questa tendenza oggi la identifica compiutamente come una gara adatta ai velocisti, ai grandissimi velocisti, ai veri campioni tra i velocisti – e perfino ai migliori tra loro si offre con ritrosia (basta scorrere l’albo d’oro per darsene un’idea). Questo però non basta. La Sanremo dev’essere una gara che sia possibile sottrarre alla volata con un colpo di mano magistrale, memorabile proprio perché eccezionale: le volate sono lo sfondo sontuoso, inevitabilmente uniforme, comunque indispensabile, per far stagliare l’impresa di chi – una volta tanto – le vanifica. Naturalmente non mi riferisco all’accidente, all’incidente o all’errore di calcolo, come quelli che magari animano la Parigi-Tours. Il bello della Sanremo è nelle azioni sublimi, sublimi proprio perché tese verso l’impossibile, che essa sa ispirare: una bellezza ancor più lampante nel momento in cui certe azioni restano indimenticabili, anche se falliscono (proprio perché falliscono?). Al nome di Pantani ognuno accodi quelli che preferisce, in anni più o meno recenti. Nella luce della Riviera vittoria e sconfitta possono essere circonfuse della stessa aura, e questo – paradossalmente – grazie al titanico potere divoratore che è concesso al gruppo. Sogniamo ogni anno un arrivo solitario, ma se il nostro desiderio fosse costantemente realizzato il sogno diventerebbe un po’ più opaco. E poi la Sanremo ha un’altra magia: quella del tempo. Una corsa lunghissima, in cui il tempo scorre dapprima interminabile, inutile, noioso, per strade dritte con fughe grasse e gruppo abulico: poi, quasi impercettibilmente, le strade si fanno nervose, il tempo accelera, si contrae come i muscoli dei corridori, dapprima sembra decisivo un minuto, poi trenta secondi, in cima al Poggio ne potrebbero bastare dieci, sull’arrivo spesso la distanza fra trionfo e sconfitta si misura in centesimi, nelle braccia alzate troppo presto. È questa ginnastica del tempo a inchiodarci sopra ogni istante, a tenerci lo stomaco sempre in subbuglio: sebbene alla fine riconsiderando il tutto col senno di poi, con la certezza della vanificazione di tanti sforzi, ci sembri tutto – altro paradosso – tanto, tanto noioso. Ma anche in questa “vanitas vanitatum” c’è qualcosa di sublime. L’incanto della Sanremo è unico (quale altra grande classica ha queste doti?). Essa apre le proprie porte a tutti, però la porta di Sanremo, come la discesa del Poggio, è sempre e comunque stretta; questa è l’alchimia che va rigorosamente preservata, il miracoloso equilibrio ecologico che non deve estinguersi. Quindi, per parte mia, senz’altro no ad ogni soluzione che impedisca la voracità del gruppo compatto, rendendo il ricompattamento improbabile e pericolosissimo per la strettezza degli spazi disponibili, no ad asperità troppo brusche che taglino definitivamente fuori i velocisti vicino o lontano dall’arrivo, ma anche no ad ogni incremento dei tratti piani a definitivo discapito dei già penalizzati “scalatori”. La Pompeiana potrebbe essere l’ideale, ma va sottoposta a prove (l’idea circola da anni, eppure…?). Ecco il punto: provare, approssimare, adattarsi, valutare di anno in anno. Un’incidenza di volate del 60% o 70% è ideale. Ora come ora siamo esattamente su questo discrimine: i prossimi due o tre anni emetteranno dunque un verdetto, che però bisogna essere dispostissimi e prontissimi a raccogliere; avendo eventualmente il coraggio di trasformare la Sanremo per protrarne viva e intatta l’inimitabile tradizione.

Napo – Forum dello Scalatore
Personalmente, il finale lo lascerei esattamente com’è. Ciò che ritengo indispensabile è l’inserimento di tratti selettivi in grado di rompere il gruppo ben prima del finale. Io inserirei il muro di Masone a metà corsa, qualche variante con l’attraversamento dei centri abitati ai lati dell’Aurelia (colli di bottiglia con conseguenti allungamenti e rotture del gruppo). Insomma, farei in modo di costringere i potenziali vincitori a stare davanti (come nelle classiche del nord) sin da metà corsa e non solo dal Berta in poi.

