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CONTADOR - IL RITRATTO
CHI E' L'UOMO CHE HA SPARATO SUL GIRO?

Un campione schivo e silente. Parla poco Alberto Contador e lascia che siano i risultati ad esprimere il suo stato d'animo. Dal 2004, l'anno della scoperta di un aneurisma al cervello, ad oggi la carriera del madrileno ha vissuto un crescendo rossiniano culminato con i successi sulle strade del Tour e del Giro in soli 10 mesi. Ora che viene considerato ospite indesiderato dalla Grande Boucle, la sua Spagna lo reclama. La Vuelta invoca un nuovo colpo del pistolero...

di Federico PETRONI

Spara, Alberto Contador. Si batte il petto col pugno. Esulta, sul traguardo di Milano. È da solo. Come se, memore delle imprese degli eroi in bianco e nero, avesse staccato tutti sul Ghisallo, involandosi verso la Madonnina. Non ha vinto la tappa, è il sipario a cronometro del Giro d´Italia e il madrileno è l´ultimo a varcare la linea bianca, fiero del suo trionfo in rosa. Lontano dal calore del tifo iberico accorso in Viale Venezia, Alberto non si lascia andare a isterismi da vittoria. Non è freddo distacco, non può essere. Le sue dichiarazioni sono lettere d´amore per la terra italica, madre accogliente e focosa compagna. Tale pacatezza affonda nella sua riflessività. Il profondo sguardo nocciola, inasprito da sopracciglia grosse come sigari, tradisce una saggezza di vita vissuta.

Quattro anni fa, ha guardato la morte in faccia. È stato al suo cospetto per qualche ora, giorno, settimana. Ci ha convissuto. Alle Vuelta delle Asturie del 2004, una brutta caduta nella prima tappa. Convulsioni. Ricovero d´urgenza. La scoperta di un aneurisma al cervello. Dice: "Di quei giorni ricordo un terribile mal di testa, come se mi stesse sanguinando un´arteria nel capo." E infatti un coagulo di sangue rischiava di esplodere da un momento all´altro. L´operazione andò bene e il 22enne Alberto poté tornare alla vita di tutti i giorni, per la gioia della famiglia, di stanza a Pinto, quartiere dormitorio di Madrid, quattro figli a carico, uno dei quali, Raul, afflitto da una paralisi cerebrale. Simili esperienze segnano il carattere di una persona, specie se già sensibile alle piccole cose della natura, lui che da piccolo curava gli animali.

Non stupitevi dunque se la sua gioia è solo interiore, comunque palesata dal sorriso da perfetto testimonial di una marca di dentifricio. A maggior ragione se la seconda vittoria in un Grande Giro nell´arco di dieci mesi giunge inaspettata. Contador sembra benedetto dagli dei del ciclismo. È un purosangue, un predestinato. Ha vinto soffrendo. Ha vinto gestendo i momenti di difficoltà con la testa del freddo calcolatore. Ha vinto nascondendosi, ora gatto, ora topo. Ha vinto a cronometro, cartina tornasole dei valori in campo. C´è chi rinnega la teoria della spiaggia (che il corridore si trovasse al mare a sette giorni dalla partenza), adducendo come prova la sublime cavalcata nella crono di Urbino, chiusa a 8" da Bruseghin, squilla di guerra quando non già lugubre rintocco per i rivali. C´è chi storce il naso di fronte a simili prestazioni contro il tempo, inusuali per un fisico come il suo. Ci si dimentica della costanza di Contador. Classe ´82, nel 2003, primo anno da professionista, già coglieva un successo: semitappa a crono del Giro di Polonia, sui Carpazi. Non lunghissima, ma con un tratto in forte pendenza. Nel 2005, riabilitatosi dalla pericolosa operazione al cervello, vinceva la crono dei Paesi Baschi e, in quella della Settimana Catalana, si assicurava il primato nella classifica generale.

