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L'APPROFONDIMENTO
IL GIORNO DELLA 'PRIMA VOLTA' SUL FEDAIA

Oggi come ieri giudice supremo. Era il 1969. Anzi, il 1970. Il Patron del Giro, Torriani, dopo aver portato il Giro sullo Stelvio nel '53 e sul Gavia nel '60 era intenzionato a far rotta verso il Fedaia. Ma il primo approccio, tra squalifiche illustri, maltempo e malumori fu un vero e proprio disastro. Ci si rifece allora 12 mesi più tardi: Zilioli, intenzionato a cancellare lo smacco subito un anno prima, ci prova da lontano ma a spuntarla è la maglia ciclamino di Dancelli. Il ricordo della prima volta, accarezzata e poi vissuta, sul mostro Dolomitico curato da Mario Silvano.

di Mario SILVANO


Tra le funzioni “storiche” del Giro d’Italia c’è anche – almeno dall’avvento della televisione - quella di far conoscere le bellezze del nostro Paese.
Anche ai nostri giorni, nell’era del web e delle vacanze last-minute, il percorso del Giro ci riserva continue sorprese, assicurando in tal modo una continuità con il passato.
In questa attività di scoperta, Vincenzo Torriani era un maestro, specie per quanto riguarda le salite. Aveva portato il Giro sullo Stelvio nel 53, poi sul Gavia nel 60. In quegli anni non mancavano le novità, e i luoghi che erano conosciuti solo per essere stati visti sui sussidiari scolastici, sugli inserti de “Il Corriere dei Piccoli”o - al massimo – sui rotocalchi o su una delle prime enciclopedie illustrate, venivano resi fruibili al grande pubblico.
Tre Cime di Lavaredo, Monte Grappa, Blockhaus: Torriani era un vaso di Pandora praticamente inesauribile, dispensatore di novità ad ogni piè sospinto.

Per il Giro del 1969 l’organizzatore del Giro aveva estratto dal cappello a cilindro un nuovo arrivo in salita.
Quell’anno, infatti, il Giro sarebbe arrivato sulla Marmolada: a Malga Ciapela, per l’esattezza, in prossimità della stazione di partenza della funivia che sarebbe stata inaugurata da lì a poco.
Un altro inedito arrivo in salita, dunque, ai piedi della famosa montagna delle Dolomiti, che faceva battere il cuore a molti reduci della Grande Guerra.
Era la tappa regina di quel Giro; la Trento- Marmolada, di 230 chilometri, che prevedeva ben cinque passi (Rolle, Valles, Duran, Forcella Staulanza, Colle di Santa Lucia) prima dell’inedita conclusione.
Ed era un tracciato che aveva già subito una prima modifica rispetto alla presentazione: negli intendimenti dell’organizzazione, infatti, sarebbero stati il Duran, la Forcella Staulanza, il Giau (Cima Coppi) ed il Falzarego a fare da antipasto alla salita finale. Un cambiamento della vigilia che non sminuiva il valore della frazione ma che costituiva quasi un presagio di quello che sarebbe accaduto.
Avremmo assistito - era facile prevederlo - ad una battaglia tra Eddy Merckx ed i migliori degli azzurri.
Il belga, poi, venne escluso dal Giro dopo l’arrivo di Savona, perché trovato positivo al controllo antidoping. In quei giorni non si discuteva d’altro e anche la vicenda agonistica del Giro sembrava fosse passata in secondo piano rispetto a quella clamorosa vicenda.
La maglia rosa passò a Gimondi, e da quel giorno la lotta per il primato divenne un affare tra i nostri portacolori.

La tappa della Marmolada prometteva comunque bene, anche perché era stata preceduta da un’altra frazione difficile, la San Pellegrino- Folgaria, di 218 km. Sull’inedita ascesa di Cima Polsa, allora sterrata, Michele Dancelli tentò la fuga da lontano, accumulando un vantaggio di oltre quattro minuti. Poi, sull’ultima salita, ebbe una crisi di fame e saltò. Si impose Italo Zilioli che, a quel punto, era il più accreditato rivale di Gimondi e che, dopo la bella prova di quel giorno, nutriva speranze rosa: sarebbe stata quella, la volta buona, per scrollarsi di dosso l’imbarazzante etichetta di eterno secondo?
La Marmolada avrebbe definito le gerarchie e, con ogni probabilità, avrebbe delineato quella che sarebbe stata la classifica finale del Giro.

Ed è un attesa nervosa, quella che precede la tappa regina del cinquantaduesimo Giro d’Italia.
Non solo il caso Merckx occupa le prime pagine dei giornali, con le polemiche non ancora sopite
Zilioli, infatti, riceve telegrammi e lettere minatorie, che lo “invitano“ a non assumere iniziative. “Attenzione alla fine del povero Eddy, perché Felice deve vincere” e, ancora, “Lo straniero lo abbiamo eliminato. Ora chi attacca Felice avrà guai ben più seri”, sono i contenuti delle missive ricevute da Italo. Conoscendo il suo carattere c’è da immaginare che non sia rimasto del tutto indifferente.