Vittorio P. – Forum dello Scalatore
Ritengo che la San Remo debba mantenere il suo status di corsa "aperta a qualsiasi soluzione". Si tratta, infatti, di una delle poche gare storiche che può essere vinta da un velocista (Cipollini) così come da uno scalatore (Bartali). E’ però anche vero che, negli ultimi anni, troppe volte si è arrivati allo sprint, probabilmente perché è migliorata la preparazione dei corridori: dunque, sono favorevole a un piccolo restauro per riequilibrare il tutto. Secondo me le strade possibili sono due. Lasciare il finale così com’è ma aumentare il numero di km in partenza (pianeggianti). In barba ai regolamenti, una gara da 325 km - 350 km (col finale immutato) sarebbe fantastica. Oppure inserire una piccola salita verso metà percorso. Approvo l’esperimento di Zomegnan di inserire le Mànie. Non credo che possa spezzare del tutto le gambe ai velocisti, ma darà il "la" a diversi tentativi. Tuttavia, se la salita risultasse troppo dura occorrerà trovare una nuova soluzione. Per concludere, mi piace l’idea di un arrivo in centro a San Remo.

Cancel58 – Forum di Cicloweb
E’ un simbolo, la Milano-Sanremo, ancor prima di essere una corsa. Certamente è uno degli ultimi miti del ciclismo, un omaggio alla storia delle due ruote. Forse è anche un rito, e i riti (almeno quelli che conservano un significato), pur se modificati, vanno mantenuti. Anche la Sanremo, quindi, deve mantenere alcune sue caratteristiche, a meno che non la si voglia far diventare un’altra corsa. Perché il punto centrale, a ben pensarci, è proprio questo: le eventuali modifiche (e ne sono state proposte tante!) potrebbero farle perdere i connotati che da sempre la caratterizzano. Il Turchino, innanzitutto, vero e proprio diaframma tra gli alberi ancora spogli della Valle Stura e la Riviera Ligure, tra l’inverno e la primavera. Non riuscirei proprio ad immaginarmela una Sanremo senza quella galleria! Tra Savona e Andora, invece, una breve salita non starebbe male. Potrebbero essere le Manie, come avverrà quest’anno, o la Madonna della Guardia di Alassio o, magari, un’altra asperità della Riviera delle Palme. Vedrei meno bene, invece, la Pompeiana, troppo vicina al traguardo. Mi piacerebbe, poi, che il tratto da Novi ad Ovada fosse percorso su quelle che - da qualche tempo - sono conosciute come le strade di Fausto e Serse Coppi: il chilometraggio non sarebbe alterato, si spezzerebbe con qualche strappetto la monotonia della prima parte e, soprattutto, si respirerebbe aria di un ciclismo antico. Certo è che un eventuale cambiamento deve essere soppesato con attenzione perché - qualcuno l’ha scritto – talvolta un dettaglio può uccidere una poesia: quella della Sanremo me la voglio godere ancora a lungo.

Frank VDB – Forum di Cicloweb
I progressi dei mezzi meccanici, delle strade e nella preparazione atletica stanno rendendo la Milano-Sanremo sempre meno selettiva. Dopo il 1996 solo due volte la corsa non si è risolta allo sprint o - come nel caso di Tchmil nel 1999 - con un’azione all’ultimo chilometro: si tratta dell’edizione 2003, quando fu percorso un tratto autostradale che implicò una salita e una discesa in più, per quanto facili, e di quella del 2006, dove lo scatto più potente vistosi sul Poggio negli ultimi anni (quello di Ballan) fu favorito dal disimpegno nel ricucire della Quick-Step di Boonen e Bettini, che avevano davanti Pozzato, poi vincitore di quell’edizione.
I tempi sono maturi quindi, come nel 1960 e nel 1982, per indurire il percorso in modo da spezzare la monotonia di un arrivo già scritto e rinverdire il fascino unico di una classica che strizza l’occhio ai velocisti ma da l’opportunità anche ai passisti di giocarsi le loro carte. Penso che una nuova asperità debba essere posta prima dei Capi. In primo luogo perchè la tradizione ha un ruolo fondamentale nel ciclismo e quindi il finale deve rimanere immutato. In secondo luogo perchè in quel contesto si da un’opportunità in più alle fughe ma si permette alle squadre dei velocisti - se ben attrezzate - di ricucire, cosa alquanto improbabile se s’inserisse la Pompeiana al posto della Cipressa: in tal caso gli sprinter sarebbero tagliati fuori e la Sanremo diverrebbe una fra le tante corse per passisti.

