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IL GIRO DI CENT'ANNI FA di M. Facoltosi
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LA NASCITA

6 AGOSTO 1908: NASCE IL GIRO D’ITALIA

In occasione del centenario della corsa rosa, Mauro Facoltosi ci racconterà l’avventurosa storia della prima edizione del Giro, disputata nel maggio del 1909. Le radici della manifestazione furono però piantate quasi un anno prima: la prima puntata ci porterà a scoprire come, nella calda estate del 1908, si arrivò alla decisione di istituire il Giro, “rubando” l’idea al Corriere della Sera. La genesi non si rivelerà facile sul piano finanziario, mentre meno problematico sarà reperire risorse “umane”, grazie all’iscrizione di ben 166 corridori.

C’era una volta una spia.
Inizia come una favola la storia del Giro d’Italia. Ma c’è quell’apparentemente brutto termine, “spia”, a riportarci saldamente coi piedi per terra, a quella che non è una favola, ma una bellissima realtà, quella corsa rosa che nel 2009 festeggerà solennemente il suo centesimo compleanno.
Ha un nome quella benevola spia: è Angelo Gatti, fondatore e comproprietario dell’Atala, la famosa azienda di biciclette. In una calda giornata dell’agosto del 1908, venuto a sapere che il Corriere della Sera era seriamente intenzionato a lanciare un Giro d’Italia in bicicletta - sulla falsariga di quanto accadeva in Francia già da un quinquennio e cavalcando l’onda di una precedente manifestazione automobilistica, che il quotidiano milanese organizzava dal 1901 – il Gatti telegrafò la notizia all’amico Tullio Morgagni, caporedattore ed uno dei soci amministratori della Gazzetta dello Sport, che già da tre anni era impegnata in campo organizzativo con il Giro di Lombardia e da uno con la Milano - Sanremo.
Il Morgagni non perse tempo e inviò subito un telegramma agli altri soci, Armando Cougnet (caporedattore della sezione ciclismo) ed Eugenio Camillo Costamagna (direttore): “Improrogabili necessità obbligano Gazzetta lanciare subito Giro Italia. Ritorna Milano. Tulio”.
Era il 5 agosto. In quel momento i due soci si trovavano fuori Milano, il primo a Venezia per lavoro, il secondo a godersi le ferie nel fresco della natia San Michele Mondovì.
Interrotte sull’istante le loro attività, il giorno successivo si svolse la riunione decisiva, al civico 2 di Via della Signora, l’allora sede della “rosea”. Si stabilì in quattro e quattrotto di organizzare la corsa e di darne notizia sulla prima edizione utile del giornale, che all’epoca aveva cadenza bisettimanale. Già ventiquattrore dopo, venerdì 7 agosto 1908, l’Italia seppe che l’anno successivo si sarebbe disputata la prima edizione del Giro.
Il Corriere fu così battuto sul tempo, ma ora bisognava “correre” a recuperare i mezzi necessari affinché quest’avventura potesse compiersi. Sotto l’aspetto organizzativo non c’erano grandissimi problemi poiché Armando Cougnet, in procinto di debuttare come primo direttore del Giro, aveva avuto la possibilità di impratichirsi seguendo “de visu” le edizioni 1906 e 1907 del Tour de France ed organizzando le prime corse promosse dalla Gazzetta. Erano le tasche quelle più difficili da colmare, considerati anche gli stipendi da “fame” che percepivano i tre amministratori (talvolta capitava di non riuscire a saldare i debiti con la tipografia che stampava il quotidiano). In loro aiuto giunse Primo Bongrani, ragioniere presso la Cassa di Risparmio, che consigliò loro di agire come le banche: chiedere agli altri i soldi, dove questi mancavano. Fu lo stesso Bongrani, preso un mese di licenza dal lavoro, a scendere in campo per bussare a tutte le porte possibili. Compresa quella del Corriere della Sera che, da gran signore, offrì le tremila lire che costituiranno il premio massimo, quello destinato al vincitore.
L’ultimo aiuto, necessario per coprire il rimanente buco di 1000 lire, fu fornito in occasione della Sanremo del 1909 dal casinò della cittadina ligure e dall’ingegner Sghirla, che in passato aveva già collaborato con la Gazzetta nell’organizzazione della Milano – Acqui – Sanremo (corsa per vetturette che si rivelò un totale fiasco ma che sarà la scintilla che porterà alla nascita della classicissima).
