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Il murciano resiste agli scatti di Evans sulla Cote de Saint-Bernard-du-Touvet, inspiegabilmente aiutato da un Contador in veste di suo gregario, e conquista il Giro del Delfinato per il secondo anno consecutivo. L’ultima tappa, Faverges – Grenoble di 146 km, va all’olandese Stef Clement, che precede in uno sprint a tre l’americano Duggan e il francese Joly.

:nella foto AFP, Valverde in giallo sul podio di Grenoble, il più prestigioso del Criterum del Delfinato

Che Cadel Evans, malgrado l’infruttuosa raffica di scatti di ieri sull’ascesa finale di Saint-François-Longchamp, non si sarebbe arreso prima di averci riprovato sull’ultima vera salita di questo Giro del Delfinato, la breve ma terribile Cote de Saint-Bernard-du-Touvet, era decisamente facile da prevedere. Che Valverde, dopo aver tenuto duro ieri, in una tappa che prima dell’erta conclusiva prevedeva il Galibier e la Croix-de-Fer, non sarebbe crollato su un’ascesa sì dura, ma che era l’unica di giornata, era altrettanto pronosticabile. Quello che però francamente non ci saremmo mai aspettati era che, per conquistare il secondo Delfinato consecutivo, Valverde avrebbe potuto contare sull’aiuto di un gregario tanto inatteso quanto di lusso: Alberto Contador.
Il madrileno, la cui condotta di gara aveva destato già ieri qualche perplessità, dal momento che non aveva mai attaccato Valverde ma si era limitato a chiudere sui ripetuti allunghi di Evans, oggi ha idealmente vestito la maglia Caisse d’Epargne, che nella prossima stagione rischia di portare realmente, pilotando ancora il capoclassifica alla ruota dell’australiano, anche oggi indomabile, ad ogni tentativo di quest’ultimo. L’alleanza, già evidente, è diventata conclamata subito dopo il GPM, posto a 27 km dal traguardo, quando la maglia gialla ha ringraziato il 3° della generale per la preziosa collaborazione con una pacca sulla spalla. Non crediamo che il Delfinato avrebbe alla fine avuto un padrone diverso se Contador avesse corso per sé, lasciando che fosse il primo in classifica ad inseguire il secondo, come la logica vorrebbe, perché Valverde, anche oggi, non ha mai concesso un metro a Evans, rispondendo agli allunghi ripetuti e reiterati del capitano della Silence – Lotto con apparente facilità. Tuttavia, se Evans aveva un 5% di possibilità di riprendersi il simbolo del primato tra ieri e oggi, questo barlume di speranza è stato spento dall’alleanza tra i due spagnoli.
Non è la prima volta che tra due corridori, anche tra due pretendenti al successo finale, si instaura un patto, e non sarà l’ultima. Chi non ricorda il sodalizio tra Coppi e Magni verso San Pellegrino, Giro del 1955, grazie alla quale il Leone delle Fiandre scippò della rosea Gastone Nencini? Tuttavia, Contador non ha tratto granchè da questa alleanza, i cui vantaggi paiono piuttosto unilaterali: Valverde ha vinto il Delfinato, Contador è arrivato 3°, obiettivamente il minimo sindacale per lui; Valverde non ha vinto tappe ma ha deliberatamente rinunciato a quella del Mont Ventoux, Contador non è mai neppure andato vicino a vincerne una; Contador aveva scarsissime possibilità di vincere questo Delfinato, date le condizioni di forma di chi lo ha preceduto, ma correndo in questa maniera ha rinunciato anche alle poche che aveva. Volando (ma nemmeno troppo) con la fantasia, possiamo collegare le voci d’un futuro passaggio del madrileno alla corte di Echavarri con l’odierna intervista McQuaid, nella quale il presidente dell’UCI ventila difficoltà per l’Astana (tali da escluderla dal Tour?). O ancora potremmo legare l’assenza di Valverde dalla Grande Boucle alla necessità, per l’Astana, di trovarsi alleati quando luglio si tingerà di giallo.
A margine della lotta per la vittoria finale di questo Delfinato, ha avuto luogo una forse meno interessante ma certamente più tirata battaglia per il successo parziale. Il discorso vittoria di tappa si è acceso, come facilmente prevedibile, sulla Cote de Saint-Bernard-du-Touvet, quando il numerosissimo gruppo di ventotto corridori evaso nelle prime fasi di gara, ha iniziato a perdere pezzi sotto i colpi di Diachenko, Velits e Hansen. Proprio quest’ultimo, australiano della Columbia – Highroad, è stato il primo a fare davvero la differenza, restando solo al comando per qualche centinaio di metri prima di essere raggiunto e staccato da Duggan, americano in forza alla Garmin, a sua volta ripreso poi in vista del GPM da Stef Clement.
Malgrado il discreto accordo tra i due, Sébastien Joly è stato in grado di riportarsi su di loro, recuperando in perfetta solitudine un distacco non ben precisato (a causa della solita inqualificabile regia francese, su cui comunque non abbiamo intenzione di soffermarci di nuovo). Proprio il francese della Française-de-Jeux, in vista della flamme rouge dell’ultimo chilometro, è scattato secco, guadagnando in un amen una cinquantina di metri sui compagni d’avventura. A negare il successo a Joly è però arrivata un’azione all’apparenza suicida di Clement, che a 800 metri dall’arrivo si è messo al suo inseguimento senza neppure chiedere un cambio a Duggan. Ripreso Joly a 200 metri dalla linea bianca, sembrava scontato il sorpasso dello yankee ai danni del corridore della Rabobank, che è invece stato incredibilmente in grado di spegnere sul nascere il tentativo di rimonta dell’uomo Garmin, costretto a rimettersi alla ruota dell’avversario non appena ha provato ad uscire dalla sua scia. Il gruppo, che, dopo aver toccato, all’ennesimo allungo di Evans, un minimo di cinque unità (lo stesso Evans, Contador, Valverde e gli eccellenti Nibali e Gesink), ha poi visto il rientro di tutti gli uomini di classifica in vista del GPM o immediatamente dopo, è giunto compatto a poco più di 2’ di ritardo.
Con la vittoria di Clement, noto per le sue doti di cronoman (due volte campione nazionale olandese della specialità e terzo nella prova contro il tempo iridata di Stoccarda nel 2007) più che per quelle di cacciatore di tappe, si è chiuso un Giro del Delfinato che, malgrado le perplessità sul lavoro di gregariato gentilmente offerto da Contador ad Alejandro Valverde, che così poco ci è piaciuto, ci sentiamo di promuovere a pieni voti: grande percorso, grandi nomi al via, tutto sommato un bello spettacolo nelle tappe di montagna, tranne forse nella tappa di Briançon, con l’Izoard affrontato a ritmo non turistico ma neppure forsennato, e soprattutto l’impressione che i big fossero qui non solo per preparare il Tour, ma anche per portarsi a casa la maglia gialla meno nobile (Evans è forse addirittura troppo in forma). Sempre restando nel campo delle impressioni, che ovviamente, in quanto tali, vanno prese con le molle, la nostra è stata che abbia vinto, con merito, un corridore molto forte, ma forse non il più forte in assoluto. Evans è andato meglio di Valverde a cronometro, e non è parso inferiore in salita. L’australiano, però, come spesso gli è accaduto in carriera, ha pagato una giornata, se non di crisi, quanto meno di flessione, ossia quella del Mont Ventoux, in cui ha reso oltre 2’ a Valverde. Guardando nel giardino italiano, le note più positive sono venute dalla vittoria di Furlan a Digione e dall’ottima prova di Vincenzo Nibali, alla fine 7° in classifica generale, molto costante a cronometro e in salita, anche se senza picchi di eccellenza.
In conclusione, si può senz’altro affermare che questo Delfinato è stato un più che degno anticipo di Tour de France. Semmai, la domanda che si ci dovrebbe porre, è se il Tour de France sarà un degno seguito di questo Delfinato.

Matteo Novarini

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