Laura Idril – Forum di Cicloweb
Io faccio parte di quei tifosi che non disdegnano le volate. Del resto, dopo la Parigi-Tours, la Sanremo è l’unica corsa in linea che possono vincere i velocisti (a parte occasioni straordinarie). C’è da dire che il problema non è dato solo dai percorsi ma anche dalle scelte studiate a tavolino dalle squadre che, a meno di grandi sorprese alla Bettini o sparate alla Pozzato, decidono già a Milano come vogliono finire la corsa, presentando la squadra pronta con tutto il treno con cui guidare il loro velocista di punta. Quindi, sinceramente, non so se la Pompeiana possa cambiare il risultato, se non cambia prima anche la mentalità delle squadre che devono fare la corsa. Devono provare ad immaginare un finale diverso, tentare una fuga. Ma non lo fanno per diverse ragioni.

Robby – Forum di Cicloweb
Personalmente, ritengo il finale della corsa dei fiori uno dei più palpitanti dell’anno e credo che, se si debba fare dei lifting, sia opportuno farli prima dell’arrivo. Quindi, si può far di necessità virtù sfruttando la frana del 2008 per proporre delle difficoltà altimetriche che possano dare spettacolo a qualche chilometro da Sanremo, che facciano venire un po’ di fantasia a qualche attaccante e a qualche bel campione, magari spacciato in volata . Ho sentito parlare spesso della salita delle Manie da Spotorno; non conoscendola non saprei dire che tipo di salita possa essere ma, sentendo pareri qua e là, mi sembra di aver capito che si tratterebbe di un bel trampolino nemmeno troppo "dolce" da pedalare; questo (o qualche altra salita limitrofa) secondo me potrebbe essere un bel cambiamento, che potrebbe anche non far spostare i valori in senso generale della corsa ma che farebbe sudare un bel po’ i velocisti e le squadre che devono cercare di tener cucita la corsa, rendendo ancor più “thrilling” gli ultimi chilometri con le asperità classiche.

Chiara – Forum di Damiano Cunego
Modificare il tracciato della Milano-Sanremo o rispettare la tradizione?
E’ un forte dilemma e una risposta non esiste poiché si parla di gusti, perciò si possono solo valutare i poli del problema. A mio parare ci sono diversi gradi di considerazioni preliminari da fare: caratteristiche del tracciato e possibili cambiamenti. Per quanto riguarda il primo punto, il percorso vanta una lunghezza di 294 km, cioè quasi il limite massimo previsto dai regolamenti per una classica in linea. Dal punto di vista altimetrico si segnalano tre asperità ritenute decisive che sono il Turchino (km° 140), la Cipressa (km° 276) e il Poggio (km° 291). L’arrivo è posto dopo una discesa e il rettilineo finale di via Roma (fino al 2007). L’anno scorso è stata inserita una nuova asperità, le Manie (km° 204). Devo dire che, tendenzialmente, sono tradizionalista, anche se le modifiche apportate negli ultimi anni al Giro di Lombardia sono state positive. Credo che la “Sanremo” sia una corsa che debba tener conto delle caratteristiche che ha assunto via via nella sua storia, ovvero principalmente quella di essere una corsa per velocisti insieme all’altra grande classica di fine estate, la Parigi-Tours. Questo elemento, seppur considerato forse banale dagli amanti del grande ciclismo, tuttavia ha la sua importanza per due semplici motivi; in primo luogo, è giusto dare l’opportunità anche a corridori che esprimono altre doti rispetto a quelle di scalatori di poter vincere una gara di prestigio; in secondo luogo, non è sempre vero che sono i velocisti a dominare l’albo e questo dimostra che, se si creano delle particolari condizioni, l’arrivo in volata si può evitare: d’altronde, la nostra memoria storica ricorda corse molto nervose sulla carta che si sono rivelate più noiose di tante edizioni di Milano-Sanremo. Un altro elemento da non sottovalutare è la lunghezza del percorso: 298 km sono un’enormità, soprattutto alle porte della stagione e già di per sé fanno selezione. Inserire un’asperità a metà corsa? Non ha senso, è troppo lontano dal traguardo, il gruppo se la prenderebbe comoda, non ci sarebbe selezione e neppure servirebbe a “stroncare” le gambe a qualcuno dei favoriti. Inserire un’asperità nel finale? Ugualmente per me non avrebbe senso, se si potessero sfruttare al meglio le già esistenti Cipressa e Poggio: se si anticipasse l’arrivo (attualmente a 6 km dalla vetta del Poggio) si otterrebbe lo stesso effetto senza snaturare la corsa. L’eventualità di cambiare totalmente la parte finale (quindi non mediante la semplice aggiunta di altre salite) non saprei come valutarla, non conoscendo fisicamente le alternative. Resto sempre ferma nella mia convinzione che, nonostante il percorso, è il gruppo che determina l’esito della corsa. Fare percorsi molto complicati può essere più nocivo che mantenerne altri di media difficoltà.

