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LA VECCHIA NUOVA FORZA DI GILBERTO SIMONI

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SPECIALE 86° GIRO D'ITALIA
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***LA VECCHIA NUOVA FORZA
DI GILBERTO SIMONI***














Lo ha detto chiaro: "Corti me lo deve. Mi deve una squadra tutta votata a me". Un Giro d'Italia splendido, vincente ed entusiasmante, specie quel giorno di Faenza che rimane nella memoria dei suiveur più attenti. Adesso Gilberto Simoni deve andare a correre il Tour. Se non per vincerlo, "per dare l'impressione di potercela fare", come ha chiosato il direttore di Rai Sport Paolo Francia allo Stappa la tappa del dopo-Cantù. Simoni ha assentito. Deve andare in Francia per sè e per gli altri. E per sè in quanto non è mai stato così forte e Armstrong, il dominatore della Grand Boucle, mai così in dubbio di competitività alla vigilia di una corsa francese. Per gli altri che adesso si sono innamorati di lui e della sua forza in salita, tanto da dubitare che possa mettere in discussione il primato del texano. Almeno là dove la strada sale. Come dire, hai voluto pedalar forte, adesso devi continuare. E non è che Gibì si sottragga al gioco peraltro. Anzi. Simoni è un uomo nuovo dall'inverno a questa parte. Maturo. Deciso. Passionale. Nel senso che nutre passione vera per la vita e per quello che fa. Sono due gli eventi che hanno probabilmente contributo alla definizione del rilancio morale prima che atletico del trentino. Un rilancio che era già in corso da un paio di stagioni dopo gli anni bui dei tanti lutti famigliari che lo avevano cacciato nel baratro - dove si perde ogni capacità - della depressione. Il primo evento è la nascita della figlia Sofia. Il sentimento che la nascita di un figlio suscita (con i doveri che ne conseguono) spazza compiacimenti o vegetazioni depresse. Gibo è più vivo sia come corridore sia come uomo. Tant'è che la gente non pensa più sia antipatico, non pensa più sia un po' timido (non che questo sia un peccato, comunque). Alla presentazione delle ventuno squadre del Giro, a Lecce, Andrea Mingardi che presentava la serata si stupì, conosciuto Simoni, che gli autori della trasmissione gli avessero annotato che Gibì fosse un uomo sulle sue, chiuso. Il fatto è che Gibo è stato quel genere di uomo. Senza esserlo in effetti. Lo è diventato a seguito degli accidenti che gli sono capitati. Ma laddove il dato personale non sia caratteristica è invece condizione e la condizione è modificabile. Si era modificata una prima volta (in peggio) e si è modificata una seconda (in meglio) quella del ragazzo, anzi dell’uomo, di Palù di Giovo. Oggi Claudio Corti, suo team manager alla Saeco, può dire: "Gilberto dà sempre risposte centrate, è spigliato, insomma: ha creato un personaggio-Simoni che piace alla gente". Come può piacere un uomo intelligente e modesto. E che in bici va forte. Quale è sempre stato. Il secondo evento è il fallimento del tentativo 2002 di vincere il Giro. A causa della esclusione dalla corsa dopo la scoperta della positività alla cocaina, che sarebbe poi stata giustificata con l'assunzione di una caramella sudamericana (portata in Italia dalla zia) che quella contiene. Sia la giustizia sportiva sia quella civile gli avrebbero dato ragione. Dunque Gibì è scagionato. Ma restava quel Giro chiuso anzitempo e per fattori estranei alla propria responsabilità. Così che non poteva rammaricarsi. Salva la sua idea di sè. Quella vittoria mancata gli ha negato la soddisfazione e consentito ulteriori stimoli proprio nei mesi della nascita della bambina. Ne è conseguita la maturazione di una passione, vera, vero attaccamento, desiderio di fruizione, di consumazione, di un oggetto che in questo caso è il ciclismo e nel ciclismo il Giro d'Italia. La passione che gli aveva fatto produrre quella splendida preparazione. La passione per la quale all'arrivo in vetta al Terminillo, dove non aveva saputo staccare Garzelli contro le sue previsioni, quasi lo aveva mandato in lacrime. La passione che lo aveva mandato all'attacco, proprio come stimolo a compiersi in quanto passione per il ciclismo e a prendere la maglia, quello splendido giorno di Faenza che diventa il giorno di Simoni, il giorno in cui si lancia all'attacco lui che è secondo ed è atteso dalle sue montagne e sta correndo una frazione appenninica con venti chilometri di pianura dopo l'ultima asperità, in cui va all'attacco e conquista la maglia, e alla fine piange, forse di gioia, più precisamente per commozione di sè, sia della delusione provata quando gli era stato erroneamente comunicato che per due secondi Garzelli aveva tenuto la rosa, sia della sua bellissima passione, sia delle capacità che finalmente, Gibì, fuori dalla depressione da un paio di anni ma ancora frenato, e poi rilanciato dai due eventi di cui abbiamo detto, era riuscito ad esprimere. E a compiere. Così da suscitare quei bei sentimenti di affetto nella gente. Affetto, e stima. Che possa essere competitivo anche alla Boucle. Simoni non abbozza, parla chiaro, e condivide. Solo, a una condizione: che la Saeco gli costruisca una squadra competitiva attorno. Che vuol dire? "Che Corti mi affianchi il meglio di quanto abbiamo in squadra, nella rosa", spiega Gilberto. E dunque il grosso del gruppo che lo ha sostenuto al Giro, con un Sabaliauskas magari rinfrancato dopo la caduta giusto nel giorno di Faenza, nel giorno di Simoni, l'incidente in discesa che ha coinvolto Pantani e che ha ridimensionato lui, Saba, che era stato il più efficace dei compagni di Gibì anche nelle corse prima del via di Lecce, sempre al suo fianco, il che vuol dire che andava davvero molto forte. Chiede Silvio Martinello: "Vuol dire che la squadra deve lasciare a casa Quaranta, il velocista?". Simoni risponde sincero, sì, anche se è evidente che gli dispiace. D'altronde, fa per ripensarci poi: "Io non sarò il faro della corsa in Francia, il faro del Tour è Armstrong, e quindi la US Postal". E Quaranta potrebbe infilare qualche successo. Sostiene Gibo (in silenzio): non vorrei indurvi a scegliere una strategia che, a meno che io non riesca a battere Lance, è - in termini di riscontro di vittorie - sconveniente. Del resto, vittorie sì, ma quel che conta è la capacità di agitare i sogni della gente. E per quello c'è da scommettere che Simoni vincerà. Non serve arrivare primi. Basta potercela fare.


Matteo Patrone
mpatrone@libero.it

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