Piove e fa freddo, a Trento, al raduno di partenza, e le notizie meteo non lasciano ben sperare. Torriani comunica che sta nevicando sul Rolle e sul Valles e che si sarebbe riservato la decisione di proporre un percorso alternativo .
Il gruppo parte di malavoglia sotto una pioggia gelida e il malumore serpeggia, anche perché vi è incertezza su quello che potrà capitare. L’organizzatore del Giro temporeggia: c’è maltempo, è vero, ma sui passi c’è molta gente e spera fino all’ultimo minuto di poter far transitare la carovana sul percorso previsto, regalando agli appassionati un’altra giornata leggendaria.
Lascia addirittura la carovana e va in prima persona a controllare la situazione.
Parlottano in gruppo, i corridori, ripensando alle giornate terribili sulle Tre Cime di Lavaredo nei due anni predenti. I più anziani ripensano al Giro del 62, a quella tappa del Rolle E’ un chiacchiericcio fitto e, piano piano, si fa strada l’ipotesi del blocco.
Dopo 52 chilometri, a Grigno, un paesino della Valsugana, il gruppo si ferma: il percorso alternativo non è stato ancora ufficializzato e c’è il rischio di pedalare nella tormenta.
Non si saprà mai chi prese l’iniziativa di quella clamorosa decisione: c’è chi parla di Bitossi e Dancelli e, in effetti, è proprio quest’ultimo, in compagnia di Marino Basso, tra i primi a cercare il conforto di una camera calda. .
Michelotti informa Torriani il quale, poco dopo, comunica il percorso alternativo: da Fiera di Primiero la corsa sarebbe stata deviata per il Passo Cereda e Forcella Aurine per poi raggiungere Caprile e, da lì, risalire per la Val Pettorina sino a Malga Ciapela.

Dura trentadue lunghissimi minuti lo stop volontario dei corridori che riprendono, ad andatura cicloturistica, la tappa.
Ma ormai mancano le condizioni per proseguire. Anche la proposta – forse tardiva - del percorso alternativo è comunque vanificata dall’ulteriore peggioramento delle condizioni atmosferiche. L’organizzazione, a quel punto, decide: i corridori proseguiranno sino a Fiera di Primiero e lì si fermeranno. Poco dopo sarebbe giunta la notizia di una frana - sul Passo Cereda - che avrebbe reso comunque impossibile il transito della carovana.
Tappa annullata e neutralizzata, dunque, e iniziano le polemiche.

Alcuni d.s. sono furenti: il più inviperito è Valdemaro Bartolozzi, della Filotex. Aveva progettato di attaccare Gimondi e quello stop inatteso impedisce a Zilioli di cullare speranze di vittoria.
Ma anche Giorgio Albani è critico: ai suoi tempi, dice, si sarebbe proseguito lo stesso..
E Nencini ,d.s. della Max Meyer ,non nasconde il suo disappunto: aveva Claudio Michelotto pronto alla battaglia e per colpa di ” gente che ha le gambe molli”, deve rinunciare ai suoi progetti. Non è da meno il patron Sanson, il quale aveva ordinato ai suoi corridori di andare comunque avanti.
Torriani viene messo in croce: il percorso alternativo doveva essere previsto prima e, comunque, si poteva raggiungere Malga Ciapela dal fondovalle.
I tifosi, poi, sono adirati: Luciano Pezzi è insultato e, quando la notizia arriva sui passi, il popolo del ciclismo si sente tradito.
E i corridori, accusati da più parti, che dicono? Alcuni erano per andare avanti: come Taccone, per esempio, o come Adorni, che definisce “pecoroni “ i suoi colleghi. Altri, invece ringraziano Torriani per la saggia decisione. Silvano Schiavon piange, perché sulla Marmolada ci voleva andare e avrebbe provato a farla sua.
Gimondi, in maglia rosa, poteva fare qualcosa? “Quando tutti si fermano” commenta il campione di Sedrina” che si può fare?” L’indomani chiederà scusa e comprensione ai tifosi, ammettendo che loro, i ciclisti, avevano preso una decisone “un po’ sbagliata”.
Qualcuno parla addirittura di viltà dei corridori, di un clima da “8 settembre”: non lo si dice espressamente, ma nei pensieri di molti Torriani viene paragonato a Badoglio, avendo lasciato i corridori senza una guida sicura.

Non si arriverà sulla Marmolada, quindi,ma l’appuntamento è solo rinviato perché Vincenzo Torriani non è tipo da arrendersi facilmente: il Giro deve andare sulla Regina delle Dolomiti, e ci andrà.
Lo stesso giorno, un anno dopo, per scacciare i fantasmi di una prima volta che non c’è stata.

La determinazione di Torriani è premiata: il 5 giugno del ‘70 è una bella giornata, quando i corridori si presentano alla partenza da Arta Terme.
C’è anche Merckx, stavolta, e il percorso di 180 chilometri prevede il passaggio sui passi Mauria, Forcella Cibiana e Forcella Staulanza, prima dell’arrivo ai 1450 metri di Malga Ciapela.
E’ la terz’ultima tappa del Giro: Eddy veste il simbolo del primato in classifica, con un vantaggio di 2’41” sul danese Ole Ritter e di 2'52 su Gimondi. Non è stato un Giro particolarmente duro, e il belga sembra avere la vittoria in tasca .
Potrebbe strasene tranquillo, Eddy, ed invece va all’attacco all’inizio tappa, sulla salita di Sella Valcalda., inseguito da Ritter e da Felice. In vetta hanno 55” di vantaggio, poi i tre fuggitivi vengono ripresi.
Verso il Passo della Mauria scatta Rosolen , seguito da Zilioli, Frisato, Francioni e dallo spagnolo Ponton. Italo è compagno di squadra di Merckx : probabilmente- si pensa- gli è stata data via libera per la vittoria di tappa, una sorta di risarcimento per l’opportunità svanita l’anno precedente. Strada facendo, tuttavia, il vantaggio di Zilioli aumenta: è di 3'30 in vetta al Mauria e ,sul Cibiana, arriva a toccare i 5’40”. Solo lo spagnolo Ponton è rimasto con il torinese che, a quel punto, si trova ad essere maglia rosa virtuale.
Gimondi non può restare inattivo e sulla Forcella Staulanza passa al contrattacco: Merckx lo agguanta ma non collabora Il vantaggio di Zilioli , ormai solo là davanti, si è ridotto a 1’30, ma prosegue verso una vittoria di tappa prestigiosa.

Sulle rampe di Malga Ciapela, invece, il filiforme torinese si pianta. È in fuga da quasi 140 chilometri e la fatica si fa sentire . Quando mancano quattro chilometri al traguardo, arrivano in sei alle sue spalle. Oltre a Merckx, ci sono Gimondi, Bitossi, Dancelli, Vandenbossche e Gosta Petterson.
Michele Dancelli – in gran spolvero, quell’anno- scatta ai cinquecento metri e fa il vuoto.
E’ sua la Marmolada: arriva a braccia alzate ed è una vittoria - la quarta in quel Giro - per distacco.
Bitossi arriva a tredici secondi, Vandenbossche a 15, e con lui Eddy Merckx. Gimondi è quinto a trentasette secondi, Zilioli a 40, lo svedese Petterson a poco più di un minuto. Sono loro l’elite del Giro, ed è un abisso quello che hanno scavato con gli altri. Ugo Colombo, ottavo, arriva a poco meno di otto minuti e con lui è Ole Ritter , che scende definitivamente dal podio.
E’ raggiante Dancelli, che riconquista la maglia ciclamino, ma non mancano le polemiche tra gli italiani.
Il bresciano è accusato di essere stato spinto dal suo compagno Vandenbossche ed entrambi sono accusati di avere favorito il rientro di Merckx, per contenere il distacco di Zilioli
Gimondi accusa i connazionali di aver corso contro di lui e, secondo Adorni, Merckx avrebbe potuto addirittura perdere il Giro, se solo Zilioli avesse mantenuto il vantaggio accumulato.
Italo è rammaricato ma è onesto, come sempre: non ci ha creduto fino in fondo e se ha perso e solo colpa sua. Però ci teneva a quella vittoria: non riesce a trattenere le lacrime ed è il suo capitano a consolarlo, abbracciandolo dopo l’arrivo. Peccato, perché a Zilioli quella tappa annullata l’anno precedente gli era rimasta nel cuore: era addirittura andato a vedere la salita finale, in quei giorni del 69, col proposito di rifarsi.

Tra lacrime e polemiche, la scommessa di Torriani è vinta. Il Giro è arrivato sulla Marmolada, ai piedi della grande montagna.
Resterà l’unico arrivo nella storia del Giro, quello di Malga Ciapela.
La prossima volta la carovana non si sarebbe fermata davanti alla stazione della funivia, ma avrebbe proseguito per arrivare lassù al Fedaia Il marchigiano Polidori avrebbe avuto l’onore, nel 1975, di scollinare per primo e, dopo di lui, altri campioni avrebbero conosciuto la durezza di quelle rampe
Solo allora avremmo scoperto che la “vera” Marmolada iniziava proprio da Malga Ciapela e che Torriani – da grande comunicatore qual’era , ci aveva giocato uno scherzo.

Dopo quasi trent’anni il Giro arriva davvero sulla Marmolada e lo aspetteremo con lo stesso entusiasmo e la stessa curiosità di quella prima volta.
Ci sarà battaglia tra i big della classifica e chissà quanta gente accompagnerà i corridori su quei drittoni infiniti!
Per noi, ragazzi degli anni ‘50, si rinnoverà un ‘emozione che - a distanza di tanti lustri - non abbiamo ancora dimenticato.
E sarà – ne siamo certi - proprio come allora, quando Michele Dancelli, in un pomeriggio di inizio giugno, sbucò dai Serrai di Sottoguda in splendida solitudine e acciuffò una delle più belle vittorie della sua carriera.
All’ombra della Marmolada, la Regina delle Dolomiti.

Mario Silvano

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