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TRE BUONI MOTIVI PER...INSISTERE CON I VELOCISTI

Dalla voglia di rivalsa di McEwen, Zabel ed Hondo passano le speranze di assistere un duello più avvincente di quello siculo, se volata dovrà essere. Ma questo non è l’unico motivo per cui assistere alla frazione odierna. Soler ripartirà? E come sta Riccò? Gabriele Bugada ci illustra nel dettaglio gli spunti di giornata.

di  Gabriele BUGADA

Tre buoni motivi per... aver anticipato la volata, guardandosi un po’ di tappa.

PRIMO PER IL CAOS
Il ciclismo non è solo tattica, ma anche disordine. Groviglio variopinto di carbonio e tute colorate, sparpagliato sulla polvere grigia e umida. Da guardare - per un attimo solamente - come una metafora, un’opera d’arte, uno spettacolo di pupi, fingendo che nessuno si sia fatto niente.

La Milram che fa il treno per istinto, per abitudine, o proprio per il secondo posto, mentre dietro imperversano spallate e scivoloni. Mentre Bennati e Zabel eseguono la propria volata solida e rituale, un pugno di velocisti irritabili esplode come uno shrapnel conficcando schegge di Germania sul podio e dintorni. Loddo batte Koldo nel duello degli aspiranti, un deludente (cascato) Cavendish balla con un sorprendente (non per tutti) Gatto il ballo dei debuttanti. Pagliarini e Forster, noti e titolati, estromessi dai dieci. Insomma, "sound and fury" come direbbero Shakespeare e Faulkner.

SECONDO PER IL CASO
Dal caos emerge qualcosa di fatale, di decisivo, di irreparabile. "Cadere" e "accadere" condividono non per caso una comune radice latina. Capita di capitombolare, e capita di farsi molto male. Inutile - come fanno i nostri buoni commentatori tv - cercar troppi meriti o demeriti a chi è stato trafitto dal dardo della sfortuna, investito da un dado di asfalto massiccio. Padre Brown (non Graeme) già diceva che l’arma contundente più pericolosa e disponibile è la terra, la Terra, il mondo, questo astragalo cosmico che talvolta non accetta di starci sotto i piedi o le ruote. Il Giro di Soler potrebbe finire qui, con una tappa di dolore non radiografato, acuito dall’incertezza e dall’esasperazione di un tempo tanto stretto da non permetterti di badare a te stesso, alle tue ossa. Due cronomen di qualità, due banchi di prova per la nuova attenzione della corsa rosa verso la specialità, lasciano tra ieri e oggi: Zabriskie e McGee. Riccò, vincitore prepotente ieri, è in attesa di risposte sul proprio indice. Il giovanissimo Capecchi scopre la piega più dura del Giro. Forse è colpa dei percorsi (ma dove non ci sono rotaie, o curve?), forse dei tagli al bilancio dei comuni, forse dell’asfalto o della pioggia. O forse semplicemente le cose non vanno come dovrebbero andare, dove vorremmo che andassero, e ci tocca metterci pancia a terra e inseguire, o vederle fuggire. In bici e non solo.

TERZO PER CASA
A Nibali, l’introverso, riesce meglio che allo spiritoso Visconti l’omaggio al pubblico di casa. Niente di impossibile, ma una bella progressione in uscita di curva schivando lo spiaggiato Colom. E poi un po’ di vento in faccia, mentre dietro tira la LPR come avessero preso sul serio la mossa dell’ "uomo di classifica". Un bel modo di riconoscere qualcosa di sé nel luogo da cui si viene, e quindi di tributare una riconoscenza personalissima fatta di fiato e acido lattico. Non una fuga passerella, ma un’azione decisa, priva di speranze eppure non di senso, nel momento in cui regala duemila metri di tregua ai compagni già stanchi.

Tre buoni motivi per... insistere nel guardare tappe da velocisti.

PRIMO PER LE RIVINCITE
McEwen si accontenta così? Zabel sarà sempre secondo? La fronda dal gomito appuntito e dall’occhio di lince degli sprinter esperti si accontenta di esser travolta dal treno e lottare per il rincalzo? I giovani talenti sono già stufi di essere impertinenti? Una tappa da velocisti da sola non vuol dire un bel niente, bisogna prenderle a mazzi di due o tre. Prima di oggi, confesso, ne sentivo la mancanza: del pomeriggio noioso, dell’attesa nervosa, dell’eccitazione esplosiva dell’ultimo km che si rivela immancabilmente vacua cinque minuti dopo la linea. Adesso mi sembra che una sia stata già troppa, o quantomeno abbastanza! Ma domani sarò ancora lì, a concedere una seconda manche.

SECONDO PER LE INVENZIONI
Il percorso alza un po’ la posta. Dopo il regalo di ieri, si ingobbiscono asperità appena più pronunciate, si approssimano al traguardo. Tra gli strepitosi balconi calabri, si affaccia la tentazione di provare la sorte con più convinzione, di mettersi in mostra per rubare il palcoscenico ai velocisti, che a loro volta saranno forse un po’ meno affamati, forse un po’ meno convinti - vista la supremazia della Santa Alleanza Bennati-Milram. Forse provare si può: non necessariamente con la fuga da lontano, ma col colpo di mano... ai meno cinque, ai meno uno, al meno mezzo.

TERZO PER LE INTENZIONI
I feriti continueranno? Per loro queste tappe sono l’unica speranza, sofferenza e recupero commisti in un’ansia di abbandono, in un sogno di ripresa. Le montagne più aspre si ergono nella testa e nel cuore, e proprio queste dovranno scalare Riccò o Soler domani (speriamo, che partano!) mentre tutti gli altri planeranno verso il mare. Ma sono due grimpeur d’eccezione, forse possiamo crederci.

Gabriele Bugada

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