Iseran – Forum di Damiano Cunego
Personalmente, condivido l’opinione di chi ritiene che una corsa così importante per tradizione e albo d’oro debba ritornare ad essere appannaggio dei campioni, cosa che, con tutto il rispetto, i velocisti non sono. Sono, quindi, più che favorevole all’introduzione di nuove difficoltà nel tracciato, anche più di una se necessario. Soprattutto ritengo sia imprescindibile un ritorno del traguardo a ridosso dell’ultima salita, per evitare i recuperi da parte delle squadre dei velocisti. Non accetto che si dica che non c’è spazio sufficiente, perchè questo c’è stato per lungo tempo ed il gigantismo dell’organizzazione non deve pregiudicare il valore tecnico delle corse (e questo vale anche per gli arrivi di tappa dei grandi giri).
Non sono ferrata in materia di salite e quindi non saprei entrare nello specifico...

S.T. – Forum di Damiano Cunego
La Milano-Sanremo ha da sempre un fascino particolare. E’ il solstizio del ciclismo, il sole che dà inizio ad una nuova stagione sportiva. La classicissima è scavata nel solco della tradizione. Una gara dal forte chilometraggio con poche ascese ma decisive, messe lì per scremare chi non ha la gamba, chi non è ancora pronto alla battaglia. La Sanremo è bella proprio per questo. D’altro canto, sono i corridori a fare le corse. Infatti, alcune imprese l’hanno dimostrato: Coppi che sul Turchino è già da solo, Gimondi che lascia la compagnia sul Capo Berta, Chiappucci che sbaraglia gli avversari in discesa a 100 km dall’arrivo e Bugno in solitaria sulla Cipressa. La classicissima è bella così com’é, non snaturiamola spostando l’arrivo sempre più lontano dai piedi del Poggio. Se serve la novità, lasciamo che sia un corridore a regalarci una nuova storica impresa.

Claudio82 - Forum di Damiano Cunego
Nonostante l’attuale percorso della Milano-Sanremo sia vecchio quanto il sottoscritto e nonostante il sottoscritto non abbia alcun bisogno di aggiungere ulteriori asperità al proprio percorso di vita, direi che è giunto il momento di complicare un po’ la Sanremo. La mia proposta è abbastanza semplice, io ve la dico, però voi non mi dovete ridere in volto: più che la Pompeiana, io aggiungerei l’Alpe d’Huez. Ora, molti di voi staranno pensando che per metterci dentro l’Alpe d’Huez, la Milano-Sanremo dovrebbe essere allungata di quei 300 – 400 km che la renderebbero adatta, oltre che ai velocisti, anche ai motociclisti della moto Gp, ma non è esattamente così. Mi pare logico che non c’è alcun bisogno di allungare la Milano-Sanremo per metterci dentro l‘Alpe d’Huez, perché, come dice il proverbio, se la Sanremo non va alla montagna, è la montagna che va a Sanremo. A mio avviso, basterebbe solamente spostare l’Alpe d’Huez in Via Roma ed ecco che, con lo stesso chilometraggio di prima e senza variare minimamente il percorso, si riuscirebbe a rendere la classicissima più interessante e spettacolare. Per non parlare poi del fatto che diventerebbe l’unico arrivo in quota in cui sarebbe possibile mangiare dell’eccellente pesce fresco. Infine, si aprirebbero straordinarie opportunità per lo sviluppo commerciale della corsa, considerato che a Marzo sull’Alpe d’Huez c’è ancora neve e quindi si potrebbe organizzare una sorta di combinata di sci e ciclismo (lo sciclismo) sommando i tempi dell’ascesa in bicicletta a quelli della discesa con gli sci. Il tutto, ovviamente, sotto l’egida del casinò municipale di Sanremo, che finanzierebbe le operazioni di trasporto dell’Alpe d’Huez con i ricavi derivanti dalle scommesse sulla corsa e sui tempi di recupero di Ronaldo. Perciò, è inutile parlare di Pompeiana o di Testico. C’è l’Alpe d’Huez, what else?

a cura di Mauro Facoltosi [info@ilciclismo.it]

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