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2a TAPPA: BOLOGNA - CHIETI
16 MAGGIO 1909: SECONDA TAPPA, GANNA PASSA IN TESTA

Il racconto della terza tappa del primo Giro s’apre con i ritiri eccellenti di Petit-Breton e Pavesi. La cronaca giornaliera è scarna d’episodi di rilievo. Si segnalano, comunque, il crescente entusiasmo popolare e le prime “furbizie” dei partecipanti, peccati che diverranno di dominio pubblico solo due giorni più tardi, quando il Giro affronterà per la prima volta le montagne. Il Giro si presenterà ai piedi degli Appennini con Ganna capoclassifica, “contentino” per la delusione di Chieti, dove è battuto allo sprint da Cuniolo.

La seconda tappa si corre il 16 maggio, tre giorni dopo la prima frazione, sulla distanza di 378 Km. Si va da Bologna a Chieti percorrendo quasi costantemente la statale adriatica e transitando per Rimini, Ancona e Pescara. Fin qui il percorso è pressoché pianeggiante, poi inizia la dolce ascesa verso il traguardo che, dunque, rappresenta il primo arrivo in quota della corsa rosa.
I “girini" sono sottoposti ad un’altra levataccia: il raduno, fissato presso Porta Mazzini, è aperto alle 2 e mezza, la partenza ufficiale è prevista alle 4. Sono ripetute le operazioni di punzonatura, mentre i corridori arrivano alla spicciolata. Il pubblico comincia a riconoscerli ed osannarli, ma gli strepitii sono tutti per Gerbi, come sempre: la sfortuna accanitasi contro il corridore astigiano, ultimo della classifica generale, ha fatto aumentare l’amore per questo atleta.
All’appello dei parenti non risponde Petit Breton, che se ne sta in un angolo col braccio al collo: il suo Giro finisce qua. Dopo nemmeno un chilometro, giusto il tempo del via ufficiale, si registra un altro ritiro eccellente: a causa del riaprirsi di una vecchia ferita di corsa scende di sella Eberardo Pavesi – futuro direttore sportivo di Bartali – che fa ritorno a Bologna dopo esser montato sulla prima auto a disposizione, quella guidata dal lottatore triestino Giovanni Raicevich, campione del mondo in carica nella specialità, presente al Giro in qualità di “padrino” di prestigio della corsa.
Il gruppo comincia a sgranarsi, nonostante la strada si presenti piuttosto ampia e pianeggiante. Il calore della Romagna abbraccia fin da subito il Giro d’Italia e lo testimonia l’accorrere in massa delle popolazioni locali a bordo strada, per applaudire i pionieri del ciclismo. Le prime testimonianze d’affetto prendono anche una forma “solida”, quella di foglietti multicolori lanciati, a mo’ di coriandoli, al passaggio della carovana. Compaiono i primi striscioni; su uno di essi, innalzato in quel di Savignano, si può leggere: “Alla GAZZETTA DELLO SPORT organizzatrice geniale del GIRO D’ITALIA – al Corriere della Sera, che incoraggiò l’ardita impresa con ricchi premi vada il modesto, ma entusiasta plauso della cittadinanza”.
Tutto questo è particolare fonte d’orgoglio per uno dei padri del Giro, Tullio Morgagni, che è originario di Forlì, dove è prevista la prima stazione di rifornimento. Rimini, invece, è la “location” del primo punto di controllo, dal quale si transita dopo esser entrati in città dal romano Arco d’Augusto. Lo strappetto della Siligata annuncia il passaggio per Pesaro ed un altro salutare bagno di folla.
Il gruppo che marcia compatto in testa alla corsa, alla volta di Ancona, è composto di 34 uomini. Lo guidano Marchesi, Gerbi e Cuniolo, mentre perde contatto per una caduta Amleto Belloni, fratello maggiore del più celebre Gaetano (l’eterno secondo, vincitore del Giro nel 1920).
Ancona è anche il luogo dove è inscenato il primo tentativo di doping della storia del Giro. Un doping “atipico”, non vi è nessuna sostanza proibita in ballo, del quale vi racconteremo con maggiori dettagli nelle prossime puntate, rispettando fedelmente il succedersi e l’annunciarsi degli eventi.
Nel tratto pianeggiante che precede la tortuosa ma facile salita finale, lunga 6 Km, conducono la gara Canepari ed il redivivo Gerbi, che dimostra d’aver superato i problemi accusati nella prima tappa.
L’ascesa della “Colonnetta” è affrontata con piglio vivace. Al passaggio dalla piazzetta della Madonna degli Angeli viene sparato un colpo di cannone per avvisare gli spettatori del sopraggiungere dei corridori. All’uscita dall’ultima curva Ganna e Cuniolo marciano con pochi metri di vantaggio sugli inseguitori. A 100 metri dall’arrivo, previsto in via Asinio Herio, attacca con decisione il corridore piemontese, che al passaggio per Pescara aveva subito un improvviso afflosciamento del tubolare. Incidente rimediato senza perdere tempo prezioso, poiché in quel momento il gruppo era stato fermato da un passaggio a livello abbassato (anche se alcune cronache dell’epoca raccontano che Cuniolo, non avendo avuto il tempo materiale di risistemare la pompa nell’apposito sostegno, abbia affrontato tutta la salita trattenendola tra i denti).
La volata è entusiasmante, Cuniolo vince per due lunghezze mentre Ganna si consola balzando in testa alla classifica. Al terzo posto si piazza il francese Trousselier.
Poi il Giro si riposa in vista delle prime montagne.

3 – continua

Mauro Facoltosi [info@ilciclismo.it]

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