A TUTTO TOURBO: L’INTERO TOUR IN UN’INTERVISTA

luglio 30, 2010
Categoria: Approfondimenti

Un ciclismo rinverdito, con alla testa un duo di “giovani e forti” che ci farà divertire ancora per molti anni. Il corridore che però colpisce al cuore è della vecchia guardia, il monumentale Vinokourov. In salita, grande Navarro.

Foto copertina: Giuseppe Guerini festeggia, sul traguardo di Le Puy-en-Velay, il secondo successo in carriera al Tour de France (foto Robert Laberge/Getty Images Sport)

Questo Tour dal divano è apparso un poco “noioso”, ma uno che quelle strade le percorreva in corsa ha potuto percepire emozioni diverse?
Non mi sono poi così annoiato, ho apprezzato il duello tra due corridori davvero forti, con qualcosa in più, una marcia in più rispetto a tutti gli altri. Certo, da Contador mi sarei aspettato di meglio in salita, e di Schleck si può dire che abbia perso un’occasione. Tuttavia non userei la parola “deludente”, tutti e due sono giovani o giovanissimi e incredibilmente forti, si sfideranno con distacchi minimi e pertanto ci proporranno duelli vibranti.
Contador si è dimostrato molto solido, ma a più riprese trasparivano i suoi timori e la sua ansia; Schleck invece non ha portato gli affondi sui cedimenti rimasti potenziali dello spagnolo, né ha mai espresso guizzi creativi. Non è forse emersa da parte dei due, sì giovani, ma già campioni, una certa qual mancanza di personalità, di forza di carattere, del “salto io o salta lui” di pantaniana memoria? Cioè determinazione ci vuole per forza, quando si arriva in cima a un Tour: ma oltre alla “tenuta mentale”, non servirebbe a un campione anche un quid di intensità “all’attivo” in più?
No, non sono d’accordo. Contador ha vinto, e quindi non c’è nulla da rimproverargli. Schleck è giovane, ha tutto il tempo. E poi sulle sue sicurezze ha inciso sia dal punto di vista personale, ma soprattutto dal punto di vista tattico, la perdita del fratello Frank. Un uomo in meno in squadra, e un uomo molto importante: difficile ridisegnare in corsa un piano da cui sparisce un pezzo così importante. In pratica, a Andy sono mancati un paio di uomini forti sulle salite; la squadra è stata cruciale nella tappa del pavé, ma per attaccare sulle montagne non basta essere grandi atleti: per fare selezione servono uomini per fare ritmo, per scremare, e poi portare lo scatto al momento opportuno. Sul Tourmalet la Saxo è finita troppo presto, altrove nemmeno è comparsa…
Anche perché dall’altra parte l’Astana si è dimostrata, alla faccia delle valutazioni della vigilia, la compagine più robusta, specialmente in salita… e non solo, grazie a Vinokourov.
Navarro è stato grandioso, ad Avoriaz ha probabilmente messo il mattone più importante per il Tour di Contador, chilometri e chilometri a tutta, col vento in faccia, e ha fatto più selezione lui che gli scattini dei capitani nel finale. Anche Tiralongo ha fatto un discreto Tour. Vinokourov è stato grande sul pavé, poi è salito di condizione fino a stare coi migliori quattro cinque nelle ultime salite; se non avesse mollato sul Tourmalet sarebbe finito nei dieci. Definirei l’Astana come la squadra di gran lunga meglio strutturata.
Non sorprende a fronte di tutto questo, cioè la squadra cruciale per vincere di contro a quella che semmai ha deluso, sapere del passaggio di Contador proprio dall’una all’altra?
In realtà la cosa non mi sconvolge più di tanto. Ho grande stima per Riis, sono anche stato suo compagno di squadra per un anno. Non ha mai fallito nell’allestire squadre sempre e comunque competitive, tatticamente ben preparate, con un forte spirito collettivo, e ottimi, ottimi materiali. Riis è uomo molto attento anche ai più piccoli particolari. Ho corso tanto anche assieme a Vinokourov, siamo particolarmente amici. Anche lui è attentissimo in tutto, estremamente professionale: non penso deluderebbe come direttore sportivo.
Capire da fuori queste storie è estremamente complesso: in una squadra ci possono essere divisioni, gruppi interni; in Telekom era così. Questa potrebbe essere una spiegazione, cioè la percezione da parte di Alberto di un ambiente non del tutto integrato, con cui non si trovava fino in fondo. Oppure può darsi che stia cercando qualcosa, nuovi stimoli.
In effetti Contador è sempre parso “a sé stante”, con i suoi interessi e la sua individualità, pur avendo “collezionato” una serie impressionante di d.s. tra i più rinomati e potenti, da Manolo Saiz a Bruyneel, ora Martinelli e poi… Riis?
Sarà… però quello che però ha raccontato Martinelli è di non essersi sentito una vera e propria guida per Contador, dice di aver svolto il suo compito ma di non aver vissuto un coinvolgimento profondo.
Questo è vero, però un ruolo importante su un tema Martinelli ce l’ha avuto: è lui che ha spinto molto Contador per sperimentarsi e provare ad essere competitivo nelle Classiche delle Ardenne, incentivando anche la naturale tendenza di Contador a voler sempre vincere, anche nelle gare cosiddette “minori” o che per altri sono mera preparazione. Non sarà che Contador ha retrospettivamente imputato a queste scelte la propria forma non al 100% del Tour?
Già Contador, non era di certo al 100% in questo Tour. Oggi per vincere da febbraio bisogna davvero essere al top, non è mai affatto facile, in ogni gara ci sono atleti che pur essendo forse di qualità inferiore programmano il picco di forma per vincere quelle competizioni; non è più come negli anni ’80 e ’90, con tanti gregari e tante gare secondarie corse “piano”. Adesso si va a 50km/h già dall’Australia. Per tutto questo posso solo dire “tanto di cappello” a Contador, una bella differenza rispetto all’atteggiamento di Armstrong. L’annata di Contador gli rende molto, molto onore, trionfando da Algarve a Parigi-Nizza a Castilla y León… fino al Tour. Ma soprattutto con le Classiche corse ad altissimo livello: solo per inesperienza (il suo primo tentativo) non ha vinto alla Freccia Vallone, e alla Liegi ha chiuso con facilità impressionante su Gilbert e Andy Schleck (non esattamente gli ultimi arrivati!) nella salita più dura. Però con quel che è successo a luglio, forse gli converrà meditare sull’opportunità di modificare almeno una parte dell’inizio di stagione. Martinelli ha sempre propugnato questa politica, anche con Pantani o Cunego, ma così il rischio è di spremere i corridori, e lo dico appunto da corridore!
L’anno scorso quattro o cinque team hanno dominato il Tour, piazzando perfino due o tre uomini e presidiando la generale o le tappe. Quest’anno molto è cambiato da questo punto di vista. Quali possono essere le spiegazioni?
I fattori sono tanti e complicati, anche semplici coincidenze. Comunque in generale c’è stato un moltiplicarsi di squadre ricche, e quindi una distribuzione dei corridori. Il processo di medio periodo però implica che il sorgere di alcune formazioni molto sponsorizzare e potenti che puntano quasi tutto sul bersaglio grosso del Tour, farà sì che si portino in Francia due capitani di peso, proprio a causa degli imprevisti di corsa. E se tutto va bene… entrambi i capitani entreranno in classifica.
Dovendo scegliere un corridore che al di là dei risultati ti ha molto colpito?
Nessun dubbio: Vinokourov! Ci siamo visti a cena qui a Bergamo proprio prima della sua Liegi. Non molla mai, mai: quanti corridori con anni di meno gli invidiano la sua grinta incredibile. Quasi quasi finiva nei dieci, dopo la Liegi conquistata, un Giro ad alto livello e soprattutto molto dispendioso, sempre all’assalto; e comunque ha vinto da “Campione con la C maiuscola” la tappa, dopo aver già investito tantissimo su quella del giorno prima. Una mossa importante per lui, ma anche per il team e per Alberto, aiutato fedelmente quando ce n’è stato più bisogno. E sul Balès il primo a chiudere su Andy era sempre lui…
Una valutazione complessiva?
Quanti giovani nella top ten! Il ciclismo si sta finalmente aprendo, svecchiando, rinnovando. Davvero un bel segnale. E l’apertura è anche geografica, con uno sport che alla buon ora diventa mondiale, con atleti competitivi che sorgono dalla Danimarca alla Nuova Zelanda: nei GT Merckx o Hinault vincevano e stravincevano contro i ciclisti di tre paesi – Italia, Francia, Spagna – e poco più. Oggi invece la sfida è contro tutto il mondo.
E da scalatore di razza, dacci una valutazione conclusiva ristretta alle salite? Chi ti ha impressionato? E tra i due più forti quando la strada si impennava, che poi sono i primi due della generale, che somiglianze e differenze vedi?
Come ho detto, Navarro è forse quello che in salita mi ha impressionato di più non solo per qualità ma anche per quantità. Un gregario da comprare a peso d’oro! Tra i due campioncini, dovendo scegliere vedo molto meglio Schleck perché composto, regolare, pulitissimo nello stile, davvero gradevole esteticamente anche quando è sotto il massimo sforzo. Contador all’opposto è molto sporco, si alza sui pedali, e ha il suo caratteristico ondeggiare laterale. Alla fine però come potenze e velocità si equivalgono, sebbene su qualche scatto di Andy lo spagnolo abbia fatto moltissima fatica a chiudere, specie in termini di reattività: cento, duecento, trecento metri e diversi secondi che fan tic tac sull’orologio. Però alla fine il responso della salità è stato di pareggio. Lo ripeto: nei prossimi anni avremo di che divertirci parecchio.

Intervista raccolta da Gabriele Bugada

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