Contador odia i paragoni. Umile, serio, piedi per terra sa bene che l´accostamento ai campioni tarpa le ali alle giovani promesse. Qualcuno ha scorto in lui la capacità di tenere sotto chiave la corsa di Indurain e di Armstrong: controllo senza spettacolo. Niente di più sbagliato. "Il modo in cui corro al Giro non corrisponde al mio stile abituale.", ha ricordato qualche giorno fa. "Non vi scordate che sono venuto in Italia senza preparazione specifica: ho dovuto correre sulla difensiva." Ha vinto nel Giro dei tatticismi e della regolarità, nel quale una prima settimana più cattiva l´avrebbe disarcionato. È parso in affanno sotto sferzate multilaterali, forte del vantaggio a crono, prive di un vero faro, quando in verità l´unico faro era proprio lui, il matador. Alle falde dei Monti Pallidi, la sua abbronzatura ha rischiato di scolorirsi: Pampeago e Marmolada lo hanno scrutato mentre cercava di non affondare. Qual è il suo stile abituale, allora?

La sensazione, gustosa per chi lo ammira e terribile per chi lo affronta, è di non avere ancora visto il vero Contador. Almeno non nel Tour e nel Giro vinti, capitati quasi per caso. Possiede lo scatto bruciante del pistolero sugli strappi. Tre vittorie in terra elvetica (Romandia: Les Paccots 2005 e Leysin 2006; Svizzera: Ambri 2006) fanno primavera, a braccetto con i folgoranti successi nelle brevi corse a tappe di casa (Paesi Baschi e Vuelta Castilla y Leon). Il potenziale a crono e la tenuta nella terza settimana (dimostrata al Giro) aiutano a comporre il quadro di un corridore unico nel suo genere. Contador ha però margini di miglioramento, specie, anzi, esclusivamente in salita. Non è un vero scalatore, come suggerirebbe il fisico, capace di sviluppare lunghi rapporti anche su aspre pendenze. Fa dell´agilità la chiave di volta del suo approccio alle salite. Quando è in piedi sui pedali, zampetta leggero, balla una strana danza: il ballo del potere. Dovrebbe focalizzare maggiormente le lunghe maratone sulle montagne. Sull´Aubisque (Tour 2007) incassò 35" in un chilometro da Rasmussen. Avrà tutta la prossima Vuelta per battere il chiodo.

Per onor di cronaca, e per battezzare anche questo talento naturale nel fiume del realismo, dobbiamo ricordare il suo coinvolgimento nell´Operacion Puerto, il Watergate del ciclismo. Scopritore, mentore, "secondo padre" (ipse dixit), è stato Manolo Saiz (tocchiamo ferro), il direttore sportivo complice delle "terapie" del dottor Fuentes. Inizialmente citato nelle carte dell´inchiesta ed escluso dal Tour 2006, l´allora 24enne corridore scrisse un´accorata lettera agli appassionati, invocando totale innocenza. I primi accertamenti delle autorità spagnole e l´interessamento dell´Unione Ciclistica Internazionale testimoniarono la sua estraneità dai fatti. Stupisce la rapidità (sette giorni) con la quale un´istituzione non certo trasparente come l´UCI abbia scagionato il giovane. Ma qui entriamo nel campo della chiaroveggenza. Per ora ci accontentiamo della parola di Contador e della versione ufficiale.

Quale valenza può avere la vittoria di Contador al Giro d´Italia? Enorme. L´iberico può essere il meteorite che sconvolge il mondo del ciclismo. La ventata di fresca internazionalità portata dall´Astana alla corsa rosa ne rilancerà l´immagine, impreziosendo il campo partenti in vista del prossimo centenario. Da parte mia, credo alla teoria della spiaggia, partendo dal presupposto che si stesse comunque allenando, tre-quattro ore al giorno, anche se con poca intensità. La sua condizione ha vissuto un turbinoso crescendo rossiniano, tanto da vincere senza la preparazione che un capo come Bruyneel pretende per le corse a tappe. Come prendere nove studiando la sera prima. Come Armstrong ha spinto tante mezze tacche a focalizzare un solo obiettivo a stagione, il sulfureo talento madrileno può riportare il ciclismo ad una dimensione più annuale. Il colpo può quindi spronarlo, in futuro, a tornare sulle strade del Giro, non per allenarsi in vista della Grande Boucle ma per tentare l´impresa degli eroi, la magica doppietta. Ci sono riusciti Pantani, Indurain, Roche, Hinault, Merckx, Anquetil e Coppi. I più grandi. Il pistolero gentile che sussurrava alle colombe medita forse già grandi bersagli.

Federico Petroni

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