Nel frattempo si procedette ai primi sopralluoghi, necessari alla costruzione “fisica” del Giro. Si scelse di imitare il Tour de France, proponendo otto tappe non consecutive ma inframmezzate da più giornate di riposo, indispensabili per permettere ai corridori di riprendersi dai disagi di frazioni interminabili, disputate su strade dai fondi squassati e caratterizzate da orari di partenza ed arrivo oggi improponibili. Stabilita la partenza assoluta a Milano, in casa Gazzetta, le sedi di tappa sono individuate in Bologna, Chieti, Napoli, Roma, Firenze, Genova, Torino e Milano, dove il Giro terminerà il 30 maggio. In tutto si dovranno coprire 2448 Km, pari ad un chilometraggio medio di 306 Km! La frazione più lunga sarà proprio quella del debutto - prevista sulla distanza di ben 397 Km – mentre l’ultima sarà la più breve, 209 Km “appena”!
Fatto il Giro, bisogna fare i “girini”. E la caccia non sarà così difficile come quella ai finanziamenti. Le prime iscrizioni giungeranno nella redazione della Gazzetta già nei mesi successivi: il primo a presentarsi fu il bresciano Felice Peli, seguito da altri 165 corridori. 146 sono italiani, mentre tra gli stranieri spicca il nome del francese Lucien Georges Mazan: più famoso con il soprannome di “Petit Breton”, si è imposto nelle ultime due edizioni del Tour ed è noto in Italia per essere stato il primo vincitore della Milano – Sanremo. La notizia della nascita del Giro fa davvero il giro del mondo, perdonateci il gioco di parole, e lo testimonia l’iscrizione di due atleti provenenti da paesi molto lontani, l’argentino Anselmo Ciquito e il russo Iwan Nedela.
Il gran giorno è fissato per giovedì 13 maggio 1909, alle 2.53 della notte. Data l’ora antelucana, il raduno inizia già il giorno prima quando, tra le 13 e le 18, l’Albergo Loreto è teatro delle operazioni di punzonatura. Si presentano solo 128 dei 166 corridori iscritti, anche per il clamoroso forfait dell’Alcyon, una delle formazioni più temute ed agguerrite dell’epoca, la “Mapei” d’inizio secolo, che priva della futura corsa rosa (il colore più bello del mondo era già stato adottato nel 1899 per la carta del giornale, per la maglia bisognerà aspettare fino al 1931) di ben 11 pretendenti di spessore.
Non manca all’appuntamento il pubblico, che si riversa in massa in Corso Buenos Aires, sorprendendo gli stessi organizzatori e i “ghisa” meneghini, costretti a trattenere la folla schierando un vero e proprio esercito tra guardie, vigili e carabinieri (anche a cavallo).
Con l’avvicinarsi dell’ora X aumenta il numero dei tifosi, gran parte dei quali inneggiano a Giovanni Gerbi, l’astigiano “Diavolo Rosso”, forse il più famoso tra gli italiani al via.
Le automobili ufficiali cominciano a scaldare i motori. La prima a muoversi, bardata con bandiere rosse e fasce rosa, è la Züst sulla quale viaggerà il direttore Costamagna – che scriverà gli editoriali dal Giro, firmandoli con lo pseudonimo di “Magno” – accompagnato dall’avvocato Pilade Carozzi, vice presidente dell’UCI e primo italiano a rivestire tale carica. Il pistard Giovanni Tomaselli, due volte campione italiano di velocità, è al volante della “Bianchi” riservata ai rappresentanti delle case ciclistiche in gara. Chiude la carovana delle vetture apripista un’Itala fornita dalla Pirelli per permettere al primo direttore di corsa Armando Cougnet ed ai colleghi giornalisti al seguito di seguire la corsa dal vivo.
Mancano oramai pochi minuti alla partenza. C’è il tempo per un ultimo, breve discorso inaugurale, affidato al cavalier Carlo Cavanenghi, il presidente della UVI (Unione Velocipedista Italiana, “mamma” dell’odierna F.C.I.).
Il prestigioso ruolo di primo gran mossiere spetta al sig. Marley, il re dei cronometristi dell’epoca.
Alle due e cinquantatre l’abbassarsi d’una piccola bandierina rappresenta il levarsi del grande sipario rosa sul palcoscenico del Giro d’Italia.
Buona avventura!

1 – continua

Mauro Facoltosi [info@ilciclismo